Iperplasia prostatica benigna. Linee guida italiane

Un paziente maschio con pi? di 50 anni ha quasi una probabilit? su due di avere una iperplasia prostatica benigna (IPB). Questa patologia rispetto alla bassa mortalit? (0.3/100.000 abitanti) ha una prevalenza molto elevata di quasi il 40%.

L’IPB identifica una diagnosi istologica che compendia una serie di problemi medici correlati all’ingrandimento della prostata e all’ostruzione delle vie urinarie. Questa condizione ? comunemente trattata in presenza di sintomi fastidiosi o di un rischio consistente di progressione della malattia. Le opzioni terapeutiche e chirurgiche oggi disponibili sono efficaci e producono un rilevante miglioramento della qualit? di vita dei pazienti. La condizione indispensabile che garantisce un buon trattamento ? rappresentata dalla stretta collaborazione del medico di medicina Generale (MMG) con il paziente. Questo anche in relazione al fatto che i soggetti con sintomi moderati o minimi normalmente dovrebbero essere curati dal medico di famiglia riservando l’invio allo specialista urologo solo per casi selezionati o complicati.

La recente pubblicazione nel Programma Nazionale Linee Guida (PNLG) dell’edizione ?short? delle linee guida IPB, redatte dall’Associazione Urologi Italiani (AURO), rappresenta un’opportunit? per i MMG che possono disporre di uno strumento decisionale di facile e rapida consultazione, che orienta nell’applicazione di semplici regole d’indirizzo basate sull’evidenza scientifica per un’efficace strategia diagnostico-terapeutica dell’IPB.

Le raccomandazioni sono espresse con livelli di prova (LDP) in numeri romani da I a VI, e di forza delle raccomandazioni (FDR) in lettere da A a E.

Diagnosi

? I sintomi delle basse vie urinarie (LUTS: Lower Urinary Tract Symptoms) sono di solito il segnale di una IPB [ III, IV ], quindi si dovrebbero informare gli uomini oltre i 50 anni sul loro significato e la possibilit? del loro trattamento A, tenendo presente che la IPB ? una malattia potenzialmente evolutiva [ I ] dove ? utile valutare PSA e volume prostatico A.

? La raccolta di una anamnesi accurata [ A ] ? fondamentale per valutare correttamente i sintomi e la qualit? di vita del paziente B.

? L’esplorazione rettale rappresenta il fulcro dell’esame obiettivo A.

? Volume prostatico e residuo post-minzionale sono parametri utili per la scelta terapeutica A.

? L’esame completo delle urine [ III ] ? l’esame di laboratorio pi? importante A, riservando la creatininemia [ III ] solo nei casi di sospetto interessamento delle alte vie A e il PSA [ III ] per una valutazione iniziale in soggetti con aspettativa di vita maggiore di 10 anni A.

? La diagnostica per immagini si avvale quasi esclusivamente dell’ ecografia sovrapubica A riservando solo nei casi di sospetto carcinoma prostatico l’ ecografia transrettale B. L’ecografia renale e l’urografia non sono considerati esami di routine, cos? come le indagini endoscopiche.

? Il diario minzionale e l’ uroflussometria [ III ] sono fondamentali per una valutazione iniziale B.

Terapia

Vigile attesa – riservata ai pazienti con sintomi minimi che non influenzano la qualit? di vita A.

Terapia medica ? in caso di sintomi che alterino la qualit? di vita ? possibile impiegare 4 gruppi di farmaci

? alfalitici: appropriati per LUTS e IPB. Migliorano i sintomi e la qualit? di vita, oltre che il flusso urinario. Effetti collaterali poco significativi A

? inibitori 5-α-reduttasi: appropriati per LUTS e IPB e documentato aumento del volume prostatico che determina peggioramento della qualit? di vita e aumentato rischio di ritenzione acuta di urina. Migliorano i sintomi e la qualit? di vita, oltre che il flusso urinario, riducono il volume prostatico. A

? terapie combinate: delle due classi precedenti nei pazienti LUTS/IPB ad alto rischio di progressione B

? fitoderivati e altri trattamenti: opzioni terapeutiche di dubbia provata efficacia C, E
Terapia Chirurgica ? in alternativa alla terapia medica con varie opzioni

? Resezione prostatica transuretrale (TURP): intervento di elezione in caso di ghiandola di volume non superiore a 40-50 ml, in complicanze correlate a IPB, in ostruzione cervico-uretrale e sintomatologia medio/severa. Migliora il punteggio sintomatologico del 70% e la qualit? di vita. Causa emorragie, sindrome da TUR, incontinenza urinaria, stenosi uretrali e disfunzioni sessuali A.

