Usa, mammografie stabili nonostante nuove raccomandazioni

12 Lug 2013 Ginecologia

Nonostante le controverse raccomandazioni con le quali nel 2009 il governo suggeriva di ridurre i tassi di screening, al momento non è cambiato il numero di donne che si sottopone a mammografia. Lo rivelo uno studio pubblicato su Cancer. La U.S. Preventive services task force, si era incaricata di allertare medici, compagnie assicurative e decisori politici circa l’opportunità di effettuare lo screening mammografico ogni 2 anni nelle donne d’età compresa tra 50 e 74 anni. Per le donne più giovani la raccomandazione era di decidere caso per caso. Ciononostante ad alcuni anni di distanza i ricercatori del Brigham and Women’s Hospital di Boston non hanno riscontrato il calo atteso nel numero di esami, anzi hanno registrato addirittura dei lievi incrementi percentuali. Senza entrare nelle motivazioni alla base di questi riscontri, si possono fare alcune ipotesi, dice Lydia Pace, che ha guidato lo studio: confusione di medici e pazienti in merito alle raccomandazioni della task force; decisioni di alcune organizzazioni, come l’American Cancer Society, di continuare ad attenersi alle precedenti raccomandazioni, copertura assicurativa garantita dalle compagnie per la mammografia annuale. Per esempio l’American Medical Association ha adottato questa politica, in occasione del suo meeting annuale del 2012, stabilendo che le donne oltre i 40 anni che desiderano effettuare una mammografia devono essere in grado di ottenerla e che le assicurazioni devono rimborsarla. «Probabilmente i medici non hanno il tempo, o gli strumenti, o non si sentono preparati per affrontare a fondo il discorso rischio/beneficio con i pazienti» ha commentato Pace.

siste �Zitp& 8>$ miracoloso per il cancro alla prostata» conclude Posadzki, aggiungendo che «nessun supplemento può sostituire il valore di una dieta equilibrata».

Posadzki P, et al. Maturitas, 2013 Apr 5.

 

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Marker a confronto per valutare malignità delle masse ovariche

Nella valutazione delle masse ovariche non emergono differenze tra i marker Ca125, He4 (Human epididymis protein 4), l’algoritmo di rischio di malignità ovarica (Roma) e l’indice di rischio di malignità (Rmi). Quest’ultimo parametro è risultato il meno sensibile ma anche il metodo numericamente più accurato. Il marker He4 ha mostrato invece la migliore sensibilità globale per la valutazione della malignità ovarica e per la diagnosi differenziale di endometriosi. Tutti i parametri mostravano una ottimizzazione della loro sensibilità quando i tumori erano considerati a basso rischio di malignità. Lo studio è stato condotto da Cristina Anton e collaboratori della Università di San Paolo (Brasile) su 128 pazienti in cui sono state rilevate masse ovariche attraverso l’imaging. Le sensibilità associate con la capacità di Ca125, He4, Roma o Rmi di distinguere tra masse ovariche maligne e benigne sono risultate rispettivamente pari a 70,4%, 79,6%, 74,1% e 63%. Considerando i carcinomi le sensibilità di Ca125, He4, Roma (prima e dopo la menopausa) e Rmi si sono attestate su 93,5%, 87,1%, 80%, 95,2% e 87,1%. I valori numerici più accurati sono stati ottenuti con l’Rmi, sebbene i quattro parametri si siano dimostrati statisticamente equivalenti.

Clinics (Sao Paulo). 2012;67(5):437-41

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Profili caratteristici della transizione alla menopausa

30 Ott 2012 Ginecologia

Una ricercatrice inglese (Gita D. Mishra, dell’University College di Londra) e una australiana (Diana Kuh, della University of Queensland, a Herston) hanno studiato 695 donne allo scopo di approfondire la conoscenza sulla sintomatologia legata al passaggio alla menopausa: l’identificazione di profili caratterizzati da specifici sintomi psicologici, vasomotori e sessuali potrà, secondo le autrici, aiutare i medici a fornire consigli personalizzati. Dei 20 sintomi singoli individuati, 18 sono rientrati in quattro gruppi: psicologici, somatici, vasomotori e di natura sessuale. Una metodologia statistica chiamata analisi delle classi latenti ha appurato che questi gruppi di sintomi, a esclusione di quelli somatici, presentano una correlazione con i tempi che caratterizzano la menopausa. Il 10% delle donne ha lamentato gravi disturbi psicologici all’inizio della menopausa e fino a un anno dopo. I sintomi vasomotori sono stati segnalati dal 14% delle donne in forma grave nel primo periodo post-menopausale per poi diminuire in maniera notevole; nell’11% dei casi invece sono aumentati rapidamente in perimenopausa e sono rimasti severi dopo la menopausa per un periodo di almeno quattro anni. Questa categoria di sintomi è stata lamentata in misura maggiore tra le donne a bassa scolarità e impegnate in lavori manuali. Gravi disagi afferenti alla sfera sessuale sono stati espressi dal 14% delle donne; anche in questo caso i sintomi sono iniziati appena prima della menopausa per poi continuare a lungo. 

