Attenzione, ragazzi a bordo

Gli incidenti stradali costituiscono la prima causa di morte per bambini e ragazzi di et? compresa tra 8 e 17 anni: il dato si riferisce alla situazione statunitense, ma non si discosta molto da quanto accade nel nostro Paese, dove il tema delle morti su strada ? sempre di grande attualit?. Per i piccoli con et? inferiore agli 8 anni, il rischio di incorrere in un incidente stradale ? stato ampiamente valutato, tanto che anche l’Unione Europea ha attuato misure di sicurezza per il trasporto dei bambini in auto. Tuttavia, con il passaggio dall’infanzia all’adolescenza si ha un incremento delle possibilit? che i conducenti non siano pi? solo i genitori, ma altri giovani e, di conseguenza, i rischi potrebbero variare.

Quali rischi?
Secondo quanto riportato dai database americani FARS (Fatality Analysis Reporting System) e NASS-CDS (National Automotive Sampling System Crash Data System), tra il primo gennaio 2000 e il 31 dicembre 2005 nei 50 Stati e nel distretto della Columbia, 424.195 soggetti tra gli 8 e i 17 anni sono stati coinvolti ogni anno in incidenti stradali in qualit? di passeggeri, con un tasso di mortalit? di 3,9 ogni 1000 incidenti. I soggetti sono stati suddivisi in gruppi in base all’et?: 8-12, 13-15, 16-17 anni per quanto riguarda i passeggeri, e minori di 16 anni, 16-17, 18-19, 20-24 e maggiori di 25 anni nel caso dei guidatori. L’analisi ha rivelato che nel periodo di tempo considerato, ben 9.807 ragazzi (passeggeri) hanno perso la vita in incidenti stradali: di questi oltre la met? (54,4%) ? morto come passeggero di un conducente con meno di 20 anni e i due terzi non facevano uso di sistemi di restrizione. Certo i risultati non sorprendono, ma, a differenza di quanto si ? soliti affermare, nei due terzi dei casi i decessi si sono verificati nel caso di conducenti di sesso maschile. Inoltre, dall’indagine ? emerso che nel 21,2% dei casi l’abuso di sostanze alcoliche da parte del conducente aveva contribuito all’incidente; oltre un sesto dei guidatori non era in possesso della patente; gli incidenti si erano verificati con frequenza pi? elevata durante il weekend e su strade a scorrimento veloce (oltre 55 mph, cio? circa 88 Km/h).

L’esperienza conta
In particolare, il rischio di mortalit? pi? elevato ? stato riscontrato nel caso di conducenti con et? inferiore ai 16 anni (16 anni ?, infatti, l’et? minima in cui in USA ? consentito conseguire la patente): un rischio circa doppio rispetto a quello osservato nel caso di guidatori almeno venticinquenni che, infatti, dovrebbero possedere una maggior esperienza al volante. Gli autori hanno, poi, individuato un incremento del tasso di rischio di mortalit? con l’aumento dell’et? del passeggero: 2,6 nel gruppo 8-12 anni e 5,4 per i ragazzi con et? compresa tra 16 e 17 anni. Questo probabilmente ? dovuto al fatto che durante l’adolescenza i veicoli sono spesso guidati da coetanei, che presentano minor esperienza alla guida rispetto agli adulti, principali conducenti durante l’infanzia dei figli.

