Tumore prostatico resistente, disponibile nuova terapia

22 Apr 2013 Oncologia

Da questo mese è disponibile anche in Italia abiraterone, nuovo farmaco a somministrazione orale approvato a settembre 2011 dall’Ema, per il trattamento del ca prostatico resistente alla terapia ormonale classica in pazienti che hanno già ricevuto un trattamento chemioterapico a base di docetaxel. Nei tumori in fase avanzata, dopo che si sono già praticate o escluse le opzioni classiche di chirurgia e radioterapia, si passa all’ormonoterapia «finchè le cellule tumorali si adattano e ricominciano a crescere: in questi casi l’unica opzione era rappresentata dalla chemioterapia» dice Giario Conti primario di Urologia all’Ospedale S. Anna di Como, presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO), mentre «abiraterone riesce a inibire uno degli enzimi necessari al tumore per autoprodurre testosterone, il CYP17, bloccando così gran parte della produzione endogena di androgeni a livello dei testicoli e anche del surrene (diversamente dall’ormonoterapia)». Il nuovo medicinale, presentato in conferenza stampa ieri a Milano, negli studi registrativi ha mostrato di prolungare la sopravvivenza del 40% e ridurre la mortalità del 25% rispetto ai controlli, risultati significativi in una fase così avanzata di malattia. Purtroppo l’introduzione sul mercato di nuovi farmaci avviene, in Italia, anche con 2 anni di ritardo rispetto all’approvazione centralizzata dell’Ema, a causa delle procedure burocratiche interne, «tuttavia abiraterone parte avvantaggiato perché» ha sottolineato Massimo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Janssen Italia e presidente Farmindustria «l’Aifa l’ha definito prodotto innovativo e, in virtù del decreto legge Balduzzi, ciò ne consente l’immediata disponibilità in tutto il territorio, senza gli ulteriori ritardi dovuti al passaggio ai singoli prontuari regionali».

 962 total views

Aumentano i casi di tumore al seno tra le più giovani

19 Mar 2013 Oncologia

Aumentano i casi di tumore del seno in donne giovani tra i 25 ed i 39 anni, e si impennano addirittura del triplo i casi nella stessa fascia di eta’ di cancro gia’ con metastasi, in stadio avanzato: a lanciare l’allarme e’ un nuovo studio Usa pubblicato sulla rivista dei medici americani Jama.  L’aumento – spiega l’indagine condotta da Rebecca Johnson dell’universita’ di Washington a Seattle – si e’ registrato costantemente negli ultimi 34 anni, dal 1973 al 2009, con un nuovo picco tra il 2000 ed il 2009.

E la scienza non sa spiegarsi quali siano i fattori scatenanti.  Analizzando i dati raccolti dal National Cancer Institute, gli studiosi hanno osservato che l’incidenza del tumore del seno tra le donne tra 25 ed i 39 anni e’ salito di circa il 2.09% l’anno, con un aumento dei casi del 3.6% l’anno dall’inizio del secolo.  Ancora piu’ grave il dato sui casi gia’ con metastasi, ossia in cui il tumore al momento della diagnosi ha gia’ raggiunto altri organi: per le giovani tra i 25 ed i 39 anni questi casi sono addirittura triplicati tra il 1973 ed il 2009.  ”Nel 1975 questi casi erano circa 250 l’anno, oggi sono almeno 800”, ha spiegato Johnson.  Lo stesso trend non si registra invece tra le donne piu’ anziane.  ”Siamo di fronte ad un grave problema – spiega il rapporto – in quanto usualmente non sottoponiamo a mammografie le donne prima dei 40 anni a meno che ci sia una forte storia familiare del tumore o una mutazione genica”.

Fonte: Jama

 581 total views

Tumore della prostata: un aiuto dall’ecografia 3D

21 Nov 2012 Oncologia

Il tumore della prostata colpisce in Italia oltre quarantamila uomini all’anno e le previsioni parlano di cinquantamila nuovi casi attesi per il 2030 per il naturale invecchiamento della nostra popolazione.

