Effetto antitumorale degli antagonisti della vitamina K
I pazienti anziani che fanno uso di antagonisti della vitamina K (Vka) hanno minori probabilit? di sviluppare un cancro – in particolare a carico della prostata – rispetto a chi non ha mai assunto questo tipo di anticoagulanti. ? l’esito di uno studio osservazionale di popolazione condotto da Vittorio Pengo e colleghi dell’universit? di Padova, volto a indagare l’impatto a lungo termine dei Vka? (warfarin o acenocumarolo) su incidenza del cancro e mortalit? oncologica. Nella ricerca sono stati inclusi tutti i residenti del Veneto senza neoplasie n? patologia tromboembolica di et? compresa tra i 65 e i 90 anni tra il 1996 e il 2002. In tutto, hanno partecipato allo studio 76.008 soggetti di entrambi i sessi; di questi, 3.321 sono stati trattati con Vka, i rimanenti 72.777 sono stati considerati come gruppo di controllo. A un follow-up medio di 8,2 anni, si sono manifestate 421 forme maligne tra i pazienti esposti a Vka (130 casi per 1.000) e 9.741 tra i controlli (134 casi per 1.000). Dopo aggiustamento per et?, sesso e tempo trascorso fino all’evento, i pazienti del gruppo Vka hanno evidenziato un rischio significativamente ridotto del 12% per tutti i tipi di cancro rispetto ai controlli, con un rischio diminuito del 31%, in modo specifico, per il cancro della prostata. Al contrario la mortalit? globale ? risultata maggiore del 12% tra gli utilizzatori di Vka, forse per un accresciuto livello di comorbilit?, come la fibrillazione atriale. L’ipotesi degli autori ? che le terapie anticoagulanti potrebbero servire non solo a ridurre il rischio di tromboembolismo venoso ma anche a influenzare direttamente la biologia della cellula cancerosa e lo sviluppo tumorale. In ogni caso – sottolineano i ricercatori – per confermare queste evidenze occorrono altri studi prospettici su larga scala e con follow-up pi? lunghi.
Blood, 2011; 117(5):1707-9
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