Tre marcatori per calcolare il rischio da nefropatia cronica

Rispetto all’uso della sola creatinina, un approccio basato su tre biomarker – cio? sull’aggiunta della cistatina C e del rapporto urinario albumina/creatinina (Acr) – migliora l’identificazione del rischio associato alla nefropatia cronica (Ckd) e l’accuratezza predittiva riguardante la mortalit? per tutte le cause e la progressione della malattia renale verso lo stadio terminale. Lo ha verificato un gruppo americano di ricercatori, coordinato da Carmen A. Peralta del Veteran affairs medical center di San Francisco, attraverso uno studio prospettico di coorte che ha coinvolto 26.643 soggetti adulti arruolati nello studio Regard (Reasons for geographic and racial differences in stroke), dei quali 1.940 sono deceduti e 177 hanno sviluppato una malattia renale allo stadio terminale. I partecipanti sono stati suddivisi in otto gruppi, sulla base dei valori di eGfr calcolati mediante misurazione di creatinina, cistatina C e Acr, e seguiti per un follow-up mediano di 4,6 anni. Tra i soggetti con Ckd rilevata dalla creatinina, il 24% non ne era affetto in base all’Acr o alla cistatina C, mentre tra i soggetti senza Ckd in base ai valori di creatinina, il 16% (n=3.863) aveva una malattia renale secondo l’Acr o la cistatina. Inoltre il rischio di malattia incidente renale allo stadio terminale ? apparso superiore nei partecipanti con Ckd riconosciuta da tutti i marker (34,1 per 1.000 anni-persona) rispetto a chi aveva una Ckd definita dalla sola creatinina. ? stato calcolato che, aggiungendo la cistatina C in modelli pienamente aggiustati con creatinina e Acr, i miglioramenti in termini di riclassificazione netta si attestavano su 13,3% per morte e su 6,4% per malattia renale allo stadio terminale.

JAMA, 2011; 305(15):1545-52

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Velocit? di filtrazione glomerulare ridotta indice di ictus

14 Gen 2011 Nefrologia

Un valore basale di eGfr (velocit? di filtrazione glomerulare stimata) inferiore a 60 ml/min/1,73 m2 si associa in maniera indipendente a ictus incidente: una pronta e appropriata implementazione delle strategie stabilite per la riduzione del rischio vascolare in pazienti con insufficienza renale pu? prevenire futuri eventi cerebrali. A tali conclusioni sono giunti Meng Lee dello Stroke Center della University of California, a Los Angeles, e collaboratori, dopo aver effettuato una revisione sistematica e una metanalisi su studi di coorte o trial clinici rispondenti a molteplici criteri di inclusione: i trial dovevano prevedere la raccolta prospettica dei dati con la stima di Gfr al basale, la valutazione dell’ictus incidente, un follow-up di almeno un anno, stime quantitative del rischio relativo (Rr) aggiustato in base alle variabili multiple e l’intervallo di confidenza al 95% per l’ictus associato a un’eGfr di 60-90 o <60 ml/min/1,73 m2. In totale le analisi sono state condotte su 284.672 partecipanti (follow-up 3,2-15 anni) in cui si sono verificati 7.863 eventi. Il rischio di ictus incidente ? aumentato fra i pazienti con eGfr <60 ml/min/1,73 m2 (Rr: 1,43) ma non tra quelli con eGfr compresa tra 60 e 90 ml/min/1,73 m2 (Rr: 1,07). ? stata osservata una significativa eterogeneit? delle stime fra i pazienti con un'eGfr <60 ml/min/1,73 m2. In questi casi l'analisi per sottogruppi ha evidenziato una significativa eterogeneit? negli Asiatici rispetto ai non-Asiatici (Rr: 1,96), ma anche fra i pazienti con valori di eGfr compresi tra 40 e 60 ml/min/1,73 m2 e i soggetti con una eGfr <40 ml/min/1,73 m2 (Rr: 1,28).
Bmj 2010; 341: c4249

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Nefropatia diabetica, paricalcitolo riduce albuminuria

