Mammografia: quanto esagera lo screening?

La met? dei tumori al seno individuati con gli screening di massa se non fosse stata scoperta non avrebbe mai dato segno di s?. E anche escludendo i carcinomi in situ, un terzo di quelli invasivi resta comunque sovra diagnosticato. La conclusione dei ricercatori danesi che hanno appena pubblicato sul British Medical Journal i risultati della loro metanalisi ricalca quella ottenuta nel corso di una revisione Cochrane del 2006. Allora per? si prendevano in considerazione solo studi randomizzati e controllati. Uno degli autori di quel lavoro, Peter C. G?tzsche, direttore del Centro Nordico Cochrane di Copenhagen, insieme con un suo ricercatore, Karsten Juhl J?rgensen, hanno invece ora deciso di passare dal contesto ovattato dei trial a quello della vita reale. Hanno quindi esaminato i tassi di incidenza di cancro al seno nei sette anni precedenti e nei sette anni successivi all?implementazione dei programmi di screening mammografico in cinque paesi in cui sono stati introdotti con successo e di cui sono stati pubblicati gli esiti. In particolare sono stati raccolti dati attendibili relativi al Regno Unito, allo stato canadese di Manitoba e al New South Wales australiano, alla Svezia e a parti della Norvegia.?Passando al setaccio con un programma di screening una popolazione? ha spiegato G?tzsche, ?? normale che nei primi anni l?incidenza della malattia apparentemente aumenti, perch? vengono individuati casi ancora silenti. Ma questo incremento dovrebbe essere compensato negli anni successivi da un calo nel numero di nuovi casi tra le donne gi? sottoposte a screening. Ora, nel caso del tumore della mammella, questo calo ? stato registrato in tre paesi, ma non in misura tale da modificare la quota di sovra diagnosi, che resta eccessiva?.La sovra diagnosi ? un concetto diverso da quello di falso positivo, che implica una scarsa specificit? dell?esame, il quale segnala come tumore qualcosa che tumore non ?. Quando si parla di sovra diagnosi si intende il riscontro di masse che sono tumorali a tutti gli effetti, e che possono avere tutte le caratteristiche di un cancro invasivo, ma che, lasciate a loro stesse, non avrebbero avuto conseguenze sulla salute e la sopravvivenza dell?individuo.La questione ? all?ordine del giorno nel dibattito sullo screening per il carcinoma della prostata o del polmone, ma ? sempre rimasta in sordina nel caso della mammella. Su questo fronte, l?opportunit? di convincere tutte le donne a sottoporsi allo screening fino a poco tempo fa era fuori discussione. Al limite si discuteva sulle fasce di et? in cui concentrare gli sforzi e sulla frequenza con cui ripetere l?indagine. Qualche mese fa, tuttavia, lo stesso G?tzsche, sempre sulle pagine del British Medical Journal, aveva criticato le autorit? inglesi per aver pubblicato un opuscolo britannico diretto alle donne, per invitarle a sottoporsi allo screening, in cui non si faceva alcun cenno al rischio di sovra diagnosi.?Oggi invece anche in questo campo occorre che la decisione sia lasciata alle dirette interessate? commenta Gilbert Welch, professore di medicina al Dartmouth Institute for Health Policy and Clinical Research, ?che devono essere informate il meglio possibile. Per questo occorre definire qual ? il prezzo da pagare in termini di sovra diagnosi per evitare un decesso: secondo studi precedenti questa relazione sarebbe di 62 morti evitate per 115 sovradiagnosi, per G?tzsche, invece, sarebbe di una a dieci?. Infine, per ridurre l?effetto negativo dello screening, secondo l?esperto statunitense potrebbe essere utile rivedere i criteri soglia oltre i quali si raccomanda la biopsia, allargando un po? le maglie della rete.

Fonte: Brit Med J 2009; 339: b1425 e b2587, Brit Med J 2009; 338: b86

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