? Adenomectomia a cielo aperto: indicazioni simili alla TURP, cos? come l’efficacia e le complicanze (esclusa sindrome da TUR) A.

? Incisione cervico-prostatica transuretrale (TUIP): opzione per soggetti con ostruzione medio/severa che influenza la qualit? di vita e con volume prostatico di 20-30 ml. Efficacia simile alla TURP, minori complicanze, ma maggiori percentuali di reintervento A.

? Vaporizzazione prostatica transuretrale (TUVAP): risultati a breve termine simili alla TURP. Mancano studi comparativi a lungo termine. Non raccomandabile per il trattamento di LUTS/IPB D.

? Resezione/enucleazione prostatica con laser a olmio (HoLRP, HoLEP): da proporre a pazienti motivati ad un trattamento alternativo a quello chirurgico tradizionale. Al momento i risultati sono molto condizionati dall’esperienza dell’operatore, dalle patologie intercorrenti e dalle dimensioni della prostata B.

Terapie mini-invasive

? Laser (a contatto o interstiziale): proponibile a pazienti motivati C o ostruiti con importanti disturbi della coagulazione B. A breve termine i risultati sono simili alla TURP, con minori complicanze emorragiche, maggiori sintomi di riempimento e cateterizzazione. Percentuali di reintervento alte.

? Transurethral microwave themotherapy (TUMT): proponibile a chi vuole evitare la chirurgia e che non risponde o non tollera la terapia medica B. Controindicata nei pazienti con volume prostatico <30 ml E. Meno efficace della TURP e con una maggiore percentuale di reintervento ? Transurethral needle ablation (TUNA): proponibile in soggetti che vogliono evitare la chirurgia e non tollerano la terapia medica B. Se non ci sono complicanze, follow up ogni 6 mesi e quindi annualmente. Risultati soggettivi a breve termine simili alla TURP , ma a lungo termine meno efficace. ? Stent prostatici, trattamento con ultrasuoni focalizzati per via transuretrale (HIFU) e water induced thermitherapy (WIT): Queste metodiche sono in corso di valutazione. Rispettivamente la prima ? proponibile solo in pazienti ad alto rischio operatorio C, la seconda non ? proponibile per gli tassi alti di fallimento D, l’ultima ? senza dati che permettano di esprimere un giudizio definitivo e riservata a pazienti ad alto rischio operatorio C.

 1,637 total views

Intervista a Nimish B. Vakil

Perch? ? cos? importante la definizione condivisa della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) recentemente messa a punto a Montreal?

Le faccio un esempio: a Montreal ? capitato che su 50 esperti da tutto il mondo riuniti in una stanza a discutere la definizione di ?regurgitation? il 50 per cento intendesse con questo termine una sensazione di rigurgito e il 50 per cento una sensazione di bruciore all?esofago. Dopo tre ore di discussione si ? raggiunto l?accordo su una definizione comune, e cio? un rigurgito che raggiunga la gola o la bocca. Questo episodio la dice lunga sulla necessit? di avere un bagaglio di conoscenze e definizioni comuni. Quando si deve indicare il confine oltrepassato il quale si deve parlare di MRGE, ogni Paese purtroppo ha ancora diversi approcci, diversi linguaggi, diversi criteri, diverse strategie di spesa. Cos? succede anche che quando si leggono i risultati di uno studio ? difficile capire esattamente di cosa stiamo parlando e c?? pericolo di equivoci.

Quali sono i punti essenziali della definizione di Montreal?