17 Dic 2010 Nefrologia

Nei pazienti affetti da nefropatia diabetica la somministrazione di 2 microgrammi al giorno di paricalcitolo, in aggiunta a un trattamento con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone, riduce l’albuminuria residua in modo sicuro e potrebbe rappresentare un nuovo approccio alla diminuzione del rischio di insufficienza renale progressiva. ? questo il risultato di Vital (Selective Vitamin D Receptor Activator for Albuminuria Lowering), un trial multicentrico, controllato con placebo e in doppio cieco, condotto da un team internazionale di ricercatori coordinato da Dick de Zeeuw del Centro universitario medico di Groninga (Olanda), e al quale ha preso parte il gruppo di Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Bergamo. Il farmaco, che agisce attivando in modo selettivo il recettore della vitamina D, aveva gi? dimostrato di aumentare la sopravvivenza negli emodializzati. Nello studio attuale sono stati coinvolti 272 pazienti affetti da diabete di tipo 2 con albuminuria e in terapia con Ace-inibitori o sartani, randomizzati a ricevere placebo (n=93) oppure paricalcitolo alla dose di 1 microg/die (n=92) o 2 microg/die (n=92). L’endpoint primario ? stato identificato nella variazione media geometrica del rapporto albumina/creatinina urinaria (Uacr), dal basale all’ultima misura in corso di trattamento, per i gruppi paracalcitolo combinati rispetto al placebo. Le modificazioni registrate dell’Uacr sono state di -3% (da 61 a 60 mg/mmol) nel gruppo placebo e di -16% (da 62 a 51 mg/mmol) nei gruppi paricalcitolo combinati. Scorporando i dati dei due dosaggi del farmaco attivo si evidenzia un effetto pi? marcato con il dosaggio superiore: la variazione di Uacr nel gruppo trattato con 2 microg/die, infatti, ? risultata compresa tra -18% e -28%.

Lancet, 2010; 376(9752):1543-51

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Nefropatia cronica, pi? rischi con emoglobina alta

Nei pazienti con nefropatia cronica i pi? elevati livelli di emoglobina, target del trattamento con i farmaci stimolanti l’eritropoiesi (Esa), aumentano i rischi di ictus, ipertensione e trombosi dell’accesso vascolare e probabilmente anche di morte, eventi cardiovascolari severi e malattia renale terminale. I meccanismi sottesi al danno non sono ancora chiari: si raccomanda quindi di effettuare metanalisi sui dati individuali e studi sulle dosi prefissate degli Esa. Questi i risultati di una metanalisi eseguita sui risultati di 27 studi randomizzati (per un totale di 10.452 pazienti) che hanno valutato l’impiego di Esa nei soggetti nefropatici: sono stati inclusi trial in cui erano stati posti livelli target di emoglobina oppure trial che hanno confrontato Esa versus nessun trattamento o placebo. Il lavoro, con la prima firma di Suetonia C. Palmer del Brigham and Women’s Hospital, Harvard Institute of Medicine di Boston, ha visto la partecipazione dei ricercatori del Consorzio Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro (Chieti) e dell’Istituto scientifico Casa sollievo dalla sofferenza di Foggia. L’analisi ha dimostrato che, rispetto ai target pi? bassi, i pi? elevati livelli target di emoglobina si associano a un aumento dei rischi di ictus (rischio relativo, Rr 1,51), di ipertensione (Rr 1,67), e di trombosi dell’accesso vascolare (Rr 1,33). Non sono emerse differenze statisticamente significative riguardo i rischi per la mortalit? (Rr 1,09), gravi eventi cardiovascolari (Rr 1,15) o nefropatia allo stadio terminale (Rr 1,08) anche se le stime puntuali sono a favore di un target pi? basso di emoglobina. Gli effetti del trattamento sono simili in tutti i sottogruppi, compresi tutti gli stadi della nefropatia.

Ann Intern Med, 2010 May 3. [Epub ahead of print]

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Filtrato glomerulare e albuminuria: ecco i limiti

Valori di eGfr (velocit? stimata di filtrazione glomerulare) inferiori a 60 mL/min/1,73m2 e di Acr (rapporto albumina/creatinina nelle urine) >/= 1,1 mg/mmol (10 mg/g) sono elementi predittivi indipendenti di rischio di morte nella popolazione generale. Lo ha stabilito una metanalisi collaborativa, condotta dal Chronic kidney disease prognosis consortium, che fornisce dati quantitativi utili all’impiego di entrambi i parametri per valutare il rischio, la definizione e la stadiazione della malattia renale cronica. Il team di ricercatori ha raggruppato dati standardizzati relativi alla mortalit? per tutte le cause e cardiovascolare da studi condotti su almeno 1.000 partecipanti e contenenti informazioni sui valori basali di eGfr e sulle concentrazioni di albumina nelle urine. Per il calcolo delle hazard ratio (Hr) si sono usati modelli di rischio proporzionali di Cox. L’analisi ha incluso 105.782 partecipanti (730.577 persone/anno) compresi in 14 studi con misure dell’Acr e 1.128.310 soggetti (4.732.110 persone/anno) inclusi in sette studi con rilievo delle proteine nelle urine mediante strisce reattive. Nei trial con misura dell’Acr, il rischio di morte non ? apparso correlato all’eGfr con valori compresi tra 75 e 105 mL/min/1,73 m2, ma aumentava se i livelli erano pi? bassi. Rispetto?a un’eGfr ?pari a 95 mL/min/1,73 m2, le Hr per mortalit? da tutte le cause erano di 1,18 a 60 mL/min/1,73 m2, 1,57 a 45 mL/min/1,73 m2 e 3,14 a 15 mL/min/1,73 m2. L’Acr ? risultata associata al rischio di morte in modo lineare su scala logaritmica senza effetti soglia. Rispetto a un Acr di 0,6 mg/mmol, le Hr aggiustate per mortalit? da tutte le cause sono state 1,20 a ?1,1 mg/mmol, 1,63 a 3,4 ng/mmol e 2,22 a 33,9 mg/mmol. L’eGfr e l’Acr sono risultati associati in modo moltiplicativo al rischio di morte senza evidenze di interazione. Analoghi riscontri sono stati effettuati riguardo la mortalit? cardiovascolare e con gli studi svolti con le strisce reattive.

