L?FDA ha avviato un?indagine dopo che 2 studi hanno mostrato una pi? alta incidenza di mortalit? cardiovascolare con Olmesartan

L?FDA ( Food and Drug Administration ) sta valutando i dati di due studi clinici nei quali i pazienti con diabete mellito di tipo 2 stavano assumendo Olmesartan ( Benicar; in Italia: Olmetec, Olpress, Plaunac ), un bloccante il recettore dell?angiotensina II; in entrambi gli studi ? stata riscontrata una pi? alta incidenza di mortalit? per cause cardiovascolari con il sartano rispetto al placebo.

La revisione dell?FDA ? in corso, e l?Agenzia regolatoria statunitense non ? ancora giunta ad una conclusione.

L?FDA attualmente ritiene che i benefici di Benicar nei pazienti con ipertensione continuino a essere superiori ai potenziali rischi.

Gli studi clinici di lunga durata, ROADMAP e ORIENT, hanno coinvolto pazienti con diabete mellito di tipo 2, che sono stati assegnati in modo casuale a Olmesartan o a placebo. E? stato invece osservato, in entrambi gli studi un aumento della mortalit? per cause cardiovascolari ( infarto miocardico, morte improvvisa, o ictus ) nei pazienti trattati con Olmesartan rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo.

L?FDA raccomanda di seguire le raccomandazioni contenute nella scheda tecnica di Benicar.

Fonte: FDA, 2009

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S. aureus resistente, efficaci contromisure

Molto raramente lo Staphylococcus aureus risulta resistente a linezolid. Miguel S?nchez Garc?a e collaboratori dell’hospital clinico San Carlos and universidad Complutense di Madrid, riportano ora un outbreak clinico sostenuto da S. aureus con resistenza a linezolid e meticillina (Lrsa) mediata dal gene cfr, associato a trasmissione nosocomiale e impiego estensivo di linezolid. I clinici spagnoli sono riusciti a bloccare il focolaio mediante la riduzione dell’impiego dell’antibiotico e adottando opportune misure per il controllo delle infezioni. L’outbreak si ? verificato nell’unit? di cure intensive dell’ospedale universitario in cui lavorano gli autori: tra il 13 e il 26 giugno 2008 sono stati identificati 12 pazienti con infezione da Lrsa. In sei casi il germe ha causato polmonite associata alla ventilazione e in tre casi batteriemia. I patogeni isolati erano suscettibili a trimetoprim/sulfametossazolo, glicopeptidi, tigeciclina e daptomicina. La procedura di genotipizzazione ha identificato un clone predominante insieme a ulteriori tre tipi. La resistenza a linezolid mediata dal gene cfr ? stata dimostrata in tutti gli isolati, mentre un solo caso di positivit? a Lrsa ? stato evidenziato nei potenziali carrier dello staff ospedaliero e nei campioni ambientali. Sei pazienti sono deceduti, di cui cinque in unit? di cure intensive, con una morte attribuita a Lrsa. In seguito, l’impiego di linezolid si ? ridotto da 202 dosi definite giornaliere (aprile 2008) a 25 (luglio 2008). Nel periodo compreso tra luglio 2008 e aprile 2010 non sono stati registrati nuovi casi nelle colture per la sorveglianza praticata a cadenza settimanale o nei campioni diagnostici.

JAMA, 2010; 303(22): 2260-4

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PREPARAZIONE PER COLONSCOPIA, RETTOSIGMOIDOSCOPIA

IL GIORNO DELL?ESAME PORTARE CON S? GLI ESAMI ENDOSCOPICI E RADIOLOGICI PRECEDENTI E LA RICHIESTA MEDICA CON INDICATA LA MOTIVAZIONE DELL?ESAME

I pazienti in terapia cronica con farmaci non devono sospenderli tranne nei seguenti casi:
? la terapia con farmaci antinfiammatori (aspirina, antireumatici) deve essere sospesa a partire dai tre giorni precedenti l?esame endoscopico
? nel caso di terapia con anticoagulanti (Sintrom; Coumadin) o antiaggreganti, o nel caso di patologie renali o cardiache, si prega di contattare il C.D.S. San Nicol? (telef. 031-2764111).
In ogni caso, l?assunzione di farmaci, deve essere segnalata al Medico che esegue l?esame. Deve anche essere segnalata l?eventuale presenza di protesi valvolari cardiache o pace maker.