Per correre ai ripari
Nella prevenzione degli incidenti stradali che coinvolgono i bambini, un ruolo di primaria importanza dovrebbe essere giocato dai genitori, il cui compito ? sottolineare la necessit? di utilizzare apposite misure di sicurezza e seguire i giovani, specie se neo patentati, durante le prime esperienze al volante. Poich? non ? possibile evitare, per esempio, la percorrenza di strade ad alta velocit?, ? meglio affrontarle con la supervisione di qualcuno pi? esperto e auspicare che vengano attrezzate con specifici dispositivi di sicurezza. In America le leggi in materia di sicurezza stradale variano a seconda degli Stati. Alcuni di essi, per esempio, hanno introdotto norme restrittive per il trasporto di giovani passeggeri da parte di neopatentati. Considerando che dallo studio emerge come l’et? del conducente inferiore ai 16 anni sia un fattore di rischio di mortalit? in incidenti stradali, queste norme potrebbero essere estese agli altri Paesi e l’et? minima per conseguire la patente potrebbe essere innalzata. Inoltre, per diminuire il numero di giovani vittime stradali, si dovrebbero attuare dei programmi di sensibilizzazione gi? nelle scuole, sia informando i genitori del rischio che corrono i figli ad essere passeggeri di giovani guidatori, sia rivolgendosi ai piccoli passeggeri affinch? conoscano i fattori di rischio che dovrebbero monitorare nel conducente. Non va dimenticato che simili cambiamenti sono auspicabili non solo per gli Stati Uniti.

Ilaria Ponte

Fonti
Winston FK et al. Risk Factors for Death Among Older Child and Teenaged Motor Vehicle Passengers. Arch Pediatr Adolesc Med. 2008; 162 (3): 253-260

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Postmenopausa: l?esercizio fisico riduce lo stress e la depressione

L?esercizio fisico non rappresenta una cura per i sintomi menopausali, ma pu? aiutare le donne in postmenopausa a far fronte allo stress, all?ansia e alla depressione.

Lo studio ? stato condotto nell?arco di 8 anni; sono state studiate 380 donne, d?et? media 42 anni, che camminavano per 15-90 minuti ogni giorno fino a 5 volte a settimana.

All?inizio dello studio le donne non erano in menopausa. Alla fine dello studio pi? della met? manifestava vampate di calore.

E? stato osservato che un livello medio di esercizio fisico appariva peggiorare i sintomi in alcune donne nello stadio transizionale tardivo.
Dopo aver analizzato i dati, i Ricercatori hanno concluso che l?intensit? dei sintomi era il risultato di fluttuazioni dei livelli ormonali anzich? dell?attivit? fisica.

Le donne di razza nera presentavano pi? vampate di calore rispetto alle donne di razza bianca.

Secondo Nieca Goldberg del Women?s Health Program alla New York University negli Stati Uniti, non ? sorprendente osservare che l?esercizio fisico non riduca l?incidenza di vampate di calore.
Altre ricerche hanno trovato che l?esercizio fisico non ha nessuna influenza sul numero di episodi di vampate di calore.

Fonte: Medicine & Science in Sports & Exercise, 2008

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Aumentato rischio di diabete di tipo 2 per le persone con ridotto sonno profondo

Gli adulti che non riescono ad avere un sonno profondo sono ad aumentato rischio di diabete mellito di tipo 2.

Precedenti studi avevano dimostrato che il sonno influenza la capacit? dell?organismo di tenere sotto controllo i livelli di glicemia e l?appetito, aumentando in tal modo il rischio di obesit? e di diabete.

Lo studio compiuto da Ricercatori dell?University of Chicago Medical Center, ha coinvolto 5 uomini e 4 donne, magri e sani, di et? compresa tra 20 e 31 anni.

Dapprima i partecipanti sono stati osservati per 2 notti in cui il sonno non ? stato interrotto; la durata del sonno ? stata di 8,5 ore.
In questo modo ? stato possibile stabilire le caratteristiche del sonno normale.

Poi gli stessi partecipanti hanno partecipato ad un periodo di studio di 3 notti, durante il quale i Ricercatori hanno deliberatamente disturbato il sonno, quando le onde cerebrali hanno mostrato l?inizio del sonno no-REM ( sonno ad onda lenta ).
I soggetti erano sottoposti a suoni 250-300 volte a notte. I suoni, tuttavia non erano in grado di provocare il risveglio del soggetto in studio.
Dopo 3 notti, la riduzione della sensibilit? all?insulina ? risultata significativa in 8 partecipanti su 9. Si ? visto che la riduzione della sensibilit? insulinica non era compensata da un aumento del rilascio di insulina.

