Parkinson: lo studio, cura precoce puo’ rallentarlo

Roma, 27 ago. (Adnkronos Salute) – Parkinson ‘lumaca’ se il farmaco per tenere a bada i sintomi del temibile morbo viene assunto precocemente. E’ quanto emerge dai primi dati di una ricerca internazionale, presentata al congresso dell’European Federation of Neurological Societies a Madrid, che ha coinvolto oltre mille pazienti europei e statunitensi.

Secondo i dati iniziali, la terapia farmacologica somministrata fin dai primi sintomi pu? rallentare la progressione della malattia neurologica. Ma i ricercatori che hanno condotto lo studio ci tengono tuttavia a precisare che occorreranno altri 10-15 anni prima di conoscere i benefici a lungo termine di questo approccio.

Intanto, per?, dai risultati preliminari emerge chiaramente che i pazienti trattati con rasagilina – questo il nome della molecola al centro dello studio – subito dopo la diagnosi di Parkinson hanno avuto una forma meno aggressiva della malattia rispetto alle persone curate con la stessa molecola a uno stadio pi? avanzato della malattia.

La rasagilina ? gi? usata per curare il Parkinson, ma ? aperto il dibattito su quando sia il momento giusto per iniziare a somministrarla. Alcuni medici, infatti, sono restii a prescriverla nella fasi precoci della malattia, temendo che nel tempo l’effetto possa smorzarsi.

Lo studio, che secondo David Burn dell’universit? di Newcastle ha fornito dei primi risultati “esaltanti”, ha mostrato che i pazienti trattati con rasagilina subito dopo la diagnosi erano, dopo 18 mesi, in condizioni migliori rispetto a quelli in terapia con lo stesso farmaco ma solo a partire da nove mesi dalla diagnosi. Gli studiosi ritengono che il farmaco potrebbe essere in grado di creare una protezione di lunga durata in difesa delle cellule cerebrali. Una sorta di scudo contro la progressione del morbo di Parkinson.

L’effetto della rasagilina ? tuttavia molto sottile, sottolineano i ricercatori che hanno presentato lo studio a Madrid. I benefici, infatti, sono stati riscontrati nei pazienti trattati con una dose di un milligrammo, non in quelli curati con una dose maggiore.

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Parkinson: tremore addio, tenuto a bada nel 90% malati

Madrid, 26 ago. (Adnkronos Salute) ? E’ il tratto distintivo del Parkinson, impresso nella memoria dell’opinione pubblica mondiale dalle immagini di papa Woitjla o del gigante della boxe Mohammed Al? piegato dalla malattia. Eppure il tremolio che accompagna questa patologia neurodegenerativa sembra essere ormai “nient’altro che un brutto ricordo”. Un terzo dei malati, infatti, non sviluppa questo tipo di sintomo, mentre per tutti gli altri “nel 90% dei casi – spiega Angelo Antonini, docente di neurologia all’universit? Milano-Bicocca, a margine di un incontro a Madrid, dove ? in corso il XII congresso dell’European Federation of Neurological Societies ? ? possibile tenerlo a bada grazie alle terapie attualmente in uso”.

In pensione o quasi, dunque, il sintomo per antonomasia del Parkinson, ma la strada per chi fa i conti con questa malattia resta innegabilmente tutta in salita. Oltre ai problemi motori e muscolari, infatti, ansia, depressione, apatia e attacchi di panico rendono un inferno la vita di questi malati. In particolare, la depressione ? il sintomo ‘Cenerentola’ per eccellenza. Affligge, infatti, “ben un parkinsoniano su due – spiega Anthony Schapira, docente di neurologia al National Hospital and Royale Free Hospital di Londra – anche se parte della letteratura sostiene che la percentuale sia ben pi? alta, ovvero si aggiri attorno al 76%”. Tutta colpa della dopamina, il neurotrasmettitore le cui alterazioni sono coinvolte nell’insorgenza del Parkinson, che “incide anche sulla sfera emotiva – sottolinea Antonini – alterandola”. Eppure il ‘mal di vivere’ finisce spesso per passare in sordina.

“In uno studio condotto in 50 centri italiani, ad esempio, emerge che solo un terzo dei malati di Parkinson alle prese con la depressione riceve una terapia contro il male oscuro. Eppure – prosegue Antonini – questa condizione incide significativamente sulla qualit? di vita dei pazienti”. Anche se, a dire il vero, non sempre l’antidepressivo rappresenta la soluzione per questi pazienti. I sintomi depressivi, infatti, persistono in circa la met? dei malati di Parkinson che riceve farmaci ad hoc. Per questo, gli studiosi stanno passando sotto la lente di ingrandimento una molecola gi? in uso per tenere a bada i sintomi del Parkinson, che potrebbe tuttavia rivelarsi preziosa anche come antidepressivo. “Si tratta – spiega Antonini – del pramipexolo, che interagisce sul sistema della dopamina e su quegli squilibri biochimici che accendono la malattia”. I primi risultati, intanto, “lasciano ben sperare.

