Allattamento al seno non aumenta trasmissione Hbv

Dopo un’adeguata immunoprofilassi del neonato, l’allattamento al seno non contribuisce al rischio di trasmissione del virus dell’epatite B (Hbv) dalla madre infetta al figlio. Questo il risultato di una revisione sistematica e metanalisi condotta da Zhong-jie Shi dell’universit? Yat-Sen di Canton (Cina), e collaboratori, su 10 studi clinici controllati comprendenti 751 bambini nel gruppo in allattamento materno e 873 nel gruppo in cui non era previsto l’allattamento al seno. Come indicato dall’antigene di superficie virale nel sangue periferico dei bambini o dalla positivit? all’Hbv Dna all’et? di 6-12 mesi, la odds ratio di trasmissione verticale con l’allattamento al seno si ? attestata su 0,86 rispetto all’assenza di allattamento. Prendendo in considerazione la positivit? agli anticorpi contro l’antigene di superficie Hbv nel sangue periferico dei bambini sempre a 6 e a 12 mesi, la odds ratio di sviluppo di anticorpi contro l’antigene ? risultata pari a 0,98 per i bambini allattati al seno. Durante l’allattamento al seno, infine, non sono stati osservati eventi avversi o complicanze.

Arch Pediatr Adolesc Med, 2011 May 2. [Epub ahead of print]

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A Roma, nuova tecnica per conservare ovociti

Dopo Palermo e Torino, anche Roma potr? disporre di una bio-banca di tessuto ovarico nella quale verr? conservata la corticale dell’ovaio contenente gli ovociti per consentire il reinnesto nelle donne che sono sopravvissute al cancro e dopo il termine dei trattamenti oncologici. Il costante miglioramento della terapia nei confronti delle neoplasie che colpiscono il sesso femminile ha solitamente pesanti ripercussioni sulla fertilit? della donna. Oggi le cose sono cambiate in modo significativo: la crioconservazione di tessuto ovarico, prelevato prima dell’inizio delle terapie antitumorali, offre infatti interessanti prospettive per preservare la funzione riproduttiva e l’attivit? steroidogenica delle pazienti affette da patologie neoplastiche. Questa tecnica presenta almeno tre importanti vantaggi rispetto alle procedure di crioconservazione finora utilizzate. In primo luogo, consente di mantenere in situ centinaia di follicoli primordiali contenenti ovociti immaturi, molto resistenti ai processi di congelamento e successivo scongelamento. Inoltre, il prelievo avviene in laparoscopia, quindi ? rapido e poco invasivo. Infine, questa tecnica ? applicabile anche in et? pediatrica, nelle pazienti affette da tumori ormono-sensibili e nelle donne in cui sarebbe improcrastinabile l’inizio della terapia oncologica. La Banca del tessuto ovarico sar? operativa presso l’Istituto nazionale dei tumori Regina Elena e sar? diretta dal professor Enrico Vizza.

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Usa, radioterapia a intensit? modulata ? troppo cara

La radioterapia a intensit? modulata (intensity modulated radiotherapy, Imrt) per il trattamento del tumore al seno, che permette di irradiare con assoluta precisione e con dosi di radiazioni pi? elevate anche volumi bersaglio di forma complessa e/o localizzati in stretta prossimit? di strutture critiche, ? una tecnica molto costosa: ? davvero necessario usarla cos? di frequente? ? questo il delicato argomento affrontato in due diversi articoli pubblicati sulla rivista Journal of the national cancer institute. Negli Stati Uniti, infatti, la questione basilare ?, pi? che terapeutica, di origine economica poich? l’adozione eccessiva di Imrt ? stata fortemente condizionata da fattori legati ai rimborsi. Non ? quindi un caso che negli Usa le pazienti che fanno ricorso alla radioterapia ad intensit? modulata siano in enorme crescita: dal 2001 al 2005, su un campione di donne over 66 con tumore al seno non metastatico, il numero di pazienti trattate con l’Imrt ? passato da 0,9% nel 2001 a 11,2% nel 2005. Considerando che il costo medio di un trattamento radioterapico senza aggiunta di Imrt ? di 7.179 dollari e quello con Imrt di 15.230, appare evidente come l’esborso economico rappresenti un serio problema da monitorare con attenzione.

