Escrezione urinaria di sodio e rischio cardiovascolare

Rispetto a un valore basale di 4-5.99 g/die, un’escrezione urinaria di sodio superiore a 7 g/die si associa a un accresciuto rischio di eventi cardiovascolari (cv), ma se l’escrezione dell’elettrolita diventa inferiore a 3 g/die aumenta il rischio di mortalità cv e di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Vi è dunque tra escrezione di sodio e rischio di eventi cv una correlazione “a forma di J”. È quanto hanno scoperto Martin O’Donnell, della McMaster University di Hamilton (Canada) e collaboratori. I ricercatori hanno coinvolto 28.880 pazienti con diagnosi accertata di malattia cardiovascolare o diabete mellito provenienti dai trial Ontarget e Trascend, dai cui campioni di mitto mattutino a digiuno sono state effettuate stime dell’escrezione urinaria di sodio e potassio lungo le 24 ore, applicando la formula di Kawasaki. Gli outcomes di interesse, valutati a un follow-up medio di 56 mesi, erano costituiti da mortalità cv, infarto miocardico, ictus e ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Rispetto a un gruppo di riferimento con un valore basale di escrezione di sodio di 5-5.99 g/die, livelli superiori al basale sono risultati associati a un rischio maggiore di morte cv. In particolare il rischio era quasi raddoppiato nei soggetti con escrezione basale superiore a 8 g/die, ma aumentava solo del 15% in quanti avevano un’escrezione iniziale di 7-8 g/die. Comunque, un basso livello al basale di escrezione di sodio è apparso associato ad un rischio superiore di un outcome composito, comprendente morte cv, infarto miocardico, ictus e ricovero per scompenso cardiaco. Quanti mostravano un valore basale inferiore a 2 g/die avevano un rischio per quest’ultimo esito aumentato del 21%, cifra che scendeva al 16% nel caso di valori compresi tra 2 e 2.99 g/die. Da notare infine che rispetto a un valore di riferimento di 1.5 g/die, valori superiori di escrezione urinaria di potassio si sono accompagnati a riduzioni crescenti del rischio di ictus (da 23% fino a 32%).

O’Donnel MJ et al. JAMA 2011; 306(20):2229-38

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