Al 19° Congresso Nazionale dell’Associazione Urologi Italiani (AURO), in corso in questi giorni a Genova, si è prospettata un’importante novità diagnostica, rappresentata dalla possibilità di effettuare una biopsia prostatica ecoguidata usando un ecografo 3D, cioè che dà delle immagini a tre dimensioni.

Il collega Paolo Puppo, responsabile dell’Urologia Oncologica dell’Istituto Humanitas di Castellanza, ha spiegato in modo molto preciso che: «La tecnologia usata finora, per le biopsie alla prostata, richiede un mappaggio con molti prelievi di tessuto per aumentare la probabilità di cogliere le lesioni neoplastiche che si vuole diagnosticare, poiché con una guida ecografica tradizionale non si sa esattamente dove l’ago preleva il campione.

Con la tecnologia a 3 Dimensioni, grazie a un software che associa ecografia e imaging, è possibile seguire il passaggio dell’ago bioptico, vedere esattamente dove si preleva e si campiona il tessuto, con una registrazione dei tragitti fatti, cosa utile anche per un’eventuale e successiva biopsia».

Da queste premesse la nuova metodica diagnostica dovrebbe rivoluzionare le nostre attuali procedure di ricerca del tumore e permettere così di aumentare la capacità di individuare, in modo più mirato e preciso, il punto da biopsiare.

In questo modo, in sintesi estrema, se con la metodica ora in uso per ogni 100 biopsie fatte si arriva ad individuare un tumore nel 25% dei prelievi, con la nuova apparecchiatura ecografica 3D le percentuali dovrebbero significativamente aumentare e quindi le biopsie inutili o falsamente negative dovrebbero diminuire drasticamente.

Questo dato dovrebbe poi naturalmente essere associato a una diminuzione di una seconda biopsia, proposta diagnostica ora facile e frequente quando la prima risulta dubbia.

 

Altre informazioni:

http://www.medicitalia.it/minforma/urologia/200/le-malattie-della-prostata-stili-di-vita-prevenzione-e-nuove-indagini-diagnostiche

 632 total views

Il cancro non rallenta: i trend 2008-2030

16 Nov 2012 Oncologia

Incrociare i dati di morbilità e mortalità oncologica con gli indicatori di benessere delle nazioni: l’obiettivo di uno studio pubblicato su The Lancet Oncology è tanto originale quanto interessante. Sono stati utilizzati quattro livelli (basso, medio, elevato, molto elevato) di un indicatore che considera attesa di vita, scolarizzazione e prodotto interno lordo pro capite, lo Human Development Index (HDI) e sono stati evidenziati i modelli di andamento delle patologie oncologiche nel 2008 e tra il 1988 e il 2002.

Nelle nazioni a più elevato HDI nel 2008 i tumori della mammella, del polmone, del colon-retto e della prostata erano responsabili della metà dei casi di cancro. Nei Paesi a HDI medio, cancro dello stomaco, dell’esofago e del fegato erano ugualmente frequenti dei precedenti, e a loro sommati valevano il 62% della patologia tumorale. Nelle regioni a basso HDI, il cancro della cervice uterina era più frequentemente diagnosticato sia di quello alla mammella sia di quello epatico. Quanto ai trend, considerati i Paesi mediani, a una riduzione del cancro dell’utero e di quello dello stomaco corrisponde purtroppo un aumento dell’incidenza del cancro del seno, della prostata e del colon-retto. La notizia peggiore è nella crescita complessiva dei nuovi casi dai 12.700.000 del 2008 alla stima, per il 2030, di 22.200.000.

Questo studio si inserisce in una serie di ricerche che confrontano i dati del “Primo mondo” con il cosiddetto “Sud del Pianeta”: nonostante la permanenza di inaccettabili condizioni di indigenza e sottosviluppo, i miglioramenti igienici e una più capillare assistenza sanitaria contribuiscono ad una progressiva riduzione delle patologie oncologica di origine infettiva. Queste “buone notizie” sono purtroppo compensate dall’evidenza di un importante aumento dei tumori originati da cause diverse: riproduttive, ormonali o da cattive abitudini alimentari. Se le strategie vaccinali possono giocare un ruolo essenziale, ci si chiede quanto questa marea montante di neoplasie possa essere fronteggiata con terapie a costo sempre più elevato, probabilmente inaccessibili dalle popolazioni dei paesi economicamente più svantaggiati.