Nella definizione di Montreal, ispirata peraltro ai nuovi dettami della Food and Drug Administration sulla Patient Centered Medicine, abbiamo spiegato in termini molto semplici e il pi? possibile privi di ambiguit? che ? necessario un approccio ?sindrome? alla MRGE, perch? ? una patologia che si pu? presentare in modi molto diversi.

Alcuni aspetti della definizione di Montreal sono di particolare importanza per la Medicina di base:

? La MRGE presenta una complessit? di sintomi e la diagnosi di MRGE richiede la valutazione delle problematiche che tali sintomi creano ai pazienti in relazione al loro impatto sulla qualit? di vita.

? La diagnosi di MRGE pu? essere fatta quasi sempre sulla base dei soli sintomi; per contro si deve comprendere bene il concetto della malattia da reflusso non erosiva.

? Dolore toracico molto somigliante al dolore dell?ischemia cardiaca e significativi disturbi del sonno sono manifestazioni frequenti della MRGE.

? Lo spettro clinico della malattia da reflusso si estende dalla MRGE sintomatica alle complicanze di emorragia e stenosi fino all?esofago di Barrett e infine all?adenocarcinoma.

? La disfagia ? una caratteristica comune della MRGE ma ? preoccupante (cio? progressiva) unicamente in una minoranza di pazienti.

? Tosse, laringite e asma possono essere aggravate dalla MRGE.

? Non ci sono prove di qualit? a supporto della relazione tra sinusite, faringite, otite media e MRGE.

Alcuni sostengono che tanta attenzione sul trattamento farmacologico della MRGE su larga scala porter? solo spese sanitarie enormi…

Fornire il giusto trattamento ai giusti pazienti ? la chiave del problema. Definendo con pi? precisione le linee-guida per la MRGE e intervenendo nelle fasi pi? precoci della patologia si ha una spesa sanitaria molto minore, non maggiore. E si evitano fenomeni come quello per cui la spesa sanitaria negli ultimi 10 giorni di vita dei pazienti rappresenta la fetta pi? ingente della spesa. Pensiamo soltanto a quanti americani si presentano ogni anno al Pronto Soccorso con dolori toracici temendo patologie cardiovascolari e sono invece affetti da MRGE: vengono spesso rimandati a casa senza alcun trattamento e magari la stessa cosa capita pi? volte in un anno, con costi proibitivi per i cittadini e per le strutture sanitarie. Se invece cerchiamo di fare ci? che ? meglio per il paziente anche il lato economico se ne giover?.

Che ruolo hanno le terapie comportamentali nella gestione della MRGE?

Va molto di moda parlare di stili di vita, occorre guardare a questo argomento con molta obiettivit?: ? ovvio che l?eccesso di grassi nell?alimentazione, il fumo, il caff?, la cattiva abitudine di andare a letto subito dopo cena e altri fattori di rischio comportamentali abbiano un?influenza sull?incidenza della MRGE, ma attenzione a considerare la MRGE un problema di stile di vita e non una patologia. La terapia comportamentale porta giovamento solo nei casi di pessimi stili di vita, mentre non si hanno grandi risultati nella fascia media dei pazienti, quella pi? numerosa. ? senza dubbio utile affrontare col paziente il problema comportamentale, ma pensare di affrontare una MRGE solo con suggerimenti sugli stili di vita e non con la somministrazione di farmaci ? un?illusione.

Quanto ? importante una diagnosi precoce della MRGE?

La diagnosi ed il trattamento precoci sono essenziali: conviene trattare bene i pazienti al primo livello per non trovarsi pazienti gravi, con conseguenze cliniche ed economiche. Attualmente le grandi aziende Usa, preoccupate dall?impatto che la MRGE ha sulla produttivit? dei lavoratori a causa delle assenze e della funzionalit?, hanno implementato e finanziato dei programmi di prevenzione, diagnosi precoce e trattamento della MRGE e li hanno messi a disposizione dei lavoratori.

L?incidenza della MRGE ? in rapida crescita. ? vero che l?et? di insorgenza si sta rapidamente abbassando?

