All?erta contro l?epatite B

Contro l?epatite B occorre rialzare la guardia. ? un indubbio successo il continuo calo dei tassi d?infezione dagli anni Ottanta: merito della vaccinazione, che l?Italia per prima ha reso obbligatoria nel 1991 in neonati e dodicenni venendo in seguito copiata da altri, e poi dello screening sul sangue, dell?uso di materiale sanitario a perdere, di una certa prudenza di comportamenti con l?insorgere della paura dell?AIDS. La prevalenza infatti ? scesa dal 2,4-3% degli anni Settanta allo 0,8% degli anni recenti. ?La popolazione sopra i 29 anni d?et?, che aveva cio? pi? di 12 anni nel 1991, non ha ricevuto la protezione? spiega Massimo Colombo, direttore 1? Divisione di Gastroenterologia del Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena di Milano, in un incontro sulle strategie terapeutiche di gestione dell?epatite B ?perci?, escludendo i molti che venuti a contatto con il virus hanno sviluppato l?anticorpo, milioni di persone restano formalmente esposte. Se il continuo calo d?incidenza e prevalenza dovrebbe rassicurare, negli ultimi anni tuttavia c?? evidenza di una ripresa dell?epatite B, soprattutto trasmessa per via sessuale, cio? quella principale da noi, seguita dall?uso di strumenti contaminati, di droghe per via venosa e di pratiche come piercing e tatuaggi?. Va ricordato che il virus dell?epatite B ? cento volte pi? contagioso dell?HIV. ?La ripresa sembra dovuta essenzialmente a due motivi? prosegue Colombo. ?In parte c?? un calo d?attenzione alla prevenzione legato all?idea che comunque ci si pu? curare. Inoltre nel nostro paese sono immigrate molte persone provenienti da aree dove l?infezione ? endemica, non solo Asia e Africa, ma anche paesi dell?Europa orientale ed ex Unione Sovietica, importanti serbatoi dell?epatite B e anche della Delta che le si associa nel 5% dei casi. Un numero crescente di adulti/anziani non immunizzati viene contagiata sessualmente da portatori dell?infezione e sviluppa una forma acuta che a volte cronicizza. E aumentano casi prima rari, epatiti B croniche antigene positive, ad alto livello di replicazione virale e quindi contagiosit? gi? in fase precoce (primi 10-15 anni)?.

Casi sfuggenti a lungo asintomatici
I nuovi casi si aggiungono ai circa 500 mila portatori cronici di epatite B che si ritiene ci siano nel nostro paese, dei quali almeno met? ha qualche forma di malattia del fegato. La condizione di portatore non significa malattia ma pu? diventare epatite cronica attiva quando si arriva all?attacco del sistema immunitario che provoca l?infiammazione e i danni successivi. Il rischio ? che la forma cronica evolva in cirrosi e altre complicanze, fino all?epatocarcinoma. Il fatto ? che molto spesso la malattia non viene diagnosticata per anni o decenni, in quanto resta a lungo asintomatica; solo se progredisce cominciano segni dagli iniziali stanchezza e mancanza d?appetito ai successivi ittero, nausea, urine scure e feci chiare. ?Fattori che accelerano il decorso? aggiunge Colombo ?sono sesso maschile, et? meno giovane, sovrappeso, abuso alcolico, fumo e probabilmente modalit? dell?infezione, tipo genetico del virus, co-infezione virale (agente Delta e in quota minore virus dell?epatite C)?. Una conseguenza dell?importazione di nuovi portatori ? anche l?arrivo in Italia di genotipi virali diversi, in particolare le nuove epatiti HBeAg positive, invece del genotipo D predominante da noi, vedono in causa il B e il C, asiatici e africani. Questo ha ripercussioni sul piano terapeutico: poich? la risposta ai diversi farmaci cambia, ? necessario tipizzare geneticamente il virus; inoltre pone il problema di come rivedere la strategia vaccinale, che era rivolta ai soggetti a maggior rischio di cronicizzazione, come i bambini.

Resistenze sul lungo periodo
Quanto a interrompere la progressione con i farmaci attuali ? possibile oltre che con gli interferoni (terapia a tempo), che riducono l?attivit? virale ma con una buona parte di soggetti non responder e risultati nel lungo termine bassi, con gli analoghi di nucleotidi o nucleosidi che vanno per? somministrati a tempo indeterminato. ?La strategia terapeutica va ben ponderata in base al paziente e al farmaco? sottolinea Stefano Fagioli, direttore USC Gastroenterologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo. ?Il soggetto pi? delicato ? quello pi? giovane con decenni di trattamento davanti a s?, per il quale la strategia terapeutica sar? pi? decisa; vanno poi considerate gravit? ed evolutivit? distinguendo forma HBeAg positiva o negativa, presenza di cirrosi compensata o scompensata. Nel trattamento a lungo termine il rischio ? quello delle mutazioni del virus e quindi delle farmaco-resistenze. Si sa che pi? precocemente e decisamente si abbassa la viremia, cio? il farmaco ? potente e rapido, meno probabilmente insorgeranno mutazioni. In quest?ottica si inseriscono molecole di nuova generazione che sembrano pi? efficaci nell?impedire lo sviluppo di mutazioni virali: come il pi? recente, tenofovir, che sopprime rapidamente la viremia, con risposte gi? nel primo anno dell?80% nei pazienti e positivi e del 100% negli e negativi?. La nuova opzione ? stata appena approvato dall?EMEA per la terapia dell?epatite B cronica sia in soggetti mai trattati sia in malati farmaco-resistenti.

Elettra Vecchia
(Conferenza stampa “Nuove strategie terapeutiche per la gestione dell?epatite B”. Milano, 18 giugno 2008)

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