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Protesi Pip, confermata la non tossicit? del gel

Anche le autorit? sanitarie francesi assolvono le protesi mammarie al silicone Poly implant prosthese (Pip), arrivate alla ribalta delle cronache nel 2010 per un presunto rischio tossicit?. L’indagine francese conferma i dati rassicuranti divulgati lo scorso settembre dalla Medicines and healthcare products regulatory agency. L’allarme era stato sollevato dopo un’ispezione effettuata nel marzo 2010 dalle autorit? francesi presso l’impianto di produzione: in quella occasione era stata segnalata la presenza di gel al silicone che differiva dal materiale precedentemente approvato. L’allarme aveva suscitato molta preoccupazione al di l? della Manica poich? circa 40 mila donne britanniche erano state sottoposte all’impianto di PIP. Ancora prima, nel 2009, gli ispettori francesi avevano rilevato un aumento anomalo del numero di rotture delle protesi e non avevano ottenuto risposte soddisfacenti da parte dell’azienda produttrice. L’esame dei rischi associati al materiale di riempimento permette ora di lanciare un messaggio tranquillizzante a tutte le donne cui ? stata impiantata la protesi.

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Nice raccomanda su trattamento ca ovarico

Negli ultimi trent’anni i tassi di sopravvivenza nelle donne colpite da cancro ovarico sono raddoppiati. Poich? gran parte dei progressi sono da attribuire allo sviluppo di nuovi trattamenti, ? necessario garantire che la diagnosi rapida e l’accesso alle cure siano alla portata di tutte le pazienti. Per questo motivo il britannico National institute for health and clinical excellence (Nice) ha rilasciato il documento “Ovarian cancer – The recognition and initial management of ovarian cancer”, ora a disposizione di medici e pazienti. Si insiste sulla consapevolezza dei segni e dei sintomi della malattia. In medicina generale ? raccomandato procedere ad accertamenti, soprattutto nelle donne over-50, in presenza di distensione addominale persistente, senso di saziet? precoce e/o perdita di appetito, dolore addominale o pelvico, aumento di urgenza e/o frequenza urinaria. Si consiglia di procedere agli esami nelle donne over-50 che hanno lamentato sintomi suggestivi di sindrome del colon irritabile nel corso dell’ultimo anno. Si raccomanda, in presenza di sintomi, di eseguire una misurazione di Ca125 sierico: se l’esito ? pari ad almeno 35 IU/ml ? opportuno ricorrere ad un esame ecografico dell’addome e delle pelvi. Se l’ecografia ? negativa ? bene procedere ad un’attenta indagine delle possibili cause dei sintomi mentre, se non ? possibile risalire alla causa, la paziente va invitata a tornare dal medico qualora i sintomi si facciano pi? frequenti e/o persistenti. Dopo l’ecografia ? consigliato il calcolo del rischio di malignit? attraverso lo score Rmi I (Risk of malignancy index I) e in presenza di uno score pari a 250 o superiore le donne devono essere avviate a un consulto multidisciplinare. Non si raccomanda il ricorso alla linfadenectomia retroperitoneale come strategia chirurgica standard nelle pazienti con sospetto cancro ovarico apparentemente limitato all’ovaio (stadio I).

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La testa torna a dolere nel primo post-partum

Nelle donne che soffrono di emicrania, durante la gravidanza si riducono frequenza e durata degli episodi di mal di testa; nel primo post-partum, invece, si verifica un temporaneo aumento. Sono queste le conclusioni del Migra-study, trial prospettico condotto da un’?quipe norvegese coordinata da Elisabeth V. Kvisvik, del dipartimento di Neuroscienze presso l’universit? norvegese di Scienza e Tecnica di Trondheim. Lo studio ha coinvolto 2.126 donne in gravidanza alle quali ? stato chiesto di compilare alcuni questionari riguardanti la presenza o meno di mal di testa. Su tutto il campione arruolato per la ricerca, 208 donne con emicrania, valutata in accordo con i criteri stilati dall’International headache society, sono state invitate a tenere un diario dettagliato sul quale riportare quotidianamente gli episodi di mal di testa durante la gravidanza e nel periodo puerperale. ? emerso che, durante la gravidanza, l’assenza di episodi di mal di testa ? pi? frequente rispetto al nuovo esordio di mal di testa. Questa situazione non ? risultata condizionata dal precedente uso di contraccettivi orali. Da quanto riportato sui diari, nel corso della gestazione si ? constatata una graduale diminuzione della frequenza di tutti i tipi di mal di testa e dell’emicrania autoriferita, insieme a una significativa riduzione della durata delle cefalee, rispetto al periodo precedente il concepimento. A parte un significativo aumento degli episodi di mal di testa durante la prima settimana post-partum, la frequenza globale di mal di testa durante il puerperio non ha evidenziato differenze rispetto alla gravidanza, anche se il periodo post-partum ? stato caratterizzato da episodi mediamente pi? intensi, pi? prolungati nel tempo e da un consumo medio maggiore di analgesici. L’allattamento al seno non ha influenzato l’insorgenza di mal di testa nel periodo post-partum. Queste evidenze, sottolineano gli esperti, sono di grande utilit? nelle donne gravide sofferenti di emicrania per informarle nel merito.

