Malattia di Parkinson: formazione di cristalli con il cerotto transdermico Neupro

L?European Medicines Agency ( EMEA ) ha raccomandato di conservare in frigorifero ( ad una temperatura tra i 2? e gli 8? C ) Neupro ( Rotigotina ).

Le nuove condizioni di conservazione dovrebbero ridurre la possibile formazione di cristalli del principio attivo che ? stata riportata con i cerotti di Neupro.

Neupro ? una specialit? medicinale autorizzata con procedura centralizzata indicata per il trattamento della malattia di Parkinson. Il suo principio attivo, la Rotigotina, ? un agonista.della dopamina.
Neupro ? la solo specialit? medicinale indicata per la malattia di Parkinson in formulazione di cerotto transdermico.

Il CHMP ha deciso che deve essere effettuata una sostituzione per fasi successive di tutti i lotti di medicinale in commercio nella Comunit? Europea. Per evitare la mancanza del prodotto sul mercato, la sostituzione verr? effettuata nell?arco di tre mesi con un approccio per fasi ragionato. Per la fornitura iniziale del medicinale saranno utilizzati i lotti attualmente disponibili mantenuti alla temperatura ottimale. In seguito, i nuovi cerotti che saranno stati prodotti conservati e distribuiti in condizioni di temperatura controllata sostituiranno i lotti esistenti.

I cristalli assomigliano a fiocchi di neve e possono ricoprire fino al 40% della superficie del cerotto.

I dati forniti dalla societ? produttrice indicano che la conservazione dei cerotti di Neupro a temperature comprese tra i 2 e gli 8? C riduce la formazione di tali cristalli.

Gli effetti della formazione di cristalli sull?efficacia di Neupro non sono ancora chiari e sono attualmente in fase di studio.

Fonte: AIFA, 2008

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Insonnia, quando l?orologio biologico va in tilt

Esiste un legame fra notti in bianco e sistema nervoso parasimpatico.
La notte ? un momento difficile per molti malati di tumore, che faticano ad addormentarsi, si svegliano di frequente e poi non riescono a riprendere sonno, almeno due o tre volte pi? di quanto accade in media nella popolazione generale. E? facile intuire quanto possano pesare l?ansia, il dolore, le preoccupazioni legate alla malattia, per non parlare degli effetti delle terapie. Della relazione tra insonnia e tumori, per?, si sa ancora poco. Un ruolo importante lo giocherebbe il sistema nervoso parasimpatico, che regola le attivit? non volontarie dell?organismo. A sostenerlo uno studio della University of Rochester (Stati Uniti), apparso sul Journal of Clinical Sleep Medicine.
RESPIRARE MEGLIO PER DORMIRE MEGLIO – Secondo gli esperti americani, il sistema nervoso parasimpatico, che fra le altre cose regola il battito cardiaco, la respirazione e la risposta allo stress, pu? contribuire a minare la qualit? del sonno. Dunque, anche interventi non farmacologici, come esercizi respiratori, yoga, meditazione e altre tecniche ?dolci? per regolare la respirazione diaframmatica, quella profonda, potrebbero aiutare pi? del previsto i pazienti insonni.
LA RICERCA ? Per appurarlo, sono state coinvolte un centinaio di donne con un carcinoma della mammella metastatico o in ricaduta, rilevando le difficolt? a dormire, il livello di stress, la frequenza cardiaca e respiratoria durante il sonno. Nell?arco di otto ore trascorse nel letto, le pazienti si svegliavano in media 15 volte per almeno cinque minuti, per un totale di 70 minuti di veglia notturna. Infine, per due giorni sono stati misurati in diversi orari i livelli di cortisolo, spesso indicato come ?l?ormone dello stress?. Tutti questi fattori sono risultati strettamente connessi. In particolare, anomalie nella risposta allo stress e nelle fluttuazioni del battito cardiaco legate alla respirazione (il ritmo del cuore cambia quando si inspira e quando si espira) sono apparse associate ad un sonno pi? disturbato. Inoltre, la concentrazione di cortisolo, che normalmente cala la sera per risalire nelle prime ore del mattino, ? apparsa alterata nelle donne ammalate, con multipli picchi dell?ormone alla fine della giornata.
UN PROBLEMA CRONICO E DIFFUSO – ?Quello dell?insonnia ? un problema ampiamente sottovalutato in oncologia? spiega Vincenza Castronovo, psicologa presso il Centro di medicina del sonno dell?Ospedale San Raffaele di Milano. Difficile stimarne l?entit?, i dati sono pochi, ma se in generale riguarda il 10-15 per cento delle persone, ? ragionevole pensare che fra i malati di tumore superi il 50 per cento. ?Non ? chiaro neppure se si tratta di una condizione causata dalla malattia o se ? preesistente? prosegue la psicologa. Ci? che appare evidente, invece, ? che non basta pensare all?insonnia come a una reazione momentanea alla diagnosi. ?Uno studio canadese di alcuni anni fa su donne colpite da un tumore al seno ha mostrato che molte di loro (tra il 23 e il 44 per cento) ne soffrivano anche molti anni dopo la scoperta del tumore. Sembra dunque che l?insonnia diventi spesso un problema cronico? precisa Castronovo.
EFFETTI ANCHE SUL TUMORE – Se l’orologio biologico va in tilt, i danni possono andare al di l? di un disagio quotidiano. Varie ricerche hanno messo in luce un nesso tra l?alterazione dei ritmi sonno-veglia e il buon funzionamento del sistema immunitario, anche nel contrastare il tumore e rispondere alle terapie. ?I disturbi del ritmo circadiano influenzano l?evoluzione del tumore, i trattamenti chemioterapici, i tempi di somministrazione dei farmaci e la qualit? della vita dei pazienti? aggiunge l?esperta.
ANCHE ?EDUCARE? AL SONNO AIUTA ? Fra i possibili interventi non farmacologici, validi risultati sono stati raggiunti con le tecniche cognitivo-comportamentali, che puntano a correggere i fattori che compromettono il riposo. Vincenza Castronovo, che da tempo applica questo metodo, spiega in che modo: ?Il trattamento cognitivo-comportamentale consiste nell?insegnare ai pazienti tecniche specifiche come il controllo dello stimolo, la restrizione del sonno, il rilassamento, l?igiene del sonno e la ristrutturazione cognitiva, e ad attivare le proprie risorse per far fronte in modo attivo alle difficolt?. L?obiettivo ? aumentare l?efficienza, la continuit? e la durata del riposo notturno, ridurre il disagio emotivo, cognitivo e sociale, ripristinare il senso di controllabilit? del proprio sonno, eliminare abuso e dipendenza dagli ipnotici?. In una persona malata di tumore pu? voler dire recuperare una fetta importante del proprio benessere, tanto di notte quanto di giorno.