Il profilo recettoriale di pramipexolo potrebbe essere responsabile delle possibili propriet? antidepressive della molecola. Se identificati correttamente, dunque, i pazienti con Parkinson e afflitti da depressione – conclude l’esperto – potrebbero riconoscere in questa la terapia migliore per salvaguardare, per quanto possibile, il loro stile di vita”. La Boehringer Ingelheim, azienda produttrice della molecola, ? intanto a lavoro su una nuova formulazione del pramipexolo, per sostituire le tre pasticche giornaliere attualmente in uso con un’unica compressa. All’appuntamento madrileno sono stati presentati gli studi di farmacocinetica, fase I, della nuova formulazione

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Effimera ipercolesterolemia da chetogena

Nella maggior parte dei bambini che seguono una dieta chetogena a elevato contenuto in grassi e basso contenuto in carboidrati per l’epilessia si sviluppa ipercolesterolemia, ma i livelli di colesterolo migliorano naturalmente nella met? di questi bambini senza bisogno di alcun intervento. L’eccesso di grassi che si produce viene dunque metabolizzato dal bambino: dato che molti bambini riescono a controllare molto bene gli attacchi epilettici con la dieta chetogena, l’incremento probabilmente temporaneo della colesterolemia va messo in prospettiva e non ? probabilmente pericoloso. In alcuni casi, comunque, in alcuni bambini nemmeno i migliori farmaci disponibili riescono a diminuire i livelli di colesterolo, e quindi sono necessarie comunque nuove strategie. (J Child Neurol online 2008, pubblicato il 12/9)

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Ernie intervertebrali: conveniente chirurgia

La dischectomia aperta standard risulta moderatamente conveniente se confrontata al trattamento non chirurgico: il valore economico dell’intervento varia in modo considerevole, in base al metodo usato per assegnare i costi chirurgici, ma rimane relativamente favorevole. Bench? la chirurgia sia pi? costosa del trattamento non operatorio, gli esiti a due anni risultano migliori fra i soggetti trattati chirurgicamente. Ci? non deve sorprendere: la chirurgia inizialmente ? pi? costosa, ma a lungo termine presenta dei vantaggi evidenti anche per coloro il cui stato di salute iniziale ? peggiore. Dato che la chirurgia per? pu? costare approssimativamente il doppio rispetto ad altre opzioni, i medici potrebbero prendere in considerazione un approccio conservativo per i pazienti con difficolt? economiche. (Spine. 2008; 33: 2108-15)

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Strategia terapeutica contro l’osteoporosi

Nelle malattie croniche, quale l’osteoporosi, il miglioramento dell’aderenza ? uno degli obiettivi prioritari per assicurare il successo del trattamento e la persistenza ? un fattore determinante nell’outcome clinico. I bisfosfonati sono notoriamente di prima scelta sia nel controllo della patologia sia nella prevenzione delle relative complicanze fratturative. Tuttavia la persistenza nell’assunzione di questi farmaci risulta ancora insoddisfacente, in relazione agli schemi posologici non sempre di facile attuazione e praticit?. La nuova formulazione mensile di risedronato 75 mg, da somministrare in 2 giorni consecutivi al mese, recentemente approvata anche in Italia, rappresenta la prima opzione terapeutica a soddisfare pienamente i requisiti attualmente considerati imprescindibili al fine del successo terapeutico: rapidit? d’azione, efficacia in tutti i distretti scheletrici e suo mantenimento nel tempo, sicurezza, tollerabilit? e maggiore semplicit? di assunzione. Le conclusioni degli studi clinici, tra cui un trial prospettico in doppio cieco di Delmas e coll. (Osteoporos Int. 2008;19:1039-1045), su oltre 1.200 donne in post-menopausa affette da osteoporosi, hanno dimostrato l’equivalenza di risedronato 75 mg mensile rispetto al dosaggio giornaliero di 5 mg, in termini di densit? minerale ossea, marker di turnover osseo, incidenza di fratture vertebrali e profilo degli eventi avversi. Evidenze, queste, confermate anche da un’indagine di Watts e coll. (J Bone Miner Res. 2007;22:S456), che ha posto retrospettivamente a confronto i dati ottenuti con risedronato 75 mg con una coorte storica costituita da pazienti dei gruppi placebo degli studi VERT (Vertebral Efficacy of Risedronate Therapy): dopo 12 mesi di trattamento il rischio di nuove fratture vertebrali nel gruppo risedronato ? apparso inferiore del 79% rispetto al gruppo placebo “storico” (p = 0,016), con una riduzione analoga a quella verificatasi nei gruppi degli studi VERT MN e NA (rispettivamente 61 e 65%) in trattamento attivo con 5 mg al giorno di risedronato.

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Dal linfoma si guarisce di pi?

