Ca tiroideo a basso rischio, esiti di due strategie ablative
L’ablazione del tessuto tiroideo residuo mediante l’impiego di tireotropina ricombinante umana o radioiodio postoperatorio a basse dosi può essere sufficiente per la gestione del cancro tiroideo a basso rischio. È la conclusione di uno studio multicentrico francese di fase 3 – coordinato da Martin Schlumberger, del servizio di Medicina nucleare e Oncologia endocrina dell’université Paris Sud, a Villejuif – in cui sono stati messi a confronto due metodi di stimolazione della tireotropina (sospensione dell’ormone tiroideo e impiego di tireotropina umana ricombinante) e due differenti dosaggi di radioiodio (1,1 Gbq e 3,7 Gbq di iodio-131) in un disegno sperimentale 2×2. I criteri di inclusione adottati sono stati: età =/>18 anni; tiroidectomia totale per carcinoma differenziato della tiroide; stadio Tnm, accertato con esame anatomopatologico su campione chirurgico, pT1 (con diametro tumorale =/<1 cm) e N1 o Nx, pT1 (con diametro tumorale >1 cm fino a 2 cm) e N a qualunque grado, o pT2N0; assenza di metastasi a distanza; assente contaminazione da iodio. L’ablazione tiroidea è stata valutata 8 mesi dopo la somministrazione di radioiodio tramite ecografia del collo e misurazione della tireoglobulina stimolata dalla tireotropina ricombinante umana. Nel corso di 3 anni sono stati arruolati 752 pazienti, dei quali il 92% aveva un cancro papillare, ma solo su 684 di essi si sono potuti valutare i dati. In 652 soggetti (95%) l’ecografia del collo è risultata normale, e il livello di tireoglobulina stimolata è risultato di 1 ng/mL o meno in 621 dei 652 pazienti (95%) senza anticorpi antitireoglobulina rilevabili. L’ablazione tiroidea è apparsa completa in 631 pazienti su 684 (92%). Il tasso di ablazione è risultato equivalente tra le dosi di radioiodio e i metodi di stimolazione della tireotropina. Non si sono avuti gravi eventi avversi inattesi.
N Engl J Med, 2012; 366:1663-73
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