J Headache Pain, 2011 Mar 26. [Epub ahead of print]

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Vampate predittive di maggior spessore dell’intima

Nuovi dati suggeriscono che le donne che riportano vampate di calore per 6 o pi? giorni, nelle 2 settimane precedenti, possono avere uno spessore dell’intima media (Imt) carotidea maggiore rispetto alle donne che non presentano vampate di calore, e questo ? vero soprattutto nelle pazienti obese o in sovrappeso. La segnalazione ? frutto di un lavoro effettuato da un gruppo di ricercatori coordinato da Rebecca C. Thurston, professore di Psichiatria ed epidemiologia dell’universit? di Pittsburgh, su 432 donne di et? compresa tra 45 e 58 anni arruolate nello Study of women’s health across the nation (Swan) heart: l’indagine ha previsto, al basale e dopo 2 anni, l’esecuzione di un’ecografia carotidea, il dosaggio dell’estradiolo nel sangue e la verifica delle vampate di calore riportate nelle precedenti 2 settimane (nessuna, per 1-5 giorni, da 6 giorni in su). ? cos? emerso che, rispetto alle donne senza vampate, quelle che riportavano vampate per 6 giorni o pi? nelle 2 settimane precedenti avevano anche un maggiore spessore dell’intima media carotidea sia al basale (differenza media,: 0,02 mm), sia dopo il follow-up (0,02 mm). La presenza di vampate al basale e dopo 2 anni si associava a un valore pi? alto di Imt al follow-up rispetto alle donne che non avevano avuto vampate al basale e dopo 2 anni (differenza media: 0,03 mm). Tali associazioni tra vampate e Imt si sono mantenute anche dopo aggiustamento per l’estradiolo. ? stata inoltre osservata un’interazione tra vampate e obesit? al punto che, di fatto, la correlazione tra vampate e Imt ? stata osservata principalmente fra le donne obese o in sovrappeso. Le vampate di calore non sono risultate associate alla progressione di Imt.

Menopause, 2011; 18(4):352-8

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Alendronato e?vit D migliorano assorbimento calcio

La somministrazione di alendronato e vitamina D(3) si associa a un incremento dell’assorbimento frazionale di calcio (Fca). I clinici che hanno documentato l’effetto sostengono che, a loro conoscenza, nessun altro trial ha evidenziato un cos? marcato aumento dell’assorbimento del calcio dovuto al trattamento con un bisfosfonato o a un piccolo incremento di 25-idrossi-vitamina D [25(OH)D] nel siero. Si tratta, quindi, di una risposta esclusiva di alendronato pi? vitamina D, di cui non ? noto il meccanismo, ma che appare importante nel trattamento dell’osteoporosi. Lo studio randomizzato contro placebo, condotto da Sue A. Shapses, della Rutgers university di New Brunswick (Stati Uniti), e collaboratori, ? stato effettuato su 56 donne in post-menopausa con livelli di 25(OH)D =/<25 ng/mL e bassi valori di densit? minerale ossea (Bmd); le partecipanti hanno ricevuto 5 dosi una volta alla settimana di placebo o alendronato (70 mg) pi? vitamina D (2.800 Ui). Prima della randomizzazione l'apporto di calcio si era stabilizzato su circa 1.200 mg/die. Partendo da valori basali di Fca e 25(OH)D simili nei due gruppi, dopo un mese si ? osservato nel gruppo alendronato/vitamina D un significativo incremento medio dei minimi quadrati (Ls) nel valore di Fca (0,070) a fronte di nessun cambiamento significativo nel gruppo placebo (-0,016). Dopo l'intervento farmacologico, tutte le pazienti mostravano livelli pi? alti di 25(OH)D (differenza media Ls = 7,3 ng/ml). Infine, l'aumento nel siero di diidrossi-vitamina D e dell'ormone paratiroideo era maggiore nelle pazienti trattate con alendronato e vitamina D rispetto al gruppo placebo. J Bone Miner Res, 2011 Mar 29. [Epub ahead of print]

