Infertilità e ca testicolo

Nei paesi industrializzati il cancro germinale del testicolo ? il tumore pi? frequente nei giovani uomini, e negli ultimi trenta-cinquant?anni l?incidenza ? notevolmente aumentata, per esempio tra i Sessanta e il Duemila da 3,5 a 10 casi/100.000 persone-anno in Scandinavia e tra i Settanta e il Duemila da 3,8 a 6,8 casi/100.000 persone-anno negli USA. Nello stesso arco di tempo ? aumentata l?infertilit? maschile e continuata a declinare la qualit? del seme: da tempo si ? ipotizzato un legame tra i due andamenti, le ricerche non hanno per? ancora fatto chiarezza. Un nuovo ampio studio di coorte statunitense aggiunge ora evidenze a sostegno di un effettivo maggior rischio di tumore testicolare in uomini con problemi d?infertilit?, suggerendo l?esistenza di fattori eziologici in comune.

Rischio quasi triplo se fattori di sterilit?
Studi condotti in precedenza hanno fornito riscontri eterogenei, con differenze anche tra coorti europee e americane, e limiti metodologici o di numerosit?. La ricerca attuale ha voluto analizzare un?ampia coorte, partendo da pi? di 51.00 coppie californiane afferite a centri per l?infertilit?, collegando i dati di oltre 22.000 partner maschili con quelli del Registro tumori. Si ? confrontata l?incidenza di ca testicolare con un campione maschile di popolazione a parit? di et? e analizzato il rischio tumorale in presenza o assenza di fattori d?infertilit?. Nel periodo considerato ci sono stati 34 casi di tumore testicolare (per l?85% seminoma); tra gli uomini con richiesta di trattamento anti-sterilit? il rischio ? apparso aumentato (tasso d?incidenza 1,3) rispetto alla popolazione generale, e marcatamente aumentato per quelli con fattori d?infertilit? noti (2,8). L?analisi multivariata ha mostrato che gli uomini con fattori d?infertilit? avevano una probabilit? quasi 3 volte pi? alta di quelli senza di sviluppare la neoplasia, dopo l?aggiustamento per et?, durata dell?infertilit? e suo trattamento.

Possibile alterata riparazione del DNA
Il dato d?incidenza aumentata a 1,3 ? simile all?1,6 di un analogo studio danese (lontani da uno addirittura di 18,3), e il rischio assoluto resta basso. I risultati comunque suggeriscono che fattori d?infertilit? maschile possano essere un fattore di rischio per il cancro germinale testicolare, sia pure con possibili bias nello studio, per esempio relativi allo status socio-economico o alla presenza di criptorchidismo. ? tuttavia improbabile, commentano gli autori, che l?infertilit? (o il suo trattamento) possano causare la neoplasia: la spiegazione pi? plausibile ? l?esistenza di fattori sottostanti in comune. Per esempio forme severe d?infertilit? si assocerebbero ad alterata riparazione del DNA, che a sua volta ? collegata alla cancerogenesi; nella sindrome disgenetica testicolare elementi genetici, ambientali e la sterilit? contribuirebbero allo sviluppo del ca testicolare. Data la possibile associazione tra infertilit? e cancro, occorre quindi indagare sull?eziologia della scarsa ?salute germinale? in queste condizioni, per individuare possibili spazi di prevenzione e monitoraggio.

Elettra Vecchia
(Walsh TJ et al. Increased risk of Testicular Germ Cell Camper Among Infertile Men. Arch Intern Med 2009; 169(4):351-356)

