Tumore della mammella: linee guida di follow up. Raccomandazioni per l’oncologo e per il medico di medicina generale

Nel mondo la prevalenza dei soggetti con una storia di neoplasia è in costante aumento e in Italia, secondo le stime del “Rapporto 2012 sulla condizione assistenziale del malato oncologico”, rappresenta il 4% della popolazione generale e il 15% della popolazione con più di 65 anni. Oggi la metà di questi pazienti ha una diagnosi di neoplasia da più di 5 anni e questa percentuale sale al 90% nei casi di tumore della mammella e della prostata. In questi soggetti la gestione del follow up, intesa come semplice sorveglianza di routine di eventuali recidive, è oggetto di una revisione critica nella prospettiva di cure proattive centrate sul paziente che comprendono la pianificazione sistematica di controlli basati sul rischio individuale, le terapie oncologiche eseguite, lo stile di vita e la presenza di comorbidità, condizione che caratterizza circa il 70% di questi pazienti1.

Per un Medico di Medicina Generale (MMG) questo significa che tra i suoi pazienti di età > 65 anni 1 su6 hauna storia positiva per neoplasia contratta in età adulta in cui è necessario:

  • programmare una visita periodica di routine associata a dei test con l’obiettivo di scoprire un’eventuale recidiva,
  • monitorizzare gli effetti ritardati del trattamento,
  • effettuare uno screening dell’insorgenza di nuovi secondi tumori primitivi e
  • fornire un adeguato supporto psicologico1

Storicamente la struttura del follow up è nata da quella degli studi clinici controllati che prevedevano contatti periodici e sistematici con schemi da protocollo e con priorità orientate ai risultati “generali” dello studio piuttosto che agli interessi “limitati” del paziente. La domanda che spesso i MMG si sono posti di fronte alle richieste di esami provenienti dal centro oncologico è quanto queste fossero adeguate ai bisogni del loro singolo paziente. Oggi anche i medici specialisti, per gli stessi motivi e per il crescente numero di studi che documentano l’importanza delle cure primarie2,3 nella gestione di un follow up oncologico centrato sul singolo paziente e condiviso con il MMG.

Nel caso del tumore della mammella, neoplasia che può recidivare anche dopo 15 anni dalla diagnosi iniziale, la sorveglianza rappresenta, pur con diversa intensità, un processo lungo tutta la vita della paziente. L’American Society of Clinical Oncology (ASCO) ha pubblicato un aggiornamento delle linee guida sul follow up che confermano come elementi chiave:

  • L’anamnesi  accurata
  • L’esame obiettivo della paziente che dovrebbe essere fatto ogni 3 – 6 mesi per i primi 3 anni, e ogni 6 – 12 mesi nel  4° e 5° anno, in seguito annualmente.
  • L’educazione della paziente al riconoscimento dei sintomi sospetti (comparsa di nuovi noduli, dolori ossei, dolori toracici, dispnea, dolori addominali o cefalea persistente)

Quindi si raccomanda per il tumore della mammella un follow up che non necessita di interventi ad elevata tecnologia, ma di una sorveglianza in cui è prioritario il coordinamento delle cure per adeguare, in casi selezionati, ulteriori accertamenti e la condivisione con paziente e MMG di alcune raccomandazioni.

Il counseling genetico è opportuno nelle pazienti ad alto rischio, che include le donne con predisposizione razziale (Ebrei Ashkenazi), con una storia familiare di tumore della mammella o dell’ovaio e coloro che hanno una diagnosi personale o parentale di tumore mammario bilaterale.

L’autoesame del seno è utile per tutte le pazienti e andrebbe effettuato con frequenza mensile.

Le donne che hanno subito un trattamento conservativo (x es. quadrantectomia) dovrebbero eseguire una mammografia entro 1 anno dalla diagnosi, ma non prima di 6 mesi dalla fine della radioterapia.

Un esame ginecologico periodico è sempre consigliabile, in particolare in coloro che assumono tamoxifene, dove qualsiasi sanguinamento  vaginale deve essere indagato in maniera approfondita.

Il follow up può essere trasferito alle competenze del MMG, dopo un anno, in donne con uno stadio di malattia iniziale (tumore < 5 cme  < 4 linfonodi positivi), previa adeguata informazione da parte dello specialista oncologo del MMG e della paziente sulle modalità di una sorveglianza appropriata. Questa raccomandazione del trasferimento di “setting” del coordinamento delle cure è basata su evidenze che dimostrano come il follow up gestito dal MMG raggiunge gli stessi esiti di quello gestito dallo specialista e con una miglior soddisfazione da parte delle pazienti3. Infatti un follow up intensivo non determina un vantaggio per la sopravvivenza o un miglioramento della qualità di vita rispetto a un programma di sorveglianza normale e gestito nell’ambito delle cure primarie. In particolare per una prassi routinaria di follow up del tumore della mammella attualmente non sono raccomandabili: esami del sangue, studi di immagine (ecografia dell’addome, rx del torace, scintigrafia ossea), markers tumorali.  L’utilità dei marcatori andrà valutata in studi ulteriori e nuove raccomandazione utili per una diagnosi di recidiva di tumore mammario saranno prodotte  per linee guida basate sulla valutazione del rischio specifico da utilizzare incasi particolari (tumori triplo negativi) e anche per identificare subset di pazienti in cui andrà valutato attentamente che modello di cure offrire.  Infatti rimane prioritario migliorare l’efficacia delle procedure di sorveglianza perchè, sfortunatamente per le pazienti, il 69% delle recidive si manifesta ancora nell’intervallo tra gli esami programmati.

