Recidiva di tumore alla mammella: aumentato rischio con Tibolone

11 Ott 2009 Oncologia

Il Tibolone ( Livial ) ? una terapia ormonale sintetica che trova indicazione come terapia di prima linea nel trattamento dei sintomi menopausali e come seconda linea nella prevenzione dell?osteoporosi nelle donne in postmenopausa che sono ad alto rischio di fratture.

Ci sono limitati dati da studi clinici ed evidenza epidemiologica conflittuale riguardo al rischio di tumore mammario nelle donne che fanno uso di Tibolone.

Il Million Women Study ha trovato che le donne che hanno fatto uso del Tibolone avevano un significativamente pi? alto rischio di carcinoma mammario rispetto alle non utilizzatrici ( rischio relativo, RR= 1,5 ).
Il livello di aumento era comparabile con quello delle donne che hanno fatto uso di terapia ormonale sostitutiva a base di solo estrogeno, ed era significativamente pi? basso rispetto al livello delle donne che hanno impiegato la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeno e progestinico. Il rischio ? aumentato con l?uso prolungato della terapia, ritornando al basale entro pochi anni dopo aver interrotto il trattamento.

Uno studio che ha utilizzato i dati del General Practice Research Database non ha trovato nessun significativo rischio di tumore alla mammella con l?impiego di Tibolone.

A differenza della terapia ormonale sostitutiva convenzionale, il Tibolone ha un limitato effetto sulla densit? mammografia.

Il trattamento del cancro al seno ( es. Tamoxifene; Nolvadex ) pu? comunemente esacerbare i sintomi della menopausa.
Sebbene il Tibolone sia controindicato nelle donne con carcinoma alla mammella noto o sospetto, e in quelle con una storia di tumore al seno, l?evidenza anedottica indica che il Tibolone ? talvolta usato in modo off-label nel trattamento dei sintomi vasomotori nelle donne con una storia di tumore mammario; il Tibolone ? percepito come pi? sicuro rispetto alla terapia ormonale sostitutiva convenzionale.

Lo studio LIBERATE, randomizzato e controllato, nelle donne con precedente tumore mammario ? stato interrotto 7 mesi prima per il fatto di non essere riusciti a stabilire la non-inferiorit? del Tibolone rispetto al placebo riguardo al rischio di tumore mammario. Inoltre, dallo studio ? emerso un significativamente aumentato rischio di recidiva di carcinoma mammario.

Lo studio LIBERATE ha arruolato donne sottoposte a intervento chirurgico per tumore mammario primario entro gli ultimi 5 anni.
Lo studio ha mostrato un significativo aumento della frequenza di recidiva di tumore mammario nel gruppo Tibolone rispetto al gruppo placebo ( 237 versus 165 casi, rispettivamente; hazard ratio, HR= 1,4 ).
Lo studio ha anche mostrato una pi? alta incidenza di sanguinamento vaginale o spotting e ha aumentato lo spessore endometriale nel gruppo Tibolone rispetto al placebo.

Fonte: Drug Safety Update – MHRA, 2009

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Tumori ovarici: ecografia ottima per diagnosi

10 Ott 2009 Oncologia

La sonografia transvaginale (TVS) ? superiore all’analisi dei sintomi per il rilevamento dei tumori ovarici, mentre l’analisi dei sintomi ? pi? efficace nel distinguere i tumori benigni. La combinazione di questi fattori, peraltro, migliora la possibilit? di distinguere i tumori benigni, ma peggiora il rilevamento di quelli maligni. Bench? i tumori ovarici siano visti come un “killer silenzioso” che produce pochi sintomi specifici, recenti studi hanno indicato che alcuni sintomi sono significativamente pi? comuni nelle donne con tumori ovarici che in quelle della popolazione generale, ma non era chiaro come esattamente l’analisi dei sintomi dovesse accordarsi con la TVS. Finch? non verr? identificato un test di screening efficace per questi tumori, rimarr? il problema di discernere i sintomi significativi da quelli pi? comuni per l’assistenza ottimale alla paziente: data la natura vaga di questi sintomi, che mancano di una chiara soglia per procedere ad ulteriori e pi? costosi esami, non si tratta di un problema da poco. (Cancer online 2009, pubblicato il 15/7)

