Influenza, Vitamina D e variazioni climatiche: un percorso parallelo
A questo proposito le variazioni del clima e i problemi correlati riportano all?attenzione R. Edgar Hope-Simpson, un medico generico ed epidemiologo inglese, che a partire dal 19811 ha condotto numerosi studi sulla ciclicit? delle epidemie influenzali. Egli ha osservato come il picco massimo di virulenza dell?influenza, negli emisferi temperati, coincide con i primi giorni successivi al solstizio invernale (22/23 Dicembre), e come invece la diffusione del virus tende a decrescere, fin quasi a scomparire, nei mesi estivi. E questo nonostante a livello immunologico sia possibile individuare nella popolazione una continua formazioni di anticorpi specifici contro il virus anche nella stagione estiva e in assenza di sintomatologia conclamata dell?infezione.
Hope-Simpson ha dedotto l?esistenza di uno ?stimolo stagionale? responsabile di questo caratteristico andamento ciclico dell?epidemia influenzale. Nella sua teoria il ?seasonal stimulus? correla con l?irradiazione solare:
? il picco di massima diffusione virale, nelle zone temperate, viene a coincidere con il picco pi? basso della forza dell?irradiazione solare, cio? intorno al solstizio invernale (quando i raggi del sole raggiungono il massimo della loro obliquit?);
? nelle zone equatoriali, dove l?andamento dell?irradiazione solare ? meno stagionale, anche il procedere dell?influenza ? meno legato alle stagioni e manifesta comunque il suo picco massimo nel momento in cui i raggi solari appaiono pi? deboli.
Un?interessante revisione pubblicata su Epidemiology Infection2 fa il punto della situazione sottolineando che la vitamina D, [25(OH)D], pu? essere lo ?stimolo stagionale? di cui parlava Hope-Simpson e che i suoi livelli plasmatici, dipendenti dall?esposizione al sole e dall?intensit? dell?irradiazione solare, possono essere un fattore determinante della stagionalit? dell?influenza. La vitamina D ? un preormone che viene normalmente prodotto nella cute durante i mesi estivi, quando i raggi UVB attivano la conversione del 7-deidrocolesterolo in vitamina D. In seguito la vitamina D va incontro ad una serie di ulteriori modificazioni ad opera del fegato [25(OH)D] e di tutte le cellule del corpo, fino a presentarsi come potente ormone steroideo [1,25(OH)2D] che agisce sul sistema immunitario. La Vitamina D ha infatti un ruolo importante nel modulare la risposta infiammatoria all?aggressione virale, evitando l?eccessivo rilascio di citochine proinfiammatorie e di chemochine3. Inoltre incrementa sensibilmente la produzione di macrofagi specifici e stimola fortemente il processo genetico di potenti peptidi antibatterici che sono presenti in neutrofili, monociti, cellule del sistema immunitario innato e nelle cellule epiteliali che ricoprono l?apparato respiratorio svolgendo un attivo ruolo di difesa dei polmoni4. La carenza/presenza di vitamina D potrebbe quindi essere correlata alla stagionalit? dell?influenza quanto al ricorrere di diverse patologie batteriche e virali dell?apparato respiratorio.
Sebbene l?importanza della vitamina D nella prevenzione delle patologie respiratorie sia ormai sufficientemente documentata resta da valutare mediante studi clinici quale sia il dosaggio pi? appropriato. Finch? questo non sar? stabilito sarebbe buona norma attenersi in inverno al mantenimento di una concentrazione plasmatica di vitamina D pari a quella che viene riscontrata fisiologicamente in estate (50 ng/ml). La quantit? da assumere come integrazione varier? quindi da persona a persona, in base all?et?, alla latitudine, alla stagione, alla razza, al peso, all?esposizione al sole e ai precedenti livelli di [25(OH)D] nel sangue.
Gli autori ipotizzano una dose generale di 1000-2000 IU/Kg che pu? essere aumentata fino a 5000 IU/al giorno per gli obesi, le persone di colore che hanno molta melanina nella pelle, per gli anziani e per chi non si espone al sole. Si tratta di dosaggi la cui definizione resta tuttavia da testare clinicamente.
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