Bibliografia

  1. HudsonSV et al.Adult Cancer Survivors Discuss Follow-up in Primary Care: ‘Not What I Want, But Maybe What I Need’Ann Fam Med 2012;10:418:27
  2. Grunfeld ECancer survivorship: a challenge for primary care physiciansBr J Gen Pract  2005; 96:741-2
  3. Grunfeld E,LevineMN, Julian JA, et al.Randomized trial of long-term follow-up for early-stage breast cancer: a comparison of family physician versus specialist care.J Clin Oncol. 2006;24(6):848–855
  4. Khatcheressian JL et al, for American Society of Clinical Oncology.Breast Cancer Follow-up and Management after Primary Treatment: American Sociaty of Clinical Oncology Update.J Clin Oncol 20126 Nov 5;30:5091-7
  1. Ipertrigliceridemia, nuove linee-guida della Endocrine Society
  2. Realizzate le nuove linee-guida sull’ipertrigliceridemia a cura della Endocrine Society, pubblicate dal Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism ma a disposizione per il download gratuito sul sito internet della Endocrine Society.
  3. La Task Forceche le ha stilate comprende un chairman scelto dall’Endocrine Society Clinical Guidelines Subcommittee (CGS), cinque esperti e un metodologo: nessuno ha ricevuto pagamenti o finanziamenti di alcun genere. Il consenso sulle linee-guida è stato raggiunto mediante la revisione sistematica dell’evidenza e la discussione tra i membri della Task Force. Le linee-guida sono state successivamente revisionate e approvate dall’Endocrine Society Clinical Guidelines Subcommittee (CGS), dal Clinical Affairs Core Committee, dai soci della Endocrine Society via mail e infine dall’Endocrine Society Council.
  4. I punti salienti delle linee-guida?La Task Forcericorda che una ipertrigliceridemia lieve o moderata (150–999 mg/dl) è un importante fattore di rischio cardiovascolare e una ipertrigliceridemia grave (> 1000 mg/dl) è un fattore di rischio per la pancreatite. Raccomanda poi che la diagnosi di ipertrigliceridemia avvenga mediante la misurazione dei livelli di trigliceridi a digiuno e che gli adulti vadano obbligatoriamente screenati al massimo ogni 5 anni. Nei pazienti con diagnosi di ipertrigliceridemia i successivi controlli devono comprendere la misurazione dei livelli di apolipoproteina B – apoB e lipoproteina (a) – Lp(a). Si sottolinea inoltre che nei pazienti con diagnosi di ipertrigliceridemia debbano essere prese in considerazione cause secondarie di ipertrigliceridemia (comprese disfunzioni endocrine e trattamenti farmacologici), storia familiare di dislipidemia e patologie cardiovascolari. Altri fattori di rischio cardiovascolare eventualmente presenti in tali pazienti andranno valutati con la massima attenzione.
  5. Il trattamento iniziale raccomandato dalla Task Force si limita alle modifiche degli stili di vita, quindi il clinico dovrà effettuare un counseling dietetico, mirare a una significativa riduzione del peso corporeo nel caso di pazienti sovrappeso, e avviare il paziente ad una corretta attività fisica.
  6. Nei pazienti a rischio di pancreatite va aggiunto anche un trattamento farmacologico di prima linea a base di fibrati. Nei pazienti con ipertrigliceridemia da moderata a grave le opzioni di trattamento da considerare sono fibrati, niacina e acidi grassi n-3 da soli o in combinazione con statine. Le statine non vanno prescritte in monoterapia nei pazienti con ipertrigliceridemia grave e molto grave, anche se possono essere molto utili nel trattamento dell’ipertrigliceridemia moderata per modificare il rischio cardiovascolare.
  7. ▼ Berglund L, Brunzell JD, Goldberg AC, Stalenhoef AFH et al.  Evaluation and Treatment of Hypertriglyceridemia: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 2012;97(9):2969-2989 doi: 10.1210/jc.2011-3213
  8. CARD-1057338-0000-UNV-W-10/2014
    1. Malattia renale cronica e controllo della pressione arteriosa
    2. Evidenze scientifiche per la gestione dei pazienti adulti e pediatrici

