Metastasi ossee, scoperto ruolo chiave della relaxina

28 Feb 2010 Oncologia

Secondo uno studio pubblicato su Bone da un gruppo di ricercatori italiani, la relaxina svolgerebbe un ruolo fondamentale nella crescita e differenziamento dei precursori ematopoietici e, probabilmente, nell’invasivit? dei tumori ossei. L’?quipe diretta da Carlo Foresta, professore ordinario di Patologia clinica all’Universit? degli Studi di Padova, ha evidenziato, da un lato, che in pazienti con metastasi ossee sono presenti elevati livelli sierici dell’ormone e, dall’altro, che il recettore Rxfp1 della relaxina ? espresso sia nei progenitori ematopoietici sia negli osteoclasti. In aggiunta, esperimenti in vitro hanno consentito di evidenziare che la relaxina al pari di altri stimolatori, quali Rankl, M-Csf e Pht, ? capace di indurre osteoclastogenesi, a partite da cellule ematopoietiche immature, e di regolare l’attivit? degli osteoclasti. Essendo questi ultimi responsabili della distruzione dell’osso nelle metastasi osteolitiche, secondo gli autori si aprono nuove prospettive riguardanti il ruolo della relaxina nei meccanismi patogenetici alla base dello sviluppo delle metastasi ossee. (L.A.)

Bone 2010, 46, 504-513

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Mammella, trastuzumab poco utile dopo antracicline

9 Gen 2010 Oncologia

In donne affette da cancro al seno con linfonodi ascellari positivi, la somministrazione di trastuzumab al termine di chemioterapia adiuvante a base di antracicline non produce significativi vantaggi in termini di riduzione del rischio di recidive. ? quanto hanno pubblicato su Journal of Clinical Oncology ricercatori francesi dell’Institut Gustave Roussy di Villejuif. Oltre 3mila pazienti con carcinoma mammario operabile sono state randomizzate a ricevere terapie chemioterapiche con antracicline con o senza docetaxel. Le pazienti affette da tumori Her-2 positivi sono state sottoposte, in un secondo momento, a un regime terapeutico con trastuzumab (6mg/kg, ogni 3 settimane) per un anno oppure semplicemente a osservazione (gruppo controllo). Al termine del follow-up durato 47 mesi, la somministrazione di trastuzumab ? risultata associata a una riduzione non significativa del rischio di recidive pari al 14% (hazard ratio= 0,86). ? stata registrata, inoltre, un’incidenza di mortalit? libera da malattia a tre anni pari al 78% nel gruppo controllo e all’81% nelle pazienti trattate con trastuzumab. (L.A.)

Journal of Clinical Oncology 2009, 16 november, early online pubblication

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Maggior rischio di tumore del polmone con la rimozione chirurgica delle ovaie

4 Gen 2010 Oncologia

Le donne che si sottopongono ad isterectomia subiscono, spesse volte, anche l?asportazione di entrambe le ovaie.

Ricercatori dell?University of Montreal in Canada, hanno scoperto che le donne, a cui viene asportato chirurgicamente l?utero e sono sottoposte ad ooforectomia, presentano un rischio di tumore polmonare quasi 2 volte maggiore, rispetto alle donne che conservano le ovaie.
Inoltre, queste pazienti vanno incontro ad un aumento del rischio di insorgenza di malattia cardiaca.

Questi risultati concordano con le conclusioni del Nurses?Health Study.

Anche in menopausa, le ovaie sono in grado di produrre estrogeni, seppure in quantit? ridotte.
E? stato osservato che oltre al cuore, gli estrogeni siano in grado di proteggere i polmoni, dove sono stati individuati recettori estrogenici.

Il fumo rappresenta la causa principale di sviluppo di carcinoma del polmone, tuttavia altri fattori possono svolgere un ruolo nel facilitare l?azione dei carcinogeni prodotti dalla combustione della sigaretta.
Nelle donne questi fattori potrebbero essere ormonali.

Lo studio ha esaminato 422 donne a cui era stato diagnosticato un tumore al polmone tra il 1996 e il 1997; i dati sono stati confrontati con quelli di 577 donne che non erano state sottoposte ad asportazione delle ovaie ( gruppo di controllo ).

