Tre esami combinati per la diagnosi di cancro della vescica

Tra i metodi proposti per la diagnosi di cancro della vescica, la combinazione della citologia con la valutazione dell’attivit? telomerasica mediante protocollo Trap (Telomere Repeat Amplification Protocol) e l’analisi del Dna mediante ibridazione fluorescente in situ (Fish) assicura, rispetto all’impiego della sola citologia, il miglior equilibrio fra incremento di sensibilit? e perdita di specificit?.?
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La conclusione si applica soprattutto ai pazienti che non manifestano emorragie, con tumori di basso grado e allo stadio precoce. Lo segnala uno studio trasversale condotto dal gruppo di Sara Bravaccini dell’Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori di Meldola (Forl?-Cesena), su 289 pazienti consecutivi che si sono presentati con sintomi urinari. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a cistoscopia e valutazione citologica con disponibilit? dei risultati dell’analisi Trap e Fish.?

? stata valutata la performance diagnostica dell’esame Trap da solo, di citologia e Trap in parallelo, di citologia in parallelo alla combinazione in serie di Trap e Fish, e della combinazione in serie di Trap e Fish. Per la citologia la sensibilit? e la specificit? si sono attestate rispettivamente su 0,39 e 0,83; per l’analisi Trap su 0,66 e 0,72; per la combinazione di citologia e Trap su 0,78 e 0,60; per la combinazione di citologia, Trap e Fish su 0,78 e 0,78; mentre per la combinazione di Trap e Fish su 0,65 e 0,93. Tutte le differenze delle varie strategie rispetto alla sola citologia sono risultate significative.
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Ann Oncol, 2011 Feb 21.

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Meglio l’angioplastica o la fibrinolisi nello STEMI del paziente anziano?

In un recente articolo pubblicato sull’European Heart Journal, ? stata paragonata l’efficacia dell’angioplastica percutanea primaria (pPCI) e del?trattamento fibrinolitico in pazienti molto anziani con un infarto miocardico STEMI.?Sono stati arruolati pazienti con una et? uguale o superiore a 75 anni con STEMI da meno di 6 ore e randomizzati a pPCI o fibrinolisi.?L’obiettivo primario era di valutare l’insieme di morte per tutte le cause, di reinfarto o di ictus dopo 30 giorni.?Lo studio ? stato interrotto prima del tempo – per la ridotta velocit? di reclutamento – dopo aver arruolato 266 pazienti di cui 134 sono stati sottoposti a pPCI e 132 a fibrinolisi.?Entrambi i gruppi erano ben bilanciati come caratteristiche al basale. L’et? media era di 81 anni. Gli eventi compresi nell’obiettivo primario dello studio si sono verificati rispettivamente nel 18,9% (25 pazienti) nel gruppo trattato con pPCI e nel 25,4% (34 pazienti) nel gruppo trattato con fibrinolisi (OR 0.69; 95% CI 0.38-1.23; p=0.21). Similarmente, come emerge nella Figura acclusa, anche prendendo i singoli fattori singolarmente, non sono state rilevate significative riduzioni nella percentuale di morti (13.6 vs 17.2%, p=0.43), re-infarti (5.3 vs 8.2%, p=0.35), o ictus (0.8 vs 3.0%, p=0.18). Una ischemia ricorrente era meno comune nel gruppo trattato con pPCI (0.8 vs 9.7% p<0.001). Non si sono rilevate significative differenze per il numero di sanguinamenti maggiori.
Una analisi che ha messo insieme i risultati di due precedenti studi eseguiti su pazienti anziani ha mostrato un vantaggio della pPCI sulla fibrinolisi nel ridurre il numero di morti, re-infarti e ictus a 30 giorni dall’evento (OR 0.64; 95% CI 0.45-0.91). Quindi l’angioplastica primaria sembra essere la migliore tecnica di rivascolarizzazione per il trattamento dello STEMI anche nei pazienti anziani. Tuttavia una terapia fibrinolitica precoce pu? essere una valida alternativa quando la pPCI non ? disponibile.

