Melanoma metastatico, a breve la prima terapia personalizzata
Venerdì, a Milano, l’annuncio: per metà giugno è attesa la pubblicazione in Gu dell’autorizzazione all’immissione in commercio di vemurafenib (classe H), prima terapia personalizzata contro il melanoma metastatico prodotta per tutto il mondo in Italia (a Segrate, MI). «Fino a poco tempo fa i risultati erano scarsi e il tempo medio di sopravvivenza per un paziente in stadio avanzato era di 6,2 mesi» ha ricordato Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e vicedirettore Unità melanoma dell’Istituto nazionale dei tumori (Int) di Napoli. «Ora però si sa che 1 caso di melanoma metastatico su 2 è dovuto alla mutazione della proteina Braf, e ciò ha portato a vemurafenib». «Se il gene Braf è mutato (Braf V600), ne deriva una proteina Braf alterata che trasmette alla cellula un segnale di crescita molto più intenso, con proliferazione incontrollata» afferma Michele Del Vecchio, dell’Int di Milano. «Vemurafenib, inibendo la proteina Braf mutata, blocca la trasmissione del segnale a valle e la proliferazione tumorale». «Per verificare se il gene Braf è mutato va fatto un test genetico sul Dna estratto dal tessuto tumorale» spiega Nicola Normanno, direttore del dipartimento di ricerca dell’Int di Napoli. «In Italia ci sono 78 laboratori distribuiti su tutto il territorio in grado di effettuare questo test con elevata qualità, sottoposta a controllo». «Il beneficio immediato apportato dal farmaco è tale da essere definito ‘Effetto Lazzaro’» sottolinea Ascierto «e si è ottenuto un netto miglioramento dei tempi medi di sopravvivenza. Dagli studi clinici di fase II e III la mediana di sopravvivenza dei trattati con vemurafenib si aggira sui 13-16 mesi». «Due aspetti rendono il farmaco più gradito al paziente» rispetto alla chemio, aggiunge Del Vecchio. «È una terapia per os, sicuramente meglio tollerata di un’endovenosa, e la maggior parte degli effetti collaterali sono reversibili e transitori». Ora la speranza è che non ci siano ulteriori lungaggini burocratiche prima che il farmaco sia disponibile nelle Regioni. Da citare, infine, sperimentazioni in corso con vemurafenib su altre neoplasie con Braf mutato: tumori della tiroide, del colon, leucemia a cellule capellute, adenocarcinoma del polmone, colangiocarcinoma.
Le cellule staminali. Vi sono alcune tecniche, in via di sperimentazione, che prevedono l’impianto di staminali in determinate aree cerebrali. I tipi di trapianto più studiati sono il trapianto autologo di staminali mesenchimali adulte di derivazione midollare e l’impianto di tessuto mesencefalico embrionale. Attualmente è in corso di sperimentazione anche l’infusione di “glial cell line-derived neurotrophic factor”, un potente fattore neutrofico che promuove la sopravvivenza e la differenziazione dei neuroni del mesencefalo e dei motoneuroni.
Va però sottolineato che, ad oggi, non esiste alcun trattamento a base di staminali raccomandato per i pazienti con malattia di Parkinson. Questi trattamenti necessitano di essere scientificamente validati in sperimentazioni cliniche controllate e condotte in strutture riconosciute e secondo le regole in vigore a garanzia dei pazienti. I dati scientifici prodotti devono poi essere condivisi e pubblicati su riviste peer-reviewed prima del passaggio al letto del paziente.
La malattia di Parkinson. Nel nostro Paese sono 230 mila le persone affette dal Parkinson, in maggioranza uomini (sei su dieci). Una cifra purtroppo destinata a raddoppiare entro il 2030 a causa dell’invecchiamento della popolazione. Il 70% di tutti i malati di Parkinson ha più di 65 anni, mentre nel 5% dei casi la malattia insorge prima dei 50 anni.
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