Rischio fibrillazione atriale e flutter da Fans e Cox-2 inibitori

10 Set 2011 Cardiologia

armaci antinfiammatori non steroidei (Fans) di comune prescrizione, siano essi non selettivi tradizionali o inibitori della Cox-2, possono aumentare il rischio di fibrillazione atriale o flutter, soprattutto fra i nuovi utilizzatori. Lo suggerisce uno studio caso-controllo condotto in Danimarca da Morten Schmidt, dell’Ospedale universitario di Aarhus, e collaboratori. Il team di ricercatori ha identificato 32.602 pazienti nel “Registro nazionale danese dei pazienti” con una prima diagnosi di fibrillazione atriale o flutter tra il 1999 e il 2008, quindi ha abbinato per et? e genere ciascuno di questi casi a 10 soggetti di controllo, mettendo a confronto l’esposizione a Fans non selettivi e a inibitori della Cox-2 dei due gruppi. In totale, 2.925 (9%) casi e 21.871 (7%) controlli erano utilizzatori correnti di uno dei due tipi di farmaco al momento dell’ammissione ospedaliera. L’analisi aggiustata per et?, sesso e fattori di rischio ha rivelato che l’uso corrente di Fans non selettivi era associato a un rischio aumentato di 1,17 volte di fibrillazione atriale o flutter rispetto al non uso, mentre l’impiego di inibitori della Cox-2 si associava a un aumento di rischio di 1,27 volte. Il rischio relativo era maggiore tra i nuovi utilizzatori (ossia con prima prescrizione del farmaco entro i 60 giorni precedenti dalla diagnosi di aritmia), attestandosi su 1,46 per i Fans non selettivi e 1,71 per gli inibitori della Cox-2. Risultati simili si sono rilevati con vari tipi di Fans (escluso l’acido acetilsalicilico, non considerato in questo studio).

BMJ, 2011; 343:d3450

 393 total views

Sindrome coronarica acuta, diabete svelato con il test da carico

Quasi l’80% dei pazienti con sindrome coronarica acuta (Acs) presenta anomalie della glicemia (iperglicemia o riduzione del metabolismo glucidico). In questi casi, al fine di rivelare un diabete precedentemente non diagnosticato, i livelli di glicemia all’ammissione, l’HbA1c e la glicemia a digiuno mostrano una bassa sensibilit?, mentre il test migliore ? quello da carico orale. ? quanto ? stato verificato da un gruppo di cardiologi coordinato da Victor A. Umans, del Centro medico di Alkmaar (Olanda), i quali hanno sottoposto a valutazione metabolica 130 pazienti con Acs ed elevati livelli di glucosio plasmatico al momento del ricovero, di cui 109 sottoposti a test di tolleranza a carico orale di glucosio e 13 con diabete gi? diagnosticato. I risultati del test da carico sono stati suddivisi in diabete (precedentemente) non diagnosticato e ridotto metabolismo glucidico, rispettivamente nel 35% e nel 44% dei pazienti (glicemia plasmatica a digiuno, nell’ordine: =/>7,0 mmol/l e 6,1-6,9 mmol/l). Un diabete non diagnosticato, per?, non si ? potuto predire adeguatamente mediante il livello plasmatico di glucosio all’ammissione, n? tramite la glicemia plasmatica a digiuno o l’HbA1c (area sotto la curva Roc: 0,61, 0,75 e 0,72, rispettivamente). Da notare, infine, che i pazienti con metabolismo glucidico anomalo erano significativamente pi? anziani, avevano valori di HbA1c al momento del ricovero pi? alti, presentavano una classificazione Killip pi? elevata e con maggiore frequenza avevano avuto in precedenza un ictus rispetto ai pazienti con metabolismo glucidico normale.

