Terapia anti-Hcv in donne Hiv/Hcv positive

Nelle donne con coinfezione da Hiv e da virus dell’epatite C (Hcv) in trattamento anti-Hcv, non si riscontrano differenze nella tipologia di eventi avversi (Ae) rispetto agli uomini, ma se ne notano di pi? frequenti e pi? precoci che richiedono la sospensione della terapia (Aetd) o una modifica delle dosi (Aedm). Nella popolazione femminile, il regime anti-retrovirale pu? essere un importante predittore di Aetd in corso di terapia anti-Hcv e dovrebbe essere sottoposto a indagine clinica come fattore predittivo di Ae nella coinfezione Hiv/Hcv. Sono i risultati di una metanalisi condotta sui dati di tre studi randomizzati per un totale di 1.376 pazienti coinfetti da Hiv/Hcv di cui il 21% di sesso femminile. Le terapie anti-Hcv sperimentate negli studi erano costituite da interferone e interferone pegilato, con o senza ribavirina. Il 14% dei pazienti era na?ve per la terapia antiretrovirale (Arv) all’inizio dello studio e il 61% con livelli di Hiv Rna non identificabile, mentre la mediana dei Cd4 era pari a 485 cellule mm3. In totale il 17% dei pazienti ha manifestato Aetd e il 50% Aedm. Le donne hanno sviluppato pi? Aetd (24% vs 16%) e Aedm (61% vs 48%) degli uomini e pi? precocemente ma i tipi di Aetd e Aedm erano simili nei due sessi. Il 74% degli Aetd e il 49% degli Aedm consistevano in AE costituzionali con il 18% di Aetd da depressione e il 26% di Aedm da neutropenia. Sono state osservate interazioni tra sesso e indice di massa corporea (Bmi) e gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (Nnrti): infatti sono stati registrati pi? Aetd negli uomini con un basso Bmi e nelle donne in terapia con Nnrti. Un numero maggiore di Aedm ha caratterizzato l’impiego di interferone pegilato (Odds ratio, Or = 2,07), l’et? avanzata (OR 1,48 per 10 anni), la riduzione del Bmi (Or = 1,04 per Kg/m), i genotipi 1 e 4 di Hcv (Or = 1,31), Ishak 5 e 6 (Or = 1,42), la riduzione dell’emoglobina (Or = 1,23 per g/dL) e la riduzione della conta dei neutrofili (1,04 per 500 cellule/mm). Sono state osservate anche interazioni tra sesso e una condizione na?ve rispetto ad Arv e l’impiego di zidovudina. Si sono contate pi? Aedm nelle donne na?ve per la Arv e negli uomini precedentemente trattati con Arv: gli Aedm sono risultati pi? frequenti nelle donne in terapia con zidovudina. Lo studio, firmato da Debika Bhattacharya e collaboratori, ? frutto della collaborazione tra tre universit? californiane, l’Harvard University School of Medicine e l’Inserm di Parigi.

J Acquir Immune Defic Syndr, 2010 Jul 8. [Epub ahead of print]

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Responsabilit? del farmacista su prescrizioni medico-veterinarie

Veniva affermata la responsabilit? del titolare della farmacia, per avere consegnato ad un incaricato del cliente, piuttosto che il prodotto medicinale prescritto nel dosaggio indicato dal veterinario, altro medicinale con lo stesso principio attivo, ma destinato a curare animali di diversa e grossa taglia – cagionato in tal modo la morte di quattro cani di razza e di un cane meticcio, ai quali il prodotto medicinale veniva fatto somministrare su incarico dell’allevatore senza che costui n? il suo incaricato neppure fossero stati informati del fatto che quello consegnatogli non dovesse essere usato per animali di taglia minore, quali cani e gatti. ? da ritenere “macroscopica” la responsabilit? del soggetto che all’interno della farmacia, pur in presenza di ricetta ove sia precisata la denominazione del prodotto destinato a cani e gatti, consigliava l’acquisto di altro prodotto con diversa concentrazione del principio attivo e senza nessuna avvertenza, in termini chiari e precisi, circa le modalit? di utilizzazione e somministrazione del prodotto. La responsabilit? del farmacista deve essere esclusa, salvi taluni profili opportunamente evidenziati nel testo della sentenza, quando lo stesso si attenga alle prescrizioni mediche contenute nella ricetta, che ? il documento, compilato dal professionista abilitato, contenente tutte le informazioni necessarie per la dispensa del medicinale.

