Dieta a basso indice glicemico per i tipo 2

Nei pazienti con diabete di tipo 2, una dieta a basso contenuto di carboidrati ed a basso indice glicemico non porta ad alcun effetto sulla HbA2, ma porta ad una riduzione nella glicemia postprandiale e nella concentrazione di proteina C-reattiva. La riduzione dell’apporto di carboidrati o quella dell’indice glicemico non influenzano il controllo glicemico complessivo, ma ci? non deve sorprendere, in quanto questi soggetti hanno una glicemia quasi normale. Il dato pi? innovativo consiste nella riduzione della proteina C-reattiva, che ? molto importante: bisogna infatti considerare la dieta non soltanto in ragione della riduzione della glicemia, ma in ragione della riduzione del rischio di malattie cardiovascolari. (Am J Clin Nutr 2008; 87; 114-25)

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Gotta: analcolici, dolci e fruttosio aumentano il rischio

Il consumo di analcolici addolciti con zucchero e fruttosio ? fortemente associato ad un aumento del rischio di gotta. Nell’uomo la somministrazione acuta orale o endovenosa di fruttosio determina un rapido aumento nei livelli sierici di acido urico tramite l’aumento del degradamento dei nucleotidi purinici e l’incremento della sintesi delle purine: questo effetto ? accentuato nei soggetti con iperuricemia o un’anamnesi di gotta, ma non era finora noto se fosse persistente a lungo termine o si traslasse in un aumento del rischio di gotta. In base al presente studio, anche frutti e succhi di frutta ricchi in fruttosio aumentano il rischio, ma non gli analcolici dietetici. Il rischio posto dall’assunzione di fruttosio libero potrebbe essere almeno pari a quello di cibi ricchi in purine come la carne, e pertanto l’approccio convenzionale alle diete puriniche che consente l’assunzione di fruttosio potrebbe potenzialmente peggiorare il rischio totale netto di attacchi gottosi. (BMJ online 2008, pubblicato l’1/2)

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Osteoporosi comune dopo gastrectomia

E’ stata confermata l’elevata prevalenza dell’osteoporosi e della deformit? delle ossa vertebrali a seguito di una gastrectomia, a prescindere dal tipo di procedura di ricostruzione seguito e dal tempo trascorso dall’intervento. Probabilmente dunque ? la gastrectomia in s? ad influenzare la BMD piuttosto che il tipo di ricostruzione effettuato, e quest’ultimo non ? in grado di predire il tasso di osteoporosi in questi pazienti. Considerato il fatto che i pazienti affetti da tumori gastrici dopo la gastrectomia sono portatori di molti fattori di rischio di fratture osteoporotiche, ? necessario che diagnosi e trattamento siano precoci. Bench? alcuni dati preliminari suggeriscano che l’osteoporosi post-gastrectomia sia resistente al trattamento, sono stati riportati anche risultati positivi con lo sviluppo di molti nuovi farmaci antiosteoporotici. (World J Gastroenterol 2007; 13: 6492-7)

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Diabete tipo 2: aumentato il grasso epatico

I pazienti con diabete di tipo 2 hanno nel proprio fegato una quantit? di grasso sostanzialmente maggiore rispetto alle loro controparti non diabetiche dello stesso peso, ma nei diabetici gli enzimi epatici tendono a sottostimare il contenuto in grasso del fegato. E’ importante sviluppare strumenti per diagnosticare una steatosi epatica nei pazienti con diabete di tipo 2 in quanto la steatoepatite non alcolica ? pi? comune in questi pazienti che in quelli non diabetici, e pu? progredire verso la cirrosi e l’insufficienza epatica. La conoscenza del contenuto epatico in grasso ? anche importante ai fini delle scelte terapeutiche. (Diabetes Care 2008; 31: 165-9)

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Calcio e vitamina D utili anche nei paesi soleggiati

Anche nei climi soleggiati, l’aggiunta di vitamina D al calcio comporta benefici a lungo termine sulla BMD dell’anca e sul turnover osseo nelle donne anziane residenti in comunit?. L’aggiunta di 1200 mg di calcio al giorno in forma di carbonato di calcio, bench? inizialmente utile nell’arrestare la perdita d’osso, non risulta comunque diversa dal placebo dopo tre-cinque anni. Il meccanismo d’effetto di calcio e vitamina D ? probabilmente correlato alla riduzione del turnover osseo ed alla soppressione del PTH nei soggetti con livelli di base di PTH relativamente elevati. Dopo cinque anni, comunque, il calcio da solo non risulta efficace come la terapia combinata nell’ottenimento degli esiti considerati. (J Clin Endocr Metab online 2008, pubblicato il 25/1)

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Diabete tipo 2, utile l’olio di pesce