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Tumore mammario, cerume umido ed osmidrosi

5 Ott 2009 Oncologia

Un polimorfismo a carico di un singolo nucleotide (SNP) nel gene ABCC11 collegato al tumore mammario ? strettamente associato alla presenza di cerume auricolare di tipo umido e di osmidrosi ascellare. Il cerume umano pu? essere di tipo secco o umido, ed il tipo di cerume potrebbe svolgere un ruolo nell’eventuale presenza di sudorazione ascellare maleodorante, spesso associata alla tipologia umida. Nel prossimo futuro, la genotipizzazione dell’SNP nel gene ABCC11 garantir? un pratico strumento diagnostico per l’osmidrosi ascellare, che in alcune zone del mondo ? gi? riconosciuta come patologia: tale strumento consentir? anche di esaminare il legame genetico latente fra questi fenotipi ed il rischio di tumore mammario. (FASEB J 2009; 23: 2001-13)

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Tumore al seno sovradiagnosticato?

2 Ott 2009 Oncologia

Una ricerca destinata a far discutere, tant’? che sta gi? sollevando polemiche sui programmi di screening per il cancro al seno. I test per stanare uno dei nemici giurati delle donne salvano ogni anno migliaia di vite, ma in circa un terzo dei casi – sostiene lo studio pubblicato sul British Medical Journal e condotto in 5 Paesi, Regno Unito compreso – vengono diagnosticate forme tumorali potenzialmente innocue. Con il risultato che molte donne vengono operate e sottoposte a chemioterapia bench? non ne abbiano reale bisogno, poich? il tumore identificato, stando almeno alla ricerca del Nordic Cochrane Centre, in Danimarca, difficilmente potrebbe svilupparsi e minacciarne la vita. I sostenitori dei programmi di screening puntano il dito contro lo studio, che rischia di generare diffidenza e dubbi su test salva vita. Nella sola Inghilterra, fanno notare sul sito della Bbc online, questi programmi salvano ben 1.400 vite ogni anno, strappando dalla morte quasi quattro donne al d?. Ma secondo i ricercatori danesi, i risultati dello studio mostrano che gli screening possono condurre a una “sovra-diagnosi” dei casi. E lo stesso Gilbert Welch, un esperto del Dartmouth Institute for Health Policy, in un editoriale che accompagna lo studio ammette che, bench? le mammografie aiutino senz’altro le donne, “possono avere anche la conseguenza di portarne alcune a sottoporsi a trattamenti nonostante non ne abbiano reale necessit?. E non si tratta – ricorda – di terapie leggere”. Mentre a difendere a spada tratta i test stana-cancro ? Julietta Patnick, a capo proprio del Programma di screening per i tumori del Servizio sanitario britannico (Nhs), che con una nota polemica ricorda che “una donna su otto sarebbe morta senza il test”.

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Tumore prostatico: FANS influenzano PSA e rischio

23 Set 2009 Oncologia

I FANS possono influenzare il rilevamento dei tumori prostatici. Di fatto, ? stato ipotizzato che l’aspirina ed altri FANS possano diminuire i livelli di PSA al di sotto dei livelli di sospetto clinico senza avere alcun vero e proprio effetto sullo sviluppo dei tumori prostatici, e se ci? fosse vero, l’uso di questi agenti potrebbe ostacolare la nostra capacit? di rilevare i tumori prostatici in stadio precoce tramite lo screening del PSA. Diversi studi precedenti hanno riportato che farmaci come i FANS sono associati ad una riduzione del rischio di tumore prostatico: questi dati potrebbero essere coerenti con un effetto protettivo, in quanto l’aspirina riduce i livelli di PSA pi? nei soggetti che hanno ricevuto una diagnosi di tumore prostatico che in quelli con altre patologie della prostata.
J Urol 2009; 181: 2064-70