“Sembra che il cancro sia un prodotto inevitabilmente associato ai Paesi più ricchi e con la popolazione più longeva”, ha dichiarato alla CBC uno dei ricercatori autori della ricerca, Freddie Bray, della International Agency for Research on Cancer; sottolineando, però, che i trend di crescita di nazioni come la Cina (allarmanti i dati sul tumore al polmone) e l’Uganda (dove convivono patologie “da povertà” e patologie “da nuova ricchezza”) sono fonte di particolare preoccupazione.

▼ Bray F et al. Global cancer transiting according to the Human Development Index (2008-2030) A population-based study. Lancet Oncology 2012; DOI: 10.1016/S1470-2045(12)70211-5

ONCO-1044934-0000-UNV-W-06/2014 

 517 total views

Tumori maligni in gravidanza, cure senza rischi per il nascituro

28 Ott 2012 Oncologia

Una serie di tre articoli comparsi su The Lancet mostra che i tumori ginecologici (ovaio e cervice uterina) sono le neoplasie maligne più comuni durante la gravidanza. Il trattamento del carcinoma localmente avanzato della cervice uterina è controverso e deve essere discusso caso per caso in base alle dimensioni del tumore, alle immagini radiologiche, ai tempi della gravidanza e ai desideri della paziente. I tumori maligni dell’ovaio si presentano durante la gravidanza in diversi tipi istologici e queste differenze influenzano la scelta del trattamento, oltre al grado di differenziazione, allo stato nodale e al trimestre di gravidanza. Quando il tumore si diffonde al peritoneo può essere indicata una chemioterapia neoadiuvante con preservazione della gravidanza. Il cancro al seno dovrebbe essere affrontato in modo interdisciplinare e l’approccio ideale deve tener conto della fase della gestazione, della biologia e dello stadio del tumore. La chirurgia è possibile in tutti i trimestri della gravidanza, mentre la radioterapia può mettere a rischio il nascituro. Le evidenze supportano la chemioterapia a partire dalla quattordicesima settimana ma non l’utilizzo di tamoxifene e trastuzumab. Un capitolo a parte è costituito dai tumori ematologici che, sebbene rari, pongono gravemente a rischio sia la madre che il feto. Il più comune è il linfoma di Hodgkin, seguito dal non-Hodgkin e dalla leucemia acuta. Nei primi mesi è spesso consigliata l’interruzione della gravidanza per preservare la salute della madre, ma in fase gestazionale più avanzata il trattamento è in molti casi possibile.

Lancet, 2012; 379(9815):558-69

 736 total views

Noduli polmonari nei pazienti con cancro colorettale

8 Ott 2012 Oncologia

Nei pazienti affetti da cancro colorettale, il rilievo di noduli multipli indeterminati a bordi irregolari nel parenchima polmonare ha elevata probabilità di rappresentare una metastatizzazione della malattia. Peraltro, la frequenza della comparsa di metastasi indeterminate di cancro colorettale in sede polmonare è ridotto. È quanto ha verificato un’équipe di ricercatori turchi dell’università Ege, a Izmir, guidati da Yelda Varol, in uno studio basato sulla revisione delle cartelle cliniche di 1.344 pazienti affetti da cancro colorettale e avviati a Tac toracica tra il 2003 e il 2009. Sono stati esclusi i casi con qualsiasi forma di malattia metastica a distanza o già noti per avere formazioni maligne nel polmone. Sono stati sottoposti a valutazione il numero, la dimensione, la forma e la localizzazione dei noduli. Sulla popolazione totale, 55 (4,09%) aveva noduli che soddisfacevano i criteri di un nodulo polmonare indeterminato. Il tempo medio del follow-up è stato di 25 mesi e il tempo medio per sviluppare metastasi polmonari si è attestato a 15,5 mesi. I noduli di 17 pazienti (30,9%) hanno mostrato una progressione al follow-up; di questi, 8 hanno metastatizzato. L’analisi multivariata ha quindi dimostrato che, nei pazienti con cancro colorettale, i noduli multipli indeterminati polmonari localizzati nel parenchima con margine irregolare sono predittivi di malattia metastatica.

