Pareri sull’utilit? preventiva della mammografia
Il tumore della mammella rappresenta il tumore pi? frequente nella donna; ogni anno nel mondo viene posta diagnosi di questa patologia in 1 milione di donne e oltre 500.000 sono le morti ad essa correlate. Nelle ultime 2 decadi si ? registrata una lieve, ma reale riduzione della mortalit? per cancro mammario, verosimilmente connessa ad una diagnosi pi? precoce e ad un miglioramento delle terapie.
A met? novembre 2009 la US Preventive Services Task Force (USPSTF) ha licenziato un aggiornamento delle linee-guida per lo screening del cancro mammario (Ann Intern Med 2009; 151: 716), contenente 2 raccomandazioni assai controverse, fonte di successive violente polemiche: 1) eliminazione della mammografia come test standard per le donne in et? compresa tra 40 e 49 anni (in considerazione del minor beneficio presente in questa fascia di et?) 2) esecuzione della mammografia con cadenza biennale ( e non annuale) dopo i 50 anni, per via del medesimo outcome clinico registrato con i 2 differenti ritmi di esecuzione. ? In realt? vi ? consenso che lo screening mammografico riduce la mortalit? da cancro mammario nell’et? compresa tra 40 e 74 anni; vi ? ancora ampio spazio per migliorare l’educazione sanitaria e limitare le disparit? di accesso ai servizi preventivi; ? noto che la mammografia ? gravata sia da falsi negativi (in particolare nei tumori della mammella estrogeno-recettori negativi) che da falsi positivi (con overdiagnosi, fonte di ulteriori accertamenti e stress).?L’American College of Radiology ha aspramente criticato la policy adottata dal USPSTF, interpretandola come una forma di razionamento delle risorse dedicate alla prevenzione ed un passo indietro nella lotta contro il tumore della mammella possibile fonte di morti evitabili.??Pi? equilibrato ? stato il commento apparso on line il 25 novembre u.s. sul New England Journal of Medicine, a firma di Partridge AH e Winer EP, che conclude con la considerazione che lo screening mammografico non ? di per s? ‘proibito’ nelle donne tra i 40 ed i 49 anni, ma va valutato in base ai rischi personali presenti considerando i pi? limitati benefici assoluti in questa fascia di et?. Vengono auspicate nuove metodiche di biologia molecolare e studi di associazione con il genoma per individuare con maggiore precisione i soggetti a rischio pi? elevato che possono giovarsi di misure preventive personalizzate.
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