Lancet, 2010 May 17. [Epub ahead of print]

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Nefropatia ipertensiva, protettivo bicarbonato di sodio

26 Mag 2010 Nefrologia

In caso di nefropatia ipertensiva, che spesso porta a una progressiva perdita della funzione renale nonostante l’adeguato controllo farmacologico della pressione, l’assunzione quotidiana di bicarbonato di sodio per via orale costituisce, insieme all’Ace-inibizione, un’efficace protezione per il rene, complementare al trattamento antipertensivo. ? questo l’esito di una sperimentazione effettuata nei dipartimenti di Medicina interna di due strutture ospedaliere di Temple (Texas), il Texas A&M college of medicine e lo Scott and White healthcare. Ashutosh Mahajan, prima firma del lavoro, e collaboratori avevano gi? scoperto che, dopo due anni di somministrazione per os di citrato di sodio, rallentava il declino della velocit? di filtrazione glomerulare (Gfr) in pazienti la cui Gfr stimata (eGfr) era molto bassa (media: 33 ml/min). Questa volta si ? voluto testare il bicarbonato di sodio in soggetti affetti da nefropatia ipertensiva ma con eGfr ridotta o relativamente conservata (media: 75 ml/min) tramite uno studio prospettico, randomizzato, placebo-controllato e di intervento in cieco. I pazienti, abbinati per et?, etnia, albuminuria ed eGfr, hanno ricevuto ogni giorno un placebo oppure cloruro o bicarbonato di sodio, mentre venivano mantenuti i regimi antipertensivi (compresa l’inibizione dell’enzima di conversione dell’angiotensina) non potendo derogare dai target pressori loro raccomandati. Dopo 5 anni la velocit? del declino dell’eGfr, valutato misurando nel plasma la cistatina C, era diminuita e l’eGfr risultava pi? elevata nei pazienti del gruppo bicarbonato di sodio rispetto a quelli trattati con placebo o cloruro di sodio.

Kidney Int, 2010 May 5. [Epub ahead of print]

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Fattori predittivi nelle nefropatie

25 Mar 2010 Nefrologia

La stretta interrelazione tra funzionalit? dell?apparato escretore e salute di quello cardiovascolare si arricchisce di due contributi clinici apparsi sul Journal of Nephrology. Il primo riguarda l?indice di resistenza intrarenale (RI) che, come i livelli di cistatina C, nei pazienti con ipertensione essenziale (EHT) rappresentano parametri correlati al danno d?organo. Lo studio ha voluto chiarire se l?RI potesse predire la funzione renale futura determinata dalla cistatina C nell?EHT. Sono stati coinvolti 112 pazienti; la cistatina C ? stata misurata all?inizio dello studio e, nuovamente, 12 mesi dopo. I soggetti sono stati divisi in due gruppi in base al valore dell?RI: pi? basso (<0,7) e pi? elevato (>/=0,7). Dopo 12 mesi, i livelli di cistatina C sono risultati significativamente elevati nel gruppo ad alta RI, mentre sono rimasti immodificati in quello pi? basso. Un?analisi di regressione, utilizzando come covariabili i valori di RI alla baseline, l?et?, la pressione del polso, l?HBA1c, la cistatina C, la proteina C-reattiva e il rapporto albumina/creatinina nelle urine, ha dimostrato che l?RI all?inizio dello studio costituiva la sola determinante indipendente dei cambi di cistatina C correlati al tempo. Queste evidenze suggeriscono che l?RI possa rappresentare un marker di disfunzione renale futura in caso di EHT.