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Tumore al seno: l?incidenza di recidiva locale dopo terapia conservativa ? bassa

3 Set 2009 Oncologia

Ricercatori del Massachusetts General Hospital, a Boston negli Stati Uniti, ha condotto uno studio clinico con lo scopo di determinare se il sottotipo di tumore al seno fosse associato all?esito dopo terapia conservativa della mammella ( BCT ), costituita da lumpectomia e radioterapia.

Sono state arruolate nello studio 793 pazienti con tumore mammario invasivo sottoposte a terapia conservativa tra luglio 1998 e dicembre 2001.
Il 97% di queste pazienti mostrava margini di resezione negativi e il 90% ha ricevuto terapia adiuvante sistemica.
Nessuna paziente ha ricevuto terapia adiuvante a base di Trastuzumab ( Herceptin ).

Lo stato recettoriale ? stato utilizzato per determinare il sottotipo: recettore per l?estrogeno ( ER) o del progesterone ( PR ) positivo e recettore per HER-2 negativo = luminale A; ER+ o PR+ e HER-2+ = luminale B; ER- e PR- e HER-2+ = HER-2; ER- e PR- e HER-2- = basale.

E? stato analizzato il tempo alla comparsa di recidive locale e di metastasi a distanza.

Il periodo osservazionale medio ? stato di 70 mesi.

A 5 anni, l?incidenza cumulativa di recidiva locale ? stata pari a 1.8%: 0.8% per il luminale A, 1.5% per il luminale B, 8.4% per l?HER-2 e 7.1% per il basale.

All?analisi multivariabile con il luminale A come base, il sottotipo HER-2 ( hazard ratio aggiustata [ aHR ] = 9.2; P = 0.012 ) e il basale ( aHR = 7.1; P = 0.009 ) sono risultati associati a un?aumentata recidiva locale; il luminale B ( aHR = 2.9; P = 0.007 ) e il basale ( aHR = 2.3; P = 0.035 ) sono invece risultati associati ad un aumento delle metastasi a distanza.

In conclusione, i tassi di recidiva locale a 5 anni dopo terapia conservativa della mammella sono bassi, ma variano nei diversi sottotipi individuati in base allo stato di ER, PR e HER-2.
La recidiva locale ? risultata particolarmente bassa nel sottotipo luminale A, ma ? stata inferiore al 10% a 5 anni per tutti i sottotipi.

Nguyen PL et al, J Clin Oncol 2008; 26: 2373-2378

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Tumore al seno: il trattamento con Arimidex ? associato a perdita ossea a 5 anni

2 Set 2009 Oncologia

Lo studio ATAC (Arimidex, Tamoxifen, Alone or in Combination ), con un follow-up mediano di 68 mesi, ha mostrato che l?Anastrozolo ( Arimidex ) ha una maggiore efficacia e una migliore tollerabilit? rispetto al Tamoxifene ( Nolvadex ).

Tuttavia, l?Anastrozolo riduce i livelli di estrogeno in circolo, e bassi livelli di estradiolo sono associati a una diminuzione della densit? minerale ossea e a un aumento del rischio di fratture.
? dunque importante conoscere gli effetti a lungo termine della terapia a base di inibitori dell?aromatasi sulla densit? minerale ossea.

Utilizzando i dati di un sottostudio dello studio ATAC, sono stati valutati i cambiamenti di densit? minerale ossea in donne in postmenopausa con tumore invasivo del seno in trattamento con Anastrozolo ( 1 mg/giorno ) o Tamoxifene ( 20 mg/giorno ) come terapia adiuvante per 5 anni.
La densit? minerale ossea della colonna lombare e dell?anca sono state valutate a livello basale e dopo 1, 2 e 5 anni.

