Pochi pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare sono trattati con l?antic

26 Mar 2006 Cardiologia

Ricercatori del Cardiff Research Consortium in Gran Bretagna hanno confrontato la sopravvivenza e gli outcome ( esiti ) avversi dei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare trattati o non trattati con il Warfarin ( Coumadin ).

Lo studio ha riguardato 6.108 pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare.
Di questi, il 36.4% stava assumendo l?anticoagulante Warfarin.

La sopravvivenza media nel gruppo trattato con Warfarin ? stata di 52 mesi contro i 38.2 mesi nel gruppo che non aveva assunto il Warfarin ( p < 0.001 ). I pazienti trattati con Warfarin e con valori INR nel quintile superiore hanno presentato una pi? lunga sopravvivenza ( 57.5 mesi ), rispetto a coloro che erano nel pi? basso quintile ( 38.1 mesi; p < 0.001 ). Il rischio di ictus nel gruppo Warfarin era pi? basso rispetto al gruppo non trattato ( relative rate, RR = 0.74; p < 0.001 ). Il rischio di morte per ictus ischemico ? stato pi? basso nel gruppo Warfarin ( RR = 0.43; p< 0.001 ), cos? come il rischio di eventi ischemici ed embolici rispetto ai soggetti che non assumevano l?anticoagulante ( RR = 0.74; p < 0.001 ). L?assunzione di Warfarin era associata ad un maggiore rischio di sanguinamento ( RR = 1.78; p = 0.001 ). I pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare entro il range raccomandato di INR ( 2-3 ) presentano un pi? lunga sopravvivenza ed una ridotta morbilit?.
Dallo studio emerge che troppo pochi pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare sono trattati con il Warfarin.

Currie CJ et al, Heart 2006; 92: 196-200

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Diagnosi e management della sindrome metabolica

25 Mar 2006 Cardiologia

La sindrome metabolica consiste di molteplici fattori di rischio di origine metabolica, tra loro correlati, che sembrano promuovere lo sviluppo della malattia cardiovascolare aterosclerotica.

I fattori di rischio metabolici comprendono: dislipidemia aterogenica ( elevate concentrazioni di trigliceridi ed apolipoproteina B, particelle LDL di piccole dimensioni e bassi livelli di colesterolo HDL ), elevata pressione sanguigna, elevata glicemia, stato protrombotico, stato proinfiammatorio.

I fattori di rischio sottostanti che possono precipitare la sindrome metabolica sono l?obesit? addominale e la resistenza all?insulina.
Altre condizioni associate sono: l?inattivit? fisica, l?et?, lo sbilanciamento ormonale e la predisposizione genetica ed etnica.

Diagnosi clinica

Nel 2001, il National Cholesterol Educational Program ( NCEP ) Adult Treatment Panel III ( ATP III ) ha proposto una semplice serie di criteri diagnostici basati su comuni misure cliniche comprendenti: circonferenza del giro vita, trigliceridi, colesterolo HDL, pressione sanguigna e glicemia a digiuno.
La presenza di alterazioni in 3 di queste 5 misure costituisce una diagnosi di sindrome metabolica.

I criteri diagnostici NCEP-ATP III per la sindrome metabolica sono i seguenti:

– elevata circonferenza del giro vita: maggiore o uguale a 102cm negli uomini e 88cm nelle donne;

– elevati livelli di trigliceridi: maggiore o uguale a 150mg/dl ( 1.7mmol/l );

– ridotti livelli di colesterolo HDL: minore di 40mg/dl ( 1.03mmol/l ) negli uomini e di 50mg/dl ( 1.3mmol/ ) nelle donne;

– elevata pressione sanguigna: maggiore o uguale a 130mmHg per la pressione sistolica ed 85mmHg per la pressione diastolica;

– elevata glicemia a digiuno: maggiore o uguale a 100mg/dl.

L?International Diabetes Federation ( IDF ) ha proposto una serie di criteri clinici che sono simili ai criteri ATP III aggiornati.
Infatti, i valori soglia sono identici per quanto riguarda i trigliceridi, il colesterolo HDL, la pressione sanguigna e la glicemia.
La principale differenza ? rappresentata dalla circonferenza del giro vita, i cui valori dovrebbero essere aggiustati per i diversi gruppi etnici.
Secondo i criteri IDF, l?obesit? addominale incorpora sia il concetto di obesit? sia di resistenza all?insulina.

Management clinico

L?obiettivo primario del management clinico della sindrome metabolica ? ridurre il rischio di malattia aterosclerotica clinica.
Inoltre, un obiettivo strettamente correlato ? quello di ridurre il rischio di diabete mellito di tipo 2 in quei pazienti che non hanno ancora i segni manifesti della malattia.