Due mesi di integrazione con olio di pesce riducono l’adiposit? ed i marcatori aterogeni nelle donne con diabete di tipo 2. Questi effetti benefici potrebbero essere connessi a variazioni morfologiche ed infiammatorie nel tessuto adiposo. I pazienti con diabete di tipo 2 possono assumere una dose moderata di PUFA in totale sicurezza: se non si superano gli 1,8 g/die, essi non deteriorano il controllo glicemico o la sensibilit? all’insulina, ma aiutano a diminuire l’adiposit? ed alcuni cambiamenti infiammatori correlati. E’ per? necessaria cautela nei pazienti che assumono anticoagulanti, nei quali ? necessario uno stretto controllo per stabilizzare l’INR. Una dieta ricca in olio di pesce potrebbe essere di beneficio, ma assumerlo sotto forma di capsule su base regolare sarebbe pi? semplice che mangiare sempre pesce e potrebbe assicurare un effetto stabile. Gli integratori, inoltre, sarebbero di massima utilit? per i pazienti a cui il pesce non piace. (Am J Clin Nutr 2007; 86: 1670-9)

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Un anno di calcio per le osteoporotiche

Nei pazienti con recenti fratture da traumi di bassa intensit?, un anno di trattamento con calcio e vitamina D riduce il turnover osseo: questo intervento aumenta la BMD nei pazienti con pi? di 70 anni, e diminuisce la perdita d’osso in quelli pi? anziani. Le fratture da traumi di bassa intensit? di anca, avambraccio, spalla e rachide sono conseguenze ben note dell’osteoporosi: le fratture d’anca intervengono principalmente nei soggetti pi? anziani a rischio di deficit di calcio o vitamina D. Le variazioni della BMD nel rachide lombare sono correlate significativamente con la performance fisica, il che enfatizza l’importanza della mobilizzazione. Dato che i pazienti fragili al di sopra dei 70 anni sono immobili, essi non sono in grado di diminuire il riassorbimento osseo ed incrementare la massa ossea se trattati con calcio e vitamina D: l’importanza di un carico meccanico sufficiente ? stata dimostrata negli studi clinici, e l’effetto dell’intervento con calcio e vitamina D ? ridotto se il paziente ? immobile. (Am J Clin Nutr 2007; 86: 251-9)

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Fratture osteoporotiche: esercizio regolare riduce il rischio negli uomini anzia

L’esercizio regolare riduce il rischio di fratture osteoporotiche negli uomini anziani. I dati in merito degli studi precedenti sono poco costanti, ed era pertanto finora incerto se l’attivit? fisica nel tempo libero influenzi il rischio di fratture osteoporotiche negli uomini, ed eventualmente in che misura ed a che livello. In base al presente studio, i soggetti che mantengono il maggior livello di attivit? fisica presentano il minor rischio di frattura d’anca, ma vi ? una tendenza al minor rischio di frattura anche nei pazienti che aumentano il proprio livello di attivit? rispetto a coloro che lo diminuiscono o che lo mantengono costante. (PLoS Med. 2007; 4: e199 ed e222)

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Diabete: supporto decisionale aiuta a varutare pro e contro della terapia statin

Il supporto decisionale “Statin Choice”, specificamente progettato per i pazienti con diabete di tipo 2, migliora la comprensione del proprio profilo cardiovascolare da parte di questi ultimi, e li aiuta a prendere decisioni sull’eventuale trattamento con un farmaco statinico. Molteplici studi hanno dimostrato che alcuni pazienti diabetici, nonostante l’incremento del rischio cardiovascolare, non aderiscono bene alla terapia statinica, e ci? potrebbe essere dovuto alla mancanza di un coinvolgimento adeguato del paziente nel processo decisionale. I pazienti che fanno uso dello Statin Choice stimano meglio il proprio rischio cardiovascolare, ed hanno un maggior potenziale per la sua riduzione con la terapia statinica, peraltro con una maggiore compliance. (Arch Intern Med 2007; 167: 1076-82)

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Ipertiroidismo: trattamento con iodio radioattivo associato ad aumento prevalenz

I pazienti trattati con iodio radioattivo per ipertiroidismo presentano un aumento del rischio di tumori, soprattutto a livello di stomaco, reni e mammelle. Lo iodio radioattivo viene comunemente utilizzato come terapia di prima linea per l’ipertiroidismo, ed anche se viene usato a questo scopo sin dal 1940, rimangono preoccupazioni sul rischio susseguente di tumori maligni. L’incremento del rischio di tumore con la dose cumulativa di iodio radioattivo ed il fatto che il rischio non risulti pi? elevato dopo cinque anni di trattamento ma solo dopo 10, dopo una latenza minima per lo sviluppo da tumori indotti da radiazioni, suggeriscono che le radiazioni potrebbero spiegare l’incremento del rischio tumorale. In ogni caso, il rischio assoluto di tumore in questi pazienti rimane basso. (Cancer 2007; 109: 1972-9)

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