Bueno H et al. Primary angioplasty vs. fibrinolysis in very old patients with acute myocardial infarction: TRIANA (TRatamiento del Infarto Agudo de miocardio eN Ancianos) randomized trial and pooled analysis with previous studies. Eur Heart J 2011; 32: 51-60

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Il fallimento dell’aspirina identifica il paziente ad alto rischio

Il fallimento dell’aspirina, definito dal presentarsi di una sindrome coronarica acuta nonostante l’uso della stessa, ? stato associato ad un maggior rischio cardiovascolare e ad una peggiore prognosi. Se questo fenomeno sia la manifestazione delle caratteristiche del paziente o se sia dovuto ad una “resistenza” all’ASA, non ? mai stato analizzato. In un recente studio pubblicato sull’American Journal of Cardiology sono stati valutati 174 pazienti con infarto miocardico acuto: di questi 118 (68%) non avevano mai assunto aspirina e 56 (32%) erano gi? in terapia con aspirina e costituivano quindi il gruppo “resistente” all’aspirina. La funzione piastrinica ? stata analizzata dopo 72 ore o oltre di terapia con aspirina in tutti i pazienti ed ? stata determinata l’incidenza a sei mesi di eventi coronarici maggiori (morte, sindrome coronarica acuta ricorrente e/o ictus). I pazienti nel braccio “resistente” all’aspirina erano pi? anziani (p=0.002), pi? spesso ipertesi (p<0.001) e dislipidemici (p<0.001) e con maggiore frequenza avevano gi? avuto un evento e/o una procedura di rivascolarizzazione (p<0.001). Gli eventi coronarici avversi nei sei mesi successivi al nuovo evento erano pi? numerosi nel gruppo "resistente" (14.3% vs 2.5% p<0.01). I pazienti nel gruppo "resistente" - dopo terapia con aspirina - avevano livelli di acido arachidonico pi? bassi (32 + 24 vs 45 + 30, p=0.003) rispetto ai soggetti che non avevano mai assunto aspirina; tuttavia questo dato non ? risultato significativo dopo aver eseguito gli aggiustamenti per?le?caratteristiche dei pazienti (p=0.82). Allo stesso modo non si sono registrate significative differenze nei livelli di adenosina disfosfato e nella deposizione piastrinica in condizioni di flusso. In conclusione, questi risultati dimostrerebbero che il fallimento della terapia con aspirina ? un marcatore di pazienti a rischio pi? elevato, e non tanto una manifestazione di inadeguata risposta piastrinica alla terapia con aspirina.? Beigel R et al. Relation of Aspirin Failure to Clinical Outcome and to Platelet Response to Aspirin in Patients With Acute Myocardial Infarction. Am J Cardiol 2011; 107: 339-342

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Et? del paziente e la scelta del trattamento nella stenosi carotidea sintomatica

Hankey GJ, del Royal Perth Hospital, ha commentato su ACP Journal Club – Annals of Internal Medicine del 18 Gennaio del 2011 il lavoro del Carotid Stenting Trialists’ Collaboration (CSTC) Short-term outcome after stenting versus endarterectomy for symptomatic carotid stenosis: a preplanned meta-analysis of individual patient data, apparso su Lancet 2010 ; 376 :1062, i cui risultati (vedi Tabella acclusa) mettevano in evidenza che nei pazienti con stenosi carotidea sintomatica lo stenting carotideo (CAS) era gravato da un maggior rischio di stroke o morte rispetto alla endoarteriectomia (CEA) con una RRI a 120 giorni del 53% e un NNH pari a 32. Nel suo commento, in linea con le conclusioni di cui sopra, Hankey ricorda i risultati di un primo lavoro del 2005 (Rothwell PM et al. Treating individuals 3: from subgroups to individuals: general principles and the example of carotid endarterectomy. Lancet 2005; 365: 256) che concludeva a favore della CEA nei pazienti con recenti eventi ischemici nel territorio carotideo, specie se maschi ed anziani con una stenosi in peggioramento e con una placca ulcerata; anche in un’altra recentissima meta-analisi (Meier P et al. Short term and intermediate term comparison of endarterectomy versus stenting for carotid artery stenosis: systematic review and meta-analysis of randomised controlled clinical trials. BMJ. 2010; 340: c467) vi ? stata la conferma dei dati di Rothwell e di quelli del Carotid Stenting Trialists’ Collaboration. Analizzando nello specifico i dati del CSTC, risulta evidente che l’et? ? l’elemento distintivo a favore della scelta dell’intervento: CEA nei pazienti con stenosi carotidea sintomatica di et? superiore ai 70 anni, mentre ? possibile optare per CAS nei pazienti di et? inferiore ai 70 anni visto che gli endpoints compositi ictus e morte non risultano significativamente diversi per le due metodiche. Il tutto viene anche confermato da un altro recente lavoro (Brott TG et al. CREST Investigators. Stenting versus endarterectomy for treatment of carotid-artery stenosis. N Engl J Med. 2010;363:11-23), peraltro non inserito nella meta analisi del CSTC. Allo stato attuale si pu? pertanto affermare che nei pazienti con stenosi carotidea sintomatica la scelta del trattamento ? condizionata dall’et?: CAS se inferiore ai 70 anni e CEA se superiore ai 70 anni.