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Responsabilit? del farmacista su prescrizioni medico-veterinarie

Veniva affermata la responsabilit? del titolare della farmacia, per avere consegnato ad un incaricato del cliente, piuttosto che il prodotto medicinale prescritto nel dosaggio indicato dal veterinario, altro medicinale con lo stesso principio attivo, ma destinato a curare animali di diversa e grossa taglia – cagionato in tal modo la morte di quattro cani di razza e di un cane meticcio, ai quali il prodotto medicinale veniva fatto somministrare su incarico dell’allevatore senza che costui n? il suo incaricato neppure fossero stati informati del fatto che quello consegnatogli non dovesse essere usato per animali di taglia minore, quali cani e gatti. ? da ritenere “macroscopica” la responsabilit? del soggetto che all’interno della farmacia, pur in presenza di ricetta ove sia precisata la denominazione del prodotto destinato a cani e gatti, consigliava l’acquisto di altro prodotto con diversa concentrazione del principio attivo e senza nessuna avvertenza, in termini chiari e precisi, circa le modalit? di utilizzazione e somministrazione del prodotto. La responsabilit? del farmacista deve essere esclusa, salvi taluni profili opportunamente evidenziati nel testo della sentenza, quando lo stesso si attenga alle prescrizioni mediche contenute nella ricetta, che ? il documento, compilato dal professionista abilitato, contenente tutte le informazioni necessarie per la dispensa del medicinale.

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Ok Aifa ad anti-Parkinson once-a-day

Boehringer Ingelheim ha annunciato ieri che l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha autorizzato la commercializzazione nel nostro Paese della nuova formulazione di pramipexolo in compresse a rilascio prolungato con somministrazione unica giornaliera per la terapia della malattia di Parkinson idiopatica in fase iniziale e avanzata. L’autorizzazione – riporta una nota – ? stata concessa sulla base dei risultati degli studi clinici presentati, che dimostrano come la nuova formulazione abbia un profilo di efficacia e sicurezza paragonabile a quello delle compresse a rilascio immediato con somministrazione tre volte al giorno. Oltre ai risultati degli studi clinici che confermano gli importanti benefici terapeutici della nuova formulazione nella pratica somministrazione unica giornaliera, le conclusioni di un ulteriore studio dimostrano che i pazienti in terapia con Mirapexin, nome commerciale del medicinale, nella formulazione a rilascio immediato possono effettuare immediatamente il passaggio a pramipexolo compresse a rilascio prolungato, mantenendo lo stesso dosaggio.

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Screening pediatrico di routine per il colesterolo LDL?

