Fuoco di Sant’Antonio legato a storia di Zoster

Sussiste un’associazione fra il fuoco di Sant’Antonio ed una storia familiare di herpes zoster (HZ). L’anamnesi familiare e probabilmente anche marcatori genetici potrebbero essere usati per incoraggiare i soggetti a rischio a farsi vaccinare, riducendo cos? la morbidit? e le spese sanitarie per le complicazioni dell’HZ. Inoltre, i soggetti a rischio che scelgono di non farsi vaccinare potrebbero almeno essere eruditi su segni e sintomi dell’HZ. E’ stato documentato un rapporto dose-effetto sull’influenza sul rischio del numero di parenti con HZ: con la disponibilit? dei nuovi vaccini preventivi e posterpetici per il pubblico, nonch? la vasta base di prove del fatto che le malattie infettive e dermatologiche siano associate a fattori genetici, ? importante prendere in considerazione la possibilit? di una suscettibilit? ereditaria. (Arch Dermatol. 2008; 144: 603-8)

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ra i pazienti ai quali vengono somministrati ?-bloccanti dopo la chirurgia non c

I ricercatori del POISE (Perioperative Ischemic Evaluation) Study Group hanno preso in esame 8351 pazienti a rischio o con patologie aterosclerotiche in atto sottoposti a interventi chirurgici non cardiaci, e li hanno randomizzati a metoprololo succinato o placebo per 30 giorni. Il rischio di mortalit? ? risultato pi? elevato del 33 per cento nel gruppo randomizzato a metoprololo succinato, e il rischio di ictus pi? che doppio.
?I nostri risultati sottolineano come ritenere che l?assunzione di ?-bloccanti in regime perioperativo sia priva di rischi sia avventato?, afferma P.J. Deveraux della McMaster University, uno dei ricercatori autori dello studio.
?I ?-bloccanti vanno somministrati con cautela nel periodo perioperativo, a basso dosaggio e con la supervisione di clinici esperti nell?emodinamica durante la chirurgia?, commenta Lee A. Fleischer dell?University of Pennsylvania School of Medicine.

Bibliografia. POISE Study Group. Effects of extended-release metoprolol succinate in patients undergoing non-cardiac surgery (POISE trial): a randomised controlled trial. The Lancet 2008; DOI:10.1016/S0140-6736(08)60601-7.

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Anche intolleranze glucidiche di grado minore possono aumentare il rischio di co

