Il Pap test e i suoi sviluppi

Rilanciamo un articolo pubblicato sul sito Dica 33: http://www.dica33.it/default.asp

L’articolo riporta i risultati di uno studio pubblicato nel 2007 sul British Medical Journal. Lo studio, coordinato dal Centro per la prevenzione oncologica di Torino, ha coinvolto donne in et? compresa tra 25 e 60 anni, reclutate periodicamente per il Pap test, da nove centri di sei regioni. Met? delle donne sono state assegnate dopo randomizzazione alla citologia tradizionale e l?altra met? alla citologia liquida, con successivo ricorso alla colposcopia nei casi previsti dal protocollo. Il principale vantaggio della citologia liquida, secondo i ricercatori, ? stato rappresentato da una pi? bassa frequenza relativa delle donne con almeno un risultato non soddisfacente per lesioni atipiche o casi incerti, in aggiunta a quelli, gi? evidenziati, della maggiore rapidit? del risultato e della possibilit? di usare lo stesso campione per il test dell?HPV e per altri test.

Da circa mezzo secolo il Pap test ? il caposaldo dello screening dei tumori del collo dell?utero, ma si studiano, comunque, perfezionamenti e altre indagini per migliorare ulteriormente le sue capacit? diagnostiche. Uno sviluppo della citologia tradizionale gi? ampiamente in uso in molti paesi ? quella in fase liquida, che non analizza direttamente lo striscio di cellule prelevate, ma le sottopone a un sistema di lavaggio, filtraggio e preparazione automatizzata in strato sottile su un vetrino, esaminato poi direttamente al microscopio o con metodo computerizzato.
Tra i vantaggi, si riducono i casi incerti, per esempio per presenza di cellule ematiche o infiammatorie, e si pu? usare il campione per test complementari. I confronti sull?accuratezza dei due sistemi hanno per? prodotto risultati contrastanti, anche per la limitatezza di studi qualificati: nuovi contributi vengono forniti ora da una ricerca italiana relativa a circa 45.000 donne e da un lavoro australiano, entrambi pubblicati sul Bmj. Il razionale dello screening primario per la prevenzione del cancro della cervice ? una questione attuale dal punto di vista economico-sanitario oltre che scientifico, che coinvolge per esempio anche l?uso di un test recente come quello per il DNA del Papillomavirus e la riconsiderazione generale alla luce della disponibilit? del vaccino, vera rivoluzione per la prevenzione.

Meno risultati non soddisfacenti
L?ampio studio, coordinato dal Centro per la prevenzione oncologica di Torino, ha coinvolto donne di 25-60 anni reclutate periodicamente per il Pap test (raccomandato almeno ogni tre anni, in questa fascia d?et?) da nove centri di sei regioni, met? delle quali assegnate dopo randomizzazione alla citologia tradizionale e l?altra met? a citologia liquida, con successivo ricorso alla colposcopia nei casi previsti dal protocollo. Come risultato finale, per il sistema alternativo della fase liquida non si ? dimostrato un aumento significativo di sensibilit? nei confronti delle lesioni intraepiteliali di grado 2 o superiore (quelle considerate obiettivo primario del trial) rispetto al sistema tradizionale; inoltre ? risultato un valore predittivo positivo pi? basso, in conseguenza della maggiore frequenza di lesioni, in genere di basso grado, senza incremento di neoplasie di grado elevato. C?? stato infatti un aumento di sensibilit? delle lesioni almeno di grado 1, ma non di grado superiore a 3. La frequenza relativa delle donne con almeno un risultato non soddisfacente, per lesioni atipiche o casi incerti, ? stata per? pi? bassa nel gruppo citologia liquida: questo ? stato giudicato dai ricercatori il principale vantaggio del metodo, in aggiunta a quelli gi? evidenziati della maggiore rapidit? del risultato e della possibilit? di usare lo stesso campione per il test dell?HPV e per altri test.
Riguardo allo studio osservazionale australiano, analizzando circa 55.000 campioni, in sintesi ? emerso che con un sistema di imaging automatizzato si individuavano 1,29 casi in pi? di malattia di grado elevato ogni mille donne rispetto alla citologia convenzionale, con le lesioni di grado 1 come soglia per avviare alla colposcopia.

