Satavaptan nella cirrosi epatica con ascite: solo una speranza, ma più fondata
Da anni si attende la possibilità di impiego terapeutico dei vaptani, farmaci antagonisti dei recettori della vasopressina (ADH). Nel 2007 i risultati favorevoli di 2 studi in pazienti euvolemici con SIADH e di 2 studi in pazienti ipervolemici con cirrosi epatica avevano indotto un’azienda farmaceutica multinazionale a richiedere all’EMEA l’autorizzazione all’immissione in commercio del satavaptan (antagonista selettivo dei recettori V2 dei dotti collettori renali) per la terapia dell’iponatriemia diluizionale euvolemica e ipervolemica. Nel maggio 2008, per le perplessità sul rapporto sicurezza/efficacia ed i quesiti formulati dal CHMP, l’azienda ha ritirato la sua richiesta. Sono perciò da considerare interessanti i risultati, pubblicati sul Journal of Hepatology, di un RCT in doppio cieco multicentrico internazionale sugli effetti del satavaptan sulla ricorrenza dell’ascite dopo paracentesi nella cirrosi. È noto che il trattamento dell’ascite “difficile” o refrattaria impone spesso il ricorso a ripetute e ampie paracentesi con rilevanti disagi per il paziente, elevati costi e non trascurabile incidenza di effetti indesiderati. Lo studio è stato condotto su 151 pazienti con cirrosi epatica, ascite ricorrente da più di un anno, iponatriemia o normonatriemia, funzione renale normale o lievemente alterata. I pazienti sono stati randomizzati in 4 gruppi da trattare – oltre che con 100 mg di spironolattone – con satavaptan per os a dosi singole/die di 5 mg, 12.5 mg e 25 mg o con placebo. Il giorno prima dell’inizio del trattamento a tutti i pazienti sono state eseguite una paracentesi ≥ 4 litri e un’infusione di 6-8 g di albumina/l di liquido rimosso. Il periodo di trattamento programmato era di 12 settimane, con adeguato controllo di elettroliti sierici e funzione renale, osmolarità sierica ed urinaria, volume urinario. I decessi (12) e i drop-out (57), anche quelli dovuti a mancanza di risultati e ad eventi avversi, non sono stati sensibilmente differenti tra i 3 gruppi e il gruppo placebo e sono stati provocati da varie cause, talora non correlate alla malattia epatica e alla terapia con satavaptan. L’analisi dei risultati relativi agli obiettivi primari dello studio ha documentato che, rispetto al gruppo placebo, in tutti i 3 gruppi trattati vi è stato un aumento dell’intervallo di tempo atteso per la successiva paracentesi e una riduzione dell’incremento medio settimanale del versamento ascitico, senza però raggiungere una significatività statistica. Significativa è stata invece la riduzione della frequenza delle paracentesi nell’arco delle 12 settimane. Nella sottopopolazione con ascite refrattaria ha dato differenze significative l’impiego del satavaptan solo alle posologie più basse (5 e12.5 mg). Gli eventi avversi maggiori, in particolare le eventuali alterazioni della funzione renale, hanno avuto una frequenza simile in tutti i gruppi. Gli autori hanno concluso che nei cirrotici con ascite il satavaptan, a dosi comprese tra 5 e 25 mg ed associato a 100 mg di spironolattone, ha la potenziale capacità di ridurre la ricorrenza dell’ascite dopo una paracentesi di ampio volume. Nello stesso numero del Journal of Hepatology è pubblicato un editoriale che rivede sinteticamente le possibilità terapeutiche dell’ascite refrattaria e, alla luce dei risultati di questo studio, gli autori concludono che l’efficacia degli antagonisti dei recettori V2 appare modesta, pur ritenendo che il satavaptan possa rappresentare un farmaco utile per la correzione dell’iponatriemia. Necessita invece di ulteriore dimostrazione, mediante RCTs, l’ipotesi che il farmaco, in associazione con i diuretici, possa avere un ruolo nel trattamento dell’ascite ricorrente o refrattaria. In particolare vanno chiariti i seguenti aspetti: 1) i possibili risultati dell’associazione con dosi più elevate di antialdosteronico o con la combinazione dell’antialdosteronico e la furosemide, provvedimento terapeutico molto frequente nei cirrotici con ascite grave (ma non refrattaria); 2) i possibili risultati con posologie < 5 mg che riducono il rischio degli effetti collaterali, sembrando l’azione del satavaptan non dose-dipendente; 3) l’influenza che ha potuto avere sui risultati dello studio l’alto numero dei drop out; 4) i risultati ottenibili con l’impiego del satavaptan per un più lungo periodo di tempo.
Doc. Ref. EMEA/CHMP/277714/2008
Wong F et al. J Hepatol 2010; 53: 283-90
Salerno F et al. J Hepatol 2010; 53: 225-7
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