FDA: aumentato rischio di danno muscolare con alti dosaggi di Zocor

Sulla base della revisione dei dati di uno studio clinico di ampie dimensioni e di dati di altre fonti, l?FDA ( Food and Drug Administration ) ha informato i medici e i pazienti riguardo a un aumentato rischio di danno muscolare per coloro che assumono il pi? alto dosaggio, approvato, di Simvastatina ( Zocor; in Italia anche Sinvacor, Sivastin ), 80 mg, rispetto ai pazienti trattati con dosaggi pi? bassi e probabilmente con altri farmaci della classe delle statine.

Lo studio sottoposto a revisione ? SEARCH ( Study of the Effectiveness of Additional Reductions in Cholesterol and Homocysteine ).
L?FDA sta anche compiendo una revisione di altri studi clinici, di studi osservazionali, segnalazioni di eventi avversi, e dati sull?uso prescrittivo della Simvastatina per meglio comprendere la relazione tra l?impiego di alti dosaggi di Simvastatina e il danno muscolare.

Il danno muscolare, anche noto come miopatia, ? un noto effetto indesiderato di tutte le statine, farmaci ipocolesterolemizzanti.
I pazienti con miopatia generalmente presentano dolore muscolare, dolorabilit? al tatto o debolezza, e un aumento della creatin-chinasi a livello plasmatico.
Pi? alta ? la dose utilizzata, maggiore ? il rischio di sviluppare miopatia.

Il rischio di miopatia ? anche aumentato quando la Simvastatina, soprattutto a pi? alte dosi, ? impiegata in associazione a certi farmaci [ controindicazioni assolute: Itraconazolo ( Sporanox ) , Ketoconazolo ( Nizoral ), Eritromicina ( Eritrocina ), Claritromicina ( Klacid ), Telitromicina ( Ketek ), inibitori della proteasi per infezione da HIV ].
La pi? grave forma di miopatia ? detta rabdomiolisi. Si presenta quando una proteina ( mioglobina ) ? rilasciata come conseguenza della distruzione delle miofibrille. La mioglobina pu? danneggiare i reni.
I pazienti con rabdomiolisi possono presentare urine scure o rosse, avvertire senso di affaticamento, in aggiunta ai sintomi muscolari.
Il danno ai reni da rabdomiolisi pu? essere cos? grave che i pazienti possono sviluppare insufficienza renale, con esito talora fatale.

I fattori di rischio noti alla base dello sviluppo di rabdomiolisi comprendono: et? maggiore di 65 anni, bassi livelli di ormone tiroideo ( ipotiroidismo ), e scarsa funzione renale.

La miopatia e la rabdomiolisi sono segnalati come possibili effetti indesiderati nella scheda tecnica della Simvastatina e di altre statine.

Lo studio SEARCH ha preso in esame nel corso di 6.7 anni il numero di eventi cardiovascolari maggiori ( infarto miocardico, rivascolarizzazione, e morte cardiovascolare ) in 6.031 pazienti che stavano assumendo 80 mg di Simvastatina rispetto a 6.033 pazienti che invece assumevano 20 mg di Simvastatina.
Tutti i pazienti nello studio avevano sofferto in precedenza di un infarto miocardico.

I risultati preliminari dello studio SEARCH hanno rivelato che pi? pazienti nel gruppo Simvastatina 80 mg hanno sviluppato miopatia, rispetto ai pazienti nel gruppo Simvastatina 20 mg [ 52 casi ( 0.9% ) contro 1 caso ( 0.02% ) ].
Le analisi preliminari dell?FDA dei dati primari hanno inoltre indicato che 11 pazienti ( 0.02% ) nel gruppo Simvastatina 80 mg hanno sviluppato rabdomiolisi, contro nessun paziente nel gruppo Simvastatina 20 mg.