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Latte materno decisivo contro la mortalit? neonatale

Allattamento al seno da promuovere sempre, contrastando con decisione le false credenze che ancora oggi limitano il ricorso al latte materno nel neonato. Non ha dubbi Riccardo Davanzo, pediatra della Neonatologia e terapia intensiva neonatale dell’Ircss Burlo Garofolo di Trieste, nel presentare le pi? recenti acquisizioni sui benefici del latte materno alla platea del XIV Congresso nazionale della Societ? italiana di medicina perinatale (Simp), svoltosi nei giorni scorsi a Firenze. Secondo Davanzo, il 22% di tutte le morti neonatali, nel periodo compreso tra il parto e il ventottesimo giorno di vita, si potrebbe prevenire grazie ad un allattamento al seno esclusivo avviato entro la prima ora di vita. Un dato che riguarda anche i paesi industrializzati, come dimostra uno studio svolto negli Stati Uniti. Il latte materno, inoltre, ? fondamentale soprattutto nei bambini nati pretermine, che rappresentano ormai un numero consistente di nuovi nati. Si calcola, infatti, che ogni giorno nascano in Italia 13 bambini che non raggiungono la trentaduesima settimana di gestazione, e con un peso inferiore a 1.500 grammi: di questi sopravvive ormai circa il 90% e diventa sempre pi? importante mettere in atto tutte le strategie di assistenza intensiva, tra cui assume un ruolo decisivo l’alimentazione. Proprio nei prematuri, infatti, il latte materno offre una protezione importante contro le infezioni. A conferma dell’importanza conferita dagli specialisti a questo bastione della medicina preventiva nei primi mesi di vita, in occasione del congresso Simp ? stato istituito il Gruppo di studio e promozione dell’allattamento al seno.

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Oms, farmaci prioritari per mamma e bambino

L’Organizzazione mondiale della sanit? (Oms) si mobilita contro la mortalit? e morbidit? infantile e materna, divulgando una lista di “Priority medicines”, i farmaci cio? che si dovrebbero rendere disponibili in tutti i paesi. Per quanto riguarda la salute materna, il documento segnala ossitocina e cloruro di sodio in soluzione iniettabile (emorragia post-parto), solfato di magnesio e calcio gluconato iniettivo (pre-eclampsia ed eclampsia), ampicillina, gentamicina, metronidazolo e misoprostolo (sepsi), azitromicina (infezioni genitale da Chlamydia), cefixime (infezione gonococcica), benzilpenicillina benzatinica (sifilide), betametasone e nifedipina (parto pre-termine). Tra i farmaci prioritari per i bambini di et? inferiore a 5 anni, spiccano antibiotici come amoxicillina, ampicillina e ceftriaxone, ma anche ossigeno e benzilpenicillina procaina (polmonite), sali orali per la reidratazione e zinco (diarrea), la terapia di combinazione con artemisinine e artesunato (malaria). ceftriaxone, gentamicina e benzilpenicillina procaina (sepsi neonatale), il regime standard per il trattamento anti-retrovirale di prima linea (HIV), vitamina A (deficienza), morfina e paracetamolo (dolore e terapia palliativa). Si individuano, infine, i farmaci prioritari richiesti per la salute e la sopravvivenza del bambino ma che necessitano di ulteriore ricerca e sviluppo: etambutolo, rifampicina, isoniazide, pirazinamide (tubercolosi), insoniazide/co-trimoxazolo (HIV, profilassi della tubercolosi, polmonite da Pneumocystis carinii), citrato di caffeina (apnea neonatale), digluconato di clorexidina (cura del cordone ombelicale) e vitamina K per le forme di deficienza.

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