Calcolo del rischio cv pi? preciso con tre marker in pi?
La misurazione dei livelli ematici di frammento aminoterminale del pro-peptide natriuretico cerebrale (Nt-proNb), proteina C-reattiva (Pcr) e troponina I sensibile, ossia di biomarker aggiuntivi rispetto a quelli impiegati nella pratica convenzionale, ha permesso di migliorare la valutazione del rischio cardiovascolare a 10 anni in due coorti europee costituite da persone di mezza et?. Per arrivare a questo risultato, Stefan Blankenberg, dell’universit? Johannes Gutenberg di Magonza (Germania), e collaboratori sono partiti dalla valutazione di trenta nuovi biomarker, appartenenti a differenti vie fisiopatologiche, in 7.915 uomini e donne della coorte Finrisk97, sani al basale, quando ? stato effettuato il dosaggio dei marcatori. Tra questi soggetti si sono registrati 538 attacchi cardiovascolari a 10 anni (eventi coronarici o ictus fatali o non fatali) e ci? ha portato allo sviluppo di un punteggio da biomarcatori successivamente sottoposto a validazione in un’altra coorte, denominata Belfast prime, composta questa volta da soli uomini (n=2.551) nei quali si sono poi avuti 260 eventi. Non si ? riscontrato alcun biomarker che da solo riuscisse a migliorare in modo consistente la stima del rischio cardiovascolare negli uomini e nelle donne del Finrisk97 e negli uomini del Prime. In ogni caso, le associazioni pi? forti in tal senso si sono rilevate con Nt-proNb (1,23), Prc (1,23), peptide natriuretico di tipo B (1,19) e troponina sensibile (1,18). Selezionando questi ultimi, si ? allora sviluppato un nuovo punteggio dalla coorte Finrisk97 e lo si ? aggiunto a un modello convenzionale di fattori di rischio nella coorte maschile Belfast prime, dove ? stato validato: il suo impiego, infatti, ha permesso di migliorare la statistica, la discriminazione integrata e ha consentito l’effettuazione di una riclassificazione significativa degli individui tra le varie categorie di rischio. Sono comunque necessarie ulteriori validazioni, in altre popolazioni e gruppi d’et?.
Circulation, 2010; 121(22):2388-97
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