Riguardo alla riduzione degli eventi della malattia cardiovascolare aterosclerotica, gli interventi di prima linea sono quelli di ridurre i principali fattori di rischio: evitare di fumare sigarette e ridurre il colesterolo LDL, la pressione sanguigna ed i livelli di glicemia agli obiettivi raccomandati.

La scelta, e l?intensit?, degli interventi finalizzati a ridurre i fattori di rischio dipende in parte dal rischio assoluto dei pazienti.

I pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica e diabete sono ad alto rischio nel breve periodo ( entro 10 anni ) e richiedono intervento intensivo.

Per i soggetti senza malattia cardiovascolare aterosclerotica e diabete il rischio a 10 anni dipende dal punteggio di Framingham.

Il rischio nel lungo periodo per i pazienti con sindrome metabolica ? elevato senza riguardo al punteggio di Framingham.

Pertanto, il rischio nel lungo periodo deve essere considerato un?alta priorit? per il management clinico delle persone con sindrome metabolica.

Nel management del rischio di lungo periodo, cos? come per quello di breve periodo, il cambiamento dello stile di vita rappresenta l?intervento di prima linea per ridurre i fattori di rischio metabolici.

I principali interventi sullo stile di vita comprendono: perdita di peso nei soggetti obesi o in soprappeso, aumentata attivit? fisica e cambiamento della dieta aterogenica.

Per gli individui a maggior rischio a 10 anni devono essere prese in considerazione anche terapie specifiche.
L?intensit? della terapia deve essere commisurata allo stato di rischio a 10 anni.

Dislipidemia aterogenica

Il trattamento della dislipidemia aterogenica segue le raccomandazioni delle linee guida NCEP.
Il target primario della terapia ipolipemizzante ? rappresentato dal colesterolo LDL.
Il livello di colesterolo LDL deve essere ridotto come raccomandato dalle linee guida NCEP, in base alla categoria di rischio.

Quattro categorie di rischio a 10 anni per la malattia cardiaca sono state identificate per la terapia di riduzione del colesterolo LDL: alto rischio ( > 20% ), moderatamente ad alto rischio ( 10-20%, con 2 o pi? fattori di rischio ) e basso rischio ( inferiore al 10%, con o senza alcun fattore di rischio ).
Le linee guida NCEP raccomandano come target i seguenti livelli di colesterolo LDL: alto rischio ( livelli inferiori a 100mg/dl [ opzionale, < 70mg/dl ] ), moderatamente alto rischio ( livelli inferiori a 130mg/dl [ opzionale, < 100mg/dl ] ), rischio moderato ( livelli inferiori a 130mg/dl ), basso rischio (livelli inferiori a 160mg/dl ). Per i livelli di trigliceridi maggiori o uguali a 200mg/dl, il colesterolo non-HDL rappresenta un target secondario di trattamento dopo aver raggiunto l?obiettivo primario rappresentato dal colesterolo LDL; l?obiettivo colesterolo non-HDL ? 30mg/dl pi? alto di quanto specificato per il colesterolo LDL. Se i livelli di trigliceridi sono maggiori o uguali a 500mg/dl, la riduzione dei trigliceridi a valori inferiori a 500mg/dl deve rappresentare l?obiettivo primario, anche rispetto alla riduzione del colesterolo LDL, in modo da evitare il rischio di pancreatite acuta. Dopo che il target di colesterolo LDL e colesterolo non-HDL ? stato raggiunto un terzo obiettivo ? rappresentato dal colesterolo HDL. Per alcuni individui pu? essere necessario l?impiego di farmaci ipolipemizzanti, come statine, Ezetimibe, sequestranti gli acidi biliari.
Altri farmaci che possono produrre moderate riduzioni del colesterolo LDL sono: Acido Nicotinico, fibrati.
Deve essere usata precauzione nell?uso contemporaneo dei fibrati ( in modo particolare del Genmfibrozil ) con le statine per un aumentato rischio di grave miopatia.

I fibrati o l?Acido Nicotinico rappresentano la terapia di prima linea per i pazienti con grave ipertrigliceridemia.

Elevata pressione sanguigna

Per i soggetti con pressione sanguigna con valori compresi nel range di pre-ipertensione ( 120-139/80-90 mmHg ), il cambiamento dello stile di vita pu? essere sufficiente a modificare la pressione sanguigna.

A pi? alti valori pressori ( maggiori o uguali a 140/90 mmHg ) si dovrebbe far ricorso al trattamento farmacologico secondo le indicazioni delle linee guida.

Nei soggetti con diabete o malattia renale cronica ? raccomandata la riduzione della pressione sanguigna a valori inferiori a 130/80 mmHg con eventuale impiego di farmaci.

Elevata glicemia

In presenza di alterata glicemia a digiuno, la progressione a diabete mellito di tipo 2 pu? essere ritardata o prevenuta mediante cambiamenti dello stile di vita, specialmente riduzione di peso ed aumentata attivit? fisica.

