Le certezze che crollano: il sale aumenta la pressione (forse), ma non le malattie cardiovascolari. Anzi…

La polemica sul rapporto tra sale e ipertensione, nonostante studi quali l’INTERSALT che ne hanno stabilito la relazione diretta, non si ? mai spenta e un recente articolo comparso su JAMA?? sicuramente destinato a rinfocolarla. Partendo dal fatto che i dati sul danno del sale sono derivati dall’estrapolazione di studi osservazionali e da trials di intervento a breve termine, ? stato progettato uno studio prospettico di popolazione a lungo termine su 3.681 soggetti senza malattie cardiovascolari (CVD) di base. Questi soggetti erano membri di famiglie arruolate in 2 studi di popolazioni europee riguardanti fattori genetici coinvolti nei processi patologici. Dei 3.681 partecipanti 2.096 erano normotesi all’ingresso e su 1.499 sono state misurate la pressione e l’escrezione di sodio all’ingresso e al follow-up. Outcome principale: incidenza della mortalit?/morbilit? e associazione tra le variazioni della pressione arteriosa (PA) e della sodiuria nelle 24 h (che riflette l’assunzione di sodio). Un’analisi multivariata ha espresso il rischio (HR) in terzili di escrezione di sodio in rapporto al rischio medio della popolazione in studio. I risultati dello studio sono inquietanti
1. i tassi di mortalit? dei 3.681 soggetti seguiti per un follow-up mediano di 7,9 anni?erano minori nei terzili con maggiore escrezione di sodio: rispettivamente 4.1%, 1.9%, e 0.8%;
2. nei 2.096 partecipanti (normotesi all’ingresso) seguiti per 6,5 anni, il rischio di ipertensione non aumentava nei terzili con pi? alta escrezione di sodio (p=0.93)
3. nei 1.499 partecipanti seguiti per 6,1 anni la pressione sistolica aumentava di 1,71 mmHg per ogni 100 mmol di aumento dell’escrezione del sodio (p 0.001), ma non la pressione diastolica.
Il punto 1 rimane l’aspetto pi? clamoroso: una relazione inversa tra sodiuria (quindi assunzione di sodio) e rischio di morte da CVD. In ogni modo non viene supportata la raccomandazione di una indiscriminata riduzione del sale nell’intera popolazione per evitare le CVD, anche se non vengono negati effetti sull’abbassamento della PA con la riduzione del sale nei soggetti ipertesi.

Stolarz-Skrzypek K et al. JAMA 2011; 305: 1777-1785

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