Ecco perch? ingrassiamo

Alcuni ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute di Boston hanno identificato un meccanismo molecolare nel fegato che spiega, per la prima volta, come il consumo di cibi ricchi di grassi saturi e acidi grassi idrogenati causi livelli elevati di colesterolo e trigliceridi nel sangue e aumenti il rischio di attacco cardiaco e di alcuni tipi di tumore. In un articolo pubblicato sul numero del 28 gennaio della rivista “Cell”, Bruce Spiegelman e colleghi scrivono che gli effetti dannosi dei grassi saturi e idrogenati vengono messi in moto nelle cellule del fegato da un interruttore biochimico, o co-attivatore, chiamato PGC-1beta.
Finora agli scienziati mancava una spiegazione dettagliata del modo in cui i grassi saturi e idrogenati provocano un aumento del colesterolo e dei trigliceridi nel sangue. Gli indizi suggerivano che fosse coinvolto il fegato, che ? responsabile della sintesi di queste sostanze nel corpo, ma la catena molecolare degli eventi dal consumo di cibi grassi fino all’accumulo di colesterolo nel sangue era sconosciuta.
“Abbiamo trovato l’anello mancante, – spiega Spiegelman – un meccanismo tramite il quale agiscono i grassi saturi e idrogenati”. Quando viene attivata dai grassi dannosi, la proteina PGC1-beta alterna il metabolismo del fegato attraverso una cascata di segnali biochimici. Il risultato ? un aumento improvviso della produzione di lipoproteine a bassissima densit? (VLDL) – precursori delle lipoproteine a bassa densit? (LDL), quelle del cosiddetto “colesterolo cattivo” – che vengono rilasciate nel flusso sanguigno.

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Diabete: terapia intensiva riduce rischio cardiovascolare

La terapia intensiva del diabete di “tipo 1” riduce il susseguente rischio cardiovascolare: tale approccio tende a ridurre anche le complicazioni microvascolari e neurologiche del diabete. Il presente studio presenta caratteristiche uniche per quanto riguarda la documentazione obiettiva a lungo termine del controllo glicemico, dei fattori di rischio di malattie cardiovascolari conclamati e presunti, e dello status delle complicazioni microvascolari e cardiovascolari. L’ampia riduzione nel rischio di eventi cardiovascolari migliorer? ulteriormente i benefici sia sanitari che economici che si progetta perverranno dalla terapia intensiva del diabete. Sulla base di questi dati, comunque, i target glicemici andrebbero riconsiderati. La comunit? medica necessit? di migliori mezzi, strategie differenti ed un diverso atteggiamento mentale se speriamo di migliorare e mantenere il controllo glicemico nei pazienti con diabete di tipo 1 e minimizzare gli effetti collaterali. Finch? quest’ultimo scopo non verr? raggiunto mediante la disponibilit? di nuove terapie ed approcci innovativi, la traslazione dei dati provenienti da studi come questo potrebbero non alterare la pratica clinica per anni. Date le complicazioni e la mortalit? attribuite alle malattie cardiovascolari fra i pazienti con diabete di “tipo 1”, questo ritardo sarebbe quanto mai infausto.

N Engl J Med. 2005; 353: 2643-53 e 2707-9

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Olio di pesce previene caduta variabilit? frequenza cardiaca da inquinamento

L’integrazione giornaliera di acidi grassi omega-3 previene una caduta nella variabilit? della frequenza cardiaca associata all’esposizione al chiuso a particolato fine, un comune inquinante ambientale. Una diminuzione di questo parametro aumenta il rischio dei soggetti suscettibili di andare incontro a gravi aritmie cardiache. In futuro, quando si avr? la possibilit? di identificare i soggetti pi? sensibili agli effetti del particolato fine, sar? possibile raccomandare a questi pazienti l’integrazione degli acidi grassi omega-3 onde ridurne il rischio cardiovascolare. Nel presente studio ? stato dimostrato che gli effetti di questo inquinante risultano significativamente ridotti in soggetti anziani che assumono due grammi al giorno di olio di pesce. Sono comunque necessari ulteriori studi per confermare i suoi effetti e chiarirne la correlazione dose-risposta.
(Am J Respir Crit Care Med. 2005; 172: 1534-40)