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Accesso alle foto della chirurgia plastica

Accedere alle fotografie scattate prima e dopo gli interventi di chirurgia plastica ? un diritto del paziente. Cos? ha stabilito il Garante per la protezione dei dati personali, chiamato a dirimere una questione sollevata da una donna che si era vista negare, da due medici, l’accesso alle fotografie scattate prima e dopo un intervento di liposuzione. La signora aveva pi? volte chiesto copia del materiale ai medici che avevano sempre negato l’accesso, chiedendo di motivare la richiesta. Il Garante (con relatore Mauro Paissan) ha ordinato ai sanitari di consegnare le fotografie e ha ribadito un concetto basilare in tema sanitario: il paziente ha diritto di accedere a tutti i dati personali che lo riguardano, in qualunque documento, ovunque siano contenuti (“ivi compresi i dati sensibili e, fra questi, quelli concernenti lo stato di salute, anche riportati su fotografie, filmati, radiografie eccetera”), senza dover fornire giustificazioni della necessit? di ottenere tali informazioni. Giustificazione che, altres?, “deve essere motivata quando l’accesso ai dati contenuti nelle cartelle cliniche ? effettuato da terzi diversi dall’interessato”.

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Artrosi del ginocchio, erbe efficaci

L’ayurveda, l’antica medicina indiana che tenta di curare con erbe, minerali, metalli ed esercizi spirituali, avrebbe la stessa efficacia dei farmaci sulle ginocchia colpite dall’artrosi.
? quanto risulta da uno studio multicentrico coordinato dall’universit? indiana di Pune e presentato all’American College of Rheumatology. Si tratta dei risultati di uno dei non frequenti studi sulle medicine” tradizionali ed etniche” accettati e presentati in un’assise scientifica di grande importanza. In particolare, studiando per 6 mesi 440 soggetti che soffrivano di artrosi del ginocchio, parte dei quali sono stati trattati con farmaci tradizionali (un gruppo con celecoxib e l’altro con glucosamina) e parte con erbe ayurvediche, si ? ottenuto lo stesso controllo del dolore e il medesimo recupero di mobilit? agli arti inferiori .

