Morbo di Alzheimer ad insorgenza tardiva: identificato secondo fattore di rischi

10 Feb 2007 Neurologia

E’ stato identificato un nuovo fattore di rischio genetico per il morbo di Alzheimer ad insorgenza tardiva, il secondo dopo la scoperta del gene APOE-4 del 1993. Il presente studio internazionale ha infatti segnalato la presenza di un’associazione fra varianti del gene SORL1 ed un modesto aumento del rischio di morbo di Alzheimer ad insorgenza tardiva, la forma pi? comune della malattia. Le varianti del gene SORL1 determinano una sottoespressione del gene stesso, che porta la diversione della proteina APP verso compartimenti generanti amiloide: l’APP incrementa dunque la produzione di peptide beta-amiloide, il che a sua volta porta all’accumulo di beta-amiloide, evento seminale nella patogenesi del morbo di Alzheimer. (Nat Genet online 2007, pubblicato il 14/1)

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Basse LDL, uso di statine e morbo di Parkinson

E’ stato rilevato un legame fra basse concentrazioni di colesterolo LDL e morbo di Parkinson che, insieme agli indizi secondo cui l’incidenza di questa malattia ? inferiore nei soggetti che assumono statine, potrebbe avere importanti implicazioni per l’eziologia della malattia stessa e la salute pubblica. Ci? complica ulteriormente il paradosso Parkinson-malattie cardiovascolari: i fattori di rischio cardiovascolare, come il fumo, riducono l’incidenza del morbo di Parkinson, mentre l’incidenza dell’infarto e dell’ictus risulta ridotta nei pazienti con morbo di Parkinson. Il picco di sviluppo di questa malattia si osserva fra i 50 ed i 70 anni di et?, ma i soggetti colpiti presentano un’ottima salute cardiovascolare, bench? questa sia anche la fascia d’et? di picco per ictus ed attacchi cardiaci. (Mov Disord 2006, pubblicato il 27/12)

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Morbo di Parkinson: caffeina supporta levodopa

19 Nov 2006 Neurologia

La caffeina migliora la biodisponibilit? della levodopa utilizzata nel trattamento del morbo di Parkinson. Bench? il presente studio si basi soltanto sulla valutazione degli effetti di una singola dose di caffeina su un piccolo numero di pazienti parkinsoniani, esso dimostra che in alcuni pazienti l’effetto della levodopa viene supportato dall’assunzione di caffeina. Quest’ultima potrebbe svolgere un ruolo nelle interazioni recettore-mediatore dopaminiche. Questi ed altri risultati suggeriscono che anche altri antagonisti selettivi dell’adenosina potrebbero essere utili sinergicamente agli agenti antiparkinsoniani convenzionali. (Neurology 2006; 67: 897-9)

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Virus West Nile rimarr? causa importante neuropatie

La maggior parte dei casi di infezione da virus West Nile sono stati di recente di tipo neuroinvasivo: meningiti, encefaliti e paralisi flaccide acute: i dati indicano una tendenza endemica stabile. Questo virus dunque rimarr? probabilmente una fonte stabile di malattie neurologiche nel prossimo futuro, ed ? necessario tenerne conto nella diagnosi differenziale, soprattutto nei mesi estivi. Per quanto riguarda la diagnosi, lo standard ? rappresentato dalla ricerca degli anticorpi specifici nel fluido cerebrospinale, ma sfortunatamente non sono ancora disponibili terapie di comprovata efficacia per questa infezione, bench? vengano attualmente percorse diverse strade. Alcuni vaccini sono in corso di sperimentazione, ma la loro utilit? ? in dubbio, in quanto si tratterebbe di vaccini molto costosi ed andrebbero valutati i pro e contro della vaccinazione di massa.