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Melanoma maligno: ruolo prognostico della survivina

6 Mag 2006 Oncologia
Elevati livelli di survivina in pazienti con melanoma metastatico che hanno ricevuto un vaccino antitumorale polivalente sono associati ad una riduzione della sopravvivenza. Allo stesso modo, una ridotta espressione di tale proteina ? correlata ad un significativo aumento della sopravvivenza stessa. La survivina e la livina sono due membri della famiglia proteica degli inibitori dell’apoptosi, e possono facilitare la progressione aggressiva del tumore e la resistenza alla terapia. Ulteriori studi potrebbero confermare il ruolo di questa proteina inibitrice dell’apoptosi quale potenziale marcatore moleccolare surrogato di progressione metastatica dei melanomi.
(Int J Cancer 2005; 117: 1032-8)

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L?Ibuprofene sembra ritardare o prevenire la malattia di Parkinson

Uno studio, coordinato da Alberto Ascherio dell?Harvard School of Public Health, ha valutato se l?impiego di farmaci antinfiammatori non steroidei ( FANS ) fosse associato ad un pi? basso rischio di malattia di Parkinson in un?ampia coorte di uomini e donne negli Stati Uniti.

Lo studio ha interessato 146.948 persone arruolate nel Cancer Prevention Study II Nutritional Cohort.

I Ricercatori hanno osservato che i soggetti che avevano fatto uso regolare di Ibuprofene ( Brufen ) presentavano un rischio ridotto del 35% di sviluppare la malattia di Parkinson rispetto ai non utilizzatori.

Rispetto ai non utilizzatori, il rischio relativo ( RR ) era 0.73 per coloro che assumevano meno di 2 compresse a settimana di Ibuprofene, 0.72 per 2-6.9 compresse a settimana e 0.62 per 1 o pi? compresse al giorno ( p per trend = 0.03 ).

Nessuna associazione ? stata trovata tra l?assunzione di Aspirina, altri farmaci antinfiammatori non steroidei o Acetaminofene ( Paracetamolo ) ed il rischio di malattia di Parkinson.

I risultati indicano che l?Ibuprofene pu? ritardare o prevenire l?insorgenza di malattia di Parkinson.

Chen et al, Ann Neurol 2005; 58: 963-967

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Cioccolato scuro migliora funzionalit? endoteliale nei fumatori

Il cioccolato scuro migliora la funzionalit? endoteliale nei fumatori di sesso maschile. Gli effetti del cioccolato sulla salute cardiovascolare sono ancora oggetto di dibattito: esso potrebbe influenzare negativamente il rischio cardiovascolare a causa dei suoi effetti su glucosio, lipidi e peso corporeo, oppure potrebbe favorire la salute cardiovascolare mediante gli effetti antiossidanti dei propri ingredienti, come i flavonoidi, presenti nel cioccolato scuro ma non in quello bianco. Lo scopo del presente studio era determinare se gli effetti benefici antiossidanti del cioccolato scuro ricco in polifenoli possa indurre un miglioramento nella funzionalit? endoteliale e piastrinica in volontari sani con note disfunzioni endoteliali ed iperreattivit? piastrinica. I risultati dell’ingestione di cioccolato sono in realt? evidenti gi? dopo due-otto ore. L’elevato contenuto in flavonoidi del cioccolato scuro potrebbe potenzialmente spiegare i meccanismi della ridotta attivazione piastrinica. Al di l? delle loro propriet? antiossidanti dirette, i flavonoidi potrebbero influenzare l’attivit? della 5-lipossigenasi, ed alterare le cascate di trasduzione del segnale tramite meccanismi antiossidanti indipendenti.
(Heart. 2006: 92: 119-20)

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Letrozolo pi? efficace del Tamoxifene nelle donne in postmenopausa con tumore ma

1 Mag 2006 Oncologia
L?inibitore dell?aromatasi Letrozolo ( Femara ) ? un farmaco per il trattamento del tumore della mammella metastatico pi? efficace del Tamoxifene.

