Xantelasmi palpebrali predittivi di patologie cardiovascolari
La presenza di xantelasmi palpebrali, ma non quella di arco senile pericorneale, si associa a un rischio aumentato di infarto miocardico, cardiopatia ischemica, grave aterosclerosi e morte nella popolazione generale, indipendentemente dai noti fattori di rischio cardiovascolare (comprese colesterolemia e trigliceridemia). Sia gli xantelasmi sia gli archi senili (opacità grigiastre alla periferia della cornea) sono noti per essere correlati a un’accresciuta concentrazione palsmatica di colesterolo totale o Ldl, e/o a una diminuita concentrazione di colesterolo Hdl, ma finora esistevano pochi studi sulla loro potenziale associazione con patologie cardiovascolari. Il gruppo di Anne Tybaerg-Hansen, dell’ospedale Bispebjerg di Copenhagen, ha analizzato in modo prospettico i dati dei 12.745 partecipanti al Copenhagen heart study, di età compresa fra 20 e 93 anni al basale e privi di malattia vascolare ischemica. All’inizio dello studio il 4,4% (n=563) dei partecipanti aveva xantelasmi e il 24,8% (n=3.159) presentava un arco senile. Nel corso di un follow-up medio di 22 anni, 1.872 soggetti hanno avuto un infarto miocardico, 3.699 hanno sviluppato una cardiopatia ischemica, 1.498 hanno avuto un ictus ischemico, 1.815 sono andati incontro a malattia cerebrovascolare ischemica, e 8.507 sono morti. Messi a confronto di quanti non presentavano xantelasmi, coloro che li avevano avevano un rischio aumentato del 47% di infarto miocardico, del 56% di cardiopatia ischemica e del 9% di exitus. Inoltre l’incidenza cumulativa di infarto miocardico, cardiopatia ischemica e morte era significativamente maggiore nelle persone con xantelasmi rispetto a quelle senza. I rischi maggiori sono stati rilevati negli uomini di età compresa fra i 70 e i 79 anni (53% vs 41% nei soggetti rispettivamente con e senza xantelasmi; i valori corrispondenti nelle donne erano 35% e 27%). Infine, anche la probabilità di sviluppare una severa aterosclerosi è apparsa superiore del 69% nelle persone con xantelasmi rispetto a chi non li aveva.
BMJ, 2011; 343:d5497
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