Stiamo constatando, soprattutto in Asia e nei Paesi occidentali, un deciso aumento della MRGE pediatrica, sempre pi? diffusa tra bambini ed adolescenti. Questo ci preoccupa molto, perch? contemporaneamente constatiamo che negli Usa, mentre tutti i tumori sono in calo, il tumore esofageo ? in forte crescita. Se l?esposizione dell?esofago all?acido gastrico inizia a 6/7 anni ovvio che a 35 si arrivi a gravi conseguenze.

 476 total views

Periartriti scapolo-omerali

La periartrite scapolo-omerale ? una patologia infiammatoria che non coinvolge l’articolazione della spalla in s?, ma le strutture che la circondano: il tendine sovraspinoso, la borsa sottodeltoidea, il tendine del capo lungo del bicipite e la capsula articolare.

Oggigiorno, grazie ad un miglioramento delle tecniche diagnostiche, ? possibile individuare pi? precisamente quali siano le strutture coinvolte nella sintomatologia dolorosa, per cui si tende ad utilizzare il termine periartrite scapolo-omerale per indicare una sindrome degenerativa della cuffia dei rotatori.
L’alterazione delle strutture periarticolari pu? portare a tendinite, rottura dei tendini, processi di frammentazione e calcificazione, che possono compromettere gravemente la funzionalit? dell’arto.
Nella maggior parte dei casi, le borse sierose divengono edematose e infiammate e, generalmente, ? la borsa sottodeltoidea ad essere la pi? coinvolta.

Frequentemente, la patologia si manifesta intorno ai 40 anni e la sua diagnosi, soprattutto nelle fasi iniziali, risulta complessa. I sintomi compaiono gradatamente ed inizialmente il paziente avverte dolore, ma solo per un breve periodo, sia a riposo, sia quando esegue un movimento con il braccio, in particolare durante le rotazioni e l’abduzione.

Conseguentemente, si tende a sottovalutare questo tipo di manifestazione clinica che, se non tempestivamente diagnosticata e trattata, tende a cronicizzare. In seguito il dolore diviene pi? severo, soprattutto durante le ore notturne, e coinvolge anche il gomito, limitando ulteriormente i movimenti articolari di chi ne soffre.

Nelle fasi pi? avanzate si parla di “spalla congelata”, poich? l’articolazione tende a bloccarsi completamente a causa della comparsa di aderenze fibrose e di una contrattura muscolare riflessa.
La patogenesi ? complessa, in quanto ? dovuta a molteplici fattori: le principali cause delle lesioni a carico delle strutture periarticolari sono rappresentate da traumi, eccessivo carico funzionale (durante l’esercizio fisico o attivit? lavorative manuali particolarmente faticose) o dalla impingement syndrome, dovuta ad attrito tra la cuffia dei rotatori e l’arco coraco-acromiale. Inoltre, l’infiammazione pu? essere provocata da disturbi a livello di vasi sanguigni e nervi, da esposizione eccessiva al freddo o a fattori tossici ambientali.
Nel trattamento iniziale della periartrite scapolo-omerale, prima che siano evidenti calcificazioni, sono particolarmente indicati farmaci antiinfiammatori non steroidei a base di ketoprofene, che sono in grado di attenuare la flogosi e, conseguentemente, il dolore.

Essendo ben tollerati, costituiscono anche una valida alternativa ad una terapia con steroidi locali, che potrebbe provocare gravi effetti collaterali, soprattutto se effettuata per lunghi periodi.
Per un rapido e completo recupero funzionale della struttura coinvolta possono essere efficaci, in abbinamento, alcune sedute di fisioterapia.

Nei casi pi? gravi, invece, sar? necessario l’intervento chirurgico, attualmente eseguito per via artroscopica: una terapia a base di ketoprofene risulta indicata anche per l’analgesia durante il decorso post operatorio.

 8,430 total views

La fibrillazione atriale ? associata ad pi? ridotta performance cognitiva

E? stata esaminata l?associazione tra fibrillazione atriale e performance cognitiva in soggetti con fattori di rischio vascolari.

L?analisi primaria ha riguardato 1011 uomini, partecipanti al Framingham Offspring Study, di et? media 61 anni, affetti da ictus e demenza.