Heart, 2011 Jun 27. [Epub ahead of print]

 345 total views

Prevenzione primaria nei diabetici con Asa: i pro e i contro

Nei pazienti con diabete mellito senza pregressa malattia cardiovascolare, il trattamento con acido acetilsalicilico (Asa) riduce il rischio di eventi cardiovascolari avversi maggiori (Mace), ma nel contempo determina la tendenza verso tassi pi? elevati di sanguinamento e complicanze gastrointestinali. Questa tipologia di pazienti, nello spettro del rapporto rischio/beneficio, si trova in una zona intermedia tra quelle occupate dai soggetti in prevenzione primaria e secondaria; ci? sottolinea l’importanza di considerare il rischio individuale nella decisione relativa alla prescrizione di Asa nei diabetici. ? questa la conclusione di una revisione sistematica con metanalisi di studi sull’uso dell’Asa per la prevenzione primaria dei Mace (outcome composito di infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, e morte cardiovascolare), effettuata da un’?quipe dell’universit? di Calgary (Canada) guidata da Sonia Butalia. Sono stati selezionati complessivamente 7 studi, per un totale di 11.618 partecipanti all’analisi. Il rapporto di rischio (Rr) globale per Mace ? risultato di 0,91, con piccole eterogeneit? fra i trial. Altri outcome secondari di interesse riguardavano l’infarto del miocardio (Rr: 0,85), l’ictus (Rr: 0,84), la morte cardiovascolare (Rr: 0,95) e la morte per tutte le cause (Rr: 0,95). Si sono avute per? elevate frequenze di eventi emorragici e gastrointestinali. In termini assoluti, i valori di rischio relativo rilevati stanno a indicare che per ogni 10.000 pazienti diabetici trattati con Asa si possono prevenire 109 Mace a discapito di 19 casi di sanguinamento maggiore (il cui Rr non ? statisticamente significativo).

Cardiovasc Diabetol, 2011 Apr 1;10(1):25

 360 total views

Fa: da controllare i fattori di rischio cardiovascolare

26 Lug 2011 Cardiologia

Oltre la met? dei casi di fibrillazione atriale potrebbe essere evitato attraverso un’ottimizzazione del controllo dei fattori di rischio cardiovascolare. ? uno dei risultati che Rachel R. Huxley, della divisione di Epidemiologia e salute comunitaria della university of Minnisota, a Minneapolis, e collaboratori, hanno tratto analizzando i dati dei 14.598 partecipanti allo studio Aric (Atherosclerosis risk in communities). I ricercatori hanno suddiviso i fattori di rischio consolidati per fibrillazione atriale – quali ipertensione arteriosa, elevato indice di massa corporea, diabete meliito, fumo di sigaretta, e pregressa malattia cardiaca – in 3 livelli: ottimale, borderline, elevato. Sulla base dei livelli dei fattori di rischio, i soggetti sono stati quindi classificati in uno di 3 gruppi dalle analoghe denominazioni. La frazione attribuibile nella popolazione di fibrillazione atriale dovuta a un profilo di rischio non ottimale ? stata valutata in modo separato negli uomini e nelle donne, causasici e non caucasici. Nel corso di un follow-up medio di 17,1 anni, sono stati identificati 1.520 casi incidenti di fibrillazione atriale. I tassi di incidenza aggiustati per et? pi? alti si sono avuti nei maschi bianchi mentre quelli pi? bassi si sono riscontrati nelle donne di colore (7,45 e 3,67 per 1.000 anni-persona, rispettivamente). La prevalenza complessiva del profilo ottimale di rischio si ? attestata su 5,4%, ma ? apparsa variabile a seconda dell’etnia e del genere: 10% nelle donne caucasiche vs 1,6% nei maschi neri. Nel complesso, il 56,5% dei casi di fibrillazione atriale pu? essere spiegato con il fatto di avere uno o pi? fattori di rischio di livello borderline o elevato; tra questi fattori, comunque, l’elevata pressione arteriosa rappresenta l’elemento pi? importante.

Circulation. 2011 Apr 12;123(14):1501-8

 393 total views

Efficacia dei betabloccanti nello scompenso cardiaco: effetto classe?

