L’auto-monitorizzazione della TAO
Gli antagonisti della vitamina K sono stati usati con successo per più di 50 anni nella terapia anticoagulante orale (TAO) dei pazienti a rischio di tromboembolismo venoso o arterioso, però la loro gestione non è semplice. Esistono a tale proposito gli ambulatori dedicati ma un notevole interesse ha destato l’introduzione di sistemi computerizzati che, previo addestramento, permettono al paziente stesso di gestire la sua coagulazione. Heneghan e collaboratori hanno fanno il punto su queste nuove metodiche con una metanalisi di 11 studi che avevano confrontato la TAO auto-monitorizzata con la TAO controllata in modo convenzionale. Ebbene, l’auto-monitorizzazione è risultata superiore alla “usual care”, con una riduzione del rischio del 49% di eventi tromboembolici. I sanguinamenti sono stati simili in entrambi i gruppi e l’auto-monitorizzazione non ha avuto maggiori effetti sulla mortalità (ma neanche minori, in contrasto con altri report). Questi risultati sono migliori dell’auto-testing, in cui il test viene eseguito dal paziente ma la terapia viene regolata dal medico, però non si sono dimostrati uguali per tutti: infatti sono stati più evidenti nei soggetti di età inferiore a 55 anni e con protesi valvolari meccaniche, rispetto a quelli con fibrillazione atriale (FA) e più anziani, forse per la maggiore coscienza che questi pazienti hanno della loro malattia. Certamente bisogna considerare l’alternativa dei nuovi anticoagulanti (dabigratan, rivaroxiban, apixaban) che non necessitano di monitoraggio ed hanno risultati pari o superiori ai dicumarolici, ma ancora ci sono delle incertezze: per esempio vengono filtrati dal rene e quindi non vanno bene nell’insufficienza renale, non hanno antidoti e sono costosi. Inoltre non sono ancora chiari i loro outcomes nei pazienti con protesi meccaniche e FA. Come si vede non c’è, per ora, una soluzione unica: vanno valutati i singoli casi (accessibilità ai controlli, protesi meccaniche, età e affidabilità del paziente) e sarà il medico a decidere quale sarà la soluzione più razionale per il suo paziente.
Heneghan C et al. The Lancet 2012; 379: 322-334
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