Dopo aggiustamento per et?, educazione, fattori multipli di rischio cardiovascolare e malattia cardiovascolare, gli uomini con fibrillazione atriale hanno presentato livelli medi di performance cognitiva significativamente pi? bassi rispetto agli uomini in ritmo sinusale.

Inoltre, i pazienti con fibrillazione atriale hanno dimostrato una pi? ridotta performance riguardo a specifiche capacit? cognitive, quali ragionamento astratto, memoria visiva, organizzazione visiva, memoria verbale, funzione di analisi, ricerca ed esecuzione.

 348 total views

Gli Ace inibitori proteggono il cuore dai danni della chemioterapia

Gli Ace inibitori, farmaci che riducono la pressione sanguigna e che migliorano la funzione cardiaca nei pazienti con insufficienza cardiaca, possono prevenire la cardiotossicit? causata da chemioterapia.

La cardiotossicit? ? stata definita come una riduzione della frazione d?eiezione ventricolare sinistra ( FEVS ) superiore del 10%, associata a un declino al di sotto del normale limite del 50%.

I Ricercatori non hanno trovato alcune evidenza di eventi cardiaci avversi, tra cui disfunzione cardiaca, tra i 56 pazienti affetti da tumore che hanno assunto 20mg/die di Enalapril ( Enapren ) dopo un aumento dei livelli plasmatici di troponina I.
Il 43% dei pazienti positivi per la troponina che non hanno assunto l?Ace inibitore hanno presentato evidenza di disfunzione cardiaca indotta da chemioterapia.

I Ricercatori hanno valutato 473 pazienti che erano sottoposti a chemioterapia ad alto dosaggio per carcinoma mammario avanzato o resistente, leucemia mieloide acuta, malattia di Hodgkin, linfoma non-Hodgkin, mieloma e sarcoma di Ewing.
Nessun paziente presentava malattia cardiaca quando la chemioterapia ? stata iniziata.

I pazienti sono stati sottoposti a vari trattamenti chemioterapici a base di Carboplatino, Docetaxel, Metotrexato, Epirubicina, Etoposide e Citarabina.

Sono stati misurati i livelli di troponina I prima della chemioterapia, immediatamente dopo l?infusione dei chemioterapici e a 12, 24, 36 e 72 ore dopo ciascun ciclo di chemioterapia.
Un totale di 114 pazienti ha presentato un aumento precoce di troponina I, sottointendendo un danno alle cellule miocardiche.

Quasi la met? dei 114 pazienti ? statat assegnata in modo casuale ad Enalapril ( con inizio 1 mese dopo la chemioterapia e per 1 anno ) oppure ad osservazione.

Il 43% dei pazienti del gruppo controllo e nessun paziente nel gruppo Enalapril ha presentato una riduzione del 10% della frazione d?eiezione dopo chemioterapia.

Secondo Daniela Cardinale dell?IEO di Milano e autore principale dello studio, la troponina I permette di identificare in modo accurato i pazienti ad alto rischio di sviluppare cardiotossicit?.
Inoltre, la terapia profilattica con Ace inibitore permette di ridurre il rischio di tossicit? cardiaca da chemioterapia.

 839 total views

Studio ILLUMINATE: maggiore mortalit? nel braccio Torcetrapib-Atorvastatina

Torcetrapib, un inibitore CETP che aumenta i livelli di colesterolo HDL, ? associato a un aumentato rischio di morte e di eventi cardiovascolari.

Lo studio ILLUMINATE ha valutato l’effetto dell’associazione Torcetrapib ed Atorvastatina rispetto alla sola Atorvastatina sugli eventi cardiovascolari maggiori, in 15.000 soggetti.

I Data Safety Monitoring Board ( DSMB ) ha raccomandato l’interruzione dello studio a causa di uno sbilanciamento della mortalit? e degli eventi cardiovascolari.

Un totale di 82 pazienti trattati con Torcetrapib ed Atorvastatina sono morti, contro 51 pazienti morti dopo aver assunto solamente Atorvastatina.

In precedenza erano gi? stati segnalati per Torcetrapib aumenti della pressione sistolica, mediamente di 3-4 mmHg.

