Propecia pu? causare azoospermia ed oligospermia

Ricercatori canadesi hanno descritto 2 casi di azoospermia e grave oligospermia in uomini durante e dopo l?interruzione di un trattamento a base di Finasteride 1 mg ( Propecia ).

I due pazienti assumevano Finasteride per un problema legato alla perdita di capelli.

La principale misura di esito ? stato il miglioramento della concentrazione spermatica dopo interruzione del trattamento.

Il paziente A era affetto da un anno da documentata azoospermia ed era stata inizialmente programmata per lui una biopsia testicolare.
Sei mesi dopo l?interruzione della Finasteride ( 1 mg al giorno ), ? stato osservato un miglioramento nella concentrazione spermatica fino a 5,5 x 10(6)/mL.

Il paziente B era affetto da grave oligospermia con una concentrazione spermatica di 4 x 10(6)/mL.
La concentrazione spermatica ? migliorata a 6,6 e successivamente a 18,7 x 10(6)/mL dopo 3 e 6 mesi dall?interruzione del trattamento con Finasteride.

Sono stati dunque descritti due casi di pazienti non fertili con azoospermia o grave oligospermia, che hanno mostrato significativi miglioramenti nella concentrazione spermatica dopo 6 mesi dall?interruzione dell?assunzione di Finasteride. In un caso il miglioramento dei parametri spermatici ha permesso di evitare la biopsia testicolare ed ha corretto l?azoospermia.
L?interruzione dell?assunzione di Finasteride da parte della popolazione non fertile potrebbe migliorare i parametri spermatici e consentire trattamenti dell?infertilit? meno invasivi.

Liu KE et al, Fertil Steril 2007, Epub ahead of print

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Diagnosi e trattamento dell?otite media

I criteri diagnostici per l?otite media comprendono una rapida insorgenza dei sintomi, la fuoriuscita di liquido dall’orecchio medio, ed i segni ed i sintomi di infiammazione dell?orecchio medio.

Lo Streptococcus pneumoniae, l?Hemophilus influenzae, e la Moraxella catarrhalis sono i pi? comuni batteri isolati dal liquido dell?orecchio medio nei bambini con otite media acuta.

Febbre, otalgia, mal di testa, irritabilit?, tosse, rinite, apatia, anoressia, vomito, diarrea, sono sintomi comuni ma non specifici.
L?individuazione della fuoriuscita di liquido dall?orecchio medio attraverso l?otoscopio ? la chiave per definire la diagnosi.

L?osservazione rappresenta un?opzione accettabile nei bambini sani con sintomatologia lieve.

Gli antibiotici sono raccomandati in tutti i bambini di et? inferiore ai 6 mesi, in quelli tra i 6 mesi ed i 2 anni se la diagnosi ? certa, e nei bambini con grave infezione.

Come terapia di prima linea ? raccomandato un dosaggio elevato di Amoxicillina ( da 80 a 90 mg/kg/die; Zimox ).

Gli antibiotici macrolidi, la Clindamicina ( Dalacin-C ) e le cefalosporine, possono essere impiegati in alternativa alle penicilline nei bambini sensibili ed in quelli con infezioni resistenti.

I pazienti che non rispondono al trattamento dovrebbero essere rivalutati.

L?esame udito-linguaggio ? raccomandato nei bambini in cui si sospetta la perdita dell?udito o con effusione persistente per almeno 3 mesi, ed in quelli con problemi di sviluppo.

Ramakrishnan K et al, Am Fam Physician 2007; 76: 1650-1658

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Vescica instabile: trattamento con Kentera

Kentera ? un cerotto transdermico, che contiene il principio attivo Ossibutinina.

Kentera trova impiego nei pazienti adulti con vescica instabile ( una vescica iperattiva, caratterizzata da contrazioni repentine ) per trattare l?incontinenza da urgenza, l?aumento della frequenza urinaria e del tenesmo vescicole, che si associano a questa condizione.

Kentera ? un cerotto applicato due volte a settimana ( ogni 3-4 giorni ). Il cerotto deve essere applicato sulla pelle asciutta e intatta dell?addome, del fianco o dei glutei immediatamente dopo averlo estratto dalla bustina protettiva.
A ogni nuovo cerotto si deve scegliere una nuova sede di applicazione, per evitare di utilizzare la stessa sede a intervalli inferiori ai 7 giorni.

Il principio attivo di Kentera, l?Ossibutinina, ? un medicinale anticolinergico. Esso blocca alcuni recettori del corpo, i recettori muscarinici M1 e M3, e nella vescica ci? determina il rilascio dei muscoli che spingono fuori l?urina. Aumenta di conseguenza la capacit? della vescica e si modifica il modo in cui i suoi muscoli si contraggono man mano che la vescica si riempie. Ci? consente a Kentera di prevenire minzioni involontarie.
L?Ossibutinina ? disponibile sul mercato dagli anni settanta, sotto forma di compressa per il trattamento della vescica iperattiva.

