Un nuovo score per predire il rischio di emorragie associate al warfarin: lo studio ATRIA
Gli anticoagulanti orali come il warfarin (W) possono ridurre in maniera sostanziale le complicanze tromboemboliche della fibrillazione atriale (FA) ma sono di difficile gestione soprattutto per il rischio emorragico che comportano. Sono stati elaborati vari sistemi per stratificare questo rischio nei pazienti in trattamento, e proprio confrontandosi con 6 di questi sistemi pubblicati in precedenza Fang e coll. hanno pensato di elaborarne uno semplificato, da applicare ai singoli pazienti: è lo score ATRIA (Anticoagulation and Risk Factors in Atrial Fibrillation). Nella coorte dello studio ATRIA vi erano 9.186 soggetti (32.888 anni/persona) esposti al trattamento con warfarin (durata mediana del trattamento con warfarin di 3,5 anni [range interquartile 1.2 – 6.0 anni]). Si sono analizzati i loro dati dal database clinico e sono stati convalidati gli eventi emorragici utilizzando le cartelle cliniche. Su 461 eventi emorragici maggiori (1.4% all’anno) verificatisi, cinque variabili indipendenti sono state incluse nel modello finale e valutate in base ai coefficienti di regressione (vedi figura)
- anemia 3 punti
- insufficienza renale severa (velocità di filtrazione glomerulare <30 ml/min o dialisi) 3 punti
- età > 75 anni 2 punti
- precedente sanguinamento 1 punto
- ipertensione arteriosa 1 punto.
Suddividendo lo score di rischio in tre categorie, i tassi di emorragie maggiori erano dello 0.8% nei pazienti a basso rischio (0-3 punti), 2.6% in quelli a rischio intermedio (4 punti) e 5.8% i quelli ad alto rischio (5-10 punti). Il c-index per lo score di rischio continuo era di 0.74 e 0.69 per le tre categorie, maggiore che negli altri sistemi di predizione del rischio. Vi è stato un netto miglioramento nella riclassificazione del rischio mediante questo sistema se confrontato con quello degli altri 6 precedenti (dal 27% al 56%). In conclusione, un semplice sistema di predizione del rischio a 5 variabili si è dimostrato efficace nel quantificare il rischio di emorragie associate al W in un’ampia coorte di pazienti con fibrillazione atriale.
Fang M et al. J Am Coll Cardiol 2011; 58: 395-401
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