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Un basso numero di spermatozoi associato a un eccesso di testosterone prenatale

L?esposizione in eccesso a steroidi sessuali, quale il testosterone, nel corso dello sviluppo fetale rappresenta un fattore di rischio potenziale per una ridotta motilit? e un ridotto numero di spermatozoi. ? quanto sostiene un nuovo studio pubblicato sulla rivista della Societ? di Endocrinologia americana, Endocrinology.
?La maggioranza dei disordini relativi alla quantit? di spermatozoi negli uomini sono originati durante la vita fetale – dice Sergio Recabarren dell?Universit? di Concepcion (Chile), uno degli autori della ricerca – Un feto in via di sviluppo ? molto vulnerabile dal suo stesso ambiente. E quando l?ambiente ? esposto a un eccesso di steroidi sessuali, ci? pu? avere un effetto deleterio significativo sulla fertilit? maschile?.
L?analisi ? stata condotta dai ricercatori cileni su pecore gravide, trattate con 30 mg di testosterone due volte alla settimana dai 30 ai 90 giorni di gravidanza e con 40 mg dai 90 ai 120 giorni di gravidanza. ? stata cos? trovata una riduzione significativa nel peso corporeo, nella circonferenza scrotale e nella quantit? di spermatozoi negli esemplari maschi nati da queste madri, comparate con un gruppo di pecore non trattate con testosterone. ?Si tratta di una ricerca importante ? fa sapere Recabarren ? anche perch? la bassa quantit? di spermatozoi ? associata con il cancro al testicolo, con una incidenza pi? alta del 20% rispetto ai maschi normali.
Fonte: http://www.assobiotec.it/Assobiotec/Newsletter

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Fibromialgia infantile: utile esercizio aerobio

Per i bambini con fibromialgia ? sicuro ed efficace partecipare ad un programma di esercizio aerobio, in quanto esso migliora la qualit? della vita e la funzionalit? fisica in questa popolazione. La fibromialgia infantile non ? stata ancora ben compresa, ma alcuni studi hanno suggerito che i bambini, come le loro controparti adulte, presentino un aumento di dolore ed affaticamento, diminuzione della qualit? della vita e riduzione dell’auto-efficacia rispetto ai pazienti sani ed a quelli con altre malattie reumatiche. Tutti i programmi di esercizio aerobio esaminati portano a miglioramenti nella potenza aerobica finale, nella gravit? dei sintomi fibromialgici, nel numero di punti di lassit? e nelle scale del dolore. (Arthritis Rheum 2008; 59: 1399-406)

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Reflusso infantile: fundoplicatio da valutare

Solo una minoranza dei bambini sottoposti a fundoplicatio di Nissen verranno poi liberati dalla necessit? di assumere medicinali antireflusso a lungo termine. Nei due terzi dei casi questo risultato non si ottiene, e quindi non ? corretto ingenerare false aspettative nei genitori. Sfortunatamente, le esatte indicazioni per la ripresa della terapia antireflusso dopo l’intervento non sono state ancora individuate. Pediatri e gastroenterologi, comunque, dovrebbero preparare e trattare adeguatamente questi pazienti nel caso richiedano l’assunzione di farmaci antireflusso a lungo termine. Sono stati documentati anche casi in cui la terapia antireflusso non era necessaria prima dell’intervento, ma lo ? divenuta dopo.

Arch Surg 2008; 143: 873-6

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Ca prostatico: antidiabetici riducono rischio

I farmaci antidiabetici sono associati ad una riduzione del rischio di tumore prostatico.
Recenti studi hanno riportato una diminuzione del rischio di tumore prostatico nei soggetti diabetici, bench? le prove in merito siano controverse, e non era finora chiaro se l’uso di farmaci antidiabetici influenzasse l’associazione fra diabete e tumore prostatico.
In generale, per?, il potenziale meccanismo alla base della diminuzione del rischio di tumore prostatico nei soggetti diabetici ? attualmente sconosciuto: molto probabilmente le variazioni nel metabolismo degli ormoni endogeni che si osservano nel diabete svolgono un ruolo in questo senso.