Lo screening pediatrico per il colesterolo LDL ? troppo poco praticato, mentre invece se praticato di routine identificherebbe un gran numero di bambini a rischio cardiovascolare prematuro. Lo afferma uno studio pubblicato da Pediatrics.
Alcune linee-guida pediatriche prevedono il test per il colesterolo LDL solo nei bambini con genitori cardiopatici, altre in nessun bambino. ?Ma lo screening per il colesterolo LDL ci aiuterebbe a identificare i piccoli pazienti con un rischio importante di patologie cardiovascolari premature?, avverte William Neal della West Virginia University in Morgantown. Neal sostiene che in caso di ipercolesterolemia pediatrica un trattamento con statine potrebbe prevenire problemi in et? adulta. Il suo team ha preso in esame i dati epidemiologici su 20.000 bambini delle scuole elementari della West Virginia sottoposti a un check-up generale: pi? dell?1% dei ragazzini di V elementare ha evidenziato un?ipercolesterolemia da trattare farmacologicamente. ?Mi sono fatto l?idea che lo screening di routine per il colesterolo LDL anche nella popolazione pediatrica sia assolutamente necessario, pi? che consigliabile?, afferma Neal. ?Sarebbe un costo non indifferente, ma avremmo notevoli guadagni in seguito grazie alla prevenzione di patologie cardiovascolari?. Non tutti condividono questa impostazione: ?Non esistono evidenze che iniziare un trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante in un bambino di 10 anni garantir? l?insorgere di una patologia cardiovascolare 40 anni dopo?, chiosa Michael L. LeFevre, membro della task force federale U.S. Preventive Services Task Force.
Fonte: Ritchie SK, Murphy ECS, Neal W et al. Universal Versus Targeted Blood Cholesterol Screening Among Youth: The CARDIAC Project. Pediatrics 2010; doi:10.1542/peds.2009-2546

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Aumento dell?incidenza di tumore e di mortalit? dopo trattamento con Acido Folic

Sono recentemente emersi dubbi sulla sicurezza dell?Acido Folico, in particolare in relazione al rischio di cancro.

Un gruppo di Ricercatori dell?Haukeland University Hospital, a Bergen in Norvegia, ha valutato l?effetto del trattamento con vitamine del gruppo B sugli esiti oncologici e sulla mortalit? per ogni causa in 2 studi randomizzati e controllati.

Sono state effettuate analisi combinate ed estensione dei follow-up di 2 studi clinici randomizzati, in doppio cieco, placebo-controllati ( Norwegian Vitamin Trial e Western Norway B Vitamin Intervention Trial ).

In totale, 6.837 pazienti con malattia cardiaca ischemica sono stati trattati con vitamine B o placebo tra il 1998 e il 2005, e sono stati seguiti fino al 31 dicembre 2007.

I trattamenti orali previsti erano: Acido Folico ( 0.8 mg/die ) pi? Vitamina B12 ( 0.4 mg/die ) e Vitamina B6 ( 40 mg/die ) ( n = 1.708); Acido Folico ( 0.8 mg/die ) pi? vitamina B12 ( 0.4 mg/die ) ( n = 1.703 ); Vitamina B6 da sola ( 40 mg/die ) ( n = 1.705 ) oppure placebo ( n = 1.721 ).

Le principali misure di esito erano l?incidenza di cancro, la mortalit? per cancro e la mortalit? per tutte le cause.

Durante lo studio, la concentrazione mediana di folato sierico ? aumentata di oltre 6 volte tra i partecipanti che avevano assunto Acido Folico.

Dopo un periodo mediano di 39 mesi di trattamento e ulteriori 38 mesi di periodo osservazionale dopo lo studio, 341 partecipanti ( 10% ) trattati con Acido Folico pi? Vitamina B12 versus 288 non-trattati con questa combinazione ( 8.4% ) hanno ricevuto diagnosi di tumore ( hazard ratio [ HR ] 1.21; P = 0.02 ).

Il 4% ( n=136 ) dei pazienti che aveva ricevuto Acido Folico pi? Vitamina B12, contro il 2.9% ( n=100 ) che non aveva ricevuto questo trattamento sono deceduti per cancro ( HR=1.38; P = 0.01 ).

Il 16.1% ( n=548 ) dei pazienti che aveva ricevuto Acido Folico pi? Vitamina B12 contro il 13.8% ( n= 473 ) che non aveva ricevuto questo trattamento sono deceduti per qualsiasi causa ( HR=1.18; P = 001 ).

I risultati sono stati determinati soprattutto da un incremento di incidenza di tumore del polmone nei partecipanti trattati con Acido Folico pi? Vitamina B12.

