Bench? sia gli estrogeni per via orale che quelli per via transdermica siano utili per le donne sintomatiche postmestruali con sindrome metabolica, la terapia transdermica ? comunque preferibile in quanto quella orale potrebbe peggiorare la resistenza all’insulina ed i parametri adipocitrochinici. La terapia transdermica non influenza significativamente l’insulinoresistenza, eccezion fatta per una diminuzione del rapporto glucosio/insulinoresistenza; inoltre questa terapia non determina variazioni nei livelli di leptina o resistina, mentre fa registrare un aumento dell’adiponectina ed un calo della grelina. Non sono stati osservati cambiamenti nei parametri lipidici. Bench? siano necessari studi a lungo termine prima di poter effettuare raccomandazioni, questi dati suggeriscono che gli estrogeni dovrebbero essere somministrati per via transdermica nelle donne obese con sindrome metabolica. (Fertil Steril 2006; 86: 1669-75)
Un’anamnesi di mononucleosi infettiva pu? aumentare il rischio di sclerosi multipla. La mononucleosi infettiva ? causata dal virus di Epstein-Barr, ed era gi? stata associata al rischio di sclerosi multipla, ma finora poco era noto sulle caratteristiche di tale associazione. In base al presente studio, il rischio rimane pi? che raddoppiato per pi? di 30 anni di osservazione, ed uniformemente distribuito nelle varie fasce di et? e sesso. Questa assenza di variazioni nel rischio di sclerosi multipla pu? riflettere un cambiamento permanente nello status immunologico che conferisce un permanente aumento del rischio, ipotesi che necessita di ulteriore investigazione. (Arch Neurol. 2007; 64: 72-5)
Di solito i bambini piccoli con diabete di tipo 1 tendono ad assumere quantit? adeguate di micronutrienti, ma carboidrati ed apporto energetico potrebbero essere troppo scarsi, probabilmente perch? il loro piano dietetico non tiene il passo con la loro et?. La dieta ? un componente importante nella gestione del diabete di tipo 1, e pu? essere essenziale per l’ottenimento di buoni esiti: lo scopo della gestione dietetica convenzionale nel diabete di tipo 1 consiste nel consumare una dieta ben bilanciata e nutrizionalmente adeguata con dosaggi insulinici adeguati rispetto all’apporto di carboidrati onde ottenere una glicemia pi? vicina alla norma possibile.
Data la rapida crescita in et? prescolare, i bambini con diabete di tipo 1 necessitano di uno stretto monitoraggio da parte di nutrizionisti esperti onde assicurare che i loro piani dietetici individualizzati vengano modificati in modo appropriato con la loro crescita. Sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare il controllo glicemico di questi bambini da un punto di vista multifattoriale, che comprenda aderenza alla dieta, comportamento relativo all’insulina, livelli di attivit? e funzionalit? psicosociale della famiglia. (J Am Diet Assoc 2007; 107: 46-52)
Ricercatori del Beth Israel Medical Center a New York hanno valutato la troponina I come predittrice di mortalit? in due popolazioni indipendenti.
Lo studio ? stato eseguito su 34.227 pazienti.
L?odds ratio di mortalit? come una funzione log10 di troponina ? risultato 2.08 ( derivazione ) e 2.07 ( validazione ).
I dati dello studio hanno indicato che la presenza di livelli rintracciabili di troponina I, al momento dell?ingresso nel Dipartimento di Emergenza, ? associata ad aumento della mortalit?. Nelle due popolazioni clinicamente distinte esaminate, l?odds ( probabilit? ) di morte ? raddoppiato per ogni aumento di 10 volte dei valori di troponina. Questo ? avvenuto al di sotto degli attuali cutoff diagnostici.