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Arriva la primavera

Arriva la primavera, facciamo “rifiorire” anche la nostra capigliatura. I mesi invernali passati nelle citt? inquinate e avvolte dallo smog hanno indebolito i capelli, che appaiono pi? fragili e spenti. Non ? solo una questione estetica, come spiega Fabio Rinaldi, dermatologo, presidente di International Hair Research Foundation: “Maggiore ? l’inquinamento, pi? il capello soffre, e la cute sottostante si irrita e arrossa. Studi recenti hanno dimostrato che i capelli, quando sono esposti continuamente allo smog e ai gas di scarico delle citt?, crescono meno bene. Trattengono polveri sottili e metalli pesanti, anche loro “respirano” tutte quelle sostanze nocive presenti nelle nostre citt?”.
Le chiome, quindi, sono delle vere e proprie spugne, e va detto che tanto pi? sono lunghe maggiormente possono assorbire sostanze inquinanti.
Con l’inizio della bella stagione, ? quindi il momento di dedicare qualche attenzione in pi? alla capigliatura. Al riguardo Fabio Rinaldi spiega che “si pu? aiutare il capello sofferente con l’aiuto di prodotti che ne stimolano la crescita, regolarizzano il naturale ciclo biologico e li fanno crescere pi? forti e sani. In molte farmacie si trovano prodotti galenici, preparati cio? dallo stesso farmacista, studiati per questo scopo. Inoltre sono in commercio prodotti gi? pronti a base di adenosina, ornitina e taurina, sostanze che nutrono i capelli, stimolandone la vitalit?. Sono soluzioni o fiale da applicare localmente per uno o due mesi. Esistono maschere e impacchi con funzione antinfiammatoria, a base di betaglucano o acido glicirretico, da eseguire due-tre volte alla settimana. Utili a migliorare lo stato di salute dei capelli e soprattutto a rivitalizzare la crescita possono essere anche capsule a base di resveratolo, licopene e vitamina C da prendere per bocca”.
E’ il caso, invece, di chiedere consiglio a un dermatologo, aggiunge Rinaldi, “quando i capelli appaiono troppo fini, elettrizzati, o in caso di caduta abbondante prolungata. Un campanello d’allarme che qualcosa non va potrebbe essere anche avvertire persistente prurito o bruciore al cuoio capelluto”.
E niente paura, rassicura lo specialista: al contrario di quanti molti credono pi? ci si lava i capelli e meglio ?, basta usare shampoo molto delicati. Se le chiome sono colorate e trattate, si dovrebbe applicare poi un balsamo o una maschera ristrutturante. Le tinture, in linea di principio, non sono dannose se non si soffre di qualche allergia.
Internatonal Hair Research Foundation organizza anche incontri con il pubblico per parlare di temi legati ai capelli. A Milano nel mese di aprile si parler? di novit? terapeutiche, speranze e disillusioni per le cure scorrette.

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New Ultrasound Screening Criteria for Polycystic Kidney Disease Proposed

Modification of the current screening criteria is needed for diagnosing patients with autosomal dominant polycystic disease (ADPKD). A study suggests that some patients with some forms of ADPKD may be misdiagnosed.

Screening for ADPKD in individuals with a family history of the disease is important. Young people who know they are affected may be able to better preserve their kidney function by diet, lifestyle modification, and blood pressure control.

The results indicated that the ultrasound diagnostic criteria currently in use may misdiagnose individuals with mutations in the PKD2 gene. Therefore, the investigators designed new ultrasound criteria that could accurately detect the disease in individuals with mutations in either PKD1 or PKD2 gene.

They determined that in families of unknown gene type, the presence of 3 or more kidney cysts is sufficient for establishing the diagnosis in individuals between ages of 15 to 39 years. In the 40 to 59 years age group 2 or more cysts in each kidney are sufficient for diagnosis, and in individuals at risk over 60 years, 4 or more cysts in each kidney are required for the diagnosis of ADPKD. This criteria applies only to individuals who have a family history of ADPKD.