Il trattamento con Vitamina B6 non ? risultato associato ad alcun effetto significativo.

In conclusione, il trattamento con Acido Folico pi? Vitamina B12 ? risultato associato a un aumento degli esiti oncologici e di mortalit? per tutte le cause in pazienti con malattia cardiaca ischemica in Norvegia, dove non sono previsti alimenti fortificati con Acido Folico.

Ebbing M et al, JAMA 2009; 302: 2119-2126

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Spesso ? richiesta pi? di un?ablazione per mantenere il paziente libero da fibri

La maggior parte degli studi che stanno valutando l?efficacia dell?ablazione della fibrillazione atriale riportano periodi osservazionali di 1-2 anni, pochi studi hanno valutato la procedura per 5 anni o oltre.

Ricercatori dell?University of California ? San Diego negli Stati Uniti hanno valutato l?efficacia nel lungo periodo ( maggiore o uguale a 5 anni ) dell?isolamento segmentale della vena polmonare per la fibrillazione atriale parossistica.

Lo studio ha riguardato 71 pazienti, di et? media 60 anni ( di cui 56 di sesso maschile ), sottoposti a procedura d?ablazione nel periodo 2002-2003.
Il periodo osservazionale ? stato di almeno 5 anni.

Dopo l?intervento ablativo, senza l?ausilio di farmaci antiaritmici, l?86% dei pazienti era libero da fibrillazione atriale sintomatica ad 1 anno, il 79% a 2 anni, e il 56% a 63 mesi ( valore medio ).
Il 22.5% dei pazienti ha presentato recidiva di fibrillazione atriale dopo il secondo anno dall?ablazione.

Trentun pazienti si sono sottoposti a una o pi? procedure ablative ( in media: 1.6 per paziente ).
Dopo procedure multiple, l?81% dei pazienti era libero da fibrillazione atriale sintomatica senza l?ausilio degli antiaritmici a 63 mesi, in media, dall?intervento iniziale; tuttavia in 18 di questi pazienti che hanno ricevuto procedure multiple d?ablazione, la durata media del periodo osservazionale dopo l?ultima ablazione era di soli 13.5 mesi, in media.

In conclusione, l?esito a 5 anni dopo isolamento della vena polmonare per la fibrillazione atriale parossistica ? risultato simile a quello precedentemente riportato per periodo osservazionali di pi? breve termine ( minori o uguali a 2 anni ). Tuttavia, le recidive tardive superiori a 2 anni dopo l?ablazione iniziale sono state frequenti, ed ? stato spesso richiesto intervento ablativo ripetuto per mantenere il paziente libero da fibrillazione atriale sintomatica.

Sawhney N et al, Am J Cardiol 2009; 104 : 366-372

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Vernakalant nella conversione a ritmo sinusale della fibrillazione atriale di re

Merck & Co e Cardiome Pharma hanno comunicato che il CHMP ( Committee for Medicinal Products for Human Use ) dell’EMA ( European Medicines Agency ) ha raccomandato l’approvazione dell’antiaritmico Vernakalant ( Brinavess ) per la conversione a ritmo sinusale della fibrillazione atriale di recente insorgenza nei pazienti non-chirurgici con fibrillazione atriale da non pi? di 7 giorni e nei pazienti post-chirurgici con fibrillazione atriale di durata uguale o inferiore a 3 giorni.

L’efficacia di Vernakalant ? stata valutata a 90 minuti su 390 pazienti adulti emodinamicamente stabili con fibrillazione atriale di breve durata (da 3 ore a 7 giorni ).
Il trattamento con Vernakalant ? risultato pi? efficace del placebo e dell?Amiodarone nella conversione a ritmo sinusale.

