Allergia crociata betulacee-mele: bene l’assunzione del frutto

In pazienti con rino-congiuntivite dovuta ad allergia al polline della betulla (principale allergene: Bet v 1) associata a sindrome orale allergica alla mela (a causa della cross-reattività con l’allergene Ma d 1), una tolleranza può essere indotta attraverso un lento e progressivo consumo di mela. Tuttavia la tolleranza è solo transitoria e scompare quando il paziente ne interrompe il consumo. Lo dimostrano i risultati di uno studio clinico in aperto, randomizzato e controllato, realizzato da Werner J. Pichler e collaboratori dell’università di Berna (Svizzera), i quali hanno selezionato 40 pazienti con questo tipo di reattività crociata. A 27 di questi è stato chiesto di consumare una precisa e inizialmente piccola quantità di mela (1-128 g) e di raddoppiare il dosaggio ogni due o tre settimane, mentre gli altri 13 soggetti non hanno ricevuto alcun trattamento. I ricercatori hanno inteso verificare l’acquisizione di una tolleranza con l’assunzione di almeno 128 g di mela dopo 8 mesi e il risultato è stato ottenuto in 17 dei 27 pazienti. Nelle analisi di laboratorio non si sono tuttavia registrate differenze significative tra i due gruppi di pazienti nei valori che riflettono una reazione immunologica sistemica. Inoltre, l’interruzione del consumo controllato di mele ha portato a una perdita della tolleranza che, quindi, è stata giudicata transitoria.

Allergy, 2012; 67(2):280-5

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Caffeina ai prematuri: non migliora la sopravvivenza

I neonati fortemente prematuri sono soggetti ad apnee e sono a maggior rischio di morte o disabilità. In questi casi, il trattamento con caffeina si è mostrato in grado di ridurre la probabilità di paralisi cerebrale e ritardo cognitivo all’età di 18 mesi, ma ora uno studio multicentrico – coordinato da Barbara Schmidt della McMaster University di Hamilton (Canada) – indica che questa terapia non si associa a un miglioramento della sopravvivenza senza disabilità rilevata a 5 anni. I 1.936 partecipanti sono stati scelti in 31 ospedali universitari in Canada, Australia, Europa e Israele, sono stati randomizzati e suddivisi in un gruppo placebo e un gruppo sottoposto a terapia con caffeina. I risultati dello studio si riferiscono a 1.640 di questi bambini, con peso alla nascita compreso tra i 500 e 1.250 g, per i quali si sono raccolti tutti i dati richiesti per l’analisi statistica. Oltre alla sopravvivenza a 5 anni, i ricercatori hanno verificato la presenza nei bambini di danni motori, ritardi cognitivi, problemi comportamentali, cattivo stato di salute generale, cecità o sordità. Le percentuali combinate dei decessi e delle disabilità non sono state molto diverse tra gli 833 bambini assegnati al gruppo di intervento e gli 807 che avevano ricevuto una sostanza placebo. Si è verificato un decesso o almeno una disabilità nel 21,1% di coloro che erano stati trattati con caffeina, rispetto al 24,8% in coloro che avevano ricevuto una sostanza placebo. La differenza nelle percentuali di disabilità tra i due gruppi è stata considerata dagli autori non statisticamente significativa. 

JAMA, 2012; 307(3):275-282

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Le alterazioni lipidiche in corso di ipotiroidismo “lieve” o subclinico