Non solo sensibilit?
Che cosa possono aggiungere questi risultati? L?editoriale ricorda che i diversi livelli di successo dello screening nei vari paesi dipendono dalla sensibilit? del metodo usato, dall?incidenza della malattia nella popolazione, dai tassi di copertura, dall?et? d?inizio del test, dagli intervalli dello stesso; questi aspetti, in aggiunta ad altri, come l?esperienza degli operatori, fanno s? che i risultati in un dato contesto possano non essere direttamente applicabili ad altri. La superiorit? della citologia liquida rispetto a quella tradizionale pu? risiedere non soltanto nella maggiore sensibilit? ma nelle altre caratteristiche rilevate, quali la rapidit? e l?utilizzo per test complementari, come quello per la ricerca del DNA dell?HPV, per il quale non esiste indicazione per l?uso routinario e deve ancora essere definito il ruolo ottimale. Le strategie d?impiego dei test sono dunque complesse, associative e non, e tra l?altro non solo per lo screening iniziale ma anche per il monitoraggio in fasi successive; un?ulteriore elemento da valutare saranno le raccomandazioni nell?epoca della vaccinazione anti-HPV, tenendo conto che questa non ? obbligatoria e che ? inefficace se chi vi ricorre ? gi? infetto.

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Depressione: musicoterapia migliora l’umore

La musicoterapia determina un notevole miglioramento dell’umore rispetto alla sola terapia standard nei pazienti depressi. Tutti gli studi con approcci formali alla musicoterapia hanno riportato risultati positivi, mentre gli studi che non hanno riportato alcun miglioramento significativo nello stato mentale con la musicoterapia non hanno offerto alcun approccio terapeutico formale. Data comunque la scarsa quantit? di studi e la scarsa qualit? delle esposizioni, questi dati, pur promettenti, necessitano di rigorose verifiche nell’ambito di indagini future. Il trattamento comunque appare ben tollerato, come testimoniato anche dai bassi tassi di sospensione della terapia, e porta ad esiti positivi anche nella schizofrenia. (Cochrane Database Syst Rev online 2008, pubblicato il 24/1)

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Prostata e non solo

Non sempre il carcinoma della prostata ? operabile, anche quando ? localizzato, oppure quando ? localmente avanzato. In questi casi per? si pu? intervenire sia con la radioterapia sia con la terapia farmacologica o anche con entrambe. Ed ? proprio il confronto tra la sola terapia radiante e la sua associazione alla terapia farmacologica (la soppressione degli androgeni, indicata come AST), che ? dedicato uno studio statunitense. Il confronto era richiesto dai molti indizi che deponevano per un?azione negativa dellAST nei pazienti che presentavano anche altre malattie oltre al tumore. Infatti va tenuto presente che in maggioranza si tratta di pazienti anziani: in questo studio, anche se l?et? variava da 49 a 82 anni pi? della met? superava i 72. Di conseguenza, sono stati coinvolti 206 uomini pervenuti a un centro specialistico, affetti da tumore non metastatico con almeno un fattore di prognosi sfavorevole, per esempio elevato valore del PSA, segni di invasione delle vescicole seminali, biopsia sfavorevole. Il campione ? stato suddiviso in due gruppi, uno trattato con radioterapia conformazionale tridimensionale oppure con la radioterapia e con la soppressione androgenica (con un agonista dell?LHRH e con l`antiandrogeno flutamide).