IMPORTANTE:
In corso di esame possono essere somministrati farmaci sedativi allo scopo di rendere l?esame endoscopico pi? confortevole. Per tale motivo, dopo l?esame, ? vietato guidare l?automobile ed ? necessario essere accompagnati.

? NECESSARIO PORTARE CON S? L?ESITO DEI SEGUENTI ESAMI, ESEGUITI NEI 15 GIORNI PRECEDENTI IL GIORNO DELL?ESAME:
? ECG, EMOCROMO, CONTA PIASTRINICA, PT, PTT
I Pazienti devono iniziare una dieta priva di scorie (eliminare frutta, verdura, alimenti integrali) 4 giorni prima del giorno dell?esame e passare ad una dieta liquida (acqua, t?, camomilla, brodo, caff?, latte etc.) il giorno prima.

Procurarsi in Farmacia una confezione di SELG-ESSE 1000 (Polvere per soluzione orale) (contiene 4 buste di granulato che serviranno per la preparazione di 4 litri di soluzione).

Come preparare la Soluzione:
Versare il contenuto di una busta di SELG-ESSE 1000 in 1000 ml (equivalenti ad 1 litro) di acqua non gassata ed agitare bene finch? il granulato non si sia sciolto completamente (soluzione che diventa limpida). Ripetere la stessa operazione con ogni bustina per un totale di 4 litri di soluzione.
La soluzione risulta piu’ gradevole se preparata con acqua fredda (non usare ghiaccio). Non aggiungere alla soluzione alcun tipo di sostanza (zucchero, aromatizzanti vari, liquidi diversi dall’acqua).

PREPARAZIONE PAZIENTE
? Se l?esame verr? effettuato AL MATTINO

Il giorno prima dell?esame:
o A Colazione: t? o latte, fette biscottate e marmellata
o A Pranzo: minestrina senza verdura, o semolino. yogurt, budino, gelato
o – ore 15-17: assumere i primi 2 litri della soluzione di SELG ESSE 1000
o – ore 19-21: assumere gli altri 2 litri della soluzione di SELG ESSE 1000
Si consiglia di bere circa 250 ml di soluzione ogni 10-15 minuti; ogni porzione dovr? essere bevuta nell?arco di due-tre minuti.
o A Cena: semolino o brodo, gelato o yogurt, th? zuccherato e acqua a volont?.
Il giorno di esecuzione dell?esame
o Digiuno

? Se l?esame verr? effettuato AL POMERIGGIO

Il giorno prima dell?esame:
o A Pranzo: minestrina senza verdura o semolino, spremute di frutta, gelato o yogurt
o ore 15-17: assumere i primi 2 litri della soluzione di SELG-ESSE 1000
Si consiglia di bere circa 250 ml di soluzione ogni 10-15 minuti; ogni porzione dovr? essere bevuta nell?arco di due-tre minuti.
o A Cena: semolino o brodo, budino, gelato o yogurt, t? zuccherato ed acqua a volont?.
Il giorno di esecuzione dell?esame:
o ore 7.00: t? o camomilla ben zuccherati, miele, marmellata
o ore 8-10: assumere gli altri 2 litri della soluzione.
Si consiglia di bere circa 250 ml di soluzione ogni 10-15 minuti; ogni porzione dovr? essere bevuta nell?arco di due-tre minuti.

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Epatite cronica pi? complessa negli emodializzati