Questo sottostudio sulla densit? ossea ha interessato 197 donne del braccio monoterapia dello studio ATAC, e 108 sono state incluse nell?analisi primaria.

Tra le pazienti trattate con Anastrozolo si ? verificata una diminuzione della densit? minerale ossea mediana dal basale a 5 anni a livello della colonna lombare ( – 6,8% ) e dell?anca ( – 7,24% ), rispetto al gruppo Tamoxifene ( colonna lombare: +2,77%, anca: +0,74% ).
Nessuna delle pazienti con densit? minerale ossea normale al basale ? diventata osteoporotica dopo 5 anni.

In conclusione, l?Anastrozolo ? associato a una demineralizzazione ossea accelerata lungo un periodo di trattamento di 5 anni.
Tuttavia, nonostante le pazienti con preesistente osteopenia richiedano strategie di controllo e di protezione ossea, per quelle con densit? minerale ossea normale non sembra essere necessario un monitoraggio ulteriore rispetto alle indicazioni fornite alle donne sane in postmenopausa.
Nello studio ATAC l?effetto dell?Anastrozolo dovrebbe essere valutato in rapporto alla sua superiorit? in termini di efficacia e di tollerabilit? rispetto al Tamoxifene.

Eastell R et al, J Clin Oncol 2008; 26: 1051-1057

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Quanti linfonodi sentinella sono necessari per predire lo stato linfonodale dura

23 Ago 2009 Oncologia

Non ? ancora chiaro quanti linfonodi sentinella debbano essere rimossi per predire in modo accurato lo stato dei linfonodi durante la dissezione dei linfonodi sentinella nel tumore al seno.

Ricercatori dell?University of Texas MD Anderson Cancer Center, a Houston negli Stati Uniti, hanno condotto uno studio per determinare quanti linfonodi sentinella sia necessario rimuovere per un?accurata stadiazione dei linfonodi e quali caratteristiche del paziente e del tumore influenzano questo numero.

Sono stati rivisti i dati di tutti i pazienti in un database prospettico contenente informazioni su casi di tumore mammario con TNM ( tumore, linfonodi, metastasi ) da T1 a T3, N0, M0 sottoposti a mappaggio dei linfonodi tra il 1994 e il 2006.

Sono stati osservati 777 pazienti con almeno 1 linfonodo sentinella positivo per cancro.

Il numero medio di linfonodi sentinella rimossi nei 777 pazienti linfonodo positivi ? stato 2.9 ( range: 1-13 ).

Oltre il 99% dei linfonodi sentinella positivi sono stati identificati nei primi 5 linfonodi rimossi.

All?analisi unvariata l?istotipo del tumore, la razza del paziente, la localizzazione del tumore e la dimensione del tumore hanno influenzato in maniera significativa il numero di linfonodi sentinella da rimuovere per identificare il 99% dei linfonodi positivi.

All?analisi multivariata questo numero ? risultato aumentato in modo significativo in caso di istotipo misto duttale e lobulare, razza caucasica, localizzazione del tumore nel quadrante pi? interno e classificazione del tumore come T1.

In generale, la rimozione durante l?intervento chirurgico di un massimo di 5 linfonodi sentinella ha permesso l?identificazione di oltre il 99% dei linfonodi positivi nei pazienti con tumore alla mammella.
Dallo studio ? emerso inoltre che l?istologia e la localizzazione del tumore e la razza del paziente potrebbero influenzare questo numero.

Yi M et al, Cancer 2008; 113: 30-37

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Tumore della prostata: sorveglianza attiva

19 Ago 2009 Oncologia

La sorveglianza attiva seguita da un trattamento selettivo per gli uomini che manifestano progressione della malattia potrebbe essere un?opzione per i pazienti con tumore della prostata agli stadi iniziali.

Ricercatori dell?University of California at San Francisco ( UCSF ), negli Stati Uniti, hanno riportato la loro esperienza in una coorte di uomini con carcinoma prostatico seguiti con sorveglianza attiva.