Il quadro generale

Naturalmente, i pazienti sono stati suddivisi anche in funzione della presenza di altre malattie, assegnando 4 diversi gradi di gravit? della situazione: grado 0, nessuna comorbidit?; grado 1, comorbidit? minima; grado 2, moderata e grado 3, grave.
Le persone coinvolte sono state seguite per parecchi anni, la met? per pi? di 7,6 anni. Nell?arco dello studio, si sono verificati 74 decessi: 44 nel gruppo della sola radioterapia, 30 nel gruppo radioterapia pi? AST. Le morti attribuibili direttamente al tumore sono state 14 nel gruppo radioterapia e quattro nell?altro. L?analisi statistica ha poi confermato che le possibilit? di sopravvivenza erano pi? elevate con la doppia terapia. Ma questa ? solo la prima parte dell?analisi. Se si cominciava a considerare la presenza di altre malattie oltre al tumore, cominciava a delinearsi un quadro diverso. Intanto, nei pazienti che avevano una bassa comorbidit? l?effetto del tumore era significativo, cio? era una causa importante, mentre quando si passava a gravi comorbidit? il tumore perdeva di importanza come causa di morte. Infine, se si incrociavano i dati sulla comorbidit? con il tipo di trattamento usato, emergeva che il vantaggio in termini di sopravvivenza per la terapia combinata si manteneva quando non vi era comorbidit? di grado 0 e 1, mentre quando diventava pi? seria la sopravvivenza a otto anni era pari al 25% associando radioterapia e AST, mentre con la sola radioterapia era decisamente migliore: il 54%.

Distinguere in modo semplice

In conclusione, dicono gli autori, ? confermato che l?associazione della radioterapia con l?AST ? pi? efficace della sola radioterapia (aumentando la sopravvivenza fino a quattro volte), ma che questo vantaggio non si presenta nei pazienti che sofforono in modo moderato o grave di altre patologie. Il che, ricordano, ? coerente con molte altre osservazioni, come quella che il ricorso agli antitumorali, come classe complessiva, anticipa il presentarsi dell?infarto nelle persone di pi? di 65 anni. Certamente, questa indicazione ? molto generica, e gli autori auspicano che ora si passi a studiare quali comorbidit? in particolare risentono di questo effetto. Lo scopo ? disegnare uno schema il pi? semplice possibile che consenta di individuare per quali pazienti ? bene evitare la terapia ormonale.

Maurizio Imperiali

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Markers non-invasivi associati a fibrosi epatica nella statosi epatica non alcol

La diagnosi di fibrosi nella patologia epatica ? importante per la prognosi, la stratificazione per il trattamento, ed il monitoraggio dell?efficacia del trattamento.
L?aumento dell?incidenza e della prevalenza della Steatosi Epatica non alcolica (NAFLD) ha portato a ricercare dispositivi non invasivi per la diagnosi di fibrosi epatica nell? ambito della patologia.
Con l?aiuto di una review sistematica si ? indagato su come si ? evoluto il settore dalla scoperta di semplici parametri ematici fino al gruppo dei markers di fibrosi epatica, discutendo la plausibilit? biologica, le limitazioni, gli usi potenziali, e le tecniche diagnostiche che possono derivare dalla disponibilit? di markers non-invasivi per quest?area che si sta sviluppando cos? velocemente
Semplici parametri clinici e biochimici sembrano essere associati alla fibrosi nella NAFLD.
Stanno cominciando ad emergere studi che comprendono queste variabili nei test diagnostici.
E? possibile che l?accuratezza continuer? a migliorare con l?affinamento di questi algoritmi diagnostici aggiungendo nuovi biomarker e combinando differenti modalit? quali i biomarkers serici e l?imaging radiologico.
La maggior parte degli studi si concentrano sulla identificazione della fibrosi grave, ma per supportare i nuovi trias terapeutici occorrer? arrivare a distinguere le forme pi? lievi di fibrosi e delle NASH rispetto alla statosi semplice.