Le epatiti croniche da virus B e C sono cause importanti di epatopatia nei centri per l’emodialisi. Maurizio Pompili e collaboratori del dipartimento di Medicina interna, scienze specialistiche e dermatologia, universit? Cattolica del Sacro cuore, Roma, rileggono i dati disponibili in letteratura su storia naturale, diagnosi e trattamento dei pazienti in emodialisi e affetti da queste epatiti. I fattori di rischio conosciuti sono l’alta prevalenza di infezione da Hcv e Hbv nelle strutture per l’emodialisi, una storia pregressa di trasfusioni, trattamento dialitico a lungo termine, cambi frequenti del centro per l’emodialisi e trapianti renali pregressi. L’origine, la tempistica e la durata dell’infezione sono spesso difficili da accertare. Pochi studi, e con un follow-up a breve termine, hanno indagato la storia naturale dell’epatite virale nel setting emodialitico: ? emerso comunque un impatto negativo indipendente sulla sopravvivenza dovuto a un aumento del rischio di cirrosi ed epatocarcinoma. Le opzioni terapeutiche includono interferone convenzionale o pegilato (da solo o in associazione con ribavirina), e analoghi nucleosidici/nucleotidici. Lo scopo del trattamento ? l’eradicazione del virus o la soppressione persistente della replicazione virale. Il management ? per? complicato dalle alterazioni farmacocinetiche, dall’aumento del rischio di tossicit? legata al farmaco e dalla necessit? di trapianto renale. Nei pazienti con infezione cronica da Hbv in replicazione attiva l’approccio pi? frequente ? la soppressione della replicazione virale con analoghi nucleosidici/nucleotidici. Per quanto riguarda invece l’epatite C, alcuni studi clinici hanno evidenziato come la monoterapia convenzionale con interferone induca una maggiore risposta virologica sostenuta ma anche pi? alti tassi di drop-out nei pazienti in dialisi rispetto ai soggetti con funzione renale preservata. I dati relativi all’interferone pegilato, come monoterapia o in combinazione con ribavirina, sono giudicati promettenti ma limitati. Un’ultima osservazione: i pazienti in dialisi che ottengono una risposta virologica sostenuta mantengono spesso la risposta dopo il trapianto di rene.

G Ital Nefrol, 2010; 27(3):262-73

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Mantenimento del ritmo sinusale dopo cardioversione elettrica nella fibrillazion

Uno studio ha valutato l?effetto dell?Atorvastatina ( Torvast ) nel raggiungimento del ritmo sinusale stabile 30 giorni dopo cardioversione elettrica nei pazienti con fibrillazione atriale persistente.

Lo studio ha riguardato 234 pazienti, che sono stati assegnati in modo casuale al trattamento con Atorvastatina 80 mg/die ( n=118 ) oppure placebo ( n=116 ) in modo prospettico.

Il trattamento ? stato iniziato 14 giorni prima della cardioversione ed ? stato continuato fino a 30 giorni dopo.

L?et? media dei pazienti era di 65 anni; il 76% erano di sesso maschile, e il 4% soffriva di cardiopatia ischemica.

L?Atorvastatina ? stata ben tollerata in tutti i pazienti con l?eccezione di uno.

Dodici pazienti sono stati esclusi prima del termine dello studio.

Nel gruppo Atorvastatina l?89% dei pazienti ? stato convertito a ritmo sinusale mediante cardioversione elettrica, contro l?86% del gruppo placebo ( p=0.42 ).

All?analisi intention-to-treat, il 51% dei pazienti nel gruppo Atorvastatina e il 42% di quelli trattati con placebo sono rimasti in ritmo sinusale fino a 30 giorni dopo la cardioversione elettrica ( odds ratio, OR=1.44; p=0.18 ).

Lo studio ha mostrato che l?Atorvastatina non ? statisticamente superiore al placebo nel mantenere il ritmo sinusale a 30 giorni dopo cardioversione elettrica nei pazienti con fibrillazione atriale persistente.

Almroth H et al, Eur Heart J 2009; 30: 827-833

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Fibrillazione atriale: la nefropatia cronica aumenta il rischio di tromboembolis

La fibrillazione atriale aumenta in modo sostanziale il rischio di ictus ischemico, ma questo rischio varia tra i singoli pazienti con questa aritmia, e gli attuali schemi di stratificazione del rischio hanno limitata capacit? predittiva.

La malattia renale cronica ? un fattore di rischio cardiovascolare maggiore, ma non ? noto se aumenti in modo indipendente il rischio di ictus ischemico nelle persone con fibrillazione atriale.

Uno studio, coordinato da Ricercatori del Kaiser Permanente of Northern California a Oakland negli Stati Uniti, ha esaminato in che modo la malattia renale cronica ( ridotta velocit? di filtrazione glomerulare o proteinuria ) influenzi il rischio di tromboembolismo, senza anticoagulazione, in pazienti con fibrillazione atriale.

Durante 33.165 persone-anno, non sottoposte ad anticoagulazione, tra 10.908 pazienti con fibrillazione atriale, sono stati osservati 676 eventi tromboembolici.

Dopo aggiustamento per i fattori di rischio noti per l?ictus e altri confondenti, la proteinuria ha aumentato il rischio di tromboembolismo del 54% ( rischio relativo, RR=1.54 ).