Hankey ?GJ et al. Carotid artery stenting increased short-term risk for stroke or death more than endarterectomy in symptomatic carotid stenosis. ACP Journal Club – Ann Intern Med 2011; 154: JC 1-8

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Meta-analisi o RCT: il caso del PSA

Hanno fatto molto clamore i risultati di una recente meta-analisi di Djulbegovic (Screening for prostate cancer: systematic review and meta-analysis of randomised controlled trials. BMJ. 2010; 341: c4543) la quale concludeva che negli uomini asintomatici senza storia di tumore della prostata, lo screening che utilizza la sola determinazione dell’antigene prostatico specifico (PSA) non ? in grado di ridurre la mortalit? per tutte le cause, neppure quella specifica per tumore della prostata e questo perch? lo screening ? in grado s? di aumentare le diagnosi delle neoplasie prostatiche in stadio I, ma non di quelle dallo stadio II al IV (vedi Tabella acclusa). Nel commentare tali conclusioni, Roger Luckmann – della University of Massachusetts Medical School di Worcester – suggerisce che i risultati della revisione sistematica di Djulbegovic possono essere fuorvianti per la presenza di alcuni bias, e pi? specificatamente
la breve durata del follow-up di alcuni dei trials considerati per la meta-analisi che pu? determinare una sottostima dell’effetto protettivo dello screening
la non omogeneit? fra i risultati dello screening ed i protocolli per la biopsia
la differenza fra la frequenza dello screening e le “soglie” per la biopsia
le diverse classi di et? dei pazienti inclusi nei trials considerati
la diversit? fra i valori della riduzione del rischio (RR) fra due dei pi? grandi studi sulla efficacia dello screening (G?teborg ed ERSPC, con RR rispettivamente di 0,56 e di 0,84, e quindi a favore dello screening) e quelli degli altri trials considerati per la meta-analisi, di minor forza metodologica, soprattutto nei riguardi dello studio di G?teborg.
Secondo Luckmann, considerate le debolezze degli altri studi ed i bias sopracitati, il migliore elemento di prova di efficacia dello screening per prevenire la morte correlata al tumore prostatico non pu? essere rappresentato dai risultati della meta-analisi di Djulbegovic, ma da quelli del G?teborg Trial che riporta un dato di “certezza” per continuare a consigliare la screening con il PSA: il numero necessario per arrivare alla diagnosi di neoplasia prostatica (NND), e prevenire 1 decesso ad essa correlato, ? estremamente basso essendo pari a 12. In tutta questa discussione ? racchiusa la ormai ripetitiva querelle fra validit? dei risultati delle meta-analisi e quelli dei Trials Clinici Randomizzati che, quando sono di adeguate proporzioni numeriche e se metodologicamente ben condotti, dovrebbero essere maggiormente considerati rispetto alle meta-analisi.?

Luckmann R. Review: Prostate cancer screening using PSA does not decrease mortality. Annals Intern Med – ACP Journal Club 2011; 154: JC1-2

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La cistatina C urinaria fattore di rischio nei pazienti obesi

Nei pazienti obesi il rapporto cistatina C urinaria/creatinina (Uccr) ? significativamente associato alla disfunzione renale, alla severit? della sindrome metabolica (Sm), alla rigidit? delle arterie e alle modificazioni di peso.?
La cistatina C urinaria (U-CysC), pertanto, potrebbe essere utilizzata come fattore di rischio renale e cardiovascolare nei pazienti obesi con sindrome metabolica. Il dato emerge da una ricerca effettuata da Noriko Satoh-Asahara e collaboratori del Japan obesity metabolic syndrome study (Joms) group su 343 soggetti obesi arruolati all’interno di una multicentrica giapponese.?

L’indagine ha dimostrato che Uccr ? correlato positivamente al rapporto urinario albumina-creatinina (Uacr) e alla cistatina nel siero e negativamente alla velocit? di filtrazione glomerulare stimata (eGfr). Nei pazienti obesi, il valore di Uccr ? significativamente maggiore nei soggetti con Sm rispetto a quelli non colpiti dalla sindrome. In modo simile a Uacr, Uccr ? risultata anche in correlazione significativa con il numero delle componenti di Sm e con la rigidit? arteriosa, fattori predittivi di malattia cardiovascolare.?