La gravidanza ? associata a intolleranza glucidica e insulino-resistenza. Questo ha portato a raccomandare lo screening di tutte le gestanti per il diabete e il trattamento di quelle con test di tolleranza al glucosio oltre le soglie stabilite, con revisioni sui criteri di diagnosi di diabete gestazionale. Tuttavia, sta emergendo che anche intolleranze glucidiche di grado minore possono aumentare il rischio di complicanze perinatali: uno studio canadese, per esempio, ha mostrato che valori del test pi? alti del normale, ma non abbastanza da essere classificati come diabete, comportano esiti simili a quelli delle gestanti con i criteri del dismetabolismo. Evidenze dei rischi gi? a livelli d’iperglicemia meno gravi sono state raccolte da uno studio internazionale che ha coinvolto pi? di 23 mila donne in gravidanza di nove paesi di quattro continenti. Lo studio HAPO (Hyperglicemia and Adverse Pregnancy Outcome) si ? rivolto a donne sottoposte, tra le ventiquattro e le trentadue settimane di gravidanza, a test di carico orale con 75 g di glucosio, selezionandole, in cieco, con glicemia a digiuno di 105 mg/dl o glicemia due ore dopo il test inferiore i 200 mg/dl. Alcune di esse, con valori glicemici da 140 a 200 mg/dl sarebbero dovute rientrare nei criteri di diabete gestazionale, ma essendo la loro iperglicemia considerata moderata si ? ritenuto etico non sottoporle a trattamento. E’ stata elaborata una stima del tasso di esiti avversi per incrementi di valore statistico (1 deviazione standard) della glicemia a digiuno, di quella un’ora dopo il test e due ore dopo. E’ emerso un aumento del rischio di peso in eccesso alla nascita, di livelli elevati di peptide C nel sangue ombelicale, di parto cesareo e di ipoglicemia neonatale direttamente proporzionale ai tassi glicemici materni, a digiuno o a un’ora dal test o a due ore. Non si ? dimostrata in altre parole una soglia di incremento di rischio anche in seguito ad aggiustamento per potenziali elementi confondenti (BMI materno o precedenti microsomia o diabete gestazionale). Associazioni significative con i valori glicemici delle madri, anche se pi? deboli, sono state rilevate anche per gli endpoint secondari: parto prima della 37a settimana o difficoltoso o traumatico, iperbilirubinemia (da cui ittero), preeclampsia (ipertensione gravidica), necessit? di cure intensive neonatali. Una delle riflessioni proposte dallo studio ? stata quella di abbassare le soglie per la diagnosi e il trattamento del diabete gestazionale. Un’ipotesi da sondare, anche se sembra difficile dimostrare che trattando intolleranze glucidiche meno severe si possano migliorare significativamente gli esiti. Anche perch?, l’associazione pi? marcata ? stata con i livelli di peptide C, che di per s? non sembra clinicamente preoccupante, mentre gli esiti pi? preoccupanti, come la necessit? del cesareo, aumentavano solo moderatamente con gli incrementi glicemici materni. Il giudizio prudente ? quindi di aspettare che si dimostrino benefici clinici, prima di pensare a rivedere i criteri. Il diabete gestazionale ha, per?, ricevuto attenzione primariamente come elemento predittivo di futuro diabete delle stesse donne, e identificare quelle con probabilit? di sviluppare la malattia offre la possibilit? d’intervenire per ridurre questo rischio. Aspetto tutt’altro che trascurabile dal momento che i dati americani indicano che, tra il 1999 e il 2005, la prevalenza del diabete preesistente nelle donne gravide da 20 a 39 anni ? raddoppiata e nelle teenager ? quintuplicata. (N Engl J Med 2008; 358:1991-2002) ?-bloccanti e chirurgia non cardiaca, gravi rischi

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Medicina: ‘dieta dell’astronauta’ arma contro morbo di Crohn

Roma, 26 giu. (Adnkronos Salute) – Un’arma efficace contro il morbo di Crohn: la ‘dieta dell’astronauta’. “L’alimentazione liquida sta infatti diventando uno strumento terapeutico benefico, accanto alla terapia biologica e a quelle tradizionali, per questa grave patologia cronica infiammatoria dell’apparato digerente”. Parola di Giorgio Zoli, direttore della Medicina interna dell’ospedale di Cento (BO), intervenuto al Congresso sulle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, in corso a Pieve di Cento (Bologna). “La dieta dell’astronauta – sottolinea in una nota Zoli – contiene tutte le sostanze nutritive necessarie per lo sviluppo e la crescita degli adolescenti e la sopravvivenza degli anziani, tranne fibre o scorie. Nei paesi anglosassoni queste diete vengono somministrate a tutte le et?. In Italia anche durante l’infanzia, perch? l’assunzione dei liquidi che contengono fattori di crescita evita il nanismo nutrizionale”. Il congresso di Pieve di Cento rappresenta un’occasione di aggiornamento per i medici specialisti e per i medici di famiglia sulla malattia di Crohn, sulla colite ulcerosa e le altre infiammazioni intestinali

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Ipercolesterolemia: 5 anni di trattamento con statine riducono gli eventi coronarici a 10 anni