Nel 2008, l?FDA aveva allertato il pubblico riguardo a un aumentato rischio di sviluppare rabdomiolisi quando i dosaggi maggiori di 20 mg di Simvastatina sono somministrati assieme all?Amiodarone ( Cordarone ).

Nel marzo 2010, l?FDA ha approvato una revisione della scheda tecnica della Simvastatina basata sui risultati ad interim di uno studio clinico in corso, HPS2 ( Heart Protection Study 2 ).
Si afferma che i pazienti di discendenza cinese non dovrebbero assumere Simvastatina 80 mg con dosi modificanti il colesterolo di prodotti a base di Niacina. Inoltre, viene raccomandata cautela quando tali pazienti sono trattati con Simvastatina 40 mg o meno in combinazione con dosi modificanti il colesterolo di prodotti contenenti Niacina.
I risultati ad interim di HPS2 hanno mostrato che l?incidenza di miopatia era pi? alta nei pazienti di discendenza cinese ( 0.43% ) rispetto ai pazienti di discendenza non cinese ( 0.03% ), che stavano assumendo 40 mg di Simvastatina pi? un farmaco modificante i livelli di colesterolo ( maggiore o uguale a 1 g/die ) di un prodotto contenente Niacina. Non ? noto se altri pazienti di discendenza asiatica fossero ad aumentato rischio di miopatia.

Inoltre, l?FDA ha avvisato i medici di evitare la prescrizione di dosi di Simvastatina superiori a 40 mg/die, quando i pazienti assumono Diltiazem ( in Italia: Dilzene, Tildiem ), a causa di un aumentato rischio di miopatia.

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Fattore di rischio indipendente di malattia coronarica: iperomocisteinemia

Ricercatori dell?Oregon Evidence-based Practice Center a Portland negli Stati Uniti, si sono posti l?obiettivo di determinare se un elevato livello sierico di omocisteina fosse un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di malattia coronarica.

Sono stati individuati 26 studi.

La maggior parte degli studi ha trovato aumenti compresi tra il 20 e il 50% del rischio cardiovascolare per ciascun aumento di 5 micromol/L nel livello plasmatico di omocisteina.

La meta-analisi ha prodotto un risk ratio combinato per gli eventi coronarici di 1.18 per ciascun aumento di 5 micromol/L dell?omocisteinemia.

L?associazione tra omocisteina e malattia coronarica ? risultata simile quando l?analisi ? stata compiuta per sesso, durata del follow-up, esito, qualit? e disegno dello studio.

In conclusione, ciascun aumento di 5 micromol/L nel livello di omocisteina aumenta il rischio di eventi coronarici di circa il 20%, in modo indipendente dai tradizionali fattori di rischio della coronaropatia.

Humphrey LL et al, Mayo Clinic Proc 2008; 83: 1203-1212

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Tumore al seno: l?assunzione alimentare di soia aumenta la sopravvivenza

I cibi che contengono soia sono ricchi di isoflavoni, che si pensa siano in grado di ridurre il rischio di tumore del seno, tuttavia l?effetto simil-estrogeno degli isoflavoni e la potenziale interazione tra isoflavoni e Tamoxifene ( Nolvadex ) hanno fatto sorgere dubbi sull?assunzione di cibi contenenti soia nelle pazienti con tumore del seno.

Un gruppo di Ricercatori del Vanderbilt Epidemiology Center, a Nashville negli Stati Uniti, ha valutato l?associazione tra assunzione alimentare di soia dopo diagnosi di cancro al seno e mortalit? per cancro e ricorrenza della malattia.

E? stato preso in esame lo Shanghai Breast Cancer Survival Study, un ampio studio di coorte che ha coinvolto 5.042 donne cinesi sopravvissute al carcinoma mammario. Le pazienti, di et? compresa tra 20 e 75 anni, avevano ricevuto la diagnosi nel periodo 2002-2006, sono state seguite fino a met? 2009.

Informazioni relative alla diagnosi e al trattamento del tumore, allo stile di vita dopo la diagnosi e alla progressione della malattia sono state raccolte circa 6 mesi dopo la diagnosi e sono state riviste in 3 colloqui di follow-up a 18, 36 e 60 mesi dalla diagnosi.

Per ottenere informazioni sulla sopravvivenza delle pazienti perse nel corso del follow-up ? stato utilizzato il database Shanghai Vital Statistics Registry e le cartelle cliniche sono state riviste per verificare le informazioni relative a malattia e trattamento.

Le principali misure di esito erano la mortalit? totale e la ricorrenza di tumore mammario o i decessi correlati.

? stata utilizzata un?analisi di regressione di Cox con aggiustamenti per predittori clinici noti e altri fattori legati allo stile di vita e l?assunzione alimentare di soia ? stata trattata come una variabile tempo-dipendente.

Nel corso di un follow-up mediano di 3.9 anni ( intervallo 0.5-6.2 anni ), sono stati osservati 444 decessi e 534 recidive o decessi legati al carcinoma mammario in 5.033 pazienti con tumore del seno sottoposti a trattamento chirurgico.

L?assunzione alimentare di soia, misurata come assunzione di proteine della soia o isoflavoni della soia, ? risultata inversamente associata a mortalit? e ricorrenza.

L?hazard ratio ( HR ) associato al pi? alto quartile di assunzione di proteine della soia ? stato 0.71 per la mortalit? totale e 0.68 per la ricorrenza rispetto al quartile pi? basso di assunzione.

I tassi di mortalit? multivariati e aggiustati a 4 anni sono risultati pari a 10.3% e 7.4% e i tassi di ricorrenza a 4 anni sono stati pari all?11.2% e all?8%, rispettivamente, per donne nel pi? basso e nel pi? alto quartile di assunzione di proteine della soia.

L?associazione inversa ? risultata evidente tra le donne con carcinoma mammario positivo o negativo per il recettore dell?estrogeno ed ? risultata presente sia nelle donne che facevano uso di Tamoxifene, sia in quelle che non utilizzavano il farmaco.

In conclusione, nelle donne con tumore alla mammella, il consumo di cibi contenenti soia ? risultato associato in modo significativo a una diminuzione del rischio di morte e ricorrenza della malattia.

Shu XO et al, JAMA 2009; 302: 2437-1443

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Perdita improvvisa dell?udito con gli inibitori della fosfodiesterasi-5

L?FDA ( Food and Drug Administration ) ha approvato cambiamenti nelle schede tecniche dei farmaci per la disfunzione erettile nella classe che comprende Cialis ( Tadalafil ), Levitra ( Vardenafil ) e Viagra ( Sildenafil ), riguardo al potenziale rischio di improvvisa perdita dell?udito.

Inoltre, l?FDA ha richiesto gli stessi cambiamenti alla scheda tecnica di Revatio ( Sildenafil ).
Revatio trova impiego nel trattamento dell?ipertensione polmonare.

L?FDA ? stata indotta ad intervenire dopo che un piccolo numero di pazienti che avevano assunto gli inibitori della fosfodiesterasi-5 ( PDE-5 ) hanno riportato improvvisa perdita dell?udito, talvolta accompagnata da suoni nell?orecchio e da capogiri.

I pazienti che assumono Cialis, Levitra o Viagra e che vanno incontro ad improvvisa perdita dell?udito dovrebbero interrompere immediatamente l?assunzione del farmaco.

I pazienti che stanno impiegando Revatio dovrebbero continuare a prendere il farmaco, ma dovrebbero consultare il proprio medico curante.
La non sospensione del farmaco ? giustificata dalla gravit? dell?ipertensione polmonare, una condizione minacciante la vita.

Nell?aprile 2007, ? stato riportato sul Journal of Laryngology & Otology il caso di un uomo che stava assumendo Viagra e che ha perso improvvisamente l?udito. Ad oggi sono 29 le segnalazioni postmarketing di improvvisa perdita dell?udito, con o senza suoni nelle orecchie, vertigini o capogiri.
Nella maggior parte di casi, la perdita dell?udito interessa un solo orecchio, ed ? parziale o completa.
In un terzo dei pazienti, l?evento ? temporaneo.

Sebbene nessuna relazione causale sia stata dimostrata, la forte associazione tra l?impiego degli inibitori PDE-5 e l?improvvisa perdita dell?udito, ha indotto l?FDA ad intervenire.

Fonte: FDA, 2007

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Anticorpi TgAb e rischio di cancro tiroideo

La misurazione degli anticorpi antitireoglobulina (TgAb), insieme all’analisi dei fattori di rischio e ai livelli di tireotropina (TSH), ?pu? fornire informazioni aggiuntive utili a predire la malignit? di noduli tiroidei citologicamente indeterminati. ? la conclusione alla quale ? giunto un team di ricercatori della Divisione di Endocrinologia e Metabolismo del Collegio medico dell’Universit? Cattolica coreana di Seul. Sono state analizzate retrospettivamente le cartelle cliniche di 1.638 pazienti con noduli tiroidei valutati mediante citologia da agoaspirato con ago sottile sotto guida ecografica. La presenza di un fenomeno autoimmunitario ? stata determinata misurando i TgAb e gli anticorpi antiperossidasi tiroidea (TpoAb). L’outcome finale, per decidere se la malattia fosse benigna o maligna, si ? basata su una combinazione di informazioni citologiche e istologiche. I noduli maligni hanno fatto registrare una frequenza pi? elevata di positivit? ai TgAb (30,8% vs. 19,6%, p<0,001) e di elevazione dei livelli di Tsh (2,5?2,8 mlU/LL vs. 2,1?2,0 mlU/L, p=0,021) rispetto alle formazioni benigne. Il tasso di positivit? ai TpoAb, invece, non ? stato pi? evidente nei noduli maligni, sebbene sia i TpoAb sia i TgAb fossero ben correlati con i valori di TSH e di tiroidite autoimmune (AIT) diagnosticata istologicamente. All'analisi multivariata, una positivit? ai TgAb ? apparsa associata in modo significativo con il cancro della tiroide (OR=1,61) insieme a livelli di Tsh nel terzile superiore del range di normalit? (OR=1,72) e al si sopra dello stesso range (OR=1,98). Per la prima volta, dunque, si dimostra che la positivit? al test dei TgAb rappresenta un elemento predittivo indipendente di malignit? di un nodulo tiroideo, insieme alla misurazione del Tsh e senza dover tenere conto della presenza di una AIT. Thyroid, 2010 May 14. [Epub ahead of print]

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L’asma annuncia meno rischi di ca ovarico

Non ? la prima volta che viene segnalata un’associazione inversa tra allergia e sviluppo di alcuni tipi di tumore. In questo contesto una nuova correlazione ? ora emersa grazie a uno studio esplorativo caso-controllo effettuato sui dati degli ospedali della Florida, relativi all’anno 2001, da Wafic Elmasri, ginecologo del Texas Tech University Health Science Center, Foster School of Medicine di El Paso, Stati Uniti, insieme ai suoi collaboratori. I casi presi in considerazione riguardano 1.582 donne con diagnosi di cancro ovarico alla dimissione. I dati sono stati incrociati con quelli di due popolazioni di controllo: 4.744 donne con diagnosi di frattura degli arti superiori e 21.830 donne con diagnosi principale di infarto acuto del miocardio. Le odds ratio sono state aggiustate per et?, razza/etnia, stato assicurativo, obesit? e fumo. ? stato cos? possibile evidenziare un’associazione inversa con l’asma per il cancro ovarico. Le donne con diagnosi di cancro ovarico avevano una probabilit? di essere asmatiche inferiore rispetto alla popolazione con frattura (Or aggiustata: 0,70) o con infarto miocardico (Or aggiustata: 0,62). In base ai dati della Florida, quindi, sembra che le donne asmatiche siano esposte a un rischio pi? basso di sviluppare cancro ovarico rispetto alle donne non asmatiche.

Arch Environ Occup Health 2010; 65: 101-5

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Triptano con buon profilo di tollerabilit

Frovatriptan, triptano impiegato sia per la profilassi a breve termine (Stp) sia per il trattamento acuto (At) dell’emicrania mestruale (Mm), ? caratterizzato da un buon profilo di tollerabilit?. Il dato scaturisce da una nuova analisi dei dati di 5 studi clinici precedentemente pubblicati: si tratta di 2 studi At di fase III in acuto (uno randomizzato e placebo-controllato e uno in aperto, non comparativo, della durata di 12 mesi) e 3 studi Stp di fase IIIb (due randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo, uno in aperto, non comparativa, riferito a 12 cicli). Gli eventi avversi (Ae) sono risultati globalmente di grado leggero o moderato (studi At: 82,3-90,0%; studi Stp: 78,9-89,5%). Nello studio At randomizzato, che ha previsto l’impiego di frovatriptan 2,5 mg o sumatriptan 100 mg o placebo per ogni attacco, le percentuali di Ae probabilmente o possibilmente correlati al trattamento sono risultate pari a 27,3%, 33,4% e 14,8% nei pazienti dei gruppi frovatriptan, sumatriptan e placebo, rispettivamente. Non sono state osservate differenze significative tra i due triptani per quanto riguarda lo stato di analgesia sostenuta senza Ae a 4-24 ore o la risposta analgesica sostenuta senza Ae a 2-24 ore o 4-24 ore. Nei due studi randomizzati che hanno valutato la terapia Stp per la Mm le donne hanno ricevuto frovatriptan 2,5 mg per 6 giorni nel periodo perimestruale, con una dose iniziale di 2 o 4 compresse al giorno 1 seguite da 2,5 mg del farmaco una o due volte al giorno. L’impatto degli eventi avversi varia in base allo schema posologico: Ae sono stati riportati nel 57,8% dei pazienti ai quali ? stato somministrato frovatriptan due volte al giorno e nel 63,4% dei soggetti che hanno ricevuto il farmaco una volta al giorno. Il dato va confrontato con quanto rilevato nel gruppo placebo, dove gli AE sono stati registrati nel 62,8% dei casi. Un risultato sottolineato dagli autori a conclusione del loro studio ? che non sono state evidenziate consistenti differenze negli Ae riportati dai pazienti con potenziale rischio cardiovascolare o correlati all’impiego di contraccettivi estrogenici.

Gend Med 2010; 7: 88-108

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Tos richiede attenzione con l’obesit

La terapia ormonale sostitutiva (Tos) nelle donne obese in post-menopausa richiede un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio e, qualora la terapia trovi indicazione, ? opportuno utilizzare gli estrogeni alla dose minima efficace. Queste e altre importanti raccomandazioni sono state formulate in un position statement dell’Emas (European menopause and andropause society), frutto di una review della letteratura e di una consensus tra gli esperti. Il documento, che porta la prima firma di Irene Lambrinoudaki, ginecologa dell’Aretaieio Hospital, Universit? di Atene, richiama l’attenzione sulla necessit? di valutare caso per caso il rischio cardiovascolare, tromboembolico e di tumore al seno. Un corretto inquadramento del profilo di rischio – ricordano gli autori – consente di valutare meglio l’opportunit? della terapia ormonale, di cui peraltro sono stati accertati i benefici sulla sintomatologia, sulla qualit? di vita e sul rischio osteoporosi. Fondamentale il riscorso alle dosi minime efficaci di estrogeni che corrispondono a 0,300-0,400 mg/die di estrogeni coniugati equini, 0,5-1 mg/die di estradiolo orale o 25-50 mug di estradiolo somministrato per via transdermica. Per quanto riguarda invece i progestinici, pur in assenza di studi clinici randomizzati, le indagini osservazionali indicano che il progesterone o il diidrogesterone micronizzati comportino un miglior profilo di rischio di cancro mammario. Mancano dati di studi randomizzati che confrontino i vari progestinici in relazione al tromboembolismo venoso (Vte): gli studi osservazionali, per?, suggeriscono che i derivati dei pregnani o il progesterone micronizzato garantiscano una riduzione del rischio Vte nelle donne in post-menopausa che assumono la Tos. Infine, il position statement rileva un preciso razionale a sostegno della via di somministrazione transdermica degli ormoni nelle donne obese perch? associata a un minor rischio di VTE rispetto alla somministrazione orale.

Maturitas. 2010 Apr 29. [Epub ahead of print]

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Mammografia sotto i 40 d? falsi positivi

Nelle donne di et? inferiore a 40 anni avviate a screening mammografico si osservano alti tassi di falsi positivi, di richiami dopo l’indagine e di esami addizionali d’imaging. Il tasso di identificazione del tumore al seno risulta invece basso. Questa la conclusione di un’analisi effettuata su 6 registri statunitensi del Breast Cancer Surveillance Consortium da Bonnie Yankaskas, University of North Carolina at Chapel Hill, e collaboratori. Tra le 73.335 donne di et? compresa tra 35 e 39 anni sottoposte allo screening il tasso di richiamo ? piuttosto elevato (12,7%) con una sensibilit? del 76,1% e una specificit? dell’87,5%: il tasso di identificazione ? pari a 1,6 tumori ogni mille mammografie. Nelle donne pi? giovani incluse nello studio, ovvero quelle di et? compresa tra 18 e 24 anni, non ? stato individuato alcun tumore a fronte di 637 mammografie effettuate. Per le mammografie diagnostiche, il tasso di identificazione aggiustato per et? arriva invece a 14,3 tumori ogni mille mammografie, con una sensibilit? dell’85,7% e una specificit? dell’88,8%. Gli autori definiscono “poor performance” il risultato ottenuto tra le donne di 35-39 anni, che rappresentavano la maggior parte di quelle sottoposte a screening nella casistica esaminata. Estrapolando i dati, si calcola che in una popolazione teorica di 10mila donne di 35-39 anni avviate a screening, 1.266 donne sarebbero ulteriormente controllate, 1.250 avrebbero un falso-positivo mentre verrebbero identificati 16 tumori.

J Natl Cancer Inst. 2010 May 3. [Epub ahead of print]

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Le donne italiane bevono sempre di pi?

La diffusione del consumo di alcol nel nostro Paese rimane stabile, ma quello che cresce e preoccupa maggiormente ? l’abitudine a bere fuori pasto, un modello comportamentale che ci avvicina ai Paesi dell’Europa del Nord. Il dato arriva dall’ultima rilevazione Istat “L’uso e l’abuso di alcol in Italia” relativa all’anno 2009. In particolare, il “binge drinking”, cio? il consumo di sei o pi? bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione, riguarda sempre pi? i minorenni, che in molti casi si avvicinano alle sostanze alcoliche gi? a partire dagli 11 anni, con una percentuale doppia nei maschi rispetto alle femmine. Tra le fasce d’et?, i comportamenti pi? a rischio si registrano negli over 65 e nei giovani di et? compresa tra i 18 e i 24 anni. Ma ? tra le donne che si registrano i dati pi? preoccupanti: le donne italiane bevono sempre di pi?. La percentuale di bevitrici lontano dai pasti registra un incremento del 23,6% contro il 6,2% dei maschi, mentre fortunatamente decresce del 24,4% quella delle consumatrici abituali.

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