Pochi mesi orsono è stato pubblicato (e riportato anche su Medicina Interna 33) l’ultimo dei numerosi lavori (Tagami T et al. Multi-center study on the prevalence of hypothyroidism in patients with hypercholesterolemia. Endocr J 2011 Apr 20) i quali ricordavano che in una piccola, ma non trascurabile, percentuale dei casi una ipercolesterolemia poteva essere espressione di una ridotta funzionalità tiroidea anche solo “lieve” o subclinica. Del tutto recentemente una ricercatrice sempre molto attenta a queste problematiche, Elizabeth N. Pearce, ha puntualizzato l’argomento dei rapporti fra ipotiroidismo subclinico ed alterazioni lipidiche con un update pubblicato sull’ultimo numero del 2011 del JCEM. Dopo aver ricordato i meccanismi fisiologici attraverso i quali gli ormoni tiroidei possono interferire sul metabolismo del colesterolo (Fig. 1) e le conseguenze che possono derivare in corso di franco ipotiroidismo (Tab. I), l’autrice – oltre ad affermare che si stima che fino all’11% dei pazienti con dislipidemia possano essere ipotiroidei subclinici – sottolinea anche che i risultati degli studi osservazionali inerenti le possibili alterazioni del colesterolo totale, LDL, HDL e dei trigliceridi nei pazienti con ipotiroidismo subclinico sono contraddittori (Tab. II). Alcuni degli studi riportano un aumento del colesterolo totale ed LDL correlato al deficit funzionale subclinico tiroideo, altri lo negano. Lo stesso dicasi per i trigliceridi, per la frazione ossidabile dell’LDL-C e per l’Apolipoproteina B, mentre la Lipoproteina (a) non parrebbe venire influenzata. Di estremo interesse il dato che il fumo e la resistenza insulinica possono influenzare in senso peggiorativo gli eventuali negativi influssi sul metabolismo lipidico dell’ipotiroidismo subclinico. A sostegno della non ancora risolta problematicità vi sono anche i risultati di numerosi trials che non hanno evidenziato in modo costante un significativo effetto benefico sulle alterazioni lipidiche della terapia con l-tiroxina nei pazienti con ipotiroidismo subclinico. Sulla scorta di tutti questi dati non univoci, nelle sue conclusioni l’autrice afferma che in caso di appropriate indicazioni cliniche per il trattamento della dislipidemia, la terapia dovrebbe essere iniziato indipendentemente dal contemporaneo inizio della terapia sostitutiva.

Pearce EN. Update in Lipid Alterations in Subclinical Hypothyroidism. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism December 28, 2011 jc.2011-2532

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Eccesso polinsaturi e attività fisica: menopausa precoce

Alti livelli di attività fisica e l’assunzione di acidi grassi polinsaturi risultano associati a una più precoce insorgenza di menopausa. Lo rivela uno studio condotto in Giappone su 3.115 donne in premenopausa (età: 35-56 anni) da Chisato Nagata, dell’università di Gifu. L’attività fisica è stata stimata al basale tramite un questionario validato, con calcolo dell’equivalente punteggio metabolico. Le assunzioni di alimenti con la dieta sono state misurate anch’esse al basale mediante un questionario validato sulla frequenza dei pasti e aggiustato sulla energia totale. Lo stato menopausale è stato definito dall’assenza di mestruazioni per 12 mesi o più. Mediante modello di rischio proporzionale di Cox si è valutato l’hazard ratio della comparsa di menopausa dopo correzione per età, parità, indice di massa corporea, fumo, grado di istruzione, irregolarità mestruali. A un follow-up di 10 anni, 1.790 donne sono andate incontro a menopausa naturale. Un elevato livello di attività fisica e un alto consumo di grassi polinsaturi sono apparsi moderatamente ma significativamente associati a un inizio più precoce della menopausa; considerando l’attività fisica, l’hazard ratio del quartile più alto verso il più basso è risultato di 1,17, mentre lo stesso rapporto in relazione agli acidi grassi polinsaturi si è attestato a 1,15. Nessun altro degli alimenti analizzati, potenzialmente correlati ai livelli degli estrogeni endogeni (grassi totali, altri tipi di lipidi, fibre alimentari, isoflavoni della soia, alcol) è apparso associato all’insorgenza della menopausa.

Menopause, 2012;19(1):75-81

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Spondilite anchilosante: maggior rischio aterosclerosi subclinica