Due studi principali, condotti su un totale di 881 pazienti, soprattutto donne in et? avanzata, con vescica iperattiva, hanno valutato Kentera.
In uno studio ( 520 pazienti ) Kentera ? stato confrontato con placebo e nell?altro studio ( 361 pazienti ) Kentera ? stato confrontato con Tolterodina in capsule.
La principale unit? di misura dell?efficacia ? stato l?effetto del trattamento sul numero di episodi di incontinenza in un periodo di 7 o 3 giorni.
Kentera ? risultato pi? efficace del placebo: dopo 12 settimane, il numero medio di episodi di incontinenza per settimana si era ridotto di 19 ( circa 3 al giorno ) con Kentera, rispetto a una riduzione di 15 episodi nel gruppo trattato con placebo.
Kentera ? risultato efficace quanto la Tolterodina; entrambi i trattamenti hanno ridotto il numero di episodi di circa 3 al giorno.

Le reazioni nella sede di applicazione ( incluso un prurito attorno all?area di applicazione del cerotto ) rappresentano l?effetto indesiderato pi? comune ( osservato in pi? di 1 paziente su 10 ). Altri effetti indesiderati riferiti sono stati rossore nella sede di applicazione, secchezza della bocca, costipazione, diarrea, gastrite, cefalea oppure sonnolenza o capogiri, visione offuscata e infezioni delle vie urinarie.

Kentera non deve essere utilizzato nei soggetti che potrebbero presentare ipersensibilit? all?Ossibutinina o a uno degli altri eccipienti e nei pazienti con ritenzione urinaria, gravi disturbi gastrointestinali, glaucoma ad angolo chiuso non controllato o miastenia grave.

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Dieta e tumore del colon

Lo studio ha valutato l?ipotesi che il galattosio, che ? presente nella frutta e nei vegetali, ma non nelle fibre dei cereali, sia in grado di prevenire il cancro.
Al Dipartimento di Medicina dell?Universit? di Liverpool sono stati esaminati 512 casi di tumori colorettali. I dati sono stati ottenuti mediante un questionario che riguardava la dieta seguita, l?esercizio fisico praticato e l?assunzione di Aspirina, nei 6 mesi precedenti l?insorgenza del tumore.
Da questo studio ? emerso che l?effetto protettivo della frutta e delle fibre vegetali era correlato al loro contenuto in galattosio.
E? stato anche confermato l?effetto protettivo dell?esercizio fisico e dell?assunzione regolare e giornaliera dell?Aspirina, e quello dannoso dell?assunzione di cibi ad alto contenuto energetico e della carne rossa.

Evans RC et al, Gastroenterology 2002 ; 122 : 1784-1792

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Pazienti con azoospermia ed oligospermia, possibile sviluppo di tumore del testi

Ricercatori della Tohoku University a Sendai in Giappone hanno esaminato se gli uomini infertili con scarsa conta spermatica, sviluppassero in tempi successivi tumori testicolari.

Sono stati esaminati 460 pazienti maschi con conta spermatica anomala, tra il 1989 ed il 2004, che hanno sviluppato tumore del testicolo dopo essersi sottoposti a tecniche di riproduzione assistita.

Dei 460 pazienti, 169 pazienti presentavano oligozoospermia lieve, 117 grave oligozoospermia , 174 azoospermia.

Il periodo osservazionale ha avuto una durata media compresa tra 78,5 mesi e 99 mesi.

Sono stati riscontrati 3 casi di tumore testicolare che si sono sviluppati tra i pazienti con grave oligozoospermia ed azoospermia.

Il periodo compreso tra l?accertamento della sterilit? e lo sviluppo di tumori testicolari ? stato in media 9 anni ( range: 4-14 anni ).

Questi risultati hanno indicato che le gravi anormalit? spermatiche rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di tumori del testicolo.

Kanto S et al, Fertil Steril 2007; 88: 1374-1376

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Anziani: il declino delle funzioni fisiche associato a basse concentrazioni di V

Il mantenimento dell?indipendenza per le persone anziane ? uno dei principali compiti della sanit? pubblica, e l?identificazione dei fattori che contribuiscono al declino delle funzioni fisiche ? necessario per prevenire o ritardare il processo di invalidit?.
Il potenziale effetto deleterio di un?alimentazione povera sul declino delle funzioni fisiche nelle persone anziane non ? ben definito.

Uno studio ha valutato se una bassa concentrazione sierica di micronutrienti possa essere associata a successivo declino delle funzioni fisiche negli anziani che vivono in comunit?.