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Problemi di memoria possono indicare insufficienza cerebrale

25 Ott 2006 Neurologia
Problemi cognitivi negli anziani potrebbero indicare cambiamenti neurodegenerativi di base, anche in presenza di risultati normali ai test neuropsicologici. I soggetti che lamentano significativi problemi di memoria ma risultano normali ai test della memoria infatti presentano una riduzione del tre percento nella densit? della materia grigia, ed i soggetti che ricevono una diagnosi di lieve danno cognitivo (MCI) ne hanno una appena del quattro percento. Questi dati suggeriscono che questi soggetti, precedentemente dimessi come sani, riescono di fatto a percepire dei cambiamenti dentro s? stessi e che quelli che credevamo test sensibili non sono in grado di rilevare questi lievi cambiamenti. Vi sono inoltre molti cambiamenti nella densit? della materia grigia che si presentano prima della perdita di volume cerebrale che tipicamente caratterizza la MCI ed il morbo di Alzheimer. All’orizzonte, inoltre, vi sono molti nuovi agenti neuroprotettivi che renderanno la diagnosi precoce pi? critica che mai. I soggetti anziani non depressi altrimenti sani che lamentano problemi cognitivi autopercepiti dovrebbero essere sottoposti ad un’attenta valutazione che comprenda sia una parte clinica che test psicologici.

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Chiarita funzione fisiologica proteina di Alzheimer

11 Ott 2006 Neurologia
E’ stata determinata la normale funzione fisiologica di un enzima che ? di importanza critica per la formazione del peptide beta-amiloide nel morbo di Alzheimer. L’enzima BACE1, una beta-secretasi, ? stato preso in considerazione quale target per agenti anti-Alzheimer innovativi, ma la mancata conoscenza della sua funzione ha attenuato l’entusiasmo per la produzione di farmaci che potrebbero anche avere seri effetti collaterali. Nel presente studio ? stato dimostrato che l’enzima BACE1 ? necessario per la mielinizzazione dei nervi periferici. L’inibizione delle beta-e gamma-secretasi ? attualmente uno degli approcci pi? promettenti per la terapia del morbo di Alzheimer oltre alla vaccinazione contro il peptide beta-amiloide. Il presente studio definisce dunque la funzione fisiologica dell’enzima BACE1 nella mielinizzazione, il che potrebbe consentire il monitoraggio degli effetti dell’inibizione della beta-secretasi in vivo.

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Ictus: test ABCD limitato nella previsione del rischio

26 Ago 2006 Neurologia
Un sistema di previsione a sei punti di recente sviluppo ? di valore limitato nella valutazione a breve termine del rischio di ictus e di altri eventi neurologici in pazienti con TIA acuto. Il punteggio ABCD viene calcolato utilizzando et? del paziente, pressione, caratteristiche cliniche e durata del TIA. Questo test ? molto semplice, e di fatto ha un qualche valore predittivo, ma potrebbe non essere abbastanza affidabile da risultare realmente utile nella pratica clinica: anche i pazienti con un punteggio basso potrebbero infatti andare incontro ad un significativo livello di rischio a breve termine. E’ stato inoltre rilevato che l’infarto acuto ? scarsamente correlato al punteggio ABCD.

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Morbo di Parkinson: ruolo predittivo dei sintomi motori

28 Mag 2006 Neurologia
I sintomi soggettivi di rigidit?, tremori e mancanza di equilibrio spesso precedono il morbo di Parkinson. Questi dati supportano la nozione secondo cui la malattia conclamata sia preceduta da una fase preclinica non interamente asintomatica. Il pi? forte fattore predittivo di successivo sviluppo della malattia ? la sensazione di mancanza di equilibrio. Le cadute e la sensazione di lentezza nei movimenti, tuttavia, non sono associate ad un aumento del rischio di sviluppare morbo di Parkinson. I risultati del presente studio suggeriscono che un questionario sui sintomi soggettivi potrebbe risultare utile nello screening del morbo di Parkinson.
(Arch Neurol online 2006, pubblicato il 10/1)