La spondilite anchilosante (As) si associa a un rischio aumentato di aterosclerosi in modo indipendente dai tradizionali fattori di rischio; i più probabili, in questo caso, sono invece l’attività di malattia, le limitazioni funzionali, e l’infiammazione. La conferma viene da uno studio prospettico – effettuato da Wafa Hamdi, dell’università di El Manar a Manouba (Tunisia) e colleghi – su 60 pazienti consecutivi (48 uomini; età media: 36 anni) con diagnosi di As secondo i criteri di New York modificati, messi a confronto con 60 controlli abbinati per età e genere. Come marker non invasivo di aterosclerosi subclinica si è utilizzato l’aumento di spessore dell’intima-media (Imt) dell’arteria carotide comune. La valutazione dell’Imt è stata condotta dallo stesso radiologo, mediante la stessa apparecchiatura e la medesima sonda nelle arterie carotide comuni di destra e sinistra, considerando la media delle due misure. I ricercatori hanno riscontrato valori di Imt significativamente aumentati nel gruppo As (0,51 mm in media) rispetto ai controlli (0,39 mm). Dopo correzione per fattori confondenti, lo spessore dell’Imt è rimasta superiore. Una serie di fattori si sono dimostrati correlati all’elevato valore di Imt nei pazienti con As: l’età di insorgenza della malattia, il punteggio di attività di malattia (Asdas), un’alta velocità di eritrosedimentazione, un elevato livello sierico di proteina C-reattiva, la scala global spine Vas per il dolore, e altri indici funzionali (Bath, Stoke, Schober, etc). Al contrario lo stato dell’artrite, dell’entesite e l’antigene Hla-B27 è sembrato che non esercitassero influssi.

J Rheumatol, 2012 Jan15.

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Papillomavirus, un problema anche per gli uomini

Il papillomavirus umano (Hpv) e le patologie a esso correlate non rappresentano un problema solo per la donna, ma anche per l’uomo. Dai dati raccolti dal Sistema di sorveglianza sentinella delle infezioni sessualmente trasmesse che fa capo all’Istituto superiore di sanità, emerge che in Italia il 73% circa degli uomini, con un’età media di 33 anni, sviluppa una condilomatosi, in oltre 90% dei casi provocata da papillomavirus.  Non solo: “Si stima che fra l’88 e il 94% dei tumori dell’ano – ha aggiunto Vincenzo Gentile, ordinario di Urologia all’Università Sapienza di Roma – sia correlato a questo virus, così come il 40% di quelli al pene, il 25% di quelli alla faringe, il 10% di quelli alla cavità orale. Questo virus, quindi, è la causa di numerose patologie nel maschio, causate dai tipi 6, 11, 16 e 18”.Riguardo i condilomi, sebbene non costituiscano un problema in termini di mortalità, sono associati a una sintomatologia clinica quali bruciore, dolore, sanguinamento e a importanti conseguenze psicologiche che possono essere riassunte in imbarazzo, ansia, perdita di sicurezza e fiducia nel rapporto con il partner. I tipi di Hpv principalmente coinvolti sono il 6 e l’11, che sono responsabili del 90% delle manifestazioni condilomatose. “Lo strumento della vaccinazione – ha aggiunto Vincenzo Mirone, ordinario di Urologia all’Università Federico II di Napoli – è la misura di prevenzione più efficace da implementare per prevenire le infezioni da Hpv e salvaguardare la salute del maschio. Risultati di studi clinici, pubblicati sul ‘New England Journal of Medicine’, mostrano per il vaccino quadrivalente un’efficacia del 90,4% nella prevenzione delle lesioni genitali esterne (condilomi genitali, lesioni peniene, perianali e perineali) nei maschi dai 16 ai 26 anni”.

 

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Un intervento contro l’incontinenza migliora la sessualità

Un intervento contro l’incontinenza da urgenza, la neuromodulazione sacrale, puo’ avere effetti positivi sulla sessualita’ femminile. E’ appena rientrato da una conferenza in Cina l’urologo altoatesino Diego Signorello, che alla Lanzhou University ha presentato alcuni aspetti di un suo studio a tale riguardo, pubblicato recentemente dalla prestigiosa rivista americana ”The Journal of Sexual Medicine”. Signorello prossimamente sara’ anche negli Usa, a Omaha nel Nebraska e a Las Vegas, invitato per delle conferenze sul tema. C’e’ infatti grande interesse nel mondo scientifico per l’urologia funzionale, ovvero lo studio e la cura dei disturbi legati alla fase di riempimento e svuotamento della vescica che hanno un grande impatto negativo sulla qualita’ di vita e di conseguenza anche sulla sessualita’. ”Da tempo mi occupo anche di questo aspetto dell’urologia e ho da poco concluso una ricerca durata circa tre anni”, spiega Signorello, dirigente urologo dell’ospedale di Bressanone. ”Lo studio – aggiunge – ha evidenziato un collegamento fra il miglioramento dei sintomi urologici, quali l’urgenza minzionale e l’incontinenza da urgenza, e il miglioramento della sessualita’ femminile dopo intervento di neuromodulazione sacrale”. Questa tecnica, minimamente invasiva, consente la stimolazione continua di radici nervose preposte al controllo della funzione vescicale. Le cause degli effetti positivi di questa terapia sulla sessualita’ potrebbero derivare dal miglioramento della qualita’ della vita, ma non si esclude un effetto diretto della neuromodulazione sui nervi che controllano la sessualita’. ”Sono comunque necessari ulteriori studi con un maggiore numero di pazienti per arrivare a conclusioni piu’ approfondite”, ha detto Signorello.

