I batteri intestinali firmano il diabete
Nei microbi intestinali ci sono firme genetiche che forniscono indizi sul rischio di sviluppare diabete di tipo 2, e tali firme sono popolazione-specifiche. Ecco le conclusioni di uno studio pubblicato su Nature e coordinato da Frederik Bäckhed, professore di microbiologia cellulare e direttore del Wallenberg Laboratory all’Università di Göteborg in Svezia. «Questi risultati contribuiscono a rafforzare l’ipotesi che il diabete e le alterazioni della flora intestinale siano legate a doppio filo» spiega il ricercatore, che da anni studia il ruolo del microbiota intestinale nelle malattie metaboliche.
Strumenti per predire l’incidenza
«Il microbiota è un termine che ha ormai rimpiazzato quello di microflora, e indica l’ecosistema che ospita numerose specie di batteri in stretto contatto con la mucosa intestinale» spiega il microbiologo, che assieme ai colleghi descrive la caratterizzazione metagenomica del microbiota intestinale in una coorte di 145 donne europee settantenni con glicemia normale, intolleranza glucidica o diabete conclamato. «La metagenomica è l’uso della genomica nello studio di ecosistemi batterici nel loro ambiente naturale, senza doverli prelevare e coltivare in laboratorio» dice Bäckhed. E aggiunge: «Confrontando i nostri risultati con quelli ottenuti da una coorte cinese di 345 uomini e donne di età miste, si colgono differenze tra le popolazioni nei marcatori metagenomici per il diabete di tipo 2». Questi risultati suggeriscono che gli strumenti per predire l’incidenza di questo tipo di malattia metabolica o il rischio di svilupparla con lo studio del metagenoma devono essere specifici non solo per età, ma anche per area geografica. «Stabilire e mantenere interazioni vantaggiose tra microbiota e ospite sono requisiti fondamentali per la salute di quest’ultimo» continua Bäckhed, autore, tra l’altro, di un articolo di revisione pubblicato in febbraio su Nature Reviews in Microbiology. Sebbene i batteri intestinali siano stati studiati nel contesto delle malattie infiammatorie, è ormai chiaro che questa comunità microbica modula il sistema immunitario dell’ospite influenzandone il metabolismo.
Sconosciuti i meccanismi molecolari
«I meccanismi molecolari alla base di queste interazioni restano in gran parte sconosciuti, ma studi recenti hanno cominciato a individuare le principali vie di segnalazione della regolazione omeostatica tra microbiota e organismo ospite» sottolinea il microbiologo. Per esempio, un collegamento tra microbiota intestinale e metabolismo è stato dimostrato nei topi germ-free, non colonizzati da batteri. Questi roditori hanno un’adiposità minore e richiedono un apporto calorico maggiore per ottenere lo stesso peso di topi con microbiota. Un’ipotesi è che i batteri intestinali influenzano l’adiposità e il metabolismo del glucosio stimolando l’infiammazione e l’accumulo di macrofagi nel tessuto adiposo. In particolare, esiste la dimostrazione che i lipopolisaccaridi provenienti da batteri intestinali Gram-negativi possono indurre obesità e insulino-resistenza. «Immensi progressi sono stati fatti non solo nell’identificazione dei ceppi del microbiota intestinale, ma anche nello sviluppo di strumenti genetici, come le metagenomica, capaci di analizzare l’interazione tra microbioma e malattie metaboliche. L’uso di questi strumenti permetterà nei prossimi anni di approfondire la comprensione dei bersagli molecolari nell’interazione tra microbiota e ospite, rivelando nuove strategie di trattamento» conclude Bäckhed.
Nature. Published online 29 May 2013
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