23 Lug 2011 Cardiologia

Gli effetti benefici dei beta bloccanti nello scompenso cardiaco sono noti e ampiamente validati. Tuttavia ci sono ancora dubbi se tali effetti siano da considerare di classe o riservati solo ad alcuni di questi farmaci (bisoprololo, carvedilolo, nebivololo?e metoprololo in particolare). Inoltre mancano dati di confronto certi che consentano di sapere quali fra questi farmaci sia il pi? efficace. Un recente studio canadese di comparative effectiveness, effettuato sul database amministrativo del Quebec ed apparso online il 23 febbraio sull’American Journal of Cardiology, condotto su 26.787 pazienti con insufficienza cardiaca – follow-up medio di 1.8 anni – ha cercato di dare risposta ai quesiti sopra riportati. Nei pazienti con scompenso cardiaco che assumevano un beta-bloccante l’incidenza di mortalit? cruda ? stata del
47% con metoprololo,
43% con acebutololo
41% con carvedilolo,
40% con atenololo,
36% con bisoprololo
Dopo analisi statistica e correzione per i fattori confondenti
non si sono riscontrate significative differenze di sopravvivenza con l’uso di metoprololo, carvedilolo e bisoprololo (carvedilolo vs metoprololo HR 1.04;? p = 0.22; bisoprololo vs metoprololo HR 0.96; p =? 0.16)
con atenololo e acebutololo (beta-bloccanti con minor liposolubilit?) si ? invece sorprendentemente riscontrata una minore incidenza di mortalit? vs metoprololo (beta-bloccante maggiormente liposolubile), rispettivamente con HR 0.82 (p < 0.0001) e HR 0.84 (p = 0.004),
suggerendo quindi che nel setting clinico della insufficienza cardiaca i beta-bloccanti non sarebbero tutti uguali e che pertanto gli effetti favorevoli dei beta-bloccanti non sarebbero da considerare come un effetto di classe, ma peculiarit? solo di alcuni.
Lazarus DL et al. Population-based analysis of class effect of beta-blockers in heart failure. Am J Cardiol, online 23 February 2011

 477 total views

Copeptina e NT-proBnp marker di grave rischio di vita

19 Lug 2011 Cardiologia

Nei pazienti anziani che presentano sintomi di scompenso cardiaco, elevate concentrazioni di copeptina (marker surrogato della vasopressina) oppure la combinazione di alte concentrazioni di copeptina e di NT-proBnp risultano associate a un aumentato rischio di morte per tutte le cause. ? questo l’elemento saliente che emerge da uno studio condotto da un’?quipe scandinava coordinata da Urban Alehagen, dell’universit? di Link?ping (Svezia). La ricerca ha valutato 470 soggetti anziani con sintomi di scompenso cardiaco arruolati nel 1996 e seguiti fino al dicembre 2009, sottoposti a esami clinici, ecocardiografia e misurazione delle concentrazioni di peptidi. Outcome primario dello studio era la mortalit? cardiovascolare e per tutte le cause. Dopo un follow up mediano di 13 anni, si sono registrati 226 decessi, di cui 146 per cause cardiovascolari. L’aumento di concentrazioni di copeptina ? risultato associato con un maggior rischio di mortalit? per tutte le cause (quarto quartile vs primo quartile: 69,5% versus 38,5%; hazard ratio: 2,04) e di mortalit? cardiovascolare (quarto quartile vs primo quartile: 46,6% versus 26,5%; hazard ratio: 1,94). Anche la combinazione di concentrazioni elevate di NT-proBnp e di copeptina si ? rivelata associata all’aumento del rischio di mortalit? per tutte le cause (quarto quartile di copeptina: hazard ratio 1,63; quarto quartile di NT-proBnp: hazard ratio 3,17).