Med Princ Pract, 2012 Apr 27. [Epub ahead of print]

 972 total views

Più cereali integrali, minore rischio di ca colorettale

5 Set 2012 Oncologia

In base a una revisione sistematica e successiva meta-analisi degli studi osservazionali prospettici comparsi in letteratura, una dieta ricca in fibre, in particolare quelle dei cereali integrali, si associa a una riduzione del rischio del tumore al colon-retto. Un team di ricerca, coordinato da Teresa Norat e composto da ricercatori dell’Imperial college di Londra, dell’università di Leeds e dell’università olandese di Wageningen, ha incrociato i dati di 25 studi riferiti a un campione complessivo di quasi due milioni di persone. Ne è emerso che modeste quantità di cereali integrali sono sufficienti per ottenere effetti benefici, ma che la riduzione del rischio è proporzionale all’entità della fibra assunta. L’aggiunta di 10 grammi di fibre al giorno a una dieta povera di queste sostanze comporta una diminuzione della probabilità di sviluppare un cancro colon-rettale del 10%, mentre tre porzioni giornaliere di cereali integrali, corrispondenti a 90 grammi, si associano a un calo del 20%. La meta-analisi ha rilevato l’associazione inversa con il tumore al colon-retto delle fibre contenute nei cereali, ma non ha individuato evidenze significative legate all’assunzione delle fibre provenienti da frutta, verdura o legumi. Sulla scorta di alcuni degli studi esaminati, gli autori ricordano inoltre che «l’assunzione di fibre alimentari e di cereali integrali è probabilmente in grado di ridurre anche il rischio di patologie cardiovascolari, di diabete di tipo 2, di sovrappeso e obesità e di influire sulla mortalità complessiva». 

BMJ. 2011 Nov 10;343:d6617

 945 total views

Ca mammario: esiti migliori con alti livelli di enterolattone

3 Set 2012 Oncologia

Nelle donne con cancro mammario in fase precoce livelli sierici elevati di enterolattone (prodotto di trasformazione intestinale dei lignani, tra cui i fitoestrogeni) si associano a ridotta mortalità correlata al cancro. Lo rivela uno studio retrospettivo di coorte realizzato da Pamela Guglielmini, Alessandra Rugabotti e Francesco Boccardo, del dipartimento di Oncologia, biologia e genetica dell’università di Genova, che avevano già dimostrato come gli alti livelli sierici di enterolattone si associassero a una diminuita incidenza di cancro mammario nelle donne sane. In questa ricerca la misurazione dell’enterolattone è stata fatta in campioni crioconservati di siero, ottenuti da 300 pazienti che erano state operate per cancro mammario. Tramite modelli di regressione proporzionale si sono valutati l’efficacia prognostica del sistema e le interazioni tra variabili e concentrazioni di enterolattone nel determinare il rischio di morte. A un follow-up medio di 23 anni, 180 pazienti risultavano decedute, delle quali 112 per eventi correlati a cancro mammario. È stata evidenziata un’associazione tra ridotto rischio di morte (generale e specifica per ca del seno) e livelli di enterolattone =/>10 nmol/L. La differenza nel rischio di decesso è risultata statisticamente significativa, ma è sembrata diminuire con il tempo, fino a perdere significatività dopo i primi 10 anni; l’analisi dei rischi competitivi ha comunque mostrato che il rischio di morte per ca mammario restava costantemente inferiore nelle pazienti con alti livelli di enterolattone. «I nostri dati» concludono gli autori «sono in linea con quelli della più recente letteratura e offrono un’ulteriore evidenza che i lignani dei mammiferi (mammalian lignans) possono giocare un ruolo importante nel ridurre la mortalità generale e cancro-specifica nelle pazienti operate per carcinoma mammario».