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Ictus pi? prevedibile

24 Apr 2006 Neurologia
In Italia ogni anno l’ictus colpisce circa 200 mila persone, rappresenta la prima causa di invalidit? e pu? condurre alla morte quasi il 30% degli individui colpiti nel primo anno dopo l’evento. Oltre ai tradizionali fattori di rischio quali diabete, pressione arteriosa elevata, et? e sesso, un particolare enzima e una proteina presenti nel sangue possono aiutare nell’identificare soggetti pi? esposti al rischio di ictus ischemico. A darne notizia ? uno studio pubblicato sul Journal of American Medicine Association, il quale si ? occupato di esaminare i livelli sanguigni di due marker infiammatori, la proteina C reattiva (CRP), e la lipoproteina associata alla fosfolipasi A2 (Lp-PLA2). Lo scopo dello studio era determinare se tali fattori fossero in qualche modo associati a un aumento del rischio di ictus di tipo ischemico. L’infiammazione svolge un ruolo importante nelle patologie cerebrovascolari, e ci? spiega perch? si sia pensato di verificare l’associazione tra ictus e i livelli di proteina C reattiva (marcatore di infiammazione gi? utilizzato per prevedere eventi coronarici) e di lipoproteina associata alla fosfolipasi A2, che ? un enzima proinfiammatorio secreto dai macrofagi e che circola legato principalmente al colesterolo LDL.

I livelli aumentano
I ricercatori hanno preso in esame i dati raccolti dall’Atherosclerosis Risk in Communities, studio che ha coinvolto quasi 13 mila uomini e donne, apparentemente sani, di et? compresa tra i 45 e i 64 anni e che sono stati seguiti per un periodo di 6-8 anni. Tra questi sono stati selezionati 960 individui, di cui 194 avevano avuto un evento ischemico. I risultati hanno evidenziato dei livelli pi? elevati di proteina C reattiva e di Lp-PLA2 in coloro che successivamente erano stati colpiti da ictus, rispetto a chi non era andato incontro a evento ischemico. In particolare i pi? alti livelli di Lp-PLA2 e CRP aumentavano il rischio di ictus di 1,91 e 1,87 volte, rispettivamente, mentre negli individui che presentavano contemporaneamente i pi? alti valori di CRP e di Lp-PLA2 aumentava di 11,38 volte, rispetto a chi presentava i pi? bassi livelli di entrambi i marcatori. Ci? si verificava indipendentemente dalla presenza di ulteriori fattori di rischio: anche i livelli di colesterolo e trigliceridi non risultavano differire significativamente da un gruppo all’altro. Alla luce dei risultati, i ricercatori ritengono che il dosaggio della proteina C reattiva, e della lipoproteina associata alla fosfolipasi A2, possano costituire un metodo di diagnosi complementare, accanto all’identificazione dei tradizionali fattori di rischio, per identificare precocemente i soggetti a rischio di ictus. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per determinare se l’utilizzo di inibitori selettivi dell’Lp-PLA2 o la riduzione/inibizione della CRP siano in grado di prevenire l’evento ischemico.

Ombretta Bandi

Fonte
Ballantyne CM et al. Lipoprotein-associated phospholipase A2, high-sensitivity C-reactive protein, and risk for incident ischemic stroke in middle-aged men and women in the Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC) study. Arch Intern Med. 2005 Nov 28;165(21):2479-84.

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Ictus: utile terapia shock per ipertonia arto superiore

19 Apr 2006 Neurologia
La terapia ESWT (Extracorporeal Shock Wave Therapy) pu? ridurre l’ipertonia nelle mani e nel polso dopo un ictus, ed i benefici persistono per almeno 12 settimane dopo il trattamento. L’ESWT ha comprovato la propria utilit? nel trattamento di varie malattie di ossa e tendini, ma i dati sul suo uso per l’ipertonia muscolare erano finora limitati. In base al presente studio, la terapia shock pu? risultare utile nella diminuzione della tonicit? dei flessori in pazienti con spasmi della mano, e potrebbe aprire nuove aree di ricerca nel trattamento dell’ipertonia. Proprio per questo, sono in programma ulteriori studi in materia.
(Stroke 2005; 36: 1967-71)

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