JAMA, 2011; 305(20):2088-95

 412 total views

Alte dosi di clopidogrel post-stenting riducono reattivit

28 Giu 2011 Cardiologia

Un’alta dose di mantenimento di clopidogrel aumenta gli effetti antipiastrinici del farmaco nei pazienti con elevata reattivit? residua adenosinfosfato-inducibile e ad alto rischio per eventi avversi dopo angioplastica percutanea e stenting per malattia cardiovascolare. Lo dimostrano i risultati di uno studio condotto da Thomas Gremmel e collaboratori dell’universit? medica di Vienna su 46 pazienti che, dopo essere stati sottoposti ad angioplastica e stenting per malattia cardiovascolare, avevano mostrato in corso di trattamento antiaggregante un’elevata reattivit? piastrinica residua ad almeno uno di tre specifici test (VerifyNow P2Y12, Vasp, e Mea). I soggetti reclutati sono stati suddivisi in modo randomizzato al trattamento con 75 mg o 150 mg di clopidogrel al giorno per 3 mesi dopo l’intervento. I valori di reattivit? piastrinica, che al basale non differivano in modo significativo tra i due gruppi, dopo 3 mesi sono risultati significativamente minori in tutti e tre i test nel gruppo trattato con alta dose di mantenimento rispetto al gruppo con dose standard. Inoltre, una condizione di elevata reattivit? residua adenosinfosfato-inducibile ? apparsa meno frequente nei pazienti assegnati al gruppo trattato con clopidogrel 150 mg/die vs 75 mg/die. In ogni caso, concludono gli autori,

 373 total views

Doppia terapia antiaggregante, strategia tedesca

30 Mag 2011 Cardiologia

Dopo impianto di stent coronarico, la risposta dei pazienti alla doppia terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico (Asa) e clopidogrel, spesso compromessa da un’eccessiva variabilit?, pu? migliorare in modo significativo utilizzando un approccio personalizzato “test and treat”. La strategia – messa a punto da Horst Neubauer e colleghi dell’universit? della Ruhr a Bochum (Germania) – consiste nella misurazione della funzione piastrinica 48 ore dopo l’intervento, mediante aggregometria del sangue intero; ci? permette di identificare i soggetti poco responsivi ai due antiaggreganti, per i quali si procede a un graduale innalzamento delle dosi, secondo un piano strutturato. In questo modo si elimina totalmente la scarsa risposta all’Asa e si riduce drammaticamente la bassa risposta al clopidogrel, fino a contenerla in un quota pari al 5,6% dei pazienti. Lo dimostrano i dati della sperimentazione effettuata dal team tedesco su 504 pazienti sottoposti a impianto di stent coronarico per sindrome coronarica acuta o malattia coronarica stabile; il 30,8% di questi era poco responsivo al clopidogrel, il 19,4% all’Asa e l’8,5% alla doppia terapia. Un aggiustamento da 100 a 300 mg/die dell’Asa ha portato a un trattamento efficace nel 94,6% dei soggetti poco responsivi all’Asa, mentre il restante 5,4% ha richiesto dosi da 500 mg/die. Il passaggio di clopidogrel da 75 a 150 mg/die ha portato a un trattamento efficace in circa il 69,0% dei soggetti prima poco responsivi al farmaco. Un ulteriore 12,7% ha mostrato un’adeguata aggregazione dopo switch da clopidogrel a ticlopidina.