Di contro, le donne sottoposte ad ooforectomia, oltre che ad isterectomia, hanno una minore probabilit? di sviluppare cancro al seno, ed ovviamente un carcinoma ovarico.

Fonte: International Journal of Cancer, 2009

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Pi? infertilit? con alcune terapie anticancro

17 Dic 2009 Oncologia

Gli uomini sopravvissuti a diagnosi di cancro e sottoposti ad alcuni trattamenti oncologici sono pi? frequentemente colpiti da infertilit?. Questi i risultati di uno studio apparso di recente su Journal of Clinical Oncology. L’indagine che ha riguardato 6.224 individui, di et? compresa tra 15 e 44 anni, inclusi nel Childhood Cancer Survivor Study. In breve, attraverso specifici questionari riguardanti il tipo e la durata delle terapie anticancro a cui i partecipanti erano stati sottoposti, Daniel M. Green e collaboratori del Department of Epidemiology and Cancer Control, St Jude Children’s Research Hospital di Memphis hanno riscontrato una ridotta fertilit? negli uomini colpiti da tumore rispetto a 1.292 sani (hazard ratio= 0,56). A contribuire maggiormente a tale riduzione sono risultate le terapie con dosi di radiazioni superiori a 7,5 Gy somministrate a livello testicolare (hr= 0,12); quelle con elevate dosi di algenti alchilanti o con ciclofosfamide (hr= 0,42) e, infine, trattamenti con procarbazina (or= 0,48) (L.A.).

J Clin Oncol. 2009 Nov 30. [Epub ahead of print]

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Cancro prostatico, prognosi peggiore nei giovani

21 Nov 2009 Oncologia

Tra i pazienti con cancro della prostata in terapia con deprivazione di androgeni (Adt), i soggetti pi? giovani con malattia ad alto rischio sembrano presentare una prognosi peggiore rispetto ai pi? anziani con patologia simile. ? quanto risulta da uno studio statunitense volto a indagare variabili predittive di secondarismi, basato sul database Capsure (Cancer of the prostate strategic urological research endeavor): su 13.740 uomini con cancro prostatico verificato mediante biopsia dal 1995 al 2007, 4.003 sono stati trattati con Adt dopo la diagnosi, senza evidenza di metastasi all’inizio della terapia. L’et? media degli individui studiati era di 70 anni (range: 39-94 anni); 191 (4,8%) sono andati incontro a una metastasi in un periodo medio di 18 anni dall’inizio dell’Adt. All’analisi multivariata, la categoria di rischio (hazard ratio, 2,58; p<0,001), la percentuale di biopsie positive >33% (Hr 3,36; p <0,003), l'et? < 65 anni alla diagnosi (Hr 2,11, P=0,001) sono state trovate significativamente associate con lo sviluppo di lesioni metastatiche dopo Adt. "Questi fattori prognostici possono aiutare a identificare i candidati ai trial clinici che valutano i trattamenti nei pazienti con malattia resistente all'Adt" concludono gli autori.
BJUI, 2009; 104:1418-1422

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Ca mammario controlaterale: rischi da stili di vita

16 Nov 2009 Oncologia

Obesit?, abitudine al fumo e consumo d’alcol rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di carcinoma mammario controlaterale in pazienti con tumori al seno positivi ai recettori estrogenici (Er-positivi). Presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle negli Usa, uno studio caso-controllo ha comparato due gruppi di pazienti con tumore al seno: 365 donne con forme invasive di cancro al seno Er-positivo e carcinomi controlaterali e 726 affette solamente da tumori primari. La ricerca ha permesso di stabilire che l’incremento del rischio di sviluppare tumori controlaterali risulta del: 40% in presenza di un indice di massa corporea (Bmi) pari o superiore a 30, rispetto a un Bmi inferiore a 25; 90% per un consumo di bevande alcoliche pari o superiore a 7 alla settimana, rispetto alla non assunzione di alcol; 120% nei fumatori assidui, rispetto a chi non fuma. Infine, il rischio di carcinomi controlaterali presenta un odds ratio di 7,2 quando il consumo di alcol ? associato a quello di sigarette (L.A.).

