Anamnesi familiare identifica rischio cardiovascolare
Nell’ambito delle cure primarie, la raccolta sistematica dell’anamnesi familiare dai pazienti aumenta in modo significativo il numero dei soggetti identificati come ad alto rischio cardiovascolare. Lo sostengono Nadeem Qureshi dell’università di Nottingham (UK) e collaboratori, autori di uno studio controllato randomizzato a grappolo su 748 soggetti di età compresa fra i 30 e i 65 anni, senza diagnosi pregressa di rischio cardiovascolare (Cv). I partecipanti sono stati suddivisi in un gruppo controllo, in cui si effettuava una valutazione standard del rischio Cv, e in gruppo intervento, che prevedeva la raccolta dettagliata aggiuntiva dei dati anamnestici familiari e la compilazione – da parte del paziente – di un questionario relativo alla storia medica personale, con dettagli su malattie coronariche nei genitori e nei nonni e sulle caratteristiche fisiopatologiche degli altri familiari. In tutti i soggetti è stato calcolato il rischio Cv secondo il punteggio Framingham. Se tale rischio era =/> 20% lungo i 10 anni successivi, si offriva la possibilità di un appuntamento per una consulenza sugli stili di vita. Usando in modo sistematico la raccolta dell’anamnesi familiare, la percentuale di soggetti del gruppo intervento classificati ad alto rischio Cv (=/<20% a 10 anni) è aumentata del 40,8%, rispetto all’incremento del 5,6% del gruppo controllo dopo aggiunta dei dati familiari da record elettronici. Tra le due modalità di intervento (sistematica vs tradizionale), la percentuale di partecipanti ad alto rischio Cv in media è aumentata, rispettivamente, di 4,8 e 0,3 punti percentuali, con una differenza tra gruppi di 4,5 punti percentuali, rimasta significativa anche dopo correzioni per variabili confondenti. I ricercatori concludono che questa utile strategia di intervento, visti i bassi costi, l’alta adesione e gli elevati tassi di completamento dei questionari, è effettivamente percorribile.
Ann Intern Med, 2012; 156(4):253-62
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