Osteoporosi e modalità di monitoraggio dell’efficacia della terapia
Le fratture da fragilità ossea secondaria ad osteoporosi sono comuni nelle donne in postmenopausa e, nel solo anno 2000, si stima che in tutto il mondo si siano verificate circa 9 milioni di fratture da osteoporosi. Le linee guida basate sulle evidenze scientifiche forniscono indicazioni utili al clinico per identificare e trattare i soggetti ad alto rischio. Il trattamento con bifosfonati rappresenta un ausilio efficace nel ridurre il rischio di fratture da fragilità ossea anche se rimane incerta la definizione di quanto tempo dopo l’inizio del trattamento debba passare per poter valutare la risposta terapeutica. Le raccomandazioni delle linee guida sulla frequenza di monitoraggio della BMD dopo l’inizio di terapia sono differenti con un generico consenso solo sull’utilità di controlli periodici.
L’utilizzo della Densitometria Ossea (DEXA) per individuare l’osteoporosi è una strategia economicamente efficace nelle donne di età > 65 anni, ma non esistono analisi costo/beneficio del follow-up con DEXA dopo inizio terapia.
Il British Medical Journal ha pubblicato i risultati dell’analisi secondaria del Fracture Intervention Trial (FIT), studio clinico randomizzato iniziato nel 1993 in cui sono state randomizzate 6.457 donne di età compresa tra 55-80 anni, con bassa BMD misurata all’anca, al trattamento con alendronato vs placebo. La dose iniziale di alendronato era di 5 mg/die, successivamente aumentata a 10 mg/die, quando le evidenze derivate da altri studi hanno dimostrato che il dosaggio più elevato era più efficace. Lo studio FIT ha dimostrato che l’alendronato aumenta la BMD, riduce il rischio di fratture (end point primario) del femore e del polso (end point secondari) e mediante un modello statistico misto ha potuto confrontare nel tempo le variazioni individuali di BMD (variazione soggettive dei risultati di DEXA) e tra soggetti diversi (variazione dei valori di DEXA nella popolazione). La BMD di tutti i partecipanti allo studio FIT in entrambi i gruppi di controllo e di trattamento è stata misurata al basale e, ogni anno, per 3 anni. Ogni individuo è stato testato con lo stesso strumento per ridurre al minimo le differenze dovute alla metodica d’indagine. I risultati hanno dimostrato che la variazione intraindividuale era di circa 10 volte superiore a quella interindividuale suggerendo che la precisione delle misurazioni DEXA è molto limitata. L’incremento medio annuo di BMD nei pazienti nel gruppo alendronato è stato di 0,0085 g/cm2 , valore inferiore alla variabilità rilevata nei singoli soggetti che era di 0,013 g/cm2 . Questo dato ha reso difficile distinguere l’effetto del farmaci dalla variabilità casuale correlata alla metodologia di valutazione con scansioni DEXA nello spazio temporale di un anno. I risultati ottenuti dall’analisi a lungo termine sono apparsi più affidabili. Infatti dopo 3 anni di trattamento il 97,5% dei pazienti trattati con alendronato aveva un aumento della BMD di 0,019 g/cm2 misurata all’anca, con una stretta correlazione con le misurazioni ottenute alla colonna vertebrale. Questi risultati, anche se identificano modificazioni quantitative molto piccole, possono essere considerati come una risposta favorevole e a sostengono del proseguimento di un trattamento efficace.
In conclusione l’analisi dei dati dello studio FIT sostengono che non è necessario ricontrollare la BMD in donne in post menopausa e in terapia con bifosfonati per almeno 3 anni dopo l’inizio dal trattamento. Questo, in un sistema sanitario sempre più attento all’appropriatezza delle decisioni mediche, sarebbe in grado di evitare l’esecuzione di esami DEXA in tempi troppo brevi perché non in grado di fornire informazioni utili nella pratica clinica per il monitoraggio dei pazienti con osteoporosi in terapia con bifosfonati. I medici comunque devono essere consapevoli del fatto che tali conclusioni non sono in linea con le raccomandazioni di autorevoli società scientifiche (American Association of Clinical Endocrinology, National Osteoporosis Foundation, North American Menopause Society) che consigliamo il follow-up con DEXA ogni 1 o 2 anni. Inoltre va sottolineato che il ritardo nella ripetizione test DEXA può non essere appropriato nei casi di follow up in pazienti ad alto rischio di riduzione della BMD. Infine andrebbero valutate le richieste dei pazienti di effettuare il test prima dei 3 anni tenendo conto che, con le attuali tecnologie DEXA l’esecuzione dell’esame in tempi brevi (< 24 mesi) potrebbe aumentare la probabilità di risultati che orientano verso una mancata risposta al trattamento e tali da indurre il paziente alla inopportuna sospensione di una terapia la cui efficacia sarebbe documentabile solo nel tempo.
Bibliografia
- Bell KL, Hayen A, Macaskill P, et al. Value of routine monitoring of bone mineral density after starting bisphosphonate treatment: secondary analysis of treatment data. BMJ 2009;338:b2266.
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