La tolleranza al glucosio nelle ore diurne ? risultata ridotta del 23%, dopo ciascuna notte in cui il sonno era stato disturbato.

Fonte : Proceedings of National Academy of Sciences, 2008

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Il Lactobacillum fermentum non riduce i livelli plasmatici dei lipidi

C?? un crescente interesse nell?impiego di terapie naturali per ridurre gli elevati livelli di colesterolo LDL.

Uno studio compiuto da Ricercatori della University of New South Wales a Sidney in Australia ha valutato gli effetti del Lactobacillus fermentum sul colesterolo LDL e su altre frazioni lipidiche.

Lo studio, in doppio cieco, controllato con placebo, ha coinvolto soggetti con livelli di colesterolo totale maggiori o uguali a 4mmol/l.

I soggetti ( n = 46 ) sono stati assegnati in modo casuale a ricevere 2 capsule di Lactobacillus fermentum 2 volte die [ ciascuna capsula conteneva 2×10(9) unit? formanti colonie ], oppure placebo per 10 settimane.

Due soggetti hanno interrotto precocemente lo studio, uno per ragioni personali ed uno per disturbi intestinali.
Tre altri soggetti hanno presentato disturbo intestinale, ma hanno completato lo studio.

E? stato osservato un modesto trend di riduzione del colesterolo LDL da parte del Lactobacillus fermentum e del placebo ( 7% e 5.2%, rispettivamente ).
Questo trend non ha raggiunto significato statistico e non ? emersa differenza statisticamente significativa tra i due bracci di trattamento riguardo ai valori di colesterolo totale, colesterolo HDL o trigliceridi.

Non sono stati riscontrati cambiamenti significativi negli enzimi epatici o in altri parametri di sicurezza.

I dati dello studio hanno mostrato che il Lactobacillus fermentum non sembra essere in grado di produrre cambiamenti significativi delle frazioni lipidiche, anche se un piccolo effetto non pu? essere escluso del tutto.

Simons LA et al, Nutr Metab Cardiovasc Dis 2006; 16: 531-532

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L?invecchiamento non ottimale associato a pi? alti livelli di cistatina C

L?effetto della funzione renale sull?invecchiamento ottimale non ? stato ancora esaminato.

Uno studio ha valutato la relazione tra la cistatina C e l?invecchiamento ottimale nel corso di 6 anni di follow-up nel Cardiovascular Health Study, una comunit? di anziani di et? superiore o uguale ai 65 anni.

L?invecchiamento ottimale ? stato definito come rimanere immuni a malattie cardiovascolari, cancro e malattie polmonari croniche ostruttive, ed avere intatte le funzionalit? fisiche e cognitive.

E? stato misurato il livello di cistatina C al basale in 2140 partecipanti. L?et? media era di 74 anni.

Il livello medio di cistatina C, del livello di creatinina e la velocit? di filtrazione glomerulare stimata erano 1.06mg/L, 0.93 mg/dL e 78 mL/min/1.73 m2, rispettivamente.

Un totale di 873 partecipanti ha raggiunto il primo evento nel corso del follow-up, 138 a causa di disabilit? cognitiva, 238 per disabilit? fisica, 34 a causa di malattia polmonare ostruttiva cronica, 146 per tumore e 317 per malattia cardiovascolare.

La riduzione percentuale aggiustata degli anni di vita ottimale, dal quartile pi? alto versus il quartile pi? basso di cistatina C ? stata del 27%.
Il pi? alto quartile versus quello pi? basso di cistatina C ? risultato indipendentemente associato a disabilit? fisica e cognitiva incidente ( HR=1,39 ).

Dallo studio ? emerso che un pi? alto livello di cistatina C, anche all’interno di un range relativamente normale di funzione renale, ? associata ad un invecchiamento non ottimale.