Lo studio West of Scotland Coronary Prevention Study ha confrontato una statina, la Pravastatina ( Sanaprav ), con il placebo negli uomini con ipercolesterolemia senza storia di infarto miocardico; il periodo di follow-up medio ? stato di 5 anni.
L?outcome combinato di morte per malattia cardiaca coronarica definita o infarto miocardico non-fatale definito si ? ridotto dal 7,9% al 5,5% ( P<0,001 ) nel gruppo di trattamento. Dopo il completamento dello studio sono stati ottenuti dati di follow-up di circa 10 anni Cinque anni dopo la conclusione dello studio, il 38,7% dell?originale gruppo trattato con statine ed il 35,2% dell?originale gruppo placebo stavano assumendo una statina. Nel periodo di circa 10 anni dalla conclusione dello studio, il rischio di morte per malattia cardiaca coronarica o di infarto miocardico non-fatale ? stato del 13,3% nel gruppo placebo e del 8,6% nel gruppo Pravastatina ( P=0,02 ); nell?intero periodo di follow-up i tassi sono stati del 15,5% nel gruppo placebo e del 11,8% nel gruppo Pravastatina ( P<0,001 ). Percentuali di riduzione simili sono state osservate nel tasso combinato di morte per malattia cardiaca coronarica e di ospedalizzazione per eventi coronarici, in entrambi i periodi. Il tasso di morte per cause cardiovascolari ? risultato ridotto ( P=0,01 ), come lo ? stato il tasso di morte per qualsiasi causa ( P=0,03 ), lungo l?intero periodo di follow-up. Non ? stato osservato alcun eccesso di mortalit? per cause non-cardiovascolari o per tumore, o di aumentata incidenza di cancro. In questa analisi, 5 anni di trattamento con Pravastatina negli uomini con ipercolesterolemia senza storia di infarto miocardico, sono risultati associati ad una riduzione significativa degli eventi coronarici nei 10 anni successivi. ( Xagena2007 ) Ford I et al, N Engl J Med 2007; 357: 1477-1486
La Rosuvastatina aumenta, a differenza dell?Atorvastatina, l?attivit? PON-1 negli uomini con malattia cardiovascolare e bassi livelli di colesterolo HDL

La paraoxonasi-1 ( PON-1 ), un enzima associato alla lipoproteina ad alta densit? ( HDL ), ? coinvolta nei meccanismi protettivi dell?HDL.

E? stato confrontato l?effetto sull?attivit? plasmatica di PON-1 del trattamento di due statine, Rosuvastatina ( Crestor ) ed Atorvastatina ( Lipitor, Torvast ).

Hanno preso parte allo studio 68 pazienti, di et? compresa tra 40 ed 80 anni, tutti di sesso maschile, con malattia cardiovascolare e livelli di colesterolo HDL inferiori a 1 mmol/l ( < 40 mg/dl ). Prima del trattamento con le statine, i pazienti sono stati sottoposti ad un periodo di run-in di 6 settimane, in cui i pazienti erano sottoposti a regime dietetico. Successivamente sono stati assegnati ad assumere Rosuvastatina 10 mg/die o Atorvastatina 20 mg/die, per 6 settimane. I dosaggi sono stati aumentati dopo 6 settimane a 20 mg/die per la Rosuvastatina e a 40 mg/die per l?Atorvastatina; dopo 12 settimane i pazienti hanno ricevuto Rosuvastatina 40 mg/die o Atorvastatina 80 mg/die. Dopo 18 settimane, nel braccio Rosuvastatina ? stato osservato un significativo aumento dell?attivit? PON-1 ( 6.39 U/L ; p= 0.02 ), mentre nessun incremento ? stato riscontrato nel braccio Atorvastatina ( 1.84 U/L ; p= 0.77 ). Sia la Rosuvastatina che l?Atorvastatina hanno prodotto significativi ( p= 0.0001 ) e similari aumenti del colesterolo HDL dopo 6 settimane ( 0.06 mmol/l versus 0.05 mmol/l ) e dopo 18 settimane ( 0.10 mmol/l versus 0.10 mmol/l ). Lo studio ha mostrato che il trattamento con Rosuvastatina produce un significativo aumento dell?attivit? PON-1, a differenza dell?Atorvastatina. Bergheanu SC et al, Curr Med Res Opin 2007; Epub ahead pf print

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Benefici effetti della Rosuvastatina sulla funzionalit? renale

Ricercatori della Cleveland Clinic negli Stati Uniti hanno valutato l?effetto di breve periodo del trattamento con Rosuvastatina ( Crestor ) sulla velocit? di filtrazione glomerulare stimata ( eGFR ).

E? stato esaminato il database degli studi clinici controllati nel Rosuvastatin Clinical Development Program.