E? stato effettuato uno studio longitudinale riguardante 698 persone dell?et? di 65 anni o oltre, selezionati casualmente da un registro di popolazione in Toscana.

Il periodo osservazionale ? stato di 3 anni.

Il declino della funzione fisica ? stato definito come la perdita di almeno un punto alla scala SPPB ( Short Physical Performance Battery ) durante il periodo osservazionale di 3 anni.

Gli odds ratio ( OR ) sono stati calcolati per il quartile pi? basso di ciascuna sostanza nutritiva, utilizzando gli altri 3 quartili combinati come gruppo di riferimento.

Il declino medio nel punteggio alla scala SPPB ? stato di 1.1 punti.

In un?analisi di regressione logistica, aggiustata per i potenziali confondenti, solo una bassa concentrazione di vitamina E ( inferiore a 1.1 microg/mL [ < 24,9 micromol/L ] ) era significativamente associata ad una successiva riduzione della funzione fisica ( OR 1.62; P=0.01 per associazione del pi? basso quartile di alfa-tocoferolo con la diminuzione di almeno un punto nella scala della funzione fisica. In un modello lineare generale, la concentrazione di vitamina E al basale, analizzata in una serie di misure ripetute, era significativamente correlata al punteggio della scala SPPB al follow-up, dopo aggiustamento per i potenziali confondenti, e al punteggio alla scala SPPB al basale ( beta= 0.023; P= 0,01 ). In un?analisi di classificazione e di regressione ad alberi, l?et? superiore agli 81 anni e la vitamina-E sono stati identificati come i principali fattori del declino della funzione fisica nei partecipanti di et? compresa tra i 70 e gli 80 anni ( causa di declino fisico nell?84% e nel 60%, rispettivamente; tasso d?errore nella classificazione, 0.33). Questi risultati forniscono evidenza empirica, che una bassa concentrazione di vitamina E ? associata ad una successiva diminuzione della funzione fisica tra gli adulti che vivono in comunit?. Bartali B et al, JAMA 2008; 299: 308-315

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I tassi di mortalit? totale appaiono ridotti con l?assunzione di supplementi di

Philippe Autier dell?International Agency for Research on Cancer, di Lione, e Sara Gandini dell?European Institute of Oncology , di Milano, hanno valutato il rischio di morte per qualsiasi causa nelle persone che hanno partecipato a studi clinici randomizzati, esaminando l?impatto della supplementazione di vitamina D ( Ergocalciferolo [ vitamina D2 ] o Colecalciferolo [ vitamina 3D ] su qualsiasi condizione di salute.

La ricerca in letteratura ha permesso di identificare 18 studi clinici, che avevano coinvolto 57.311 partecipanti.

Nel corso dei 5,7 anni ( valori medi ) del periodo di follow-up, si sono verificati 4.777 decessi da qualsiasi causa.

Le dosi giornaliere di supplemento di vitamina D variavano da 200 a 2.000 UI. La dose media giornaliera dello studio, aggiustata, era di 528 UI.

In 9 studi clinici ? stata registrata una differenza da 1,4 a 5,2 volte nei livelli sierici di 25-Idrossivitamina D tra il gruppo trattato ed il gruppo controllo.
Il rischio relativo di mortalit? da qualsiasi causa ? stato 0,93.
In conclusione, l?assunzione giornaliera di supplementi di vitamina D sembra essere associata ad una diminuzione dei tassi di mortalit? totale.

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I sartani e gli Ace-inibitori non devono essere impiegati in gravidanza

Gli Ace inibitori, cio? gli inibitori dell?enzima di conversione dell?angiotensina, e gli antagonisti del recettore dell?angiotensina II ( detti anche sartani ) sono stati autorizzati per diverse indicazioni, tra cui l?ipertensione, e possono essere particolarmente adatti per i giovani pazienti con alti valori di pressione sanguigna ( ma non per i pazienti di razza nera ) e per i pazienti con alcune comorbilit?, come la nefropatia diabetica.

L?angiotensina II ? essenziale per il normale sviluppo del rene, e l?impiego degli Ace inibitori e degli antagonisti del recettore dell?angiotensina II nella fase tardiva della gravidanza ? stata associata a disfunzione renale, oligoidramniosi ed anuria neonatale ed altre malattie congenite come difetti di ossificazione del cranio.
Tuttavia, i dati hanno anche indicato un aumentato rischio di anomalia congenita dopo esposizione limitata durante il primo trimestre di gravidanza.