Sarnak MJ et al, Arch Intern Med 2008; 168: 147-153

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I pazienti che sospendono l?assunzione delle statine o assumono bassi dosaggi sono a rischio di infarto miocardico

Secondo Fernie Penning-van Beest del PHARMO Institute di Utrecht, un trattamento pi? continuativo e l?impiego di pi? alti dosaggi di statine ( farmaci ipocolesterolemizzanti ) potrebbero prevenire 300-400 infarti miocardici nella sola Olanda.

I Ricercatori olandesi hanno studiato l?efficacia delle statine in una condizione di ambiente reale.
Sono state esaminate le cartelle cliniche di quasi 60.000 pazienti ai quali erano state prescritte statine nel periodo 1991-2004.

E? stato osservato che poco pi? della met? ( 53 % ) dei pazienti ha interrotto l?assunzione delle statine entro 2 anni, mentre il 35% ? rimasto in terapia ed ha impiegato le statine a dosaggi alti o intermedi.

Tra coloro che hanno continuato ad assumere statine si ? osservata una riduzione del ricovero ospedaliero per infarto miocardico del 30% rispetto a coloro che hanno fatto uso di questi farmaci in modo non-continuativo.
Tra i pazienti che hanno impiegato alti dosaggi o dosaggi intermedi, la riduzione del rischio ? stata del 40% contro il 20% dei dosaggi pi? bassi.

Lo studio osservazionale olandese ha fornito elementi a sostegno di una decisa riduzione dei livelli di colesterolo e nell?uso continuativo delle statine.

Dall?analisi dei dati ? anche emerso che i pazienti che beneficiavano maggiormente del trattamento con le statine erano coloro che assumevano le statine di seconda generazione, come Atorvastatina ( Lipitor; in Italia, Torvast ) o Rosuvastatina ( Crestor ), piuttosto che le statine di prima generazione come Simvastatina ( Zocor ), Pravastatina ( Pravachol; in Italia, Selectin ), Fluvastatina ( Lescol ).

Secondo gli Autori, per ridurre l?incidenza di infarto miocardico, i pazienti dovrebbero:

– assumere le statine con continuit?

– far uso delle pi? nuove ed efficaci statine

Fonte: European Society of Cardiology, 2006

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Fibromi uterini: trattamento chirurgico per preservare l?organo

I fibromi uterini sono le pi? comuni neoplasie della pelvi femminile. Generalmente in circa il 50% dei casi i fibromi rimangono asintomatici e possono essere tenuti sotto osservazione attraverso regolari visite di follow-up.
I fibromi sintomatici richiedono, in alcuni stadi, l?intervento chirurgico.

I fibromi si verificano nel 25-50% delle donne di et? superiore ai 30 anni, e questa percentuale aumenta con l?et?, ed ? pi? comune nelle donne di alcune popolazioni etniche, come la afro-caraibiche.

I fibromi hanno un grande impatto sulla salute delle donne ed hanno rappresentato la pi? comune indicazione per l?isterectomia in Inghilterra nel periodo 1993-1994.
Questo tipo di intervento ha costi elevati: le 72.362 isterectomie effettuate nel 1993-1994 sono costate, secondo le stime, 70 milioni di sterline.

Sebbene l?isterectomia sia la cura pi? certa per le donne con fibromi sintomatici e che non desiderano preservare la fertilit?, un crescente numero di donne sta optando per un intervento in grado di conservare l?organo.

L?intervento chirurgico salva organo pu? essere eseguito per via vaginale, via laparoscopica o per via addominale, anche se tutti questi approcci sono associati ad un apprezzabile tasso di morbidit?.

Le tecniche chirurgiche che preservano l?organo comprendono: la miomectomia, la resezione transcervicale del fibroma, l?embolizzazione dell?arteria uterina e l?ablazione laser guidata dalla risonanza magnetica per immagini ( MRI ).

L?isterectomia ? associata ad un elevato tasso di soddisfazione ed ? probabilmente in grado di alleviare problemi mestruali in quasi tutte le donne.