Attualmente, le terapie farmacologiche atte a ridurre la glicemia o la resistenza all?insulina non sono raccomandate per i pazienti con alta glicemia a digiuno.

Una volta che il diabete si ? sviluppato, la terapia farmacologica ? spesso raccomandata per raggiungere i target fissati dell?American Diabetes Association per quanto riguarda l?emoglobina glicosilata ( HbA1c ) ( < 7% ). Nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, oltre ai cambiamenti dello stile di vita, dovrebbero anche essere prese in considerazione terapie farmacologiche per la dislipidemia aterogenica e l?ipertensione. Stati protrombotici e proinfiammatori La maggior parte degli individui con sindrome metabolica presenta uno stato protrombotico caratterizzato da aumenti del PAI-1 e del fibrinogeno. Sebbene non ci siano specifiche terapie disponibili a trattare queste anomalie, l?impiego dell? Aspirina a basso dosaggio pu? essere raccomandata nei pazienti con sindrome metabolica che presentano un rischio a 10 anni di malattia coronarica, superiore o uguale al 10%, ed anche nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 o con malattia cardiovascolare aterosclerotica. Nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica in cui l?Aspirina ? controindicata, si dovrebbe impiegare il Clopidogrel. Inoltre, la sindrome metabolica ? frequentemente accompagnata da uno stato proinfiammatorio, caratterizzato da aumenti dei livelli di proteina C-reattiva. Al momento, non esiste alcuna specifica terapia farmacologica in grado di ridurre lo stato proinfiammatorio; tuttavia, diversi farmaci che trovano impiego nel trattamento di altri fattori di rischio metabolico possono anche ridurre i livelli di proteina C reattiva. Fonte: Circulation, 2005

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Stress ossidativo connesso ad arteriosclerosi dopo menopausa

Lo stress ossidativo, connesso all’adiposit? addominale ed altri fattori, ? un ! importante meccanismo nella riduzione della compliance elastica delle grandi arterie nelle donne con deficit di estrogeni dopo la menopausa. La compliance delle grandi arterie elastiche nella regione cardiotoracica diminuisce con l’avanzare dell’et? e con la menopausa, e svolge un ruolo importante nell’aumento della prevalenza delle malattie cardiovascolari nelle donne in et? postmenopausale. L’aumento del deposito addomi naie di grassi, l’attivit? del sistema nervoso simpatico ed i livelli circolanti di colesterolo potrebbero essere fattori coinvolti nella perdita di compliance di queste arterie correlata allo stress ossidativo, e la perdita di compliance ? stata a sua volta enfatizzata di recente quale principale fattore di rischio coinvolto nell’eziologia delle malattie cardiovascolari.

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Tutti i FANS connessi al rischio di infarto

30 Ago 2005 Cardiologia

I FANS selettivi e non sono associati all’aumento del rischio di un primo infarto miocardico. Nello scorso anno uno di questi farmaci ? stato tolto dal mercato in quanto connesso ad effetti collaterali a livello cardiaco, e da allora era rimasto incerto se tutti i FANS condividano questo effetto nocivo. Data l’elevata prevalenza dell’uso di questi farmaci nell’anziano, e l’aumento del rischio di infarto miocardico con l’et?, anche il relativamente elevato numero di paziento trattati per l’osservazione di un singolo danno ha implicazioni considerevoli per la salute pubblica. Secondo gli autori, sussistono abbastanza punti di insicurezza da riconsiderare la sicurezza cardiovascolare di tutti i FANS. Questi dati, comunque, vanno interpretati con cautela, dato che sono osservazionali e che altri studi hanno portato a risultati discrepanti. Ci? che ora ? necessario sono meta-analisi complete, che potrebbero aiutare nel processo decisionale su punti quali la necessit? di ulteriori studi allo scopo di stabilire il migliore e pi? sicuro trattamento per i pazienti con dolore muscoloscheletrico.

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Coronaropatie: misurazione CRP migliora valutazione rischio nell’anziano

28 Ago 2005 Cardiologia

Un livello di proteina C reattiva (CRP) inferiore a 3 mg /1 ? associata ad un aumento quasi del 50 percento nel rischio di coronaropatie nei soggetti di et? minima pari a 65 anni, anche dopo approssimazione per fattori di rischio convenzionali. Bench? il livello di CRP sia un fattore di rischio riconosciuto per le coronaropatie nei soggetti di mezza et?, non sono disponibili studi prospettici a lungo termine che valutino CRP e rischio di coronaropatie in uomini e donne anziani. Se l’elevata CRP rappresenta un fattore di rischio causale, la correzione della CRP elevata potrebbe eliminare fino all?11 percento di coronaropatie incidenti in questa fascia d’et

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Cioccolato fondente protegge sistema cardiovascolare