Uno studio di coorte, che ha fatto uso dei dati Medicaid del Tennessee, ha evidenziato un aumentato rischio di anomalie congenite con gli Ace inibitori, ed in modo particolare anomalie del sistema cardiovascolare e del sistema nervoso centrale.
Su 209 neonati esposti agli Ace inibitori nel primo trimestre di gravidanza ci sono stati 18 casi di anomalie maggiori ( risk ratio, RR= 2,71, rispetto ai neonati non esposti ai farmaci nel primo trimestre ).
Non ? stato osservato nessun aumento del rischio con altre classi di farmaci antipertensivi, tuttavia, gli antagonisti del recettore dell?angiotensina II erano stati esclusi.

Poich? il diabete materno ? indipendentemente associato ad un aumentato rischio di anomalia congenita, i Ricercatori hanno tentato di escludere madri con diabete noto.

Sebbene lo studio presenti diverse limitazioni, come il piccolo numero di eventi, i risultati hanno sollevato timori sulla possibile teratogenicit? degli Ace inibitori nel primo trimestre di gravidanza.

Ci sono pochi dati riguardo ai rischi degli antagonisti del recettore dell?angiotensina II, sebbene siano stati segnalati casi di anomalia congenita dopo esposizione a questi farmaci durante il secondo ed il terzo trimestre.
Non ci sono dati che escludano il possibile rischio dei sartani nel primo trimestre di gravidanza.

Fonte: MHRA – Drug Safety Update, 2007

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Sistema intrauterino a base di Levonorgestrel ed effetti sull?endometrio

Il sistema intrauterino a base di Levonorgestrel provoca un?estensiva decidualizzazione delle cellule stromali dell?endometrio, atrofia dell?epitelio ghiandolare e superficiale, e cambiamenti nella morfologia vascolare ( soppressione della formazione dell?arteria spirale e presenza di grossi vasi dilatati ).

Con l?esposizione dell?endometrio al sistema intrauterino rilasciante Levonorgestrel, si assiste ad una down-regolazione dei recettori degli ormoni sessuali steroidei in tutte le componenti cellulari. Come conseguenza di questa down-regolazione a livello endometriale, c?? una modificazione dei mediatori regolati dal progesterone, che agiscono a livello locale, e viene compromessa l?integrit? della parete dei vasi sanguigni.

Pertanto il sistema intrauterino a base di Levonorgestrel provoca una modulazione dei mediatori locali che regolano la funzione dell?endometrio.

Ad oggi non ? stato individuato un singolo fattore la cui espressione correli strettamente con l?emorragia da rottura.
L?emorragia da rottura ? un effetto collaterale comune ed una ragione per interrompere l?uso del sistema intrauterino a rilascio di Levonorgestrel.
Rimane ancora molto da chiarire circa i meccanismi coinvolti nella soppressione della mestruazione, gli episodi di emorragia da rottura e l?ambiente locale dell?endometrio con l?impiego del sistema intrauterino a base di Levonorgestrel.

Guttinger A, Critchley HO, Contraception 2007; 75 ( 6 Suppl ): S93-98

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Rischio di morte per carcinoma mammario e contraccettivi orali

Ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention ( CDC ) di Atlanta negli Stati Uniti, hanno condotto uno studio clinico con lo scopo di esaminare la relazione tra l?uso dei contraccettivi orali ed il rischio di morte per carcinoma mammario.

Sono stati utilizzati dati dal Cancer and Steroid Hormone Study, collegati ai dati del registro sul cancro del Surveillance, Epidemiology, and End Results Program, per esaminare la sopravvivenza a 15 anni ed il precedente uso di contraccettivi orali tra 4.292 donne di et? compresa tra 20 e 54 anni al momento della diagnosi di tumore mammario formulata tra dicembre 1980 e dicembre 1982.

La durata nell?uso del contraccettivo orale, il tempo trascorso dal primo utilizzo, l?et? al momento del primo utilizzo e l?uso di specifiche formulazioni della pillola contraccettiva non sono risultate associate con la sopravvivenza.

Per quanto riguarda il tempo trascorso dall?ultimo utilizzo, il rischio di morte per tumore della mammella ? risultato ridursi significativamente al crescere del tempo trascorso dall?ultimo utilizzo dei contraccettivi orali, ma non ? stato osservato un forte effetto gradiente.

La variazione dell?hazard ratio aggiustato ? risultata compresa tra 0,86 e 1,41.

Le donne che attualmente utilizzavano contraccettivi orali al momento dello studio avevano un hazard ratio aggiustato di 0,90.

In conclusione, l?uso del contraccettivo orale non ha esercitato effetto, n? positivo n? negativo, sulla mortalit? per carcinoma della mammella.
Le differenze tra le utilizzatrici e le non-utilizzatrici della pillola contraccettiva sono risultate sottili.

Wingo PA et al, Obstet Gynecol 2007; 110: 793-800 25-45

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