Bisfosfonati dimezzano interventi di revisione protesica

Nei pazienti sottoposti ad artroplastica agli arti inferiori, l’uso di bisfosfonati orali si associa ad almeno un raddoppio della sopravvivenza degli impianti. Lo rivela un ampio studio britannico condotto su tutti i pazienti sottoposti ad artroprotesi primaria totale di ginocchio o di anca

La ricerca è stata effettuata in Gran Bretagna sui dati dei pazienti sottoposti a chirurgia protesica d’anca (n=23.269) e di ginocchio (n=18.726) dal 1986 al 2006. Nel campione complessivo di 41.995 soggetti, Daniel Prieto-Alhambra dell’università di Oxford e i suoi colleghi ne hanno identificati 1.912 che avevano fatto uso di bisfosfonati in somministrazione orale (per almeno sei prescrizioni o per almeno sei mesi di terapia). In questo gruppo la percentuale di revisioni è stata dello 0,93% rispetto all’1,96% degli altri pazienti: dunque meno della metà per un totale di 107 interventi di revisione evitati, secondo l’analisi statistica dei ricercatori. L’effetto protettivo è stato superiore nei pazienti sottoposti ad artroprotesi di ginocchio rispetto a quelli operati all’anca, anche se questa differenza è stata piuttosto limitata. Infine, nei soggetti che avevano ricevuto una diagnosi di osteoartrosi da parte del proprio medico di base, l’utilizzo dei bisfosfonati ha avuto un effetto protettivo proporzionalmente maggiore, con un tempo di sopravvivenza incrementato almeno di tre volte. 

La spiegazione fornita dagli autori
La causa più comune di fallimento delle protesi agli arti inferiori è lo scollamento asettico, che è ritenuto responsabile del 56% di tutti gli interventi di revisione all’anca e del 41% al ginocchio. Si ritiene che lo scollamento sia da attribuire a una risposta infiammatoria cronica, che recluta macrofagi, osteoclasti e altre cellule fino a determinare un’accelerazione della perdita di osso periprotesico. Secondo gli autori dello studio, l’effetto protettivo dei bisfosfonati avverrebbe proprio agendo su questo meccanismo. Lo studio inglese si inserisce in uno scenario di dati talvolta contrastanti, ma nell’articolo, pubblicato sul British Medical Journal, si legge: «i nostri risultati sono coerenti con la maggior parte dei trial pubblicati, poiché noi abbiamo mostrato un significativo effetto protettivo adottando come punto di vista la percentuale di revisioni che si sono rese necessarie dopo l’intervento primario». Inoltre, anche se i dati statistici non sono sufficienti per un responso definitivo, i benefici maggiori sembrano verificarsi sul lungo periodo, dopo almeno cinque anni dalla terapia, proprio quando la causa più comune di fallimento è lo scollamento determinato dall’osteolisi. Naturalmente non si possono trascurare gli effetti avversi che si associano all’utilizzo dei bisfosfonati, ma Prieto-Alhambra riporta in proposito cifre molto basse: «l’osteonecrosi della mascella colpisce da 0,1 a 1 ogni 10.000 pazienti/anno, mentre sono circa 5 ogni 10.000 pazienti/anno a incorrere in fratture atipiche». 

BMJ 2011;343:d7222

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