BMJ, 2012; 344:e402

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Meno calorie da giovani, proteggono l’ovaio da tumore

23 Ago 2012 Ginecologia

Una moderata restrizione energetica alimentare protratta per un lungo periodo di tempo durante l’infanzia o la prima età adulta può causare a distanza di tempo un’azione protettiva nei confronti del cancro ovarico. Lo dimostra uno studio retrospettivo, condotto da Leo J. Schouten, dell’Università di Maastricht (Olanda), che ha verificato come ai periodi di nutrizione cronicamente ridotta e addirittura di carestia verificatisi negli anni ’30 e ’40 in varie zone dei Paesi Bassi, specie nelle città più grandi, corrispondessero dopo molti anni tassi inferiori della neoplasia. A 62.573 donne di età compresa tra 55 e 69 anni nel 1986, quando ha preso avvio il Netherland cohort study, è stato chiesto di compilare un questionario sulle proprie abitudini alimentari e su altri fattori di rischio oncologico; in seguito le partecipanti sono state seguite tramite il Registro olandese dei tumori. Dopo un follow-up di 16,3 anni si sono resi disponibili per le analisi casi-coorte 364 casi di cancro ovarico epiteliale invasivo. All’analisi multivariata, il rischio di cancro ovarico è risultato inferiore per le partecipanti con un padre disoccupato durante gli anni ’30 (hazard ratio: 0,70) rispetto a quelle con un padre con un lavoro, così come è apparso ridotto nelle donne che vivevano in una grande città durante il periodo della Seconda guerra mondiale (0,69) rispetto a quante si trovavano a quel tempo in aree rurali.

PLoS One, 2011; 6(11):e27960

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Curare le adolescenti per proteggere la fertilità

22 Ago 2012 Ginecologia

Il tema centrale del 10° Convegno nazionale Sigia (Società italiana di ginecologia dell’infanzia e dell’adolescenza), che si è svolto a Reggio Emilia, dall’11 al 12 novembre, è stata salvaguardia della fertilità futura, in relazione a magrezza e obesità in età evolutiva, di patogenesi dell’endometriosi nella giovane, di disturbi minzionali e malformazioni uro-ginecologiche in infanzia e adolescenza. L’evento, ha spiegato, a Ginecologia33, Gabriele Tridenti, presidente della Sigia «era rivolto a ginecologi e pediatri, e a paramedici che operano a contatto con gli adolescenti, in primo luogo le ostetriche dei consultori e le infermiere dei reparti di Ginecologia e Pediatria, ma gli argomenti trattati coinvolgevano anche medici di base, urologi e chirurghi pediatri» e ha avuto un buon riscontro: «Come promotore e principale organizzatore di questo evento» ha infatti dichiarato Tridenti «mi ritengo soddisfatto, per la partecipazione di pubblico e, soprattutto, per l’interesse suscitato intorno alla ginecologia infanto-giovanile. La felice “contaminazione” con discipline diverse, quali l’urologia infantile e la medicina legale, ha aperto orizzonti clinici nuovi per i ginecologi e ha posto le premesse per future collaborazioni tra società scientifiche». Oltre alle tematiche specifiche, sono stati trattati anche argomenti di grande attualità quali la vaccinazione contro l’Hpv, la contraccezione nelle giovani e giovanissime, e gli aspetti medico-legali in questa fascia d’età, con suggerimenti pratici su prescrizione dei contraccettivi, gravidanza nella minorenne, abuso e mutilazioni genitali

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Menopausa precoce aumenta rischi a lungo termine