Sono stati selezionati 13 studi clinici che hanno coinvolto 3.956 pazienti trattati con Rosuvastatina e che riportavano la misurazione dei livelli plasmatici di creatinina a 6 o 8 settimane dopo l?inizio del trattamento con Rosuvastatina.

E? stato osservato che la velocit? di filtrazione glomerulare stimata aumentava per ciascun dosaggio di Rosuvastatina rispetto al basale ( range: da +0.9 a +3.2 ml/min/1.73m2 ).

Un?ulteriore analisi di 5 studi controllati con placebo che hanno coinvolto 525 pazienti ha mostrato un aumento della velocit? di filtrazione glomerulare stimata di +0.8 ml/min/1.7m2 per tutti i pazienti trattati con Rosuvastatina ( p < 0.04 dal basale ), ed una riduzione di ?1.5 ml/min/1.73m2 nei pazienti trattati con placebo ( p < 0.001 ). L?aumento della velocit? di filtrazione glomerulare stimata per i pazienti trattati con Rosuvastatina ha riguardato tutti i sottogruppi di interesse, tra cui i pazienti con proteinuria al basale, eGFR < 60 ml/min/1.73m2 al basale, e nei pazienti con ipertensione e/o diabete. I risultati dello studio hanno fornito ulteriore prova che le statine presentano meccanismi d?azione pleiotropici con effetti benefici a livello renale. Viott DG et al, Am J Cardiol 2006; 97: 1602-1606

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Effetto nefroprotettivo: la Rosuvastatina migliora l’attivit? NOS nel sistema vascolare renale nei pazienti con ipercolesterolemia

L’alterata vasodilatazione endotelio-dipendente rappresenta una precoce manifestazione dell’aterosclerosi.
Studi prospettici hanno dimostrato che l’alterata funzione endoteliale nella circolazione periferica dei pazienti con ipercolesterolemia ? in grado di predire gli eventi cardiovascolari, e la normale funzione endoteliale pu? essere ripristinata mediante trattamento con statine.

Ricercatori dell’Universit? di Erlangen-Nurberg in Germania hanno compiuto uno studio controllato con placebo, randomizzato, cross-over, che ha coinvolto 40 pazienti ipercolesterolemici assegnati a Rosuvastatina ( Crestor ) 10mg/die oppure placebo.

L’endpoint primario era rappresentato dall’effetto del trattamento della durata di 6 settimane sull’attivit?, al basale, di NOS ( ossido nitrico sintasi ) del sistema vascolare renale, valutato mediante misurazione del flusso plasmatico renale prima e dopo il blocco di NOS con infusione sistemica di L-NMMA ( N-Monometil-Arginina ).

In un sottogruppo di 20 pazienti sono stati studiati gli effetti di un regime di trattamento di 3 giorni.

Rispetto al trattamento con placebo, la Rosuvastatina ha ridotto i livelli di colesterolo LDL dopo 3 giorni e dopo 6 settimane.

La riduzione del flusso plasmatico renale in risposta a L-NMMA ? risultata significativamente pi? pronunciata dopo la terapia di 6 settimane con Rosuvastatina rispetto al placebo, indicando un aumento dell’attivit? NOS basale con Rosuvastatina.

Un trend verso il miglioramento dell’attivit? NOS basale era gi? evidente dopo 3 giorni di trattamento.

I dati dello studio indicano che il trattamento con Rosuvastatina migliora l’attivit? NOS basale nel sistema circolatorio renale dei pazienti con ipercolesterolemia, suggerendo un effetto nefroprotettivo.
Poich? esiste una stretta relazione tra alterata funzione renale ed eventi cardiovascolari, l’effetto nefroprotettivo della Rosuvastatina pu? contribuire al miglioramento della prognosi cardiovascolare.

Ott C et al, Atherosclerosis 2007; Epub ahead of print

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Associazione tra malattia coronarica e lieve disfunzione renale nei giovani maschi

Sebbene un?alterata funzione renale sia associata ad outcome cardiovascolari avversi, non ? noto se questa associazione sia presente anche nei giovani adulti, sani, con disfunzione renale leggermente alterata

Ricercatori della Tel Aviv University in Israele, hanno calcolato il valore basale della clearance della creatinina di giovani maschi senza precedente diabete mellito, malattia coronarica, o disfunzione renale, ed hanno esaminato la diagnosi successiva di coronaropatia, definita come stenosi del diametro dell?arteria coronarica di almeno il 50% e/o infarto miocardico.