Source : Gut 2006;55:1650-1660; BMJ Publishing Group Ltd & British Society of Gastroenterology

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Emangiomi infantili: corticosteroidi sistemici arrestano proliferazione

I corticosteroidi riducono in modo efficace le dimensioni degli emangiomi infantili.
In questo senso, i corticosteroidi per via orale a somministrazione giornaliera offrono maggiori benefici di quelli per via endovenosa ad alte dosi somministrati mensilmente con terapia intermittente, ma al prezzo di un aumento degli effetti collaterali.
Gli emangiomi infantili sono i pi? comuni ematomi benigni, e interessano il 15-20 percento dei neonati: bench? la maggior parte di essi vada incontro a risoluzione spontanea in et? infantile, circa il 10 percento di essi richiedono trattamento a causa di danni funzionali o potenziale per sfiguramenti significativi.
Il trattamento standard impiegato nella maggior parte dei casi ? rappresentato da corticosteroidi per via orale.
Tale trattamento ? spesso temuto per via degli effetti collaterali, ma il presente studio ha dimostrato che essi sono transitori e per la maggior parte gestibili.
Il trattamento comunque deve essere individualizzato, sulla base dello stadio e delle dimensioni dell’emangioma e del metabolismo degli steroidi.
Sono inoltre necessari ulteriori studi sugli effetti a lungo termine dei corticosteroidi su crescita e sviluppo complessivo.

(Pediatrics 2007; 119: 1239-47)

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L?impatto epidemiologico degli screening con TC spirale per il tumore del polmon

I dati dell?International Early Lung Cancer Action Program (I-ELCAP) pubblicati nel 2006, che indicavano una sopravvivenza a 10 anni del 90 per cento dei pazienti diagnosticati tramite screening con TC spirale, sono stati considerati dalla comunit? medico-scientifica come una forte indicazione all?organizzazione di screening con TC spirale almeno nei gruppi a rischio. I ricercatori della Dartmouth Medical School guidati da Lisa M. Schwartz invece ora ridimensionano molto la validit? di I-ELCAP: ?Le statistiche sulla sopravvivenza possono essere molto fuorvianti e non dovrebbero essere usate come evidenza sulla capacit? degli screening di salvare vite umane?.

Secondo il nuovo studio ci sono almeno quattro ragioni per le quali l?I-ELCAP non ? convincente:

– non c?era un gruppo di controllo;
– era presente un forte bias statistico causato dalla diagnosi precoce e dalla overdiagnosi;
– tre precedenti trial randomizzati sugli screening per il tumore del polmone avevano dato risultati opposti;
– l?overdiagnosi ha portato un aumento della mortalit? a causa di resezione, chemioterapia, radiazioni.

Conclude la Schwartz: ?Un trial randomizzato ? l?unica metodologia affidabile, gli screening fanno pi? danni che altro?.

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BPCO: comune il reflusso gastroesofageo

Pi? della met? dei pazienti con BPCO avanzata presentano reflusso gastroesofageo.
La prevalenza del fenomeno ? elevata anche in assenza di sintomi da reflusso.
In base al presente studio, in questa popolazione il monitoraggio del pH esofageo a doppia sonda offra dei vantaggi rispetto a quello con sonda distale nel rilevamento del reflusso gastroesofageo.
In ogni caso, finch? non sar? stato accertato in che misura il trattamento del reflusso gastroesofageo possa migliorare il decorso clinico della BPCO, lo screening di routine di tale fenomeno nei pazienti con BPCO non ? raccomandato.

(Chest 2007; 131: 1666-7)

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Masse adrenali, pi? del 90% sono benigne

La stragrande maggioranza delle masse adrenali identificate incidentalmente mediante TC in pazienti senza diagnosi di tumori maligni precedenti sono benigne o non significative. Lo ha dimostrato uno studio statunitense.

I ricercatori del Rhode Island Hospital hanno preso in esame 973 pazienti con 1049 masse adrenali identificate mediante TC. In ben 1045 casi su 1049 le masse si sono rivelate benigne e clinicamente non significative. Lo studio non ha riscontrato segni di metastasi neppure nei 14 pazienti che hanno successivamente sviluppato tumori in un momento successivo.

?Le masse adrenali sono comuni, e frequentemente capita di incontrarle durante una TC. Le implicazioni dei risultati del nostro studio dovrebbero risparmiare a tanti pazienti ulteriori esami diagnostici non necessari?, commenta Julie Song, professoressa di Radiologia alla Warren Alpert Medical School della Brown University.