23 Lug 2012 Ginecologia

La menopausa che si verifica prima dell’età di 47 anni si associa a un aumento di mortalità, di fratture da fragilità e di osteoporosi all’età di 77 anni. Lo suggerisce uno studio osservazionale prospettico di popolazione condotto da Ola Svejme e collaboratori della università di Lund  e dell’ospedale universitario Skåne di Malmö, Svezia, su 390 donne che all’inizio dell’indagine avevano 48 anni d’età. Le donne, sottoposte al basale a misurazione della densità minerale ossea (Bmd) dell’avambraccio distale con assorbimetria a fotone singolo (Spa) e acquisizione dello status menopausale, sono state suddivise in un gruppo incorso in menopausa precoce (prima dei 47 anni) e in un gruppo con menopausa tardiva (almeno 47 anni). All’età di 77 anni si è proceduto a una nuova misurazione della Bmd dell’avambraccio mediante Spa e a misurazione della Bmd del femore prossimale e della colonna lombare attraverso assorbimetria a raggi X a doppia energia (Dxa). Per determinare la menopausa si è fatto riferimento al criterio dell’Organizzazione mondiale della sanità che prevede un minimo di 12 mesi di amenorrea continua. La prevalenza di osteoporosi è stata determinata utilizzando i dati Dxa. È così emerso che le donne del gruppo menopausa precoce avevano un rapporto di rischio pari a 1,83 per l’osteoporosi all’età di 77 anni, a 1,68 per le fratture da fragilità e un rischio di mortalità pari a 1,59.

Bjog. 2012 Apr 25. [Epub ahead of print]

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Gravidanza e post-partum non incrementano il Tev

23 Lug 2012 Ginecologia

Nelle donne gravide e nel post-partum, il tasso di eventi di tromboembolismo venoso (Tev) dopo ultrasonografia compressiva singola completa sembra collocarsi nel range di quanto è stato osservato negli studi su popolazioni effettuati su donne non gravide. Pertanto questo studio francese, firmato da Grégoire Le Gal dell’INSERM e Centre Hospitalier Universitaire de la Cavale Blanche di Brest e collaboratori dell’Edvige study group, suggerisce che un esito negativo dell’esame escluda in sicurezza la diagnosi di trombosi venosa profonda in questo setting. La ricerca ha preso in considerazione 226 donne in gravidanza o nel post-partum con sospetto di trombosi venosa profonda.  Tutte le donne con un risultato negativo dell’ultrasonografia singola prossimale e distale non hanno ricevuto la terapia anticoagulante e sono state seguite per un periodo di 3 mesi. Si è proceduto all’esclusione di 16 donne principalmente a causa di sospetto di embolismo polmonare. La trombosi venosa profonda è stata diagnosticata in 22 pazienti sulle 210 incluse nello studio (10,5%). Dieci donne hanno ricevuto una dose piena di anticoagulante nonostante l’esito negativo dell’esame durante il follow-up. Delle 177 donne in cui non era presente trombosi venosa e che non sono state trattate con una dose piena anticoagulante, in due casi (1,1%) si è avuto la conferma obiettiva di trombosi venosa profonda durante il follow-up.

Bmj 2012; 344 doi: 10.1136/bmj.e2635 (Published 24 April 2012)

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Screening ca cervicale, più attenzione a Hpv-16, 18 e 45

20 Lug 2012 Ginecologia

Le cellule squamose atipiche il cui significato non è determinato (Ascus) e le lesioni intraepiteliali squamose di basso grado (Lsil) sembrano più correlate all’infezione da papillomavirus umano (Hpv) che ai precursori del cancro: anche Cin3 non deve essere considerato rappresentativo dei tipi che causano cancro cervicale invasivo. Nel contesto dei programmi di screening si deve riservare particolare attenzione all’Hpv16, ma anche all’Hpv18 e 45. Questa la lezione, che si trae da una metanalisi ideata per migliorare la stratificazione delle donne Hpv-positive ad alto rischio ed effettuata su 115.789 donne positive al virus, di cui 33.154 con citologia normale, 6.810 con Ascus, 13.480 con Lsil, 6.616 con lesioni intraepiteliali squamose di alto grado (Hsil) diagnosticate attraverso la citologia, 8.106 con neoplasia cervicale intraepiteliale di grado 1 (Cin1), 4.068 Cin2, 10.753 Cin3 all’analisi istologica, e 36.374 tumori cervicali invasivi (Icc). Non sono emerse forti differenze nella distribuzione dei tipi di Hpv fra citologia normale, Ascus, Lsil o Cin1. Comunque, la positività ad Hpv16 aumentava passando da citologia normale/ Ascus/Lsil/Cin1 (20-28%), a Cin2/Hsil (40-47%), a Cin3/Icc (58-63%). I tipi 16, 18 e 45 erano responsabili di una maggiore o uguale percentuale di infezioni da HPV nell’ Icc rispetto alla citologia normale e a Cin3. Altri tipi ad alto rischio erano coinvolti in importanti percentuali di Cin2 e Cin3 Hpv positivi, ma il loro contributo si riduceva nell’ Icc. I rapporti Icc /citologia normale erano particolarmente elevati per Hpv45 in Africa (1,85) e America centrale e del sud (1,79) e per Hpv58 in Asia orientale (1,36). Lo studio è firmato dai ricercatori dell’Agenzia per la ricerca sul cancro di Lione (Francia) e dell’università medica di Shenyang (Cina).