Lo studio ha riguardato 23.964 maschi di et? media 32,5 anni, con clearance di creatinina media stimata di 107,9 mL/min per 1,73 m2, al basale.

Durante un periodo medio osservazionale di 3.5 anni, a 77 soggetti ? stata diagnosticata malattia coronarica.

Dopo aggiustamento per l?et?, ? stato osservato un progressivo aumento del rischio di malattia coronarica come la clearance della creatinina stimata si ? ridotta ( hazard ratio, HR=4,77; p<0,001 per confronto tra il quinto ed il primo quintile ). In conclusione, la funzione renale ridotta in un range di alterazione compreso tra normale e lieve, ? indipendentemente associata ad un aumentato rischio di malattia coronarica tra i giovani maschi sani. Pereg D et al, Eur Heart J 2008; 29: 198-203

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Cistite interstiziale e sindrome della vescica dolorosa: trattamento farmacologico

E? stato condotto uno studio con l?intento di valutare l?approccio farmacologico alla sindrome dolorosa della vescica / cistite interstiziale.

Sono stati identificati studi clinici controllati e randomizzati per il trattamento farmacologico dei pazienti con sindrome dolorosa della vescica / cistite interstiziale, diagnosticata secondo i criteri del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases ( NIDDKD ) o mediante criteri operativi.

Sono stati identificati 21 studi clinici, per un totale di 1.470 pazienti.
Solo gli studi che hanno valutato il Pentosano polisolfato sodico ( Elmiron, Fibrase ) avevano numeri di pazienti sufficienti per permettere un?analisi aggregata degli effetti.

La terapia con Pentosano polisolfato sodico ha prodotto benefici, con un rischio relativo di 1.78 per il miglioramento sintomatico riferito dai pazienti.

Anche altre terapie appaiono essere efficaci, come: Dimetilsulfossido ( DMSO ) e Amitriptilina ( Laroxyl ).

L?Idrossizina ( Atarax ), il Bacillo Calmette-Guerin ( BCG ) per via intravescicale e la terapia con Resiniferatossina non si sono dimostrati efficaci, ma i dati non sono conclusivi a causa dei limiti metodologici.

Dall?analisi ? emerso che il Pentosano polisolfato potrebbe offrire solo modesti benefici nel trattamento dei sintomi della sindrome dolorosa della vescica / cistite interstiziale.
Non ci sono evidenze sufficienti riguardo ad altri trattamenti farmacologici.

Fonte: Archives of Internal Medicine, 2007

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Trombosi: nuove linee-guida per la prevenzione e la gestione

Sono state pubblicate nel supplemento di giugno della rivista Chest le nuove linee-guida dell?American College of Chest Physicians (ACCP) relative alla prevenzione, al trattamento e alla gestione a lungo termine dei disturbi trombotici. Si tratta di oltre 700 raccomandazioni cliniche organizzate in capitoli e messe a punto da un team internazionale di 90 esperti all?insegna di una migliore qualit? dell?evidenza clinica, per aiutare i medici nella scelta della terapia pi? appropriata nelle specifiche situazioni cliniche.

Rispetto alle linee-guida precedenti, le nuove linee-guida 2008 contengono informazioni aggiornate relative alla prevenzione e alla gestione dei disturbi trombotici, nonch? raccomandazioni relative alla terapia preventiva. L?efficacia di ogni trattamento ? quantificata mediante il sistema GRADE, lo strumento di valutazione della qualit? dell?evidenza attualmente adottato dalla World Health Organization e da numerose organizzazioni sanitarie a livello mondiale.
Le nuove linee-guida, a differenza delle precedenti, contengono anche indicazioni terapeutiche relative al trattamento della trombosi nelle donne in gravidanza e nei bambini.

Bibliografia: Antithrombotic and Thrombolytic Therapy, 8th Ed: ACCP Guidelines. Chest 2008; 67S-968S.

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