Bibliografia. Most incidentally found adrenal masses not malignant. Rhode Island Hospital press release 2007.

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Risonanza magnetica e dispositivi cardiovascolari

L?American Heart Association (AHA) ha pubblicato un documento scientifico sulla sicurezza della risonanza magnetica (MRI) nei pazienti con dispositivi cardiovascolari: secondo l?AHA, se c?? una forte indicazione per la MRI, i benefici probabilmente superano i rischi.

Sull?argomento la confusione ? notevole: per esempio nei pazienti con stent metallici impiantati in alcuni casi si attendono almeno sei settimane per effettuare una MRI, oppure si evita del tutto di effettuarla, il che secondo gli esperti AHA ? assurdo. ?Riguardo a pacemaker e defibrillatori impiantabili?, spiega Glenn N. Levine del Baylor College of Medicine di Houston, tra gli autori del documento, ?la MRI dovrebbe essere effettuata solo in centri attrezzati e da operatori esperti, e solo e soltanto se esiste una forte indicazione per la MRI, questo perch? esiste la preoccupazione che la MRI possa causare danni a questi dispositivi, riprogrammarli o influenzare la loro funzionalit? in qualche altro modo. Non vogliamo mettere al bando la MRI in presenza di pacemaker o ICD, ma nemmeno vogliamo che succeda che un medico legga il nostro documento e pensi: OK, vai con la MRI senza problemi!, perch? questo sarebbe disastroso?.

Bibliografia. New statement on safety of MRI with CV devices. American Heart Association news release 2007.

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I beta-bloccanti possono rallentare l’aterosclerosi coronarica

Nei pazienti con infarto miocardico, i beta-bloccanti riducono l’incidenza di infarto miocardico ricorrente e di mortalit? totale.

Non ? noto se la riduzione delle recidive di infarto miocardico da parte dei beta-bloccanti sia dovuto alla diretta influenza sull’aterosclerosi coronarica.

Ricercatori della Cleveland Clinic negli Stati Uniti hanno valutato se la terapia con beta-bloccanti fosse associata a ridotta progressione dell’ateroma negli adulti con malattia coronarica nota.

Sono stati esaminati i dati di 4 studi che hanno impiegato l’ultrasonografia intravascolare ( IVUS ), e che hanno coinvolto 1515 pazienti affetti da malattia coronarica.

I pazienti che hanno fatto uso di beta-bloccanti ( n=1154 ) avevano una maggiore probabilit? di presentare storia di infarto miocardico, angina e di ipertensione, rispetto ai pazienti non trattati con beta-bloccanti ( n=361 ).

Il cambiamento annuale stimato del volume dell’ateroma ? risultato meno significativo ( statisticamente ) nei pazienti trattati con beta-bloccanti.
Dalle analisi univariate e multivariate, controllate per la storia di infarto miocardico, angina, ed ipertensione, il volume medio dell’ateroma si ? ridotto di 2,4 mm3 all’anno nei pazienti del gruppo beta-bloccanti, rispetto ad una riduzione di 0,4 mm3 all’anno nei pazienti non trattati con beta-bloccanti ( p=0,034 ).

All’ultrasonografia intravascolare il volume dell’ateroma si ? ridotto in modo statisticamente significativo, durante il periodo osservazionale, nei pazienti che hanno assunto i beta-bloccanti ( p<0,001 ), mentre non ? stato osservato alcun cambiamento nei pazienti non trattati con beta-bloccanti. Ulteriori aggiustamenti per i livelli di colesterolo LDL e per i farmaci assunti in modo concomitante, non hanno modificato i risultati. Lo studio presenta il limite che i pazienti non sono stati assegnati in modo random alla terapia con beta-bloccanti. Inoltre non ? noto se la velocit? di progressione dell’aterosclerosi, rilevata dall’ultrasonografia intravascolare, sia in grado di modificare gli esiti cardiovascolari.
I dati dello studio, tuttavia, hanno indicato che i beta-bloccanti possono rallentare la progressione dell’aterosclerosi coronarica.

Sipahi I et al, Annals 2007; 147:10-18

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