BMC Med, 2011; 9(1):3

 410 total views

Migliore controllo con doppia terapia antipertensiva iniziale

27 Mag 2011 Cardiologia

Dai risultati dello studio Accelerate emerge che i pazienti ipertesi con pressione sistolica superiore a 150 mmHg possono ottenere una maggiore riduzione dei livelli pressori se il trattamento ? iniziato con due antipertensivi (nel caso specifico aliskiren pi? amlodipina) invece di uno solo. Se i pazienti passano dalla monoterapia al trattamento doppio pi? tardivamente lungo il processo terapeutico, possono comunque ottenere notevoli riduzioni pressorie che risulteranno inferiori rispetto all’impiego immediato di due agenti antipertensivi. Lo ha dimostrato il team di Morris J. Brown, dell’Addenbrooke’s hospital di Cambridge (Gran Bretagna), che ha studiato 1.247 soggetti con ipertensione compresa tra 150 e 180 mmHg. Tutti i partecipanti sono stati randomizzati a ricevere un trattamento antipertensivo iniziale a base di aliskiren 150 mg pi? placebo (n=315), amlodipina 5 mg pi? placebo (n=315), oppure aliskiren 150 mg pi? amlodipina 5 mg (n=617) per 16 settimane; dopodich? tutti i pazienti hanno assunto aliskiren 300 mg pi? amlodipina 10 mg per ulteriori 16 settimane. I soggetti sottoposti a doppia terapia antipertensiva iniziale hanno mostrato una riduzione maggiore di 6,5 mmHg? della pressione sistolica media rispetto ai partecipanti in monoterapia. Alla 24ma settimana, quando tutti i soggetti ricevevano un trattamento doppio, la pressione sistolica media era ancora inferiore di 1,4 mmHg nei soggetti che avevano iniziato con due antipertensivi rispetto agli altri pazienti. Eventi avversi (principalmente edema periferico, ipotensione o ipotensione ortostatica) sono occorsi con una frequenza del 14% sia nel gruppo con duplice terapia antipertensiva iniziale sia nei pazienti trattati con solo aliskiren e. a un livello superiore, pari al 18%, nei partecipanti in terapia iniziale con sola amlodipina.

Lancet. 2011 Jan 22;377(9762):312-20

 454 total views,  1 views today

Prevenzione cardiovascolare: alzati e cammina

14 Mag 2011 Cardiologia

Nei paesi sviluppati ? assai frequente nella popolazione adulta riscontrare uno stile di vita sedentario con bassi livelli di esercizio fisico. Si tratta – come ? noto – di un modello di comportamento che rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare associato ai principali biomarkers cardiometabolici ed infiammatori ed in ultima analisi alla comparsa di malattie cardiovascolari ed a mortalit? precoce.
Gli studi fino ad ora condotti sull’argomento hanno evidenziato una significativa associazione tra sedentariet? e livelli di insulina plasmatica, glicemia post-prandiale, rapporto vita-fianchi e trigliceridi. Tuttavia molti di questi studi sono soggetti a bias ed errori in quanto l’attivit? fisica viene valutata in base a questionari o report di auto-valutazione. Healy e collaboratori – dell’Universit? di Brisbane – hanno recentemente pubblicato online sull’European Heart Journal a gennaio di quest’anno una interessante ricerca, valutando l’effetto prodotto dalla quantit? e intensit? di attivit? fisica, misurata in modo oggettivo con un ‘accelerometro’, sui sopra citati markers metabolici di rischio cardiovascolare. Sono stati presi in considerazione 4.757 soggetti di et? superiore ai 20 anni, appartenenti a varie etnie, residenti negli Stati Uniti ed inseriti nel programma di valutazione NANHES 2003-04 e 2005-06, misurando non solo il tempo complessivo di sedentariet? in 1 settimana, ma anche il numero e l’entit? delle interruzioni dei periodi sedentari (sedentariet? prolungata ovvero tempi accorciati di sedentariet?). I risultati dello studio hanno evidenziato, indipendentemente da fattori confondenti, una associazione sfavorevole tra tempi prolungati di sedentariet? e circonferenza fianchi, PCR, C-HDL, trigliceridi, insulinemia ed insulinoresistenza misurata con il metodo HOMA (p for trend < 0.05). Al contrario, indipendentemente dal tempo totale di sedentariet?, le interruzioni frequenti esercitavano un effetto favorevole su circonferenza fianchi e PCR (p for trend <0.05). Sono state riscontrate differenze poco significative in base all'et?, sesso ed etnie. Questo studio ha confermato il rapporto negativo tra prolungato tempo di sedentariet? e markers cardiometabolici ed infiammatori, suggerendo l'opportunit? di ridurre il tempo complessivo o almeno interrompendo frequentemente i momenti di sedentariet? per ridurre il rischio cardiovascolare.? Healy GN et al. Eur Heart J first published online January 11, 2011 ?doi: 10.1093

 409 total views

1 2 3 4 5 6 18

Search

+
Rispondi su Whatsapp
Serve aiuto?
Ciao! Possiamo aiutarti?