Ivabradina, frequenza cardiaca e scompenso: lo studio SHIFT
Nei pazienti con coronaropatia e disfunzione del ventricolo sinistro una frequenza di 70 battiti al minuto o superiore ? associata ad un rischio di morte cardiovascolare aumentato del 34% e ad un rischio di ricovero in ospedale per scompenso aumentato del 53% rispetto ad un paziente con frequenza cardiaca inferiore ai 70 battiti al minuto. Tuttavia, anche con i beta-bloccanti, che pure rappresentano i farmaci di prima scelta, spesso la frequenza rimane elevata.
L’ivabradina, inibitore specifico del nodo seno-atriale che agisce sui canali If, al contrario dei beta-bloccanti, non modifica la contrattilit? miocardica e la conduzione intracardiaca, anche in pazienti con funzione ventricolare compromessa. Lo studio SHIFT ? uno studio clinico randomizzato, condotto in doppio cieco, che aveva lo scopo di valutare gli effetti dell’ivabradina in aggiunta al trattamento evidence-based per quanto concerne gli outcomes cardiovascolari, i sintomi e la qualit? di vita in pazienti con scompenso cardiaco cronico e disfunzione sistolica. Sono stati studiati 6.558 pazienti, di cui 3.241 randomizzati al trattamento con ivabradina e 3.264 trattati con placebo. Il follow-up mediano ? stato di 22,9 mesi. I risultati dello studio indicano come l’utilizzo della ivabradina diminuisca in modo significativo i rischi connessi allo scompenso cardiaco quando viene associata al trattamento standard, sia per l’endpoint primario che per la frequenza dei ricoveri. L’effetto favorevole sugli eventi cardiaci si ? manifestato entro tre mesi dall’inizio del trattamento e si ? mantenuto nel corso di tutto lo studio. Una ulteriore analisi condotta all’interno dello SHIFT, pubblicata sullo stesso numero di Lancet, mostra come la riduzione della frequenza cardiaca diminuisca il rischio in modo direttamente proporzionale all’entit? di tale riduzione. I pazienti con frequenza inferiore ai 60 battiti al minuto dopo 28 giorni hanno avuto minori eventi di endpoint composito primario rispetto ai pazienti con frequenze pi? elevate. I principali limiti dello studio sono i seguenti
i risultati si applicano a pazienti in ritmo sinusale selezionati sulla base di una frequenza cardiaca di base superiore o uguale a 70 battiti al minuto
sono stati esclusi i pazienti con fibrillazione atriale o flutter
la percentuale di pazienti anziani era bassa.
Non ? pertanto possibile generalizzare l’effetto dell’ivabradina sulla popolazione complessiva dei pazienti con scompenso cardiaco. Inoltre i risultati sono stati ottenuti con l’associazione di ivabradina + beta-bloccanti, e pertanto non ? possibile trarre conclusioni circa gli effetti dell’ivabradina da sola.?
Swedberg K et al. Lancet 2010; 376: 875-85
B?hm M et al. Lancet 2010; 376: 886-94
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