15.La Malattia RenaleCronica (MRC) è una patologia estremamente comune negli adulti e colpisce circa il 10% della popolazione anziana. Le cause più comuni di MRC sono il Diabete Mellito tipo 2 e l’Ipertensione Arteriosa, alle quali seguonola Nefropatiaad IgA,la Glomerulosclerosi Focale,la Malattiadel rene Policistico ela Nefropatiada Reflusso. La progressione della MRC dipende da una serie di fattori concomitanti come quelli legati alla patologia di partenza, la presenza o meno di comorbidità, il tipo di intervento terapeutico, lo stato socio-economico, la predisposizione genetica e l’etnia. La progressione verso lo stadio terminale della malattia renale (ESRD) e la necessità di terapia renale sostitutiva è un evento comune. E’ noto chela MRCaumenta il rischio di eventi cardiovascolari (infarto, ictus, morte Improvvisa etc.) i quali intervengono nel corso della progressione della MRC causando aumento di morbilità e mortalità nel paziente nefropatico. Una strategia terapeutica rivolta al rallentamento della progressione della malattia ed alla riduzione dell’alto rischio cardiovascolare sono il goal vincente per questo paziente.

16. Le attuali evidenze scientifiche sulla MRC confermano che l’Ipertensione e la proteinuria sono non solo dei markers di patologia, ma anche dei fattori indipendenti di progressione della stessa verso gli stadi terminali. Dal punto di vista fisiopatologico il Sistema Renina-Angiotensina (RAS) gioca un ruolo fondamentale, anche se nella gestione clinica del paziente nefropatico devono essere considerati e valutati, oltre ai classici fattori (fumo obesità e glucotossicità), la dislipidemia (livelli di colesterolo LDL-c), lo stress ossidativo e l’infiammazione, senza dimenticare il disordine del metabolismo calcio-fosforo-vitamina D e l’anemia.

17. In una revisione pubblicata su Nature Reviews Nephrology sono riportate le evidenze del ruolo dell’ipertensione, dell’importanza della comparsa di proteinuria e quali siano le migliori e più documentate strategie terapeutiche da mettere in atto nella MRC per rallentarne la progressione. E’ consolidato il fatto che l’ipertensione rappresenti un fattore di rischio indipendente per la progressione della malattia sia nei pazienti adulti che nei pazienti pediatrici con problemi renali. I dati emersi dagli studi clinici indicano che il tasso di progressione della MRC può essere diminuito da interventi farmacologici. Attualmente la strategia nefroprotettiva si concentra sul blocco del Sistema Renina-Angiotensina (RAS). Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina forniscono un controllo efficace non solo della pressione arteriosa, ma anche della proteinuria. Nei pazienti pediatrici e nei pazienti con proteinuria è evidente un ulteriore vantaggio legato allo stretto controllo della pressione in un range più basso (<125/75 mmHg) rispetto al convenzionale goal terapeutico (<140/90 mmHg).

18. Dal punto di vista fisiopatologico la naturale storia di evoluzione della MRC è molto ben conosciuta e lineare, rifacendosi alla “Ipotesi di Brenner” che afferma come ogni perdita critica di massa renale (numero di nefroni), indipendentemente dalla natura dell’initial injuri (insulti pressori, immunocomplessi o anticorpi, glucosio o LDL-C), porta all’aumento della filtrazione di ogni singolo nefrone (teoria dell’Iperfiltrazione). Tale meccanismo compensatorio presente nelle prime fasi, diventa poi dannoso per il nefrone portando ad ipertrofia glomerulare e tubulare, con danno alle cellule endoteliali ed ai podociti. La comparsa di proteinuria sempre più elevata favorisce quindi la progressione verso la totale perdita dei nefroni residui. In questa fase la progressione è indipendente dalla causa scatenante e la progressione della MRC volge ineludibilmente verso l’ESRD e la terapia dialitica sostitutiva.

19. Le evidenze sperimentali e cliniche suggeriscono come gli antagonisti del RAS preservino la funzione renale non solo abbassando il livello della pressione arteriosa, ma anche con meccanismi specifici antiproteinurici e anti-infiammatori. Allo stato attuale delle conoscenze è ancora controverso quanto un rigoroso controllo della pressione arteriosa possa esercitare ulteriori effetti benefici sulla progressione della malattia renale, mentre esistono le prove del notevole vantaggio nefroprotettivo per i bambini con insufficienza renale cronica e per i pazienti con proteinuria. Nella pratica clinica, in questi sottogruppi di pazienti, l’utilizzo degli antagonisti RAS come classe di farmaci di prima scelta permette di raggiungere target pressori più bassi mantenendo buoni profili di tollerabilità e sicurezza.

20. In considerazione di tali evidenze è cruciale per il medico pratico focalizzare la sua attenzione ad intercettare i pazienti a rischio di MRC, diagnosticarela MRCnegli stadi iniziali e mettere in atto quelle strategie educative (stile di vita, fumo, obesità) e terapeutiche (trattarela PA, ridurre i livelli di LDL-c, mantenere un corretto controllo metabolico del diabete, non usare farmaci nefrotossici) con l’obiettivo non solo di rallentare l’evoluzione della MRC, ma anche di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari.

21. Elke Wühl and Franz Schaefer Managing kidney disease with blood-pressure control Nat Rev Nephrol 2011;7:434-444

22. CARD-1058060-0000-UNV-W-10/2014 

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