Non ? noto perch? i pazienti che hanno assunto Torcetrapib abbiano presentato una maggiore mortalit? rispetto alla sola Atorvastatina.
Si ? ipotizzato che l’aumento della mortalit? sia correlata all?aumento pressorio, o alle dimensioni delle particelle HDL trasportanti il colesterolo, che si sono formate.

 638 total views

Hiv: proteinasi-inibitori incrementano spessore intima-media carotidea

I proteinasi-inibitori utilizzati nella terapia dell’Hiv sono associati ad un incremento dello spessore intima-media della carotide nelle donne con infezione da Hiv. Le terapie per l’infezione da Hiv possono essere associate ad un incremento del rischio cardiovascolare, e quest’ultimo dovrebbe essere monitorato mentre il paziente assume tali farmaci. I farmaci antiretrovirali salvano delle vite, e pertanto sono di importanza critica parimenti per uomini e donne con infezione da Hiv, ma i dati del presente studio suggeriscono che il loro uso, ed in particolare quello dei proteasi-inibitori, potrebbe essere associato ad un’accelerazione dell’arteriosclerosi. (J Clin Endocrinol Metab 2006; 91: 4916-24)

 495 total views

Hiv: nuovo test rileva anticorpi generati dal vaccino

Il nuovo Hiv-SELECTEST pu? distinguere gli anticorpi generati dal vaccino da quelli indotti dal virus, e pertanto identificare accuratamente l’infezione da Hiv. Questo esame economico ed altamente efficace verr? aggiunto a breve all’algoritmo dei test diagnostici per l’Hiv utilizzati nei siti clinici degli studi sul vaccino preventivo contro l’Hiv. L’aggiunta di questo test potrebbe costituire un fattore di risparmio durante gli studi sui vaccini per via del considerevole numero di campioni Hiv-positivi che necessitano di esami basati sul DNA, come la PCR. Esso sarebbe anche prezioso nelle banche del sangue di Paesi in cui una larga parte della popolazione ha elevate probabilit? di sottoporsi a vaccinazione anti-Hiv. (J Acquir Immune Defic Syndr 2006; 43: 304-12)

 457 total views

Un centro medico ? responsabile per la caduta di un paziente?

L’assenza del corrimano e la prevedibile frequentazione del centro medico da parte di persone con possibili difficolt? di deambulazione e comunque anziane, rende fondata la tesi della responsabilit? della struttura per non avere predisposto un ambiente sicuro e protetto per gli avventori della medesima, ed anzi: la presenza di un corrimano che non accompagna la discesa degli avventori fino al livello del suolo appare persino elemento insidioso per delle persone di normali condizioni fisiche. In questo contesto, la presenza o meno di strisce nere appare comunque misura troppo blanda per ritenere assolto il dovere in questione. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net)

 356 total views

Dieci biomarcatori contribuiscono moderatamente alla previsione degli eventi car

Dieci comuni biomarcatori contemporanei che hanno attirato l’attenzione quali possibili fattori predittivi di rischio cardiovascolare di fatto non aggiungono molto ai fattori di rischio tradizionali per la valutazione del rischio di eventi cardiovascolari futuri in soggetti sani. I marcatori in questione comprendono CRP, BNP, peptide natriuretico proatriale N-terminale, aldosterone, renina, fibrinogeno, D-dimero, inibitore dell’attivatore del plasminogeno di tipo I, omocisteina e rapporto urinario albumina/creatinina. Anche in combinazione, questi 10 biomarcatori presentano una capacit? predittiva solo modesta in aggiunta ai fattori di rischio cardiovascolare tradizionali per il singolo paziente, e pertanto non ? conveniente praticarne uno screening sull’intera popolazione. Queste conclusioni comunque non riguardano i soggetti gi? cardiopatici, e non escludono che questi biomarcatori possano essere utili in gruppi selezionati, come i pazienti a medio rischio. (N Engl J Med. 2006; 355: 2631-9 e 2615-7)

 451 total views

1 125 126 127 128 129 143

Search

+
Rispondi su Whatsapp
Serve aiuto?
Ciao! Possiamo aiutarti?