I criteri di selezione per la sorveglianza attiva includevano: livelli di PSA ( antigene specifico prostatico ) inferiori a 10 ng/mL, somma dei gradi di Gleason da biopsia minore o uguale a 6 senza pattern 4 o 5, meno del 33% dei campioni bioptici positivi per il tumore, e stadio clinico T1/T2a.

I pazienti sono stati seguiti mediante controlli dei livelli di PSA e esame rettale con cadenza da 3 a 6 mesi e con ecografia transrettale a intervalli di 6-12 mesi.
A partire dal 2003 i pazienti sono stati anche sottoposti a biopsie prostatiche ogni 12-24 mesi.

L?endpoint primario era rappresentato dal trattamento attivo. L?endpoint secondario era la progressione della malattia definita come un aumento del grado di Gleason alla biopsia o velocit? significativa del cambiamento dei livelli di PSA ( maggiore di 0,75 ng/mL all?anno ).

Sono stati individuati 321 uomini sottoposti a sorveglianza attiva come trattamento iniziale ( et? media: 63.4 anni ).

Il periodo osservazionale mediano ? stato di 3.6 anni ( range 3-17 anni ).

Il livello iniziale medio di PSA era di 6,5 ng/mL.

Il 37% della coorte ( n = 121 ) ? rientrato in almeno uno dei criteri di progressione. In totale, il 38% dei pazienti ha mostrato un aumento del grado di Gleason alla ripetizione della biopsia e il 26% una velocit? di aumento dei livelli di PSA maggiore di 0,75 ng/mL.

Il 24% ( n = 78 ) ? stato sottoposto a un trattamento secondario a 3 anni ( valore mediano, range 1-17 anni ) dalla diagnosi.

Il 13% circa dei pazienti senza progressione della malattia sono stati selezionati per ricevere il trattamento.

La densit? del PSA alla diagnosi e l?aumento del grado di Gleason nelle biopsie successive sono stati associati in maniera significativa alla somministrazione di un trattamento secondario.
Il tasso di sopravvivenza specifico per la malattia ? stato del 100%.

In conclusione, i pazienti selezionati con tumore della prostata agli stadi iniziali potrebbero essere dei candidati per un trattamento di sorveglianza attiva.
? necessario definire criteri specifici per selezionare i soggetti pi? adatti per questo tipo di gestione della patologia e per valutare la progressione della malattia.
Potrebbe verificarsi un piccolo tasso di abbandono legato al fatto che alcuni pazienti non riescono o non vogliono accettare la sorveglianza attiva.

Dall?Era MA et al, Cancer 2008; 112: 2664-2670

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Discordanza fra tumori mammari primari e metastatici

9 Ago 2009 Oncologia

Sussiste un tasso di discordanza sostanziale nei marcatori patologici e molecolari fra i tumori mammari primari e le sospette lesioni metastatiche della mammella: questa discordanza ? prevalente al punto di alterare le decisioni terapeutiche nel 20 percento dei casi. L’importanza del fenomeno ? in aumento per via dell’incremento dell’uso delle terapie mirate, e la verifica dei tessuti dovrebbe essere considerata una strategia standard nelle pazienti con segni radiologici o clinici che lasciano pensare ad una metastasi e lesioni passibili di biopsia. Attualmente essa non ? uno standard in nessun luogo, ma si tratta di una pratica che sta divenendo sempre pi? comune alla luce dei risultati di studi retrospettivi e prospettici. E’ comunque difficile immaginare che essa divenga mai uno standard vero e proprio, in quanto le biopsie richiedono un fortissimo supporto interdisciplinare. Altri studi hanno suggerito che fra il tumore mammario primario e le sue recidive possono emergere variazioni del fenotipo molecolare che possono alterare significativamente la risposta al trattamento: anche in questi casi, la biopsia della recidiva andrebbe effettuata di routine per determinare le opzioni terapeutiche ottimali. (Ann Oncol online 2009, pubblicato il 18/3)

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