Limiti condominiali sull’utilizzo dell’appartamento come studio
Il fatto
In un giudizio tra un medico specialista in dermatologia e il condominio nel quale svolgeva l’attività, la Corte d’appello di Napoli rigettava l’impugnazione proposta contro la sentenza del Tribunale, che aveva dichiarato illegittima la destinazione dell’appartamento di proprietà a suo studio professionale. Il giudice d’appello, premessa la necessità d’interpretare restrittivamente le norme del regolamento condominiale, che stabilivano divieti e imponevano limitazioni all’uso delle unità immobiliari di proprietà individuale, riteneva corretta l’interpretazione fornita dal Tribunale relativamente alla disposizione del regolamento che vietava di destinare gli appartamenti condominiali a gabinetti di diagnosi e cura di malattie infettive o contagiose, includendovi anche l’attività svolta dal sanitario, quale medico specializzato in dermatologia. Osservava, al riguardo, che la branca della dermatologia includeva anche la diagnosi e cura di malattie parassitarie, provocate da insetti, da funghi microscopici e da microbi, distinguendo, dal punto di vista epidemiologico, tra malattie infettive contagiose e malattie infettive non contagiose, e all’interno di quest’ultima categoria tra malattie altamente o scarsamente diffusive. Veniva anche richiamato un precedente della Suprema Corte, che, nel tenere distinte le malattie contagiose da quelle infettive, aveva individuato nelle prime quelle che notoriamente possono trasmettersi da un individuo all’altro mediante contatto diretto o indiretto e aveva ritenuto che queste ultime rientrassero senz’altro fra quelle di competenza dello specialista dermatologo. La Corte d’appello di Napoli perveniva così alla conclusione che, dall’espresso richiamo alle “malattie infettive o contagiose” contenuto nel regolamento condominiale, conseguisse senz’altro l’illegittimità della destinazione dell’unità immobiliare di proprietà dell’appellante a studio medico dermatologico.
Il diritto
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal medico, ritenendo che nella sentenza impugnata non era stato adoperato il canone interpretativo letterale in maniera conforme ai principi di legge e non sussisteva sufficiente motivazione, in ordine alla concreta destinazione dell’immobile a un uso contrario alla regola condominiale, anch’essa insufficientemente indagata.
Esito della controversia
La vicenda è stata rimessa alla valutazione di altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
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