I Ricercatori del Breast International Group ( BIG ) hanno confrontato il Letrozolo con il Tamoxifene come trattamento adiuvante per il carcinoma mammario ER-positivo nelle donne in postmenopausa.

Lo studio BIG 1-98 ? uno studio randomizzato di fase III che ha messo a confronto diversi regimi di terapia adiuvante nelle donne in postmenopausa affette da tumore alla mammella positivo per il recettore degli estrogeni: Letrozolo, Letrozolo seguito da Tamoxifene, Tamoxifene, e Tamoxifene seguito da Letrozolo.

Lo studio ha riguardato 8.010 donne.

Di queste 4.003 sono state assegnate al gruppo Letrozolo e 4.007 al gruppo Tamoxifene.

Il periodo osservazionale medio ? stato di 25.8 mesi.

Sono stati presentati solamente i dati relativi al trattamento in monoterapia.

Nel corso del periodo di follow-up si sono verificati 351 eventi recidivanti nel gruppo Letrozolo e 428 nel gruppo Tamoxifene, con una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni, stimata, dell?84% e dell?81.4%, rispettivamente.

Rispetto al Tamoxifene, il Letrozolo ha ridotto in modo significativo il rischio di evento recidivante ( hazard ratio, HR = 0.81; p = 0.003 ) e soprattutto il rischio di recidive a distanza ( hazard ratio = 0.73; p = 0.001 ).

Tra le pazienti trattate con Tamoxifene ? stata osservata una maggiore incidenza di tromboembolismo, tumore endometriale e sanguinamento vaginale, mentre le donne che hanno assunto il Letrozolo hanno presentato una pi? alta incidenza di eventi a livello scheletrico e a livello cardiaco , oltre all?ipercolesterolemia.

Lo studio ha dimostrato che nelle donne in postmenopausa con tumore alla mammella ER+, il trattamento adiuvante con Letrozolo ? risultato pi? efficace del trattamento con Tamoxifene nel ridurre il rischio di malattia recidivante.

BIG 1-98 Collaborative Group, N Engl J Med 2005; 353: 2747-2757

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Letrozolo pi? efficace del Tamoxifene nelle donne in postmenopausa con tumore ma

1 Mag 2006 Oncologia
L?inibitore dell?aromatasi Letrozolo ( Femara ) ? un farmaco per il trattamento del tumore della mammella metastatico pi? efficace del Tamoxifene.

I Ricercatori del Breast International Group ( BIG ) hanno confrontato il Letrozolo con il Tamoxifene come trattamento adiuvante per il carcinoma mammario ER-positivo nelle donne in postmenopausa.

Lo studio BIG 1-98 ? uno studio randomizzato di fase III che ha messo a confronto diversi regimi di terapia adiuvante nelle donne in postmenopausa affette da tumore alla mammella positivo per il recettore degli estrogeni: Letrozolo, Letrozolo seguito da Tamoxifene, Tamoxifene, e Tamoxifene seguito da Letrozolo.

Lo studio ha riguardato 8.010 donne.

Di queste 4.003 sono state assegnate al gruppo Letrozolo e 4.007 al gruppo Tamoxifene.

Il periodo osservazionale medio ? stato di 25.8 mesi.

Sono stati presentati solamente i dati relativi al trattamento in monoterapia.

Nel corso del periodo di follow-up si sono verificati 351 eventi recidivanti nel gruppo Letrozolo e 428 nel gruppo Tamoxifene, con una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni, stimata, dell?84% e dell?81.4%, rispettivamente.

Rispetto al Tamoxifene, il Letrozolo ha ridotto in modo significativo il rischio di evento recidivante ( hazard ratio, HR = 0.81; p = 0.003 ) e soprattutto il rischio di recidive a distanza ( hazard ratio = 0.73; p = 0.001 ).

Tra le pazienti trattate con Tamoxifene ? stata osservata una maggiore incidenza di tromboembolismo, tumore endometriale e sanguinamento vaginale, mentre le donne che hanno assunto il Letrozolo hanno presentato una pi? alta incidenza di eventi a livello scheletrico e a livello cardiaco , oltre all?ipercolesterolemia.