(Am J Epidemiol 2008; 168: 925-31)

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Postmenopausal status increases risk of metabolic syndrome

The metabolic syndrome (MetS) is characterized by the clustering of abdominal obesity, hypertension, impaired glucose tolerance, and atherogenic dyslipidaemia; it is associated with an increased risk of cardiovascular disease. This study investigated the influence of postmenopausal status on the prevalence of the MetS, including its individual components, and the effects of postmenopausal status according to the number of years since menopause.
Commentary
Joon Cho et al. confirm the findings already reported elsewhere that women develop features of the metabolic syndrome (MetS) during the transition to the postmenopausal state. Ethnic differences in the prevalence of MetS have also been documented. Given the potential long-term health consequences of the MetS, appropriate and timely intervention is obviously important.
Women who had ever used oestrogen therapy were excluded from this study and it would have been interesting to see if there were differences in the development of central obesity in women who were not oestrogen deficient. The time-related development of features of the MetS, such as central adiposity, hypertension, and changes in glucose metabolism, is well documented.
There is a considerable literature indicating that women with polycystic ovary syndrome (PCOS) are at a much higher risk of MetS than the general population [1. Glueck CJ, Papanna R, Wang P, et al. Incidence and treatment of metabolic syndrome in newly referred women with confirmed polycystic ovarian syndrome. Metabolism. 2003;52:908-15.(close)]. Postmenopausal women with a history consistent with the diagnosis of PCOS have a worse cardiovascular risk on the basis of features compatible with the MetS [2. Shaw LJ, Bairey Merz CN, Azziz R, et al. Postmenopausal women with a history of irregular menses and elevated androgen measurements at high risk for worsening cardiovascular event-free survival: results from the National Institutes of Health–National Heart, Lung, and Blood Institute sponsored Women”s Ischemia Syndrome Evaluation. J Clin Endocrinol Metab. 2008;93:1276-84.(close)]. Hyperandrogenaemia is a particular risk factor for MetS and type 2 diabetes [3. Corbould A. Effects of androgens on insulin action in women: is androgen excess a component of female metabolic syndrome? Diabetes Metab Res Rev. 2008 Jul 10. [Epub ahead of print](close)],[4. Cheung LP, Ma RC, Lam PM, et al. Cardiovascular risks and metabolic syndrome in Hong Kong Chinese women with polycystic ovary syndrome. Hum Reprod. 2008;23:1431-8.(close)]. An assessment of androgen status might therefore have contributed to the information presented in this study.
In summary, many of the features of the MetS develop in the postmenopausal period, and MetS is more common in postmenopausal compared with premenopausal women. Ethnicity is important, but studies to date show a variable prevalence. Changes around the menopause include body fat distribution, body mass index, blood pressure, and glucose levels, which impact on the development of the MetS. Women with PCOS are at particular risk and should be carefully monitored well beyond their reproductive years. Assessment of androgen status, in addition to metabolic parameters, is important as hyperandrogenaemia is an added risk factor for the abnormalities in glucose and insulin characteristic of the MetS. Careful ongoing assessment of women in their postmenopausal years is therefore essential.
Features of the metabolic syndrome (MetS), such as abdominal adiposity, insulin resistance, and dyslipidaemia, develop with the transition from pre- to postmenopausal status in women. This study investigated the effects of postmenopausal status on the prevalence of the MetS according to years since menopause.
The study included a total of 1,002 women, 618 premenopausal and 384 postmenopausal, who participated in annual health examinations at Anam Hospital in Seoul, Korea.
Using multivariate logistic regression analysis, the authors determined that postmenopausal status was an independent risk factor for the MetS. Moreover, after controlling for age and body mass index, postmenopausal women had an increased risk of MetS (odds ratio, 2.93; 95% confidence interval 1.62-5.33) and the abnormalities of its individual components.
The risk for MetS increased up to 14 years since menopause, then decreased. For its individual components, postmenopausal women who were 5-9 years since menopause were at highest risk of high blood pressure; postmenopausal women who were less than 5 years since menopause had an increased risk of abdominal obesity and high glucose levels. At 10-14 years since menopause, postmenopausal women had an increased risk of high triglyceride levels
The authors concluded that postmenopausal status is an independent risk factor for the MetS and all of its individual components. The risk for the MetS increased up to 14 years since menopause. In addition, postmenopausal status has effects during different periods since menopause for each of these components.
References
1. Glueck CJ, Papanna R, Wang P, et al. Incidence and treatment of metabolic syndrome in newly referred women with confirmed polycystic ovarian syndrome. Metabolism. 2003;52:908-15.
2. Shaw LJ, Bairey Merz CN, Azziz R, et al. Postmenopausal women with a history of irregular menses and elevated androgen measurements at high risk for worsening cardiovascular event-free survival: results from the National Institutes of Health–National Heart, Lung, and Blood Institute sponsored Women”s Ischemia Syndrome Evaluation. J Clin Endocrinol Metab. 2008;93:1276-84.
3. Corbould A. Effects of androgens on insulin action in women: is androgen excess a component of female metabolic syndrome? Diabetes Metab Res Rev. 2008 Jul 10. [Epub ahead of print]
4. Cheung LP, Ma RC, Lam PM, et al. Cardiovascular risks and metabolic syndrome in Hong Kong Chinese women with polycystic ovary syndrome. Hum Reprod. 2008;23:1431-8.
Author Commentary
Prof. Z.M. van der Spuy
Dept of Obstetrics and Gynaecology
Faculty of Health Sciences
University of Cape Town and Groote Schuur Hospital
Groote Schuur
Cape Town
South Africa