27 Ago 2005 Cardiologia

Il consumo di cioccolato fondente esercita un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare in soggetti sani. Studi epidemiologici suggeriscono che un’elevata assunzione di flavonoidi conferisce benefici sugli esiti cardiovascolari. Funzionalit? endoteliale, rigidit? delle arterie e riflessione d’onda sono importanti determinanti della performance cardiovascolare, e sono fattori predittivi di rischio cardiovascolare. Il meccanismo principale tramite cui il cioccolato espleta questa funzione ? la dilatazione delle arterie periferiche piccole e medie e delle arteriole. Gli effetti vasodilatatori del cioccolato a riposo (dilatazione dell’arteria brachiale, diminuzione delle riflessioni d’onda) possono essere attribuiti al miglioramento della biodisponibilit? dell’ossido nitrico, all’aumento delle prostacicline, all’effetto diretto del cioccolato sulle cellule muscolari lisce o all’attivazione di meccanismi centrali.

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Cardiomiopatia periparto: ecocardiografia garantisce indizi prognostici

27 Ago 2005 Cardiologia

I dati ecocardiografici al momento della diagnosi di cardiomiopatia periparto garantisce importanti informazioni sulle prospettive di ripresa della funzionalit? cardiaca. I criteri ecocardiografici che definiscono questa patologia sono stati descritti solo di recente, e non era finora chiaro se questi parametri avessero significativit? prognostica. Il presente studio conferma la potenzialit? prognostica dell’ecografia in queste pazienti, oltre ad indicare le sue possibilit? in fase di diagnosi e di monitoraggio del decorso della malattia. Un decurtamento frazionale iniziale al di sotto del 20 percento ? associato ad un aumento del rischio di tre volte di disfunzioni ventricolari sinistre persistenti. Una dimensione telediastolica ventricolare sinistra pari ad un minimo di sei centimetri al momento della diagnosi aumenta invece questo rischio di pi? di 3,5 volte.

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Integrazione del cromo riduce rischio cardiaco

26 Ago 2005 Cardiologia

In pazienti con diabete di tipo 2, l’integrazione del cromo a breve termine porta ad un abbreviazione dell’intervallo QTc.
Il prolungamento di questo intervallo ? un marcatore di ripolarizzazione ventricolare, ed ? un importante fattore predittivo di morbidit? e mortalit? nei pazienti diabetici.
Pertanto, le variazioni nell’intervallo QTc osservate con l’integrazione del cromo nei pazienti con diabete di tipo 2 pu? tradursi anche in un beneficio in termini di sopravvivenza.
Inoltre, i livelli plasmatici di insulina diminuiscono significativamente dopo tre mesi di integrazione del cromo, il che potrebbe essere parzialmente responsabile dell’abbreviazione dell’intervallo QTc osservata nel presente studio.
(Am Heart J 2005; 149: 632-6)

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Stima visiva per la funzionalit? ventricolare sinistra

26 Ago 2005 Cardiologia

La stima visiva della frazione di eiezione ventricolare mediante ecocardiografia valuta accuratamente la funzionalit? ventricolare sinistra. E’ opportuno non sottostimare il potenziale ruolo di questa tecnica quale strumento per uso sia clinico che scientifico. I risultati del presente studio sono in accordo con quelli di studi precedenti nell’affermare che la tecnica in questione sia il pi? accurato metodo ecografico disponibile per la valutazione della frazione di eiezione ventricolare sinistra. Per evitarne un uso scorretto, comunque, il laboratorio ecografico dovrebbe testare continuamente la variabilit? fra altri metodi e fra diversi operatori.

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Ipertensione occulta pi? comune negli uomini giovani

25 Ago 2005 Cardiologia

L’ipertensione occulta, una pressione elevata che pu? essere osservata soltanto durante il monitoraggio ambulatoriale ma non in ambiente clinico, ? associata a sesso maschile, et? giovanile ed elevata frequenza cardiaca durante la veglia. In alcuni casi, essa pu? essere causata da un elevato livello di attivit? mentale diurna. Il fatto che questi soggetti abbiano caratteristiche cliniche identificabili, come anche l’apparente riproducibilit? del fenomeno, garantiscono una certa credibilit? all’ipertensione occulta, che potrebbe essere un’entit? clinica importante. Alcuni dei pazienti con questo disturbo presentano un’ipertensione a livello clinico anche per quanto riguarda complicazioni e danno d’organo, mentre altri presentano sicuramente un aumento del rischio, ma meno del 30 percento dei soggetti con ipertensione occulta avranno una pressione normale in una sessione di monitoraggio pressorio ambulatoriale successiva alla diagnosi. Questa patologia non va presa sottogamba, in quanto molti di coloro che ne sono affetti dovrebbero essere trattati, e successivamente monitorati per controllare la risposta al trattamento.

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