Elasticity Imaging:evoluzione della diagnostica ad ultrasuoni
L’American Cancer Society stima che ogni anno negli Stati Uniti venga formulata la diagnosi di cancro della mammella in 212.920 donne. Lo screening mammografico nella maggior parte di questi casi rappresenta la via migliore per l’individuazione di un tumore in fase iniziale e facilmente curabile, anche se nelle pazienti ad alto rischio con seno denso le lesioni sono pi? facilmente individuabili mediante la Risonanza Magnetica (RM) o l’Esame Ecografico (US). Strumenti che permettono di ovviare, in questi casi, alla perdita di sensibilit? diagnostica della mammografia, ma con il limite di non distinguere in modo efficace le lesioni benigne da quelle maligne. Nella pratica clinica il risultato finale delle procedure diagnostiche delle lesioni mammarie si concretizza nell’esecuzione di un alto numero di biopsie e ci? avviene prevalentemente (80% dei casi) su lesioni benigne.
Una nuova tecnica ad ultrasuoni, che rappresenta l’evoluzione del routinario esame ecografico, potrebbe essere utile nel discriminare le lesioni benigne della mammella da quelle maligne e ridurre il numero di biopsie invasive. Questa procedura, denominata elasticity imaging, misura il grado di compressione dei tessuti in risposta alla pressione e poich? i tumori tendono ad avere una struttura tessutale pi? consistente e un grado di elasticit? differente rispetto alle lesioni benigne, il test potrebbe rappresentare un metodo sicuro e non invasivo per individuare le proliferazioni neoplastiche maligne della mammella.
Nel recente meeting annuale della Radiological Society of North America di Chicago i ricercatori del Northeastern Ohio Universities College of Medicine di Youngstown hanno presentato dei risultati preliminari, ripresi anche da Nature, sui test diagnostici di elasticity imaging correlata con esame ad US convenzionale effettuati su 166 lesioni della mammella identificate e classificate con procedura bioptica in 99 pazienti. Le dimensioni, misurate e confrontate con le due tecniche, hanno evidenziato che le lesioni benigne erano pi? piccole all’elasticity imagingrispetto all’esame US, mentre l’elasticity imaging caratterizzava con un immagine pi? grande le lesioni maligne. Le biopsie ecoguidate su 123 lesioni di 80 soggetti hanno mostrato che l’ elasticity imaging aveva correttamente evidenziato 17/17 lesioni maligne e 105/106 lesioni maligne con una sensibilit? del 100% e una specificit? del 99%.
I risultati ottenuti sulla mammella fanno presupporre che l’elasticity imaging possa avere future possibilit? di impiego anche in altri organi come il fegato, ma questo presuppone una ridefinizione completa del software finora utilizzato. Nell’immediato lo studio ha permesso l’avvio di un trial multicentrico internazionale che a partire dal gennaio 2007 avr? l’obiettivo di valutare la validit? di questa metodica. In conclusione, l’elasticity imaging, se terr? fede al le premesse, potrebbe essere una metodica non invasiva ed altamente specifica per l’identificazione di lesioni neoplastiche della mammella in grado di evitare alle donne pi? della met? delle biopsie che oggi vengono eseguite su lesioni benigne.
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