Il GH non ? efficace quale terapia anti-invecchiamento: i cambiamenti benefici che l’ormone produce nella composizione corporea sono infatti limitati, e gli effetti collaterali comuni. Il GH viene comunemente usato per questa applicazione, per la quale non ? mai stato esplicitamente approvato: diversi studi hanno indicato che esso pu? migliorare la composizione corporea, la BMD, i livelli di colesterolo ed evita anche la morte nel soggetti con deficit di questo ormone,ma la sicurezza e l’efficacia di questa pratica nei soggetti sani in cerca di una soluzione anti-invecchiamento non erano finora chiare. Il presente studio non supporta questa indicazione, ed in base ai dati attualmente disponibili il GH non pu? essere raccomandato per l’uso sui pazienti anziani. (Ann Intern Med 2007; 146: 104-15)
Realizzato anche grazie al contributo scientifico di AstraZeneca
Come ogni anno, nella prima met? di dicembre a San Antonio in Texas, si danno appuntamento da tutto il mondo gli specialisti del tumore al seno. Un simposio monotematico, che dura quasi una settimana, perch? sul carcinoma mammario, per fortuna, ci sono sempre pi? informazioni da trasmettere e applicare. Nella maggioranza dei casi la crescita del tumore ? estrogeno-dipendente e le pazienti sono in post-menopausa (fisiologica o chirurgica), motivo per cui interrompere la stimolazione estrogenica ? sicuramente uno degli approcci pi? efficaci.
Agire subito
La rivoluzione part? con il tamoxifene, antagonista parziale dei recettori per gli estrogeni, che per primo, e per diversi anni, ha guidato la svolta nel trattamento di questi tumori. A seguire gli inibitori non steroidei dell?aromatasi che, non agendo direttamente sui recettori, risultano un po? meglio tollerati. Anastrozolo, uno degli esponenti pi? giovani di questa famiglia si ? rapidamente conquistato una promozione: da seconda scelta nei carcinomi in fase avanzata, ad adiuvante nelle fasi precoci dei tumori invasivi. Ultimo riconoscimento: anche le donne in terapia da 2-3 anni con tamoxifene, possono ottenere benefici aggiuntivi, in termini di sopravvivenza passando al trattamento con anastrozolo. Merito della superiore efficacia di quest?ultimo e anche dei rispettivi meccanismi d?azione dei due farmaci che, essendo diversi, non causano resistenze crociate.
Non arrendersi
Dopo gli interventi di prima linea, il tumore pu? progredire o recidivare. In questi casi per avere maggiori probabilit? di successo occorre cambiare l?approccio farmacologico. Uno dei migliori candidati ? fulvestrant, antagonista competitivo dei recettori per gli estrogeni, dotato di buona affinit? e privo di azione agonista, anche parziale. ? gi? commercializzato con indicazione al trattamento del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico, ma tuttora oggetto di studi. In particolare, a San Antonio, sono stati presentati i risultati preliminari di EFECT (Evaluation of Faslodex vs Exemestane Clinical Trial), studio randomizzato in doppio cieco, condotto su donne in postmenopausa con tumore della mammella in fase avanzata o metastatica. Exemestane ? un inibitore steroideo irreversibile dell`aromatasi, formulato in compresse da assumere ogni giorno; fulvestrant invece si somministra per iniezione intramuscolare una volta al mese. Il 60% delle donne (693) incluse nel trial aveva gi? ricevuto 2 o pi? terapie endocrine e presentava metastasi viscerali. Entrambi i farmaci sono ben tollerati, tuttavia la singola somministrazione mensile migliora la qualit? di vita e la compliance delle pazienti. L?efficacia in termini di tempo libero da progressione ? risultata sovrapponibile nei due gruppi, ma la malattia ? progredita nell?87,4% delle donne del gruppo exemestane e nell?82,1% del gruppo fulvestrant. L?antagonista recettoriale ha indotto risposte pi? durature (13,5 mesi vs 9,8) e un tasso di beneficio clinico del 32,2% (l?insieme delle pazienti con remissione parziale o completa della malattia e di quelle con malattia stabile per almeno sei mesi durante il trattamento).
Le infezioni delle vie aeree superiori (faringiti, sinusiti, bronchiti) rappresentano eventi di osservazione estremamente comune per un medico di medicina generale (MMG) anche se la relazione tra ci? che si dovrebbe fare in base alla diagnosi e la terapia effettivamente applicata non ? sempre chiara. Ad esempio negli episodi di sinusite, prevalentemente di natura virale e risoluzione spontanea dei sintomi senza trattamento nel 75% dei casi, sono prescritti quasi sempre antibiotici (81% dei casi). Inoltre nella formulazione della diagnosi di sinusite si fa prevalentemente affidamento su anamnesi, esame fisico e radiografia dei seni paranasali senza considerare che il valore di questi tre parametri desumibile dall?evidenza scientifica ? molto limitato per definire la prognosi e predire l?effetto della terapia antibiotica.
