Usa, varia l’approccio a profilassi di tromboembolismo venoso
Un sondaggio su un ampio campione di chirurghi ortopedici americani mostra posizioni differenti in merito al miglior trattamento per prevenire il tromboembolismo venoso dopo artroprotesi d’anca o di ginocchio. La profilassi è stata riportata come pratica di routine dal 99% dei chirurghi interpellati che avevano effettuato nel 2008 interventi di sostituzione protesica d’anca o di ginocchio. Il 79% di loro ha valutato il rischio di tromboembolismo venoso prima dell’intervento e il 74% ha modificato la profilassi in base ai fattori di rischio riscontrati. Tra i diversi approcci adottati durante il ricovero in ospedale, la compressione pneumatica intermittente è stato il più frequente. La strategia farmacologica più diffusa è stata a base di eparine a basso peso molecolare, impiegate nel 65% delle artroprotesi d’anca e nel 63% di quelle di ginocchio. Inferiore è stato l’utilizzo di warfarin e ancor meno impiegata di acido acetilsalicilico, che ha trovato più spesso applicazione nella profilassi successiva alle dimissioni. I risultati del sondaggio mostrano dunque un consenso generale tra i chirurghi degli Stati Uniti sul fatto che esistano evidenze sufficienti per giustificare l’utilizzo standard di una profilassi contro il tromboembolismo venoso. Tuttavia gli autori dello studio ritengono che linee guida emesse in precedenza abbiano creato confusione e abbiano condotto a una grande variabilità di approcci: «in generale la preoccupazione dei chirurghi per il sanguinamento prevale su quella per embolismi polmonari clinicamente importanti».
J Arthroplasty, 2012; 27(5):659-666.e5
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