Journal of Clinical Oncology, 10.1200/JCO.2009.23.1597

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Donne in postmenopausa: l?interruzione della terapia estroprogestinica ha ridotto il rischio di carcinoma mammario

8 Nov 2009 Oncologia

In seguito alla pubblicazione nel 2002 dello studio Women’s Health Initiative ( WHI ) sull?uso di estrogeno pi? progestinico, l?utilizzo della terapia ormonale in menopausa ? diminuito sensibilmente negli Stati Uniti.

La successiva diminuzione dell?incidenza di tumore del seno ha fatto pensare a una relazione causa-effetto tra il trattamento ormonale e il carcinoma mammario.
Tuttavia restano dei dubbi sulla causa di questa diminuzione di incidenza.

Sono stati analizzati i risultati dello studio clinico randomizzato WHI, nel quale un gruppo di studio ha ricevuto 0,625 mg di estrogeno equino coniugato pi? 2,5 mg di medrossiprogesterone acetato al giorno e un altro gruppo ha ricevuto placebo.
E? stata inoltre esaminata la tendenza nel tempo della diagnosi di tumore della mammella nella coorte osservazionale dello studio WHI.

Sono state riscontrate meno diagnosi di tumore mammario nel gruppo trattato con estrogeno pi? progestinico rispetto al gruppo placebo nei primi due anni dello studio, ma il numero delle diagnosi ? aumentato nel corso dei 5,6 anni del periodo di intervento.

Il rischio elevato ? diminuito rapidamente dopo che i due gruppi hanno smesso di assumere la terapia dello studio, nonostante una simile frequenza di mammografia.

Nello studio osservazionale, l?incidenza di tumore del seno ? risultata inizialmente doppia nel gruppo trattato con ormoni in postmenopausali rispetto al gruppo placebo, ma questa differenza nell?incidenza ? diminuita rapidamente in circa 2 anni, in coincidenza con le riduzioni anno per anno dell?uso della terapia ormonale combinata.

Durante questo periodo le differenze nella frequenza di mammografia nei due gruppi non sono cambiate.

In conclusione, l?aumento di rischio di carcinoma della mammella associato all?uso di estrogeno pi? progestinico ? diminuito in maniera marcata subito dopo l?interruzione della terapia ormonale combinata e non ? risultato collegato a cambiamenti nella frequenza della mammografia.

Chlebowski RT et al, N Engl J Med 2009; 360: 573-87

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Cancro colorettale: sconfessato parametro predittivo

5 Nov 2009 Oncologia

La densit? dei linfociti Cd3+ tumore-infiltranti (Til) ? stato proposto come parametro predittivo indipendente dell’outcome in pazienti con cancro colorettale. Ora, per?, uno studio condotto all’Irccs Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano) confuta l’affidabilit? di tale valore e ribadisce la migliore efficacia prognostica della classificazione tumore-linfonodo-metastasi. Per verificare la relazione tra Til e la comparsa postchirurgica di metastasi a distanza, sono state misurate le aree percentuali di immunoreattivit? dovuta al Til nel margine invasivo del tumore mediante imaging computer-assistito in 286 campioni tissutali. Questi ultimi sono stati ottenuti consecutivamente da pazienti sottoposti a resezione, senza evidenza di metastasi alla diagnosi, tra il gennaio del 1997 e il novembre del 2004. ? emerso cos? che la comparsa di metastasi asincrone ? improbabile che insorga da neoplasie colorettali linfonodo-negative con un alto livello di Til, il quale a sua volta non ? associato all’assenza di metastasi postchirurgiche in pazienti con neoplasia linfonodo-positiva. “I nostri risultati” concludono gli autori “sono a favore di una relazione tra il coinvolgimento lifonodale e l’evasione tumorale dalla risposta immunitaria del paziente. (A.Z.)