Se a queste considerazioni si aggiunge che il medico ha una propensione 10 volte maggiore alla prescrizione di antibiotico quando percepisce che questo ? ci? che il paziente si aspetta, nonostante sia a conoscenza della natura autolimitante delle infezioni delle alte vie respiratorie e dell?indicazione delle linee guida ad un uso limitato di antibiotici, si comprende come in questi casi persista inalterato e rilevante il gap tra evidenza e pratica clinica. Due studi pubblicati sugli Annals of Family Medicine, cercano di chiarire alcuni aspetti critici per il MMG nella gestione dei pazienti con patologie infiammatorie delle alte vie aeree e potrebbero essere di aiuto a ridefinire alcuni aspetti del problema e a migliorare le performance del medico in questi casi.
Il primo studio 1 ha indagato se i segni e sintomi clinici di rinosinusite e la radiografia dei seni paranasali possono essere predittivi della durata della malattia e della risposta al trattamento antibiotico in uno studio randomizzato controllato amoxicillina/placebo su 300 soggetti. I ricercatori hanno valutato l?associazione tra presenza di segni e sintomi o anomalie radiografiche di rinosinusite all?esordio e il conseguente decorso della malattia testando l?interazione tra la loro presenza e qualsiasi parametro predittivo di effetto favorevole della terapia antibiotica. I risultati hanno evidenziato che il feeling generico verso le malattie (rischio relativo 0.77) e la ridotta produttivit? (rischio relativo 0.68) dei pazienti erano fattori indipendenti associati a un decorso prolungato, mentre nessun sintomo o segno tipico di rinosinusite o la radiografia dei seni paranasali aveva valore prognostico. Infine la scelta di trattare o meno con antibiotico non modificava la prognosi.
Il secondo studio 2 analizza quali sono le priorit? per i pazienti con faringite che si rivolgono al MMG, cio? il valore, in termini di esito favorevole, che essi attribuiscono alla terapia antibiotica e alla terapia sintomatica (mal di gola). Il lavoro ha coinvolto 68 MMG che hanno fornito i dati su 298 pazienti rispetto alle motivazioni che li avevano spinti a contattarli. Le 3 ragioni pi? frequenti per 80% dei pazienti erano le seguenti: determinare la causa dei sintomi, alleviare il dolore e avere informazione sul decorso della malattia. I pazienti che ritenevano molto/abbastanza importante avere la prescrizione di antibiotico ritenevano prioritario alleviare il dolore rispetto a coloro che consideravano la terapia antibiotica di scarso valore (p< 0.001). I pazienti fiduciosi nell?antibiotico stavano peggio (p< 0.001), lo ritenevano in grado di determinare un?evoluzione pi? rapida della malattia (p< 0.001) ed erano scettici rispetto al fatto che il mal di gola fosse una malattia autolimitante (p< 0.012). L?analisi multivariata dimostrava che il desiderio di "alleviare il mal di gola" era il fattore predittivo pi? forte del desiderio di avere una prescrizione di antibiotico.
In conclusione lo studio ha mostrato che i pazienti che si rivolgono al proprio medico per un mal di gola desiderando una terapia antibiotica in realt? desidererebbero essenzialmente un trattamento per il dolore. Questo andr? confermato da studi orientati ad esplorare quanto un management orientato prioritariamente ad un’analgesia adeguata possa aiutare il MMG nel gestire il mal di gola evitandogli prescrizioni inappropriate di antibiotici. Inoltre se l?atteggiamento di attesa della guarigione spontanea vale per il mal di gola, i risultati presentati dal primo studio confermano che pu? essere esteso anche ai casi di sospetta rinosinusite escludendo i soggetti con complicazioni o infezioni severe. Infatti in questi casi in cui l’iperpiressia e la gravit? del dolore sono rilevanti rimane prioritario il giudizio clinico nella decisione medica.