Breast Cancer Res Treat, 2011 Nov 18. [Epub ahead of print]

 964 total views

Screening ca cervicale: quando iniziare e interrompere

1 Set 2012 Oncologia

Una revisione critica di un team di ricercatori del Center for health research di Portland, in Oregon (Usa) – sotto la guida di Kimberly K. Vesco – ha esplorato i dati epidemiologici e contestuali relativi allo screening per il tumore cervicale, con l’obiettivo di fornire elementi utili per decidere quando iniziare e fino a quando protrarre lo screening, aspetti intorno ai quali permangono dubbi e discussioni. Gli autori non forniscono risposte incontrovertibili, ma espongono le considerazioni essenziali derivate da altri studi. «Il cancro della cervice» ricordano «è raro prima dei 20 anni e lo screening in questa fascia di età è complicato dai falsi positivi che si riscontrano in maggior numero rispetto alle donne di età più avanzata; inoltre si hanno percentuali relativamente alte di infezione da Hpv transitorie e un trattamento potrebbe minacciare le capacità riproduttive». L’obiettivo dello screening è di individuare lesioni preinvasive, ma l’incidenza delle lesioni Cin2 e Cin3 non raggiunge il picco che all’avvicinarsi dei trent’anni. Quindi la scelta della tempistica di inizio dello screening deve tenere conto dei potenziali benefici ma anche dei possibili rischi. Nelle donne più anziane, invece, le evidenze disponibili supportano la decisione di interrompere lo screening nelle donne dopo i 65 anni che non presentano particolari fattori di rischio. In questa fascia di età lo screening va riservato, secondo l’analisi degli studiosi americani, alle donne che non erano state sottoposte in precedenza a controlli adeguati.

Ann Intern Med, 2011; 155(10):698-705

 871 total views

Aumentano i casi di tumore correlato a infezioni

6 Ago 2012 Oncologia

Sono circa 2 milioni i casi di cancro causati ogni anno da agenti infettivi: per questo l’applicazione dei metodi esistenti di sanità pubblica per la prevenzione delle infezioni, come le vaccinazioni, il ricorso a metodi di iniezione più sicuri, l’uso di trattamenti antimicrobici, potrebbero determinare un impatto sostanziale sul futuro carico di cancro a livello mondiale. Ne è convinto il gruppo di Martyn Plummer, dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione (Francia), autore di una revisione e di un’analisi sintetica degli studi su virus, batteri e parassiti identificati come forti fattori di rischio per specifiche forme tumorali, fornendo così un update sul tema. Per gli agenti infettivi carcinogeni presi in considerazione gli studiosi hanno calcolato una frazione attribuibile di popolazione (Paf) del pianeta, utilizzando stime sull’incidenza di cancro nel 2008. Su 12,7 milioni di nuovi casi di cancro occorsi in quell’anno, il Paf per agenti infettivi è stato di 16,1%; ciò significa che circa 2 milioni di nuovi casi di cancro sono attribuibili a infezioni. Questa quota è più elevata nei Paesi meno sviluppati (22,9%) rispetto a quelli più avanzati (7,4%), passando dal 7,4% dell’Africa sub-Sahariana al 32,7% di Australia e Nuova Zelanda. Helicobacter pylori, virus dell’epatite B e C, e Papillomavirus umano sono risultati responsabili di 1,9 milioni di casi. Nelle donne il cancro della cervice uterina ha rappresentato circa la metà del carico di cancro correlato a infezione, mentre negli uomini, con i tumori dello stomaco ed epatici, la cifra corrispondente è salita oltre l’80%. Da notare, infine, che circa il 30% dei casi tumorali attribuibili a infezioni avviene in persone più giovani di 50 anni.

Lancet Oncol, 2012 May 8. [Epub ahead of print] 

 990 total views

1 2 3 4 34

Search

+
Rispondi su Whatsapp
Serve aiuto?
Ciao! Possiamo aiutarti?