E?stato osservato un graduale aumento del rischio di ictus associato a livelli progressivamente pi? bassi di velocit? di filtrazione glomerulare stimata ( eGFR ) rispetto a una velocit? maggiore o uguale a 60 mL/min/1.73 m2: rischio relativo di 1.16 per eGFR da 45 a 59 mL/min/1.73 m2, e 1.39 per eGFR minore di 45 mL/min/1.73 m2 ( P=0.0082 per la tendenza ).

In conclusione, la malattia renale cronica aumenta il rischio di tromboembolismo nella fibrillazione atriale indipendentemente da altri fattori di rischio.
Conoscere i livelli della funzione renale e la presenza di proteinuria potrebbe migliorare la stratificazione del rischio riguardo alla decisione di instaurare una terapia antitrombotica per la prevenzione dell?ictus nella fibrillazione atriale.

Go AS et al, Circulation 2009;119: 1363-1369

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Confronto tra Warfarin e Dabigatran nella fibrillazione atriale

Il Warfarin ( Coumadin ) riduce il rischio di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, ma aumenta il rischio di emorragia, ed ? un farmaco di non facile uso.

Dabigatran ( Pradaxa ) ? un nuovo inibitore diretto della trombina.

In uno studio di non-inferiorit?, 18.113 pazienti con fibrillazione atriale e a rischio di ictus sono stati assegnati in maniera casuale a ricevere, in-cieco, dosi fisse di Dabigatran ( 110 mg o 150 mg, 2 volte al giorno ) oppure, non-in-cieco, una dose aggiustata di Warfarin.

La durata mediana del periodo osservazionale ? stata di 2 anni.

L’endpoint primario era rappresentato dall’ictus o dall’embolia sistemica.

I tassi di esito primario sono stati 1.69% per anno nel gruppo Warfarin, contro l?1.53% per anno nel gruppo trattato con 110 mg di Dabigatran ( rischio relativo con Dabigatran 0.91; P<0.001 per la non-inferiorit? ) e l?1.11% per anno nel gruppo trattato con 150 mg di Dabigatran ( rischio relativo 0.66; P<0.001 per la superiorit? ). Il tasso di sanguinamento maggiore ? stato pari al 3.36% per anno nel gruppo Warfarin, rispetto a 2.71% nel gruppo trattato con 110 mg di Dabigatran ( P=0.003 ) e 3.11% per anno nel gruppo trattato con 150 mg di Dabigatran ( P=0.31 ). Il tasso di ictus emorragico ? stato dello 0.38% per anno nel gruppo Warfarin rispetto allo 0.12% per anno con 110 mg di Dabigatran ( P<0.001 ) e 0.10% per anno con 150 mg di Dabigatran ( P<0.001 ). Il tasso di mortalit? ? stato 4.13% per anno nel gruppo Warfarin rispetto al 3.75% per anno con 110 mg di Dabigatran ( P=0.13 ) e 3.64% per anno con 150 mg di Dabigatran ( P=0,051 ). In conclusione, nei pazienti con fibrillazione atriale, Dabigatran somministrato alla dose di 110 mg ? risultato associato a tassi di ictus e embolia sistemica simili a quelli associati a Warfarin e a tassi inferiori di emorragia maggiore.
Dabigatran somministrato alla dose di 150 mg, rispetto a Warfarin, ? risultato associato a tassi inferiori di ictus ed embolia sistemica, ma a tassi simili di emorragia maggiore.

Connolly SJ et al, N Engl J Med 2009; 361: 1139-1151

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Iperplasia prostatica benigna: la via maestra ? la TURP

L?opzione chirurgica ? pi? efficace della terapia farmacologica nel migliorare i sintomi di incontinenza e di ostruzione nei pazienti con iperplasia prostatica benigna. Lo dimostra uno studio presentato al meeting annuale dell?American Urological Association.

I ricercatori della Mayo Clinic coordinati da Amy Krambeck hanno preso in esame dal 1990 al 2007 ben 2184 pazienti dai 40 ai 79 anni con diagnosi di iperplasia prostatica benigna: il 72% non ha ricevuto alcun trattamento, il 14% ha seguito una terapia a base di alfa bloccanti (o α1-recettori adrenergici antagonisti), il 9% ha seguito una terapia a base di inibitori della 5-alfa-reduttasi, l?1% ha subito una vaporizzazione laser, il 4% ha ricevuto una resezione transuretrale della prostata (TURP). ?I pazienti sottoposti a TURP hanno mostrato la remissione pi? evidente dei sintomi di incontinenza urinaria?, spiega la Krambeck. ?Solo nel gruppo TURP si ? passati da un tasso di sintomi urinari del 64,5% a uno del 41,9%: tale riduzione ? significativa se comparata a quella ottenuta con altre strategie terapeutiche?.
Fonte: Surgery ouperforms drug therapy in treatment of benign prostatic hyperplasia, research finds. Mayo Clinic news release 2010.