Int J Cancer. 2012 Feb 9 [Epub ahead of print]

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Induzione del travaglio complica il parto

12 Giu 2012 Ginecologia

Uno studio pubblicato sulla rivista Acta obstetricia et gynecologica scandinavica rivela che l’induzione del travaglio in assenza di indicazioni materne o fetali aumenta il rischio di parto cesareo e di complicazioni post-parto oltre a complicazioni neonatali. Un gruppo di ricerca tutto femminile condotto dall’australiana Rosalie Grivell dell’università di Adelaide ha preso in considerazione 28.626 donne e, per analizzare le complicanze associate al parto, le ha suddivise in tre gruppi a seconda che avessero avuto un travaglio spontaneo, un’induzione di travaglio per indicazioni riconosciute e per indicazioni non riconosciute. Quest’ultima condizione si è associata a un rischio di taglio cesareo aumentato del 67% rispetto al travaglio spontaneo e ha comportato anche un incremento della probabilità che il bambino dovesse essere ricoverato nell’unità di terapia intensiva neonatale e sottoposto a trattamenti. Il rischio minore di dover ricorrere ad analgesia spinale o epidurale si è avuto in caso di parto dopo almeno 41 settimane di gestazione mentre il rischio minore di lesione perineale grave si è avuto dopo un minimo di 38 settimane. Nel complesso, le autrici hanno rilevato che le nascite che avvengono dopo una gravidanza durata dalle 38 alle 39 settimane con travaglio spontaneo si associano al minor rischio di eventi avversi sia per la madre che per il bambino. Il risultato assume una particolare importanza nel quadro di un aumento dell’induzione del travaglio che si registra in molti paesi del mondo.

Acta Obstet Gynecol Scand. 2012 Feb;91(2):198-203


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Obesità o diabete gestazionale: gravidanza con esiti avversi

31 Mag 2012 Ginecologia

Nella madre, sia il diabete gestazionale (Gdm) che l’obesità sono associati in modo indipendente a esiti avversi della gravidanza, e l’impatto esercitato dai due fattori in combinazione è ancora maggiore. È quanto ha dimostrato un gruppo di ricercatori – guidati da Patrick M. Catalano, della Case Western Reserve University at MetroHealth Medical Center di Cleveland (Usa) – coinvolti nello studio Hapo (Hyperglycemia and Adverse Pregnancy Outcome). Le donne inserite nel protocollo sono state sottoposte a un test di tolleranza orale al glucosio (Ogtt) tra la 24ma e la 32ma settimana e una condizione di Gdm è stata diagnosticata sulla base di criteri internazionali. Dopo la nascita, sono state effettuate misure antropometriche sul neonato, con misurazione dei livelli sierici del peptide-C nel cordone ombelicale. Il body mass index (Bmi) medio materno è risultato di 27,7, il 13,7% delle donne studiate soffriva di obesità e una condizione di Gdm è stata diagnosticata nel 16,1% dei casi. In rapporto alle donne senza Gdm e non obese, in quelle con solo Gdm l’odds ratio per un peso alla nascita della prole >90° percentile si è attestato su 2,19, in quelle solo obese su 1,73 e in quelle sia obese che con Gdm su 3,62. Gli esiti relativi ad altri outcome avversi di gravidanza, quali parto primario cesareo, preeclampsia, peptide-C sierico cordonale e grasso corporeo >90 percentile sono apparsi simili. La probabiltà di un peso alla nascita superiore al 90° percentile sono apparse progressivamente maggiori sia con il crescere dell’Ogtt che con l’aumentare del Bmi materno. Nel complesso, si è registrata una differenza di peso alla nascita di circa 340 grammi tra figli di madri obese con Gdm rispetto alla prole di madri con peso normale o sottopeso e valori normali di glicemia. Diabetes Care, 2012 Feb 22.

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