The Lancet Oncology, 2009; 10(9):877-884

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L’Hrt aumenta il rischio di cancro al polmone

31 Ott 2009 Oncologia

L’ormonoterapia (Hrt) estroprogestinica aumenta il rischio femminile di morte per cancro polmonare. ? quanto emerge da una nuova analisi di dati tratti dal Women’s health initiative trial su 16608 donne statunitensi in menopausa di et? compresa tra 50 e 79 anni, assegnate in modo randomizzato ad assumere una volta al giorno compresse da 0,625 mg di estrogeno equino coniugato e 2,5 mg di medrossiprogesterone acetato oppure un placebo. Dopo otto anni, 73 donne in Hrt e 40 del gruppo placebo erano decedute per cancro polmonare. Ci? significa che le pazienti che assumevano il farmaco avevano una probabilit? superiore del 71% di morire per la neoplasia. Lo studio ha anche dimostrato che le donne in Hrt avevano il 28% di probabilit? in pi? di ricevere una diagnosi di tumore polmonare, un dato peraltro non statisticamente significativo. “Il trattamento con estroprogestinici nelle donne in menopausa accresce il numero di decessi per cancro polmonare, in particolare non a piccole cellule” concludono gli autori dell’UCLA Medical center. “Questi risultati andrebbero introdotti in una discussione sul rapporto rischio-beneficio dell’Hrt nelle donne ad alto rischio di neoplasia polmonare, come le fumatrici o le ex-fumatrici con una lunga storia di abitudine alla sigaretta”.
Lancet, 2009

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Ca mammario, ora si punta al bersaglio mobile

21 Ott 2009 Oncologia

Finora, per prevenire la diffusione a distanza delle forme pi? aggressive di cancro del seno, si agiva essenzialmente alla fonte, ossia sulla massa tumorale primaria. Con risultati straordinariamente migliorati negli anni, ma ancora insufficienti a tutelare la globalit? delle pazienti. Domani le cose potrebbero cambiare, spostando l?attenzione sulle cellule che da questa massa si separano entrando in circolo: sfruttando la chemiosensibilit? specifica di queste cellule, determinabile in modo individualizzato in ogni singola paziente, si potrebbe impedire il loro attecchimento in diversi distretti corporei e la successiva proliferazione metastatica.

A segnalarlo sono i risultati di uno studio di collaborazione italo-americano tra il gruppo di Massimo Cristofanilli, condirettore dell?Inflammatory breast cancer research program and clinic dell?Anderson Cancer center di Houston (Stati Uniti) e quelli di Paola Gazzaniga e Giuseppe Naso del Dipartimento di Medicina sperimentale dell?Universit? ?La Sapienza? di Roma, presentato all?Istituto oncologico europeo di Milano (Ieo) in occasione dell?11th Milan Breast cancer conference (Mbcc, 17-19 giugno). Un?evidenza che si aggiunge a quella ottenuta alcuni anni fa dallo stesso Cristofanili sulla possibilit? di utilizzare il numero di cellule pre-metastatiche circolanti come predittore indipendente della prognosi del ca mammario (Cristofanili M et Al. Nejm, 2004; 351:781-91; De Giorgi et al. J Clin Oncol, 2009; on line, 10.1200/JCO.2008.19.4423).

?Questo studio, se prospetticamente validato, potrebbe rappresentare l?inizio di una nuova era nella terapia oncologica? sottolinea Massimo Cristofanilli. Attraverso l?analisi genotipica e fenotipica delle cellule tumorali circolanti (Ctc) in ciascuna paziente si potrebbero definire meglio le caratteristiche e le potenzialit? di proliferazione e sviluppo metastatico di ogni singola neoplasia, ampliando le conoscenze sulla biologia dei tumori e favorendo l?individuazione di nuovi trattamenti e indicatori di efficacia.

?Le Ctc potrebbero rappresentare un bersaglio critico per prevenire la metastatizzazione in quanto pi? resistenti ai trattamenti chemioterapici convenzionali? hanno commentato Paola Gazzaniga e Giuseppe Naso. ?Una terapia mirata, basata sulla caratterizzazione molecolare delle Ctc potrebbe, pertanto, portare a un beneficio clinico superiore a quelli attualmente ottenibili sia con la chemioterapia convenzionale sia con l?ormonoterapia per le forme estrogeno-sensibili?.

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