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Fibromialgia: meno sonno pi? dolori

Curando i problemi del riposo notturno si hanno ricadute positive anche sulla malattia.
Chi soffre di fibromialgia presenta spesso disturbi del sonno che, secondo uno studio americano pubblicato su Arthritis Care & Research, contribuirebbero ad accentuare i sintomi della malattia. Non solo, sembrerebbe che i problemi del sonno siano predittivi di sintomi dolorosi e che possano essere collegati anche ai sintomi depressivi che spesso affliggono le persone con fibromialgia.
SINTOMI ? I ricercatori statunitensi hanno esaminato una serie di fattori, ovvero qualit? del sonno, dolore, depressione e funzionalit? fisica, in circa 500 pazienti con fibromialgia, seguiti per un anno. Obiettivo dello studio cercare di identificare i problemi del sonno che affliggono questi pazienti ed esaminarne la relazione con dolore, depressione e funzionalit? fisica. La maggior parte dei pazienti coinvolti, circa il 95%, presentava in effetti disturbi del sonno. Analizzando i collegamenti tra i vari sintomi i ricercatori hanno visto che problemi del sonno erano predittivi di sintomi dolorosi, che sintomi dolorosi erano predittivi di problemi di funzionalit? fisica e che problemi di funzionalit? fisica erano a loro volta predittivi di sintomi depressivi.
SONNO – ?Almeno l?80-90 per cento dei pazienti con fibromialgia presenta disturbi del sonno ? conferma Laura Bazzichi, coordinatrice del Centro per la fibromialgia e la fatica cronica della Clinica reumatologica dell?Universit? di Pisa -. In genere i problemi pi? diffusi sono un sonno non ristoratore e difficolt? ad addormentarsi. Studi in cui ? stata analizzata la microstruttura del sonno dei pazienti fibromialgici hanno in effetti evidenziato che ci sono delle alterazioni nel rapporto tra fase Rem (rapid eye movements = movimenti oculari veloci) e non Rem. Le alterazioni del sonno possono indubbiamente avere ricadute negative sui sintomi tipici della malattia perch? durante il sonno si verifica la produzione dell?ormone della crescita (Gh), che a sua volta induce la produzione di un’altra sostanza, il fattore di crescita insulino simile (Igf-1), che gioca un ruolo importante nella riparazione di tutti quei piccoli danni che si verificano quotidianamente a livello muscolare. Se il sonno ? disturbato ne risente anche tutta questa catena di eventi e quindi i sintomi peggiorano?.
TRATTAMENTO ? Se il sonno non ? ristoratore bisogna fare in modo che lo diventi, ma come? ?L?intervento deve essere su vari livelli. Innanzitutto bisogna vedere se il paziente ha una buona igiene del sonno e se ci? non accade dargli gli accorgimenti necessari come non fare sonnellini pomeridiani, evitare di addormentarsi davanti alla televisione, non bere caff? alla sera, fare un po? di attivit? fisica, svegliarsi e andare a letto a orari regolari ? spiega la dottoressa Bazzichi -. Se invece ci si rende conto di essere in presenza di un vero e proprio disturbo del sonno bisogna capire la causa e quindi intervenire. In molti casi il sonno non ristoratore ? legato alle variazioni ormonali della menopausa o a problemi d?ansia e quindi, se non ci sono controindicazioni, si pu? pensare di ricorrere a trattamenti come la terapia ormonale sostitutiva nel primo caso e farmaci ansiolitici nel secondo. Altre volte invece bisogna puntare sui farmaci ipnotici, scegliendo quello pi? adatto nel singolo caso senza perdere di vista l?obiettivo che non ? aumentare le ore di sonno, ma migliorarne la qualit??.

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