Nello studio ACT I, Vernakalant ha cardiovertito il 51% dei pazienti contro il 4% del gruppo placebo ( p<0.0001 ). Nello studio ACT III, il 51.2% dei pazienti trattati con Vernakalant ? stato convertito a ritmo sinusale contro il 3.6% del gruppo placebo ( p<0.0001 ).
Nei pazienti responder, la conversione della fibrillazione atriale a ritmo sinusale ? avvenuta rapidamente ( di norma entro 10 minuti dall’inizio dell’infusione ).

Nello studio AVRO, Vernakalant ? stato studiato in 116 pazienti con fibrillazione atriale di insorgenza compresa tra 3 e 48 ore, contro 116 pazienti trattati con Amiodarone ( Cordarone ) ( p<0.0001).
L?Amiodarone per infusione ? stato somministrato nell?arco di 2 ore ( 1 ora di dose di carico di 5 mg/kg, seguita da 1 ora di infusione di mantenimento di 50 mg ).
L?endpoint primario era rappresentato dalla proporzione di pazienti che hanno raggiunto il ritmo sinusale entro i primi 90 minuti dopo aver iniziato la terapia.
Vernakalant ha cardiovertito il 51.7% dei pazienti a 90 minuti contro il 5.2% con Amiodarone, con una maggiore rapidit? d?azione rispetto all?Amiodarone nella conversione a ritmo sinusale ( valore di p log-rank: <0.0001 ) Il CHMP ha raccomandato che Vernakalant venga controindicato nei pazienti con grave stenosi aortica, pressione sistolica inferiore a 100 mmHg, insufficienza cardiaca NYHA III e IV, prolungamento del QT al basale ( non-corretto: maggiore di 440 msec ), grave bradicardia ( senza pacemaker ), disfunzione del nodo del seno ( senza pacemaker ), blocco di secondo e di terzo grado.
La controindicazione all?impiego di Vernakalant ? anche estesa ai pazienti trattati con farmaci antiaritmici di classe I e III nelle 4 ore precedenti.
Vernakalant ? anche controindicato nei pazienti con sindrome coronarica acuta ( compreso l?infarto miocardico ) negli ultimi 30 giorni.

La sicurezza di Vernakalant ? stata valutata su 883 soggetti ( pazienti e volontari sani ).
Sulla base dei dati riguardanti 773 pazienti in 6 studi di fase 2 e 3, gli eventi avversi pi? comunemente riportati ( maggiori del 5% ), riscontrati nelle prime 24 ore dopo aver ricevuto Vernakant sono stati: disgeusia ( alterazione del senso del gusto ) ( 20.1% ), starnuti ( 14.6% ) e parestesie ( 9.7% ).

L?ipotensione si ? presentata in un piccolo numero di pazienti ( Vernakalant 7.6% versus 5.1% placebo ).
L?ipotensione di norma si presenta precocemente, durante l?infusione o subito dopo, ed ? generalmente corretta mediante misure standard di supporto.

I pazienti con una storia di insufficienza cardiaca cronica hanno mostrato una pi? alta incidenza di aritmie ventricolari nelle prime 2 ore post-dosaggio ( 7.3% per Vernakalant versus 1.6% nel gruppo placebo ). Queste aritmie tipicamente si presentano come tachicardie ventricolari non-sostenute, monomorfe, asintomatiche ( in media 3-4 battiti ).
Nei pazienti senza una storia di insufficienza cardiaca congestizia sono state riportate con frequenza simile aritmie ventricolari ( 3.2% nel gruppo Vernakalant e 3.6% con il placebo ).

