Crollano i miti: una pressione sistolica più elevata comporta una prognosi migliore nel dolore toracico acuto
Negli USA circa 6 milioni di persone all’anno si presentano in un DEA per dolore toracico acuto; pertanto identificare i fattori di rischio diventa molto importante: tra questi l’ipertensione è uno dei principali, e tutti gli sforzi sono orientati a tenerla bassa. Ma inaspettatamente sono stati pubblicati alcuni lavori scientifici i quali suggeriscono che una pressione sistolica più elevata, nel dolore toracico acuto, è accompagnata ad una migliore prognosi. Siccome queste pubblicazioni non indicano se i pazienti erano affetti da insufficienza renale, da quanto durasse il dolore, quale fosse l’entità dello stress emodinamico, Irgan e collaboratori hanno concepito uno studio per valutare la prognosi ad un anno anche in rapporto a questi fattori. Lo studio è multicentrico, prospettico e osservazionale ed ha interessato 1.240 pazienti. La PAS alla presentazione è stata quantificata in quartili (Q1<127 mmHg; Q2 128–142 mmHg; Q3 143–160 mmHg; Q4>161 mmHg). I risultati hanno evidenziato che la mortalità è migliorata progressivamente dai quartili più bassi ai quartili più alti soprattutto nei pazienti che presentavano un dolore toracico da più di 12 ore. In conclusione, i pazienti con dolore toracico acuto che si presentavano in DEA mostravano un’associazione inversa tra valori di PAS e mortalità a 1 anno. Quelli con insufficienza renale preesistente si presentavano con valori pressori più bassi e quindi erano a maggiore rischio di mortalità a lungo termine, ma la relazione appariva molto più stretta nei pazienti che si presentavano in DEA con un dolore che durava da più di 12 ore. Non c’era rapporto tra mortalità a 1 anno e stress emodinamico (misurato col dosaggio del BNP). Lo studio ha molte limitazioni: è prospettico e non quantifica i potenziali effetti benefici di una stratificazione del rischio basata sulla misurazione della pressione; non è quantificato il grado di insufficienza renale perché i pazienti che richiedevano la dialisi erano stati esclusi; vanno infine esaminati con cautela i dati riguardanti la durata del dolore. Comunque è possibile che i pazienti che si presentano con una PAS più bassa siano affetti da più patologie e quindi più fragili e con una prognosi peggiore.
Irfan A et al. European Journal of Internal Medicine 2011; 22: 495–500
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