Prudenza medica nei soggetti a rischio
Il fatto che aveva originato la controversia riguardava un andrologo al quale era stata attribuita la responsabilit? del decesso di un paziente per avere omesso di prescrivere accertamenti che avrebbero portato ad una diagnosi pi? precoce e quindi permesso la cura della malattia tumorale. La sentenza di condanna del medico al risarcimento dei danni veniva impugnata, ritenendosi non spiegata la ragione per cui il paziente fosse “a rischio”.
la Cassazione civile ha chiarito che, nel caso controverso, ?frequenti dolori, testicolo non in sede, infezioni localizzate, assenza di risposta alle cure, erano tutti sintomi che ponevano il paziente tra quelli a rischio, da controllare e monitorare con assiduit??.
In sostanza, la sentenza di condanna impugnata, ha seguito un ragionamento basato sul principio del “pi? probabile che non”, nel senso che esiste una elevata probabilit? che un soggetto a rischio si ammali e, una volta ammalatosi, sia alta la probabilit? che una diagnosi ritardata, da un lato, favorisca la degenerazione della malattia, dall’altro lato, impedisca una cura efficace.
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