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Spessore carotideo si riduce con attivit? fisica intensa

La proporzione di tempo speso in attivit? sedentarie ? direttamente associata allo spessore dell’intima-media (Imt) delle carotidi comuni (Cca), indipendentemente dall’et? e da altri fattori di rischio aterosclerotico consolidati. Periodi di vigorosa attivit? fisica, per?, influenzano la progressione a tre anni dell’Imt. ? il risultato di uno studio di popolazione condotto da Michaela Koz?kov? e collaboratori dell’universit? di Pisa, che ha coinvolto 614 soggetti sani tra uomini e donne (et? media: 44 /-8 anni) senza aterosclerosi carotidea n? aumentato rischio per malattia coronarica, sottoposti a ecografia carotidea B-mode e valutazione oggettiva dell’attivit? fisica mediante accelerometro (tempo di monitoraggio medio: 5,7 /- 1,5 giorni). Si ? determinato il tempo trascorso in attivit? sedentarie (57,6 /- 9,1%) oppure in leggera (41,0 /- 9,2%), moderata e vigorosa attivit? fisica. Il comportamento sedentario ? stato espresso come rapporto del tempo passato in attivit? sedentarie con quello trascorso in lieve attivit?, dato che queste due situazioni rappresentavano l’occupazione della maggior parte del periodo diurno. In 495 soggetti, l’ecografia carotidea ? stata ripetuta tre anni dopo l’esame basale. Dopo aver apportato correzioni per et? e per noti fattori di rischio, che costituivano determinanti indipendenti di ispessimento carotideo nella popolazione considerata, il rapporto sedentariet?/lieve attivit? ? risultato associato soltanto con l’Imt delle Cca. L’incremento di spessore carotideo a tre anni ? risultato significativamente inferiore nei soggetti che avevano effettuato periodi di attivit? vigorosa (7 /- 40 microm) rispetto a coloro i quali avevano svolto esclusivamente attivit? lieve oppure accompagnata da periodi di attivit? moderata (22 /- 51 e 19 /- 46 microm, rispettivamente).

Eur Heart J. 2010 Jun;31(12):1511-9

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Sclerosi sistemica: le principali cause di morte

Fibrosi polmonare, ipertensione arteriosa polmonare (Pah) e problemi cardiologici quali scompenso cardiaco e aritmie: sono queste, nella maggior parte dei casi, le cause di morte delle persone affette da sclerosi sistemica (Ssc). Lo ha stabilito uno studio, condotto da Alan Tyndall e collaboratori dell’universit? di Basilea. Sono stati analizzati 5.860 pazienti con diagnosi di Ssc secondo i criteri dell’American college of rheumatology, inseriti nella coorte dell’Eustar (Eular scleroderma trials and research) nei cui centri sono stati stilati questionari strutturati su cause di morte e comorbidit?. ? stato possibile ottenere tali questionari in 234 casi su 284 decessi. Il 55% delle morti ? stato attribuito direttamente alla Ssc, il 41% a cause non correlate alla patologia principale; nel restante 4%, il motivo del decesso non ? stato definito. Tra le morti correlate alla Ssc, il 35% ? stato attribuito alla fibrosi polmonare, il 26% alla Pah e il 26% a ragioni cardiache (principalmente scompenso e aritmie). Tra le cause non connesse alla Ssc, alle infezioni (33%) e alle neoplasie (31%) hanno fatto seguito le patologie cardiovascolari (29%). Nell’ambito dei decessi non correlati alla Ssc, il 25% dei pazienti ? morto per cause in cui possono avere preso parte complicanze correlate alla Ssc (polmonite, sepsi ed emorragia gastrointestinale). Sono stati infine identificati i seguenti fattori indipendenti di rischio di morte: proteinuria (Hr 3,34), presenza di Pah documentata all’ecocardiografia (Hr 2,02), restrizione polmonare (capacit? vitale forzata al di sotto dell’80% del normale, Hr 1,64), dispnea sopra la classe Nyha II (Hr 1,61), capacit? diffusiva del polmone (Hr 1,20 per ogni decremento del 10%), et? del paziente alla comparsa del fenomeno di Raynaud (Hr 1,30 per 10 anni) e score cutaneo secondo Rodnan modificato (Hr 1,20 per 10 punti).

Ann Rheum Dis, 2010 Jun 15. [Epub ahead of print]

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