Mortalit? maggiore nei coronaropatici
Il secondo lavoro ? focalizzato sull?innalzamento della mortalit? causato dalla presenza di malattia coronarica nei soggetti con nefropatia cronica. Resta da chiarire il rapporto tra caratteristiche angiografiche e frazione d?eiezione ventricolare sinistra (LVEF), con la mortalit? per tutte le cause nei pazienti neuropatici, a differenti stadi di malattia ma non ancora in dialisi. Lo studio, retrospettivo, ha coinvolto 980 pazienti con malattia renale cronica e sospetta ischemia del miocardio, sottoposti a coronarografia tra il 1995 e il 2004. La valutazione della possibilit? di mortalit? ? stata effettuata utilizzando modelli di regressione proporzionale di rischio. Dei pazienti nefropatici studiati, 445 (45,4%) hanno avuto una diagnosi di coronaropatia comprovata angiograficamente. In questi soggetti i valori di emoglobina, indice di massa corporea e LVEF sono diminuiti con il decrescere del tasso di filtrazione glomerulare (GFR). Impiegando un?analisi di regressione, un ridotto valore della LVEF ? risultato associato in modo indipendente con la nefropatia cronica dopo aggiustamento per et?, sesso, diabete, emoglobina. Un basso valore della LVEF ? poi apparso come l?unico fattore prognostico indipendente nei nefropatici cronici con coronaropatia angiografica e, secondo gli autori, costituisce un elemento predittivo indipendente di mortalit? nei pazienti con malattia renale cronica indipendentemente dalla presenza di malattia coronarica.
(J Nephrol, 2010;23(2):175-80

J Nephrol, 2010;23(2):181-8)

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Bicarbonato ai nefropatici

12 Set 2009 Nefrologia

Una compressa di bicarbonato ogni giorno rallenta la progressione di una nefropatia cronica e migliora lo stato nutrizionale del paziente. L?efficacia della semplice ed economica terapia ? stata dimostrata su 134 pazienti con malattia in fase avanzata, suddivisi in due gruppi assegnati rispettivamente alla cura e al placebo. Tra i primi la velocit? di declino della funzione renale ? stata di due terzi pi? lenta che nel gruppo di controllo. Inoltre, dopo due anni di osservazione, una progressione rapida della patologia si ? verificata solo nel 9 per cento dei pazienti trattati, ma nel 45 per cento di quelli che assumevano un placebo. ?Questo approccio, che era gi? stato dimostrato negli animali da laboratorio ma non nell?uomo, offre una strategia terapeutica che potrebbe produrre significativi vantaggi clinici, economici e in termini di qualit? di vita? ha dichiarato Muhammad M. Yaqoob del Royal London Hospital, che ha coordinato la ricerca.

Fonte: J Am Soc Nephrol pubblicato online il 16-7-2009 doi: 10.1681/ASN.2008111205

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Rene policistico non influenza qualit? della vita

23 Lug 2009 Nefrologia

I pazienti con rene policistico autosomico dominante non ancora in dialisi riportano una qualit? della vita simile a quella della popolazione generale. Il dolore cronico ? una componente significativa e comune di questa malattia: nei casi avanzati, l’ingrossamento massivo dei reni ? associato a dolore cronico, saziet? precoce e mancanza di fiato. Nonostante la frequenza di questi sintomi, comunque, non era finora noto se la qualit? della vita dei pazienti ne venisse influenzata. I dati rilevati, tuttavia, lasciano aperta la possibilit? che i questionari sottoposti ai pazienti non abbiano la sensibilit? e specificit? necessarie a rilevare le variazioni della qualit? della vita a cui i pazienti con rene policistico congenito potrebbero andare incontro, ed ? dunque necessario sviluppare nuovi questionari specifici, affidabili e convalidati a questo scopo. (Clin J Am Soc Nephrol. 2009; 4: 560-6)

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Trapianto renale: varianti C3 non influenzano esiti

Le cosiddette varianti alleliche F ed S del componente C3 del complemento non influenzano la sopravvivenza del paziente o del trapianto a seguito di un trapianto di rene. Queste due varianti si distinguono per la loro differente motilit? nel gel da elettroforesi: in precedenza era stato suggerito che gli esiti a lungo termine del trapianto sarebbero migliori se un gene con la variante F venisse trapiantato in un paziente omozigote S, e se ci? fosse stato confermato sarebbe valsa la pena di effettuare la genotipizzazione di routine del C3. Purtroppo, quanto rilevato pone in dubbio il ruolo del polimorfismo del C3 come fattore predittivo della compatibilit? fra organi donati e riceventi per il trapianto di rene. (N Engl J Med 2009; 360: 874-80)

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