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I composti fitoattivi possono ridurre la mortalità per carcinoma prostatico

Esiste una correlazione diretta tra fattori di rischio dietetici e  l’insorgenza di un carcinoma prostatico. I risultati sono stati inseriti in una importante revisione della letteratura scientifica, nella quale si legge che  i fattori di rischio dietetici sono associati al 35% di mortalità per cancro e al 10-20% di mortalità per il carcinoma prostatico. Numerosi elementi dietetici, presenti soprattutto nella dieta mediterranea, mostrano un effetto protettivo a livello della ghiandola prostatica e sono in grado di contrastare lo sviluppo di un cancro prostatico. E’ probabile che in parte il ruolo protettivo sia da attribuire alla presenza di composti fitoattivi che hanno importanti proprietà antitumorali anche e soprattutto a livello prostatitco.

Bibliografia: Ferrís-Tortajada J. et al. Dietetic FactorsAssociated With Prostate Cancer. Protective Effects of Mediterranean Diet. Actas Urol Esp.2011 Sep 27.

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Acido folico riduce difetti da diabete materno

Nelle madri diabetiche, la carenza di uso periconcezionale di vitamine o integratori alimentari contenenti acido folico può associarsi a un eccesso di rischio per difetti alla nascita dovuti al diabete. È giunto a questa conclusione il National birth defects prevention study, uno studio multicentrico di popolazione caso-controllo sui difetti congeniti che ha interessato 14.721 casi e 5.437 controlli tra il 1997 e il 2004. I ricercatori, coordinati da Adolfo Correa dei Centers for disease control and prevention di Atlanta, hanno suddiviso i casi in 18 tipi di difetti cardiaci e in 26 difetti congeniti non cardiaci. Quindi hanno calcolato gli odds ratio per gli effetti indipendenti e congiunti del diabete preesistente e della mancata assunzione di supplementi di acido folico. I pattern di odds ratio rilevati sono apparsi altamente suggestivi di un rischio aumentato di difetti associati al diabete in assenza piuttosto che in presenza di una supplementazione in acido folico. L’effetto di protezione del feto dal diabete materno esercitato dall’acido folico, anche se non spiegato, non è casuale, e non è osservato con altri integratori. Quanto ai meccanismi attraverso i quali il diabete della madre provoca difetti congeniti, si pensa che i livelli anormali di glucosio possano alterare  l’espressione di geni regolatotri dell’embrione, portando a modificazioni cellulari apoptosiche embriotossiche.

Am J Obstet Gynecol, 2011 Dec 29.

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Caso clinico: edema caviglia destra di incerta natura

Il nostro lettore Claudio Lolli, specialista in endocrinologia e malattie del ricambio e in cardiologia, porta all’attenzione dei colleghi medici un caso clinico in attesa di soluzione. La paziente in questione, donna 45enne con un’anamnesi remota di colecistite acuta nel 1992, di polmonite nel 1994 e artralgie diffuse nel 2004, ha avuto una diagnosi di sospetta algodistrofia alla caviglia. Gli esami, rx caviglia, rm caviglia e ginocchio, rm lombosacrale, ndr eco doppler arto inferiore, ndr emocromo,ves, pcr, risultano normali, ma la paziente presenta questo disturbo dal mese di agosto, è costretta a casa perché non può lavorare e mostra segni di insofferenza per il suo stato. E’ stato consultato un reumatologo ,che ha escluso patologie reumatiche. In attesa di consultare un internista, la paziente ha provato un ciclo con bisfosfonati senza ottenere benefici

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