Bibliografia
1. De Setter A et al Predicting Prognosis and Effect of Antibiotic Treatment in Rhinosinusitis Annals of Family Medicine 2006;4:486-93
2. Van Driel ML et al Are Throat Patients Who Hope for Antibiotics Actually Asking for Pain Relief? Annals of Family Medicine 2007;4:494-9
Marted? 23 gennaio 2003 alle ore 12 presso il nuovo ospedale “A. Murri” di Jesi, alla presenza delle massime autorit? accademiche dell’Universit? Politecnica delle Marche e della Sanit? regionale, verr? inaugurata la nuova Sezione di Ecografia Muscoloscheletrica della Clinica Reumatologica dell’Universit? Politecnica delle Marche. Fiore all’occhiello della struttura ? un rivoluzionario apparato di ecografia tridimensionale ad alta risoluzione, alla cui messa punto ha contribuito il team medico della Clinica Reumatologica, nel contesto di un progetto di collaborazione con la General Electric. L’ecografo ? un vero e proprio prototipo, e consente l’acquisizione di dettagli di grande rilevanza diagnostica, non ottenibili con ecografi convenzionali. Questa potenzialit? riveste un ruolo determinante nella diagnosi precoce delle pi? gravi malattie reumatiche, consentendone un pronto ed efficace trattamento prima che si manifestino lesioni irreversibili a carico dell’osso, della cartilagine e dei tendini.
Una buona notizia per la Sanit? regionale ? rappresentata dal fatto che questo innovativo e costoso strumento non graver? sul bilancio pubblico, in quanto frutto di una donazione all’Universit? Politecnica delle Marche da parte della Abbott Italia, come riconoscimento per la collaborazione nell’attivit? di training e formazione in ambito ecografico svolta negli ultimi tre anni con la Clinica Reumatologica. Il progetto didattico, denominato “ARS” (Advanced Rheumatology Sonography), realizzato con il supporto tecnologico della ns casa editrice, si ? articolato in corsi residenziali integrati con una fase di formazione a distanza ed ha consentito di formare oltre 100 specialisti provenienti dai pi? importanti centri di reumatologia italiani, ottenendo il prestigioso riconoscimento di miglior progetto formativo in medicina a livello mondiale da parte di Abbott International. Il successo dell’iniziativa ha generato un notevole interesse in ambito internazionale con numerose richieste di “esportazione” del progetto.
Il sito web per la formazione a distanza ? stato cos? realizzato anche in lingua inglese ed i primi fruitori stranieri saranno un gruppo di 20 reumatologi delle principali universit? della Turchia, che proprio in questa settimana parteciperanno ad un corso residenziale di cinque giorni di “full immersion” ecografico presso la Clinica Reumatologica, propedeutico alla formazione a distanza. La Clinica Reumatologica dell’Universit? Politecnica delle Marche, grazie all’acquisizione di questo nuovo e sofisticato ecografo potr? realizzare innovativi progetti di ricerca sulla diagnosi precoce delle malattie reumatiche e potr? garantire un rilevante salto di qualit? nella diagnosi e nel monitoraggio delle artriti croniche.
Una dose efficace di esercizio su forza e resistenza diminuisce il dolore cronico del collo nelle donne che lavorano in ufficio. Il dolore cronico del collo, la riduzione del range di movimento del rachide cervicale e l’indebolimento della forza dei muscoli del collo sono pi? comuni nelle donne che negli uomini, e sono correlati ad impedimenti, limitazioni funzionali e disabilit?. Il presente studio dimostra che l’insegnamento di esercizi specifici da praticare a domicilio per 12 mesi ? associato ad una diminuzione del dolore e del grado di disabilit?. Le dosi efficaci di esercizio sono risultate praticabili e sicure in queste pazienti. (Med Sci Sports Exerc. 2006: 38: 2068-74)
Bench? sia stato dimostrato che i livelli di CRP sono correlati con l’attivit? dell’artrite reumatoide, essi non sono predittivi dell’incidenza della malattia nelle donne. Il rilevamento di questa malattia in uno stadio preclinico potrebbe essere utile per la prevenzione della disabilit? da essa derivante: i biomarcatori pi? promettenti per l’identificazione delle pazienti destinate a sviluppare la malattia comprendono il fattore reumatoide ed alcuni autoanticorpi. Non era finora chiaro se la CRP, marcatore di infiammazione sistemica, possa predire l’artrite reumatoide. In base al presente studio, un dosaggio base della CRP ? predittivo di infarto, ictus e morte per cause cardiovascolari, ma non di tumori incidenti o di artrite reumatoide. Va comunque ricordato che la CRP conserva in ogni caso un ruolo nella gestione dei pazienti con artrite reumatoide conclamata, in quanto ? utile per seguire l’attivit? della malattia. (Arch Intern Med. 2006; 166: 2490-4)