Gli autori richiamano l’attenzione sul fatto che la perdita di peso indotta dalla dieta e dall’esercizio per 3 mesi riduce in modo significativo solo Uccr fra tutti i marker renali esaminati, parallelamente alla riduzione dell’indice di massa corporea, di HbA1c e della rigidit? arteriosa. Quest’ultima osservazione suggerisce che la perdita di peso determini effetti benefici sulla disfunzione tubulare renale.
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Clin J Am Soc Nephrol, 2011; 6(2): 265-73

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Morbilit? e mortalit?: obesit? e gonartrosi cause sinergiche

Nella popolazione americana di et? compresa tra i 50 e gli 84 anni, le due pi? frequenti condizioni croniche riscontrate, ossia l’obesit? e l’artrosi del ginocchio, risultano sostanziali nel ridurre il numero di anni di vita aggiustati per la qualit? (Qaly), soprattutto nelle donne ispaniche e di colore. Ridurre l’indice di massa corporea ai livelli di dieci anni fa determinerebbe sostanziali benefici. Sono le conclusioni di un’analisi – condotta da Elena Losina, del Brigham and women’s hospital di Boston, e collaboratori – effettuata combinando i dati nazionali sull’obesit? con le stime di prevalenza della gonartrosi sintomatica e valutando i Qaly persi a causa delle due patologie rispetto ai controlli sani mediante un software di simulazione dell’interazione tra obesit? e artrosi del ginocchio.?

Le perdite totali di Qaly-persona sono state stimate in un range compreso tra 1.857, nei soggetti non obesi con artrosi del ginocchio, a 3.501 per soggetti con entrambe le patologie, determinando un totale di 86,0 milioni di Qaly persi a causa di obesit?, gonartrosi o entrambe le condizioni. Secondo alcuni modelli interpretativi, risulta che un ritorno dell’obesit? a valori di prevalenza registrati 10 anni fa eviterebbe 178.071 casi di coronaropatia, 889.872 di diabete, e 111.206 di sostituzione totale del ginocchio.?
Una riduzione di tale entit? nella prevalenza dell’obesit? aumenterebbe la quantit? di vita di 6.318.030 anni e migliorerebbe l’aspettativa di vita di 7.812.120 Qaly negli adulti Usa 50-84enni.
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Ann Intern Med, 2011; 154(4):217-26

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Un nuovo indice prognostico per il cancro della prostata

Lo score Ccp (progressione del ciclo cellulare) ? un valido marker prognostico che, dopo ulteriore validazione, potrebbe svolgere un ruolo di primaria importanza nel determinare il trattamento appropriato da somministrare ai pazienti con carcinoma prostatico. ? la conclusione a cui ? giunta l’?quipe di Jack Cuzick, del Cancer research Uk centre of epidemiology, mathematics and statistics di Londra.?

Il punteggio ? stato messo a punto dai ricercatori dopo aver misurato l’espressione di 31 geni coinvolti nella progressione del ciclo cellulare attraverso la determinazione quantitativa dell’Rna estratto da campioni tumorali.?
Lo studio retrospettivo ? stato effettuato in una coorte di pazienti statunitensi sottoposti a prostatectomia radicale e in una coorte di pazienti inglesi con carcinoma prostatico localizzato, diagnosticato attraverso resezione transuretrale della prostata (Turp), e trattati in modo conservativo. Endpoint primario dello studio era il tempo di recidiva biochimica nella coorte di pazienti sottoposti a prostatectomia radicale e la sopravvivenza (time to death) nella coorte Turp.?

I risultati hanno fornito le seguenti indicazioni: dopo prostatectomia, lo score Ccp ? apparso utile nel predire la recidiva biochimica all’analisi univariata (rapporto di rischio, Hr, per il raddoppio dello score Ccp: 1,89) e alla migliore analisi multivariata (Hr: 1,77). All’analisi multivariata finale (migliore modello predittivo), lo score Ccp e le concentrazioni di Psa sono risultate le variabili pi? importanti e quelle pi? significative sotto il profilo clinico. Nella coorte Turp, lo score Ccp si ? accreditato come la variabile pi? importante per la previsione del tempo fino al decesso per cancro della prostata, sia all’analisi univariata? (Hr: 2,92) sia in quella finale multivariata (Hr: 2,57): gli autori sottolineano che lo score ? risultato pi? forte di tutti gli altri fattori prognostici, sebbene anche le concentrazioni di Psa abbiano fornito informazioni utili.
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Lancet Oncol, 2011 Feb 8.