Elahi SM, Odejinmi F, J Obstet Gynaecol 2008; 28: 28-31

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Diabete, rischio in aumento con l’acido urico

I livelli sierici di acido urico rappresentano un forte ed indipendente fattore di rischio di diabete.
L’acido urico sierico ? associato positivamente alla glicemia nei soggetti sani, ma questa associazione non si mantiene anche nei soggetti diabetici, in quanto nello stato iperglicemico ? riportato un basso livello di acido urico nel siero.
Dato che la maggior parte dei soggetti va incontro a una fase di ridotta tolleranza al glucosio prima della progressione verso il diabete, non ? chiaro se l’aumento dell’acido urico nel siero predica il rischio di diabete di tipo 2.
I dati del presente studio, insieme a quelli della letteratura precedente, indicano che la diminuzione dell’acido urico potrebbe costituire una nuova strategia terapeutica per la prevenzione del diabete, e giustificano uno studio clinico prospettico sui possibili benefici della misurazione e della riduzione dell’acido urico sierico in molteplici malattie croniche.

(Diabetes Care 2008; 31: 361-2)

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Strategie per la giunzione osteotendinica

La terapia con onde shock extracorporee (ESWT) promuove l’osteogenesi e il rimodellamento tissutale nell’articolazione osteotendinica patellare che ritarda a guarire in un modello animale. Bench? l’efficacia di questa tecnica sia stata dimostrata per la riunione mancata o ritardata nella riparazione delle fratture e per i danni cronici a carico dei tessuti molli, il presente studio ? il primo a esaminarne l’efficacia nel trattamento del ritardo di guarigione delle articolazioni osteotendinee. Il miglioramento dell’osteogenesi e l’accelerazione del ripristino del tessuto fibrocartilagineo con l’ESWT si riflette nelle valutazioni radiografiche, densitometriche e istologiche sia a livello cellulare che della matrice. I dati dello studio potrebbero trovare una applicazione clinica nell’uso del terzo mediale nel tendine patellare per la ricostruzione del legamento crociato anteriore.
(Am J Sports Med 2008; 36: 340-7)

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L?antibiotico Minociclina pu? causare insorgenza di lupus eritematoso nei pazien

Studi precedenti hanno associato l?utilizzo delle tetracicline, ed in modo pi? specifico la Minociclina ( Minocin ), nel trattamento dell?acne con l?insorgenza di lupus eritematoso farmaco-indotto.

Ricercatori dell?University of Pennsylvania a Filadelfia negli Stati Uniti, si sono posti l?obiettivo di determinare la frequenza di lupus eritematoso tra le persone con acne, che hanno fatto uso degli antibiotici della classe delle tetracicline.

Lo studio retrospettivo di coorte ha interessato individui di et? compresa tra i 15 ed i 35 anni con acne, che avevano partecipato al The Health Information Network ( THIN ).

Sono stati identificati 97.694 soggetti con acne, che sono stati seguiti per circa 520.000 persone-anno.
Tra questi l?et? media era di 22 anni, ed il 57,5 % era di sesso femminile.

L?esposizione alla Minociclina ? stata osservata nel 24,8% del soggetti, l?esposizione alla Doxiciclina ( Bassado ) nel 15,6%, e l?esposizione ad altre tetracicline nel 42,3%.
Il 17,3% non aveva ricevuto antibiotici della classe delle tetracicline.

L?hazard ratio ( HR ) totale per l?associazione della Minociclina al lupus eritematoso ? risultato pari a 2.64, e 3.11 dopo aggiustamento per et? e sesso.

Nessuna associazione ? stata riscontrata per la Doxiciclina e per le altre tetracicline.

Dallo studio ? emerso che l?uso della Minociclina, ma non quello di altre tetracicline, ? associato al lupus eritematoso.
Nel complesso, l?evento non ? comune, ma il profilo rischio-beneficio della Minociclina deve essere attentamente valutato prima di prescrivere l?antibiotico nel trattamento dell?acne.

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