Lo studio ha dimostrato che nelle donne in postmenopausa con tumore alla mammella ER+, il trattamento adiuvante con Letrozolo ? risultato pi? efficace del trattamento con Tamoxifene nel ridurre il rischio di malattia recidivante.

BIG 1-98 Collaborative Group, N Engl J Med 2005; 353: 2747-2757

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Letrozolo pi? efficace del Tamoxifene nelle donne in postmenopausa con tumore ma

1 Mag 2006 Oncologia
L?inibitore dell?aromatasi Letrozolo ( Femara ) ? un farmaco per il trattamento del tumore della mammella metastatico pi? efficace del Tamoxifene.

I Ricercatori del Breast International Group ( BIG ) hanno confrontato il Letrozolo con il Tamoxifene come trattamento adiuvante per il carcinoma mammario ER-positivo nelle donne in postmenopausa.

Lo studio BIG 1-98 ? uno studio randomizzato di fase III che ha messo a confronto diversi regimi di terapia adiuvante nelle donne in postmenopausa affette da tumore alla mammella positivo per il recettore degli estrogeni: Letrozolo, Letrozolo seguito da Tamoxifene, Tamoxifene, e Tamoxifene seguito da Letrozolo.

Lo studio ha riguardato 8.010 donne.

Di queste 4.003 sono state assegnate al gruppo Letrozolo e 4.007 al gruppo Tamoxifene.

Il periodo osservazionale medio ? stato di 25.8 mesi.

Sono stati presentati solamente i dati relativi al trattamento in monoterapia.

Nel corso del periodo di follow-up si sono verificati 351 eventi recidivanti nel gruppo Letrozolo e 428 nel gruppo Tamoxifene, con una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni, stimata, dell?84% e dell?81.4%, rispettivamente.

Rispetto al Tamoxifene, il Letrozolo ha ridotto in modo significativo il rischio di evento recidivante ( hazard ratio, HR = 0.81; p = 0.003 ) e soprattutto il rischio di recidive a distanza ( hazard ratio = 0.73; p = 0.001 ).

Tra le pazienti trattate con Tamoxifene ? stata osservata una maggiore incidenza di tromboembolismo, tumore endometriale e sanguinamento vaginale, mentre le donne che hanno assunto il Letrozolo hanno presentato una pi? alta incidenza di eventi a livello scheletrico e a livello cardiaco , oltre all?ipercolesterolemia.

Lo studio ha dimostrato che nelle donne in postmenopausa con tumore alla mammella ER+, il trattamento adiuvante con Letrozolo ? risultato pi? efficace del trattamento con Tamoxifene nel ridurre il rischio di malattia recidivante.

BIG 1-98 Collaborative Group, N Engl J Med 2005; 353: 2747-2757

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Sindrome dell?ovaio policistico: il Pioglitazone aumenta la secrezione dell?ormo

30 Apr 2006 Ginecologia
I bassi livelli di ormone della crescita, probabilmente dovuti a resistenza all?insulina, e l?aumento della massa grassa addominale sono ben descritti nella sindrome dell?ovaio policistico.

L?ormone della crescita ha un ruolo importante sulla funzionalit? ovarica e la carenza dell?ormone della crescita pu? rappresentare un addizionale fattore patogenetico nella sindrome dell?ovaio policistico.

Ricercatori danesi hanno esaminato l?effetto del Pioglitazone ( Actos ) sui livelli dell?ormone della crescita nelle donne affette da policistosi ovarica.

Hanno preso parte allo studio 30 pazienti con sindrome dell?ovaio policistico con resistenza all?insulina.
Queste pazienti sono state assegnate in modo casuale a ricevere per 16 settimane Pioglitazone ( 30mg/die ) o placebo.

Il trattamento con Pioglitazone ha aumentato in modo significativo i livelli di ormone della crescita stimolato da GHRH ( ormone rilasciante l?ormone della crescita ) e la secrezione dell?ormone della crescita pulsatile nelle 24 ore, probabilmente migliorando in modo diretto o indiretto la sensibilit? all?insulina.

Glintborg D et al, J Clin Endocrinol Metab 2005; 90: 5605-5612

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