To read full article go to: http://www.docguide.com/news/content.nsf/news/852571020057CCF6852574EA006BD0CD

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Calcoli renali: curarli e prevenirli

Che cosa si pu? fare oggi per eliminarli e che cosa si deve mangiare (o non mangiare) per evitarli
I calcoli renali sono la precipitazione nelle vie urinarie di cristalli di sostanze che di solito vengono eliminate in forma sciolta. Le cause sono essenzialmente un eccesso di ossalato di calcio o di acido urico associato a un disturbo della cristallizzazione . ?Si presentano di solito con la cosiddetta colica renale: un dolore violentissimo nella regione lombare che si irradia verso la zona inguinale? spiega in un’intervista video il professor Giuseppe D’Amico, presidente della Fondazione D?Amico per la Ricerca sulle Malattie Renali e primario emerito di nefrologia all’ospedale San Carlo, Milano.
?Se il calcolo ? piccolo si pu? aspettare che venga espulso? conclude l’esperto, ?Se ? grosso e minaccia di ostruire l?uretere si usano le onde d?urto?. E la dieta per prevenirli? ?Non ? vero che una dieta ricca di calcio sia controindicata. Anzi ? vero il contrario? puntualizza il professor D’Amico.

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Tumori: estratto te’ verde blocca tumore prostata

Roma, 23 ott. (Adnkronos Salute) – Nelle tazza di t? verde un’arma in grado di bloccare il tumore alla prostata prima che si manifesti. “Ormai, dopo i primi studi effettuati nel 2005, abbiamo confermato il potere dell’estratto di t? verde”, spiega all’ADNKRONOS SALUTE Saverio Bettuzzi del Dipartimento di medicina sperimentale dell’Universit? di Parma, a margine del convegno in corso a Roma organizzato dall’Istituto nazionale biostrutture e biosistemi al Cnr. “In uno studio clinico su 60 volontari con lesioni preneolpastiche – dice – abbiamo dimostrato che l’estratto ha un’efficacia del 90% nel bloccare l’evoluzione tumorale. Insomma, gli ultimi dati suggeriscono che proprio dal t? verde pu? arrivare una terapia precoce per le lesioni precancerose, che oggi non vengono trattate affatto”.

Si tratta, per di pi?, di un risultato “definitivo – assicura il ricercatore – Infatti l’evoluzione della lesione in tumore si blocca davvero, e non viene semplicemente rallentata”. Non solo, l’effetto dell’estratto della bevanda tanto amata in Oriente ? significativo anche sull’ipertrofia prostatica benigna. “Ma attenzione, se gli uomini orientali ne sperimentano da secoli i benefici, occorre ricordare anche che ne consumano litri al giorno. In occidente ? difficile pensare di fare lo stesso, noi nello studio abbiamo usato capsule concentrate, oltretutto prive di caffeina”.

Il segreto delle virt? dell’estratto sta nelle catechine, “capaci di alterare alcuni geni oncosoppressivi come Clusterin. In pratica, con l’estratto i suoi livelli salgono notevolmente”. Convinto delle virt? del t? verde, Bettuzzi confessa di consumarne in gran quantit?. “Ancora meglio ? il t? bianco, ricchissimo di catechine. Queste preziose sostanze – ricorda – sono presenti anche in diversi vegetali, tra cui i broccoli. Ma il t? verde e bianco ne sono davvero ricchissimi, inoltre la particolare preparazione fa in modo che non si deteriorino n? si riducano”.

Il ricercatore ritiene che l’estratto di t? verde sia una speranza importante non solo contro il tumore della prostata. Studi eseguiti in Oriente evidenziano risultati interessanti anche contro il tumore al seno e quello al colon: “Le ricerche vanno avanti”, conclude.

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Ostruzione nasale: efficace espansione mascellare

In una popolazione pediatrica con diversi tipi di costrizione mascellare, l’espansione mascellare rapida (RME) migliora la respirazione nasale espandendo la cavit? nasofaringea. Dato che questa tecnica influenza positivamente l’ostruzione nasale nei soggetti con problemi respiratori riducendo la resistenza nasale, era lecito attendersi un risultato simile nei bambini con dentizione decidua o mista affetti da costrizione mascellare o ostruzioni nasali di altra natura. La RME risulta particolarmente efficace nei pazienti in posizione supina, forse per via dell’incremento dello spazio nasale posteriore, o pi? probabilmente per via della maggiore gravit? iniziale dell’ostruzione in questa posizione. Con l’adozione della RME ? possibile evitare l’intervento chirurgico per ipertrofia adenoidea che causa ostruzione nasofaringea nei bambini con malocclusioni dentali o costrizione mascellare, ed ? possibile applicare lo stesso protocollo anche ai bambini con apnea ostruttiva nel sonno. (Arch Otolaryngol Head Neck Surg 2009; 135: 22-7)