Oltre un milione di persone nel mondo convivono con un linfoma. Tumori maligni del sistema linfatico in forte aumento anche in Italia, con un ritmo pari a 15.000 nuovi casi l’anno. “Penso che oggi 200.000 italiani vivano e lottino anche da anni con un linfoma”, stima Franco Mandelli, padre dell’ematologia italiana e presidente dell’Ail (Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma), ieri a Roma per la celebrazione della Giornata mondiale per la conoscenza dei linfomi. “Una giornata necessaria perch? la gente li teme, ma conosce poco i linfomi. La buona notizia – aggiunge l’ematologo – ? che oggi questi tumori sono sempre pi? curabili e guaribili e in alcune forme, come il linfoma di Hodgkin, arriviamo all’80% di guarigioni”. Ma a fronte di armi sempre pi? potenti e selettive e di protocolli pi? efficaci, la frequenza di questa malattia ? in aumento. Sotto accusa principalmente quattro sospettati speciali. “Pensiamo infatti all’aumento dell’et? media, ma anche degli inquinanti come lo smog e le polveri sottili in citt?, al fumo e al ruolo di pesticidi e insetticidi”, sottolinea Mandelli.

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Osteoartrosi del ginocchio inutile l’artroscopia

La chirurgia artroscopica per l’osteoartrosi del ginocchio non offre alcun beneficio aggiuntivo rispetto ad una terapia medica e fisica ottimale. L’efficacia di questa strategia era finora sconosciuta: la chirurgia artroscopica, nella quale un artroscopio viene inserito nell’articolazione del ginocchio, consente di effettuare il lavaggio, una procedura che rimuove materiale particolato quale i frammenti di cartilagine ed i cristalli di calcio. Essa consente anche di effettuare il cosiddetto “debridement”, con il quale ? possibile ripulire le superfici articolari ed eliminare gli osteofiti. Il fatto che essa non sia utile in questi pazienti non significa che non lo sia anche in presenza di altre condizioni patologiche del ginocchio, come le lacerazioni del menisco. L’osteoartrosi, in sostanza, non ? una controindicazione alla chirurgia artroscopica, che rimane appropriata nei casi in cui si pensa che l’osteoartrosi non sia la causa primaria del dolore. La decisione corretta dunque rimane a carico del giudizio clinico del chirurgo. (N Engl J. Med. 2008; 359: 1097-107 e 1169-70)

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LLA: peggiori esiti nei Down

I pazienti con sindrome di Down che sviluppano leucemie linfoblastiche acute (LLA) ottengono risultati peggiori dal trattamento rispetto a coloro che non riportano questa anomalia genetica. La LLA ? di fatto curabile nei bambini con sindrome di Down, ma per ottenere ci? il bambino deve essere seguito in centri molto esperti nel trattamento della malattia. E’ necessario affinare i programmi terapeutici onde ottenere un equilibrio fra efficacia e potenziale tossicit?: il bambino con sindrome di Down ? un paziente costituzionalmente immunodeficiente, ed ? necessario prestare molta attenzione nel causare un’ulteriore immunodeficienza con la chemioterapia, in quanto ci? potrebbe risultare troppo per sopravvivere alle infezioni. Maggiori divengono le conoscenze sulla LLA e la specificit? della sindrome di Down, pi? si potr? imparare su quali farmaci usare con cautela, e durante quale fase del trattamento. (Cancer 2008; 113: 515-21)

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Vaccini ed autismo: nessun legame

Non sussiste alcuna correlazione fra il vaccino MMR ed i disordini nello spettro dell’autismo con disturbi gastrointestinali. Si tratta di una questione molto controversa, ma almeno per quanto riguarda questo vaccino non sembra sussistere alcun legame. Il sistema di sicurezza vaccinale ? molto estensivo ed il vaccino MMR ? in uso ormai da molto tempo: nel contesto delle malattie che esso consente di prevenire, la sua importanza non ? in discussione. I dati a cui si ? addivenuti per? riguardano con certezza solo il vaccino MMR, e non assicurano nulla sugli altri vaccini ne’ sugli altri fattori collegati all’autismo. (PloS One online 2008, pubblicato il 4/9/2008)

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Una nuova opportunit? contro l’osteoporosi

Sanofi-aventis annuncia che dal primo settembre 2008 ? regolarmente in vendita Optinate 75 mg una nuova formulazione di risedronato per il trattamento dell’osteoporosi in donne in post menopausa ad aumentato rischio di fratture. Optinate 75 mg, 1 cpr per due giorni consecutivi al mese, offre un’ulteriore possibilit? di personalizzare lo schema posologico in funzione delle preferenze della paziente, potendo cos? contribuire a migliorare l’aderenza e quindi l’efficacia del trattamento. La nuova formulazione consente di rispondere alle esigenze delle pazienti che desiderano assumere il farmaco a cadenza mensile, senza rinunciare alla rapidit? e all’efficacia antifratturativa di risedronato dimostrate non solo sulle fratture vertebrali, ma anche su quelle non vertebrali e di femore. Optinate 75 mg ha dimostrato negli studi registrativi un’efficacia sovrapponibile alla formulazione giornaliera (5mg) nell’incrementare la BMD a livello vertebrale e femorale e nel ridurre i marker del turnover osseo con un profilo di tollerabilit? pressoch? identico. La prescrizione di Optinate 75 mg non comporta alcun aggravio di costi rispetto a Optinate 35 mg e consente un risparmio nei confronti di altre formulazioni mensili.

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