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Statine e prevenzione del tromboembolismo venoso

Secondo una meta-analisi che ha coinvolto quasi un milione di persone – presentata il 16 maggio 2010 all’International Conference dell’American Thoracic Society (ATS) – l’uso delle statine ? associato a una riduzione del rischio di TEV.
La metanalisi ? stata condotta per conciliare i risultati contrastanti presenti nell’attuale letteratura medica sull’incidenza di TEV tra coloro che assumono statine. La maggior parte di tali studi ha valutato agenti specifici; la meta-analisi, invece, ? stata realizzata sulle statine come classe.
La ricerca ? stata effettuata sui database di MEDLINE (dal 1950 al 2009), del Cochrane Central (2009) e di Scopus (1966-2009) e su riferimenti recensiti manualmente. Non sono state introdotte restrizioni sugli studi clinici randomizzati, ma per quelli osservazionali ? stata condotta l’analisi sulla base della regressione multivariata o il covariate matching. Le tecniche di tradizionale meta-analisi sono state utilizzate per analizzare i dati sullo sviluppo della trombosi venosa profonda (DVT), embolia polmonare (EP) e qualsiasi episodio di TEV. I ricercatori hanno individuato 10 studi che soddisfacevano i criteri prescelti, comprendenti 971.307 soggetti. Nove studi osservazionali e uno di intervento (Juppiter) controllato e randomizzato. Dei 9 studi osservazionali, 6 erano caso-controllo, 2 di coorte retrospettivi e 1 di coorte prospettico.
La meta-analisi ha evidenziato che l’uso di statine era associato a una riduzione del rischio relativo per TEV del 32%, 41% per la TVP e 30% per PE.

American Thoracic Society (ATS) 2010 International Conference: Abstract A1936. Presentato 16 Maggio 2010.

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Artrite reumatoide e prevalenza disfunzione diastolica?

Nei pazienti con artrite reumatoide (Ra) si osserva una pi? alta prevalenza di disfunzione diastolica rispetto ai soggetti non affetti dalla malattia. Poich? la durata di Ra e i livelli di Interleuchina-6 (Il-6) appaiono associati in modo indipendente alla disfunzione diastolica ? possibile che l’infiammazione cronica su base autoimmune eserciti un influsso sulla funzione miocardica. Lo studio di Kimberly Liang e collaboratori dell’university of Pittsburgh Medical center lascia intravedere implicazioni cliniche meritevoli di ulteriori approfondimenti. A queste conclusioni i ricercatori sono giunti confrontando, all’interno di uno studio trasversale di comunit?, coorti di persone adulte con e senza Ra, in assenza di una storia pregressa di insufficienza cardiaca. L’indagine ? stata condotta su 244 pazienti con Ra (et? media 60,5 anni, 71% donne) e 1.448 soggetti senza Ra (et? media 64,9 anni, 50% donne): oltre il 98% dei soggetti di entrambe le coorti mostrava una frazione di eiezione preservata (>/= 50%). La definizione di disfunzione diastolica adottata nello studio comprendeva alterato rilassamento miocardico (con o senza aumento delle pressioni di riempimento) o riduzione della distensibilit? di grado avanzato o pattern di riempimento restrittivo reversibile o fisso. La disfunzione diastolica ? stata osservata nel 31% dei pazienti Ra rispetto al 26% dei soggetti non-Ra per una Or pari a 1,6 (aggiustamento per et? e sesso). Inoltre la presenza di Ra, rispetto al gruppo di confronto, comportava una pi? bassa massa ventricolare sinistra, una pi? elevata pressione arteriosa polmonare e un maggior indice di volume atriale sinistro. Infine, anche dopo aggiustamento per i fattori di rischio cardiovascolare, la durata di Ra e il livello di Il-6 sono risultati indipendentemente associati alla disfunzione diastolica nei pazienti con Ra.?

Ann Rheum Dis, 2010 May 24. [Epub ahead of print]

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