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Troppe proteine e grassi animali portano l’uomo al diabete

L’adozione di una dieta a basso contenuto di carboidrati ma ricca di proteine animali e grassi si associa negli uomini a un rischio aumentato rischio di diabete di tipo 2. Le diete a basso contenuto di carboidrati non dovrebbero proporre carni rosse e lavorate per soddisfare il fabbisogno di proteine e grassi.? ? questo il risultato di uno studio prospettico compiuto su 40.475 partecipanti dell’Health professionals follow-up study dall’?quipe di Leanne de Koning, del dipartimento di Nutrizione dell’Harvard school of public health di Boston.?

Il campione arruolato era costituito da soggetti non malati di diabete di tipo 2, senza patologie cardiovascolari e tumori al basale ed ? stato seguito per vent’anni. Ogni 4 anni sono state calcolate le medie cumulative di 3 punteggi di dieta a basso contenuto di carboidrati (alto contenuto totale di proteine e grassi, alto contenuto di proteine animali e grassi, alto contenuto di proteine vegetali e grassi). Durante il follow up si sono registrati 2.689 casi di diabete di tipo 2. Dopo aggiustamento per et?, abitudine al fumo, attivit? fisica, consumo di caff? e alcol, familiarit? per diabete di tipo 2, introito energetico totale e indice di massa corporea, il punteggio per l’alto consumo di proteine animali e grassi ? risultato associato a un aumento del rischio di comparsa di diabete di tipo 2 (quintile pi? alto rispetto al quintile pi? basso, rapporto di rischio, Hr: 1,37).?
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L’aggiustamento apportato in base al consumo di carne rossa e lavorata ha attenuato la forza di questa associazione (Hr: 1,11). Un elevato punteggio relativo al consumo di proteine vegetali e grassi non ha mostrato invece un’associazione significativa con il rischio globale di diabete di tipo 2 ma ? anzi emersa un’associazione inversa con il diabete di tipo 2 negli uomini di et? inferiore ai 65 anni (Hr: 0,78).

Am J Clin Nutr, 2011 Feb 10.

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Marker prognostico per i pazienti con artrite reumatoide

Nei pazienti affetti da artrite reumatoide (Ar), il livello ematico del frammento amino-terminale del peptide natriuretico cerebrale (Nt-proBnp), fattore predittivo di rischio cardiovascolare (Cv), ? correlato all’et?, all’attivit? di malattia, ai marker di infiammazione, e a una riduzione sublinica di funzionalit? renale. Ci? significa che il rischio di malattie Cv ? pi? elevato nei soggetti pi? anziani e con maggiore attivit? della reumopatia. Sono le conclusioni di una ricerca condotta da Bo?ena Targo?ska-St?pniak e Maria Majdan, dell’universit? medica di Lublino (Polonia), che hanno studiato un gruppo di 90 pazienti con Ar, ma senza comorbilit? clinicamente rilevanti e potenzialmente in grado di influire sui livelli di Nt-proBnp, ovvero non interessati da coronaropatia, ipertensione, diabete o nefropatia avanzata. I valori medi delle concentrazioni di Nt-proBnp sono risultati significativamente maggiori in un sottogruppo di soggetti con Ar ad alta attivit? (Das28>5,1) e in un altro sottogruppo caratterizzato da aterosclerosi subclinica, diagnosticata ecograficamente attraverso la rilevazione dello spessore dell’intima media carotidea (cImt) =/>0,6 mm. In tutti i pazienti con Ar, l’Nt-proBnp ? apparso correlato in modo positivo con l’et?, la proteina C-reattiva, il tasso di eritrosedimentazione, il cImt e lo spessore della plica tricipitale, e in modo negativo con la forza della stretta di mano, l’emoglobina, la conta dei globuli rossi, l’albumina. Tra le donne con Ar, si ? riscontrata una significativa correlazione positiva tra Nt-proBnp e cistatina-C. Infine, i pazienti con livelli di Nt-proBnp =/>100 pg/ml presentavano valori di cistatina-C significativamente pi? alti di quelli con bassi livell di Nt-proBnp.?

Clin Rheumatol, 2010 Nov 26.

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