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Tumori: studio italiano, in buccia d’arance olio nemico di cancro prostata

Roma, 9 ott. (Adnkronos Salute) – Arance, frutto anticancro per eccellenza. A confermare le virt? salutari di questo frutto ? un nuovo studio italiano, pubblicato su ‘Cancer Research’ e condotto dall’?quipe guidata da Adriana Albini dell’Irccs MultiMedica di Milano e Francesca Tosetti dell’Ist di Genova. “Una categoria di nuovi farmaci antinfiammatori e antitumorali derivati dai triterpenoidi naturali, molecole simili agli oli essenziali delle bucce d’arancia – annunciano i ricercatori italiani – potrebbe costituire una risorsa terapeutica o preventiva per la popolazione maschile a rischio di sviluppare il tumore prostatico, soprattutto quando esista una storia familiare di malattia”.

I dati sono stati presentati durante il Congresso nazionale della Societ? italiana di cancerologia, che si conclude oggi a Napoli, dai tre giovani ricercatori di MultiMedica Ilaria Sogno, Rosaria Cammarota e Luca Generoso, in collaborazione con Roberta Ven? di Genova. “Abbiamo scoperto – spiega Albini, responsabile della Ricerca oncologica dell’Irccs MultiMedica – che i triterpenoidi sintetici uccidono preferenzialmente le cellule di tumore alla prostata insensibili alla terapia ablativa ormonale, riattivando alcune vie di morte cellulare programmata potenzialmente molto efficaci, ma ‘sopite’ nelle cellule tumorali”. Una batteria di enzimi sentinella, le caspasi, sono infatti normalmente deputati all’eliminazione delle cellule irrimediabilmente danneggiate, prodotte continuamente in un organismo sano.

Da un certo punto di vista, le cellule tumorali sono anch’esse cellule danneggiate, che per? acquisiscono la capacit? di convivere con anomalie consistenti, continuando a proliferare e a colonizzare altri organi. “La scoperta – prosegue Albini – ? che i triterpenoidi funzionano indebolendo l’attivit? di una proteina di recente interesse come target farmacologico, la glicogeno sintasi cinasi-3 (GSK-3), che favorisce appunto la vitalit? delle cellule tumorali limitando l’attivit? delle caspasi o proteggendo i mitocondri da cui parte il processo di smantellamento delle cellule malate. La disattivazione di GSK-3 da parte dei triterpenoidi ha ulteriori conseguenze metaboliche che infliggono il colpo finale alle cellule prostatiche maligne: le priva di energia, causandone la disintegrazione”. “Sorprendentemente – continua Albini – tutto ci? avviene utilizzando dosi molto basse di farmaci, il che lascia ben sperare sulla possibilit? di controllarne gli effetti collaterali”. Lo studio, sostenuto dall’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro), ? il completamento delle ricerche compiute sui terpenoidi come antiangiogenici condotte dall’?quipe di Albini in collaborazione con gli Usa.

Il nuovo farmaco ? gi? in fase I di sperimentazione clinica sui pazienti con varie neoplasie. “Il triterpenoide sintetico, in associazione con un lontano parente della vitamina A – conclude Albini – era gi? efficace contro il tumore al seno ormono-resistente in studi preclinici e ora potrebbe diventare un’arma importante contro quello alla prostata”. I ricercatori hanno testato la molecola della buccia d’arancia in provetta e in modelli preclinici, osservando che ? in grado di agire efficacemente sulle cellule malate, combattendo il tumore.

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Un basso numero di spermatozoi associato a un eccesso di testosterone prenatale

L?esposizione in eccesso a steroidi sessuali, quale il testosterone, nel corso dello sviluppo fetale rappresenta un fattore di rischio potenziale per una ridotta motilit? e un ridotto numero di spermatozoi. ? quanto sostiene un nuovo studio pubblicato sulla rivista della Societ? di Endocrinologia americana, Endocrinology.
?La maggioranza dei disordini relativi alla quantit? di spermatozoi negli uomini sono originati durante la vita fetale – dice Sergio Recabarren dell?Universit? di Concepcion (Chile), uno degli autori della ricerca – Un feto in via di sviluppo ? molto vulnerabile dal suo stesso ambiente. E quando l?ambiente ? esposto a un eccesso di steroidi sessuali, ci? pu? avere un effetto deleterio significativo sulla fertilit? maschile?.
L?analisi ? stata condotta dai ricercatori cileni su pecore gravide, trattate con 30 mg di testosterone due volte alla settimana dai 30 ai 90 giorni di gravidanza e con 40 mg dai 90 ai 120 giorni di gravidanza. ? stata cos? trovata una riduzione significativa nel peso corporeo, nella circonferenza scrotale e nella quantit? di spermatozoi negli esemplari maschi nati da queste madri, comparate con un gruppo di pecore non trattate con testosterone. ?Si tratta di una ricerca importante ? fa sapere Recabarren ? anche perch? la bassa quantit? di spermatozoi ? associata con il cancro al testicolo, con una incidenza pi? alta del 20% rispetto ai maschi normali.

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Epatopatie virali croniche ed espressione epatocitaria di oncoproteine

Gli oncogeni sono sequenze nucleotidiche responsabili della codificazione di proteine deputate al controllo della differenziazione e della divisione cellulare. Negli ultimi anni ? stata ipotizzata una correlazione fra la espressione di tali geni e la comparsa e la persistenza di patologie epatiche croniche. ? stato osservato che alcuni oncogeni modificati sono coinvolti nell?eziopatogenesi di varie neoplasie maligne (c-myc nei linfomi di Burkitt, nelle leucemie promielocitiche e nei tumori del colon e del polmone; c-erb B2 nei tumori benigni della mammella, negli adenocarcinomi delle ghiandole salivari, stomaco, pancreas, ovaio, mammella). Da ci? ? scaturito l?interesse nei confronti degli oncogeni nello studio dei processi proliferativi preneoplastici e neoplastici, fra i quali le patologie croniche del fegato correlate ad HBV, HCV, o HBV+HCV che determinano nel tempo l?insorgenza della neoplasia.

Una alterazione delle sequenze nucleotidiche degli oncogeni preindotta da virus (retrovirus oncogeni) pu? causare un disturbo nel controllo della proliferazione cellulare.1,2 L?espressione degli oncogeni pu? essere valutata direttamente mediante tecniche di ibridizzazione in situ ed indirettamente con specifici anticorpi monoclonali verso proteine codificate dai geni stessi. A volte, queste sequenze geniche sono responsabili della sintesi di enzimi, fattori di crescita (EGF) o recettori per fattori di crescita che possono essere iperespressi per un fenomeno di amplificazione genica.3-5

I protooncogeni quindi sembrano svolgere un ruolo centrale nell?insorgenza prima e nell?accrescimento poi dei processi neoplastici.6 Le patologie necrotico-flogistiche del fegato, ovvero l?Epatite Cronica Persistente (ECP), l?Epatite Cronica Lobulare (ECL), l?Epatite Cronica Attiva (ECA) e la Cirrosi (Cir), sono prevalentemente correlate ad infezioni virali determinate da virus epatotropi di ceppo B e C, singolarmente ed in associazione (HBV, HCV ed HBV + HCV).

Poich? le flogosi croniche da virus epatotropi a carico del fegato risultano spesso implicate nella evoluzione in senso neoplastico del danno epatocitario, lo studio dell?espressione di oncoproteine correlate ai geni c-erb B2 e c-myc pu? fornire importanti informazioni circa gli eventi molecolari che precedono l?insorgenza dell?epatocarcinoma.7,8 Il gene c-erb B2, anche definito ker2 (individuato sul cromosoma 17), ? stato individuato in tumori benigni (per esempio mammari) ed in forma amplificata in alcuni adenocarcinomi (ghiandole salivari, stomaco, pancreas, mammella). Questo gene ? responsabile della sintesi della proteina Cerb B2 messa in evidenza in tali tessuti neoplastici con tecniche immunoistochimiche.9

Nel 1992 Brunt e coll. hanno dimostrato la presenza della proteina sintetizzata dal c-erb B2 in alcuni epatocarcinomi, di cui uno insorto su cirrosi HCV correlata, due insorti su cirrosi postnecrotica (uno da HCV ed uno da HBV), due insorti su necrosi epatocellulari (una submassiva ed una massiva). Si ? pensato che questa proteina, dotata di attivit? tirosinchinasica, potrebbe essere un recettore per un fattore di crescita.10 Tale recettore, quando espresso in larga misura, determinerebbe una veloce crescita delle cellule tumorali, per un maggior stimolo alla replicazione cellulare, quindi una maggior aggressivit? della neoplasia.11,12 Il gene c-myc, invece, ? omologo di un protooncogene leucemico (rinvenuto sul cromosoma 8) e codifica per la proteina p62 che sembra essere coinvolta nel controllo della differenziazione e divisione cellulare. Una aumentata espressione del gene c-myc ? stata osservata in colture cellulari derivate da linfomi di Burkitt, leucemia, tumori del colon e polmonari.
A cura di Luigi Santacroce e Tommaso Losacco
Dipartimento di Odontostomatologia e Chirurgia (DOC)
Cattedra di Chirurgia Generale, Universit? di Bari

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Schizofrenia e disturbo bipolare hanno un’origine genetica comune?

La schizofrenia e il disturbo bipolare condividono alcuni fattori genetici. Ci? renderebbe necessaria una rivalutazione dei criteri diagnostici delle due patologie e una loro pi? attenta classificazione tra i disturbi di natura psichiatrica. E’ questa la conclusione di una ricerca apparsa sul Lancet.
L’ampio studio, condotto da ricercatori svedesi, ha preso in esame circa 36.000 pazienti ricoverati tra il 1973 e 2004 con diagnosi di schizofrenia, e circa 40.000 pazienti ricoverati per disturbo bipolare, e ha verificato l’incidenza delle due patologie nei parenti e nei familiari stretti dei pazienti. I risultati hanno mostrato che:
– i parenti di primo grado (genitori, figli o fratelli) dei pazienti affetti da schizofrenia o disturbo bipolare hanno un’alta probabilit? di andare incontro all’una o all’altra patologia;
– i fratelli o le sorelle dei pazienti affetti da schizofrenia hanno una probabilit? 9 volte maggiore di diventare schizofrenici e una probabilit? 4 volte maggiore di andare incontro a disturbo bipolare rispetto alla popolazione generale;
– i fratelli o le sorelle dei pazienti affetti da disturbo bipolare hanno una probabilit? 8 volte pi? alta di andare incontro a disturbo bipolare e 4 volte pi? alta di diventare schizofrenici rispetto alla popolazione generale;
– il legame genetico tra le due patologie ? evidente anche nel caso di fratellastri e sorellastre, tuttavia in maniera minore rispetto alle parentele di primo grado.

Secondo gli autori dello studio, questi risultati dovrebbero portare a rivalutare i criteri diagnostici dei due disturbi, alla luce anche delle numerose analogie che presentano i pazienti affetti da disturbo bipolare o da schizofrenia.
?La maggior parte dei pazienti che soffrono di schizofrenia o disturbo bipolare non sono perfettamente classificabili in nessuna delle due patologie?, ha dichiarato Michael Owen della Cardiff University nell’editoriale di accompagnamento all’articolo, ?e pi? a fondo il medico esamina il proprio paziente, pi? ? probabile che si imbatta in una combinazione di sintomi delle due patologie?.
Bibliografia. Lichtenstein P et al. Common genetic determinants of schizophrenia and